Dunque l’ambiente non solo come altro “alimento”, ma come fonte indiretta di stimolo (l’importanza dell’ambiente “preparato” ha come contrappeso la non-direttività dell’adulto, su cui si imposterà tutta la ricerca educativa della Montessori). Ne deriva il fenomeno psichico della normalizzazione, con influenze dirette sul benessere globale del bambino (il bambino modifica il suo comportamento).
Nella stessa pagina dell’Antropologia Pedagogica, nel capitolo dedicato alla statura, riferisce i progressi e i miglioramenti sul piano fisico di bambini prima dei sette anni, fortemente deprivati, che frequentavano la Casa dei Bambini dalle 9 alle 16 d’inverno e fino alle 17 in estate.
“Per moltissimi era stato notato: bisogno di ricostituenti, ma nessuno cambiò dietetica, nessuno prese medicine.
(E aveva premesso: “Non abbiamo mai dato refezione scolastica: i piccini che si trovano tutti nel proprio casamento, ove abitano le loro famiglie, salgono una mezz’ora in casa loro a mangiare. Noi dunque non abbiamo influito in alcuna maniera sull’alimentazione”).
Anche per questo il risultato della Casa dei Bambini fu clamoroso. La Montessori, da medico qual era, ne dedusse che “la floridezza dei fanciulli si doveva alla loro vita psichica, soddisfatta e piena”, quella che definì appunto “normalizzazione”.
Se torniamo ai giorni nostri, alle nostre città dove le deprivazioni alimentari e i problemi della crescita sono pressoché scomparsi, troviamo in compenso un accentuarsi di comportamenti distruttivi o depressivi già in bambini molto piccoli, fenomeni per i quali non giovano premi, castighi, sollecitazioni, motivazioni indotte.
Infatti il cambiamento non può che venire dall’interno della persona, una sorta di auto-guarigione, la scoperta di un nuovo piacere a stare con gli altri che si fonda su un mutamento profondo dell’individuo. La medicina adatta – come aveva visto la Montessori fin dalle prime osservazioni – è nell’attività significativa per l’individuo, nell’aiuto alla concentrazione individuale, nel rispetto dei ritmi personSe oggi i bambini vengono visti sempre più come incontenibili ed esplosivi, ciò è dovuto anche al clima coercitivo – non sempre palese – adottato sistematicamente in famiglia come nelle istituzioni scolastiche o sportive che si esprime in molti modi:
- competizione e il continuo giudizio come pungoli per ottenere l’“addomesticamento” del bambino;
- da parte degli adulti aggressività del gesto e della parola, insulti, gelida ironia, minacce, piccoli imbrogli, promesse mancate;
- socializzazione forzata ovvero proposte uguali per tutti – si tratti di una coppia di fratelli, di un gruppo o di un’intera classe – per raggiungere una determinata abilità in tempi uguali, prestabiliti;
- attività per gruppi omogenei (bambini “uguali” per età, livello, interessi…) accentuano il confronto a scapito della collaborazione, esasperando le difficoltà di chi va più adagio e i trionfi di chi è più “dotato”, perfino prima dei tre anni;
- frequenti rotazioni di bambini e di adulti, fin dall’asilo nido, espongono i piccoli a una continua rottura dei legami affettivi e a un’incertezza circa i modelli di riferimento. La realtà è che le istituzioni, il lavoro degli adulti sono al servizio non dello sviluppo di ogni individuo, ma di logiche di potere;
- gli interessi ad agire vengono “indotti”, provocati, in base alle scelte degli adulti.
Nelle Case dei Bambini il quadro appare ben diverso: gli adulti danno alla classe il tono di una casa dove ciascuno può agire a proprio piacere, nel rispetto degli altri. Tutto è a disposizione: libri, strumenti molto diversi per tracciare segni (matite, pastelli, pennelli e colori, gessi, carte di vario formato); utensili – veri, non per far finta – destinati alla cura degli ambienti (spolverare, spazzare, stirare, lucidare e soprattutto molti modi di lavare, attività che appassionano soprattutto i tre-quattro anni); materiali per le esplorazioni sensoriali, un primo approccio alle lettere, ai numeri, al mondo della natura e tante altre offerte a carattere manuale ed espressivo.
Certo, l’adulto fa alcune proposte e, soprattutto in principio, presenta con gesti calmi l’uso di utensili e di strumenti, ma poi lascia il bambino libero di eseguire o di rimettere a posto; di usare per ore o per pochi minuti uno stesso oggetto; a terra o su un tavolino, come preferisce; da solo o con il compagno del cuore.
L’adulto è vigile, presente, ma non chiama, non alza la voce, non ordina, non sollecita. È il punto di riferimento e segue i bambini a uno a uno, il che è possibile perché, date le tante opportunità a livelli di difficoltà molto diversi, la maggior parte di essi sceglie e fa da sé, senza chiedere aiuto.
Un formicaio al lavoro, in mezzo al quale l’adulto in certo senso scompare, pur essendo il punto di riferimento indispensabile. Il motore del tutto è il piacere di agire del singolo bambino, la risposta individuale alla “voce delle cose”, esposte tutte alla sua altezza e sempre disponibili, acqua compresa.
Nella quiete della Casa il timido prende coraggio, l’aggressivo smette di avere paura. Lungo i sentieri della libera scelta non si separa artificiosamente ciò che è mirabilmente unito nella persona umana: corpo e mente, curiosità sensoriali e capacità logiche, affettività e desiderio di comunicare. Ogni bambino ha l’aria di rilassarsi, di diminuire le proprie inquietudini, di prendere gusto a modi pacifici di scambio, alla capacità spontanea di consolare e di aiutare. Nessuno lo rincorre, né lo spinge: a poco a poco rivela le sue potenzialità originarie, la propria diversità.
Il cambiamento avviene con tempi diversi per ciascuno, fenomeno di grande interiorità e di forza vitale che dura nel tempo. È di qui che si forma la società per coesione, come l’ha chiamata Montessori, il sentimento sia delle proprie responsabilità verso gli altri (comincia per gradi a tre anni, se non prima!), sia del senso di appartenenza a una comunità.
Un percorso, in definitiva, di elevata educazione etica e democratica che, se ben compreso ed esteso, potrebbe risolvere non pochi problemi, educativi e non, del nostro tempo.