di Maria Pia Fini

Crescere insieme:
l’esperienza dei Nidi Montessori
con i bambini e con i genitori

Il CNM, tramite un bando del 1976, ebbe in gestione il Nido della Banca d’Italia sito in via Panisperna, nello stesso palazzo della Banca. Poi i Nidi divennero due, dislocati in due villini posti all’interno di un parco di proprietà della Banca, non lontano dalla Zecca sulla via Tuscolana. I bambini iscritti erano in media un centinaio, di cui la metà circa tra i tredici e i quindici mesi. La gestione venne rigorosamente attuata secondo i parametri stabiliti dalla Legge Regionale Lazio. Fin dall’inizio si adottò lo stesso rapporto previsto per i Nidi comunali tra numero dei bambini e numero delle educatrici, e lo stesso orario di lavoro (36 ore sia per il personale educativo come per quello ausiliario), con un’apertura quotidiana dalle 7,30 alle 18,30 per undici mesi l’anno.


Non si trattò, quindi, di una situazione privilegiata, ma di un’occasione per confrontarci con una realtà istituzionale, con la quale volevamo misurarci, continuando a interagire in situazioni analoghe.

Il progetto educativo

La base fu sui principi della ricerca montessoriana, con lo sguardo rivolto anche alle esperienze e agli studi più recenti sulla prima infanzia vicini alla sensibilità e alla tradizione della scuola di pensiero di Maria Montessori. Su questo il gruppo di lavoro si pose da subito una serie di obiettivi primari, validi nel lavoro d’ogni giorno, fulcro del progetto educativo. Essi sono:

  • a) organizzare gli ambienti in modo che – per qualità degli spazi e tipologia degli arredi e degli oggetti – siano luoghi nei quali i bambini possono compiere esperienze dirette, esprimendo liberamente la propria individualità secondo tempi e ritmi personali;

  • b) garantire relazioni affettive stabili e significative tra educatrici e bambini, nonostante la lunghezza dell’orario e gli inevitabili turni del personale;

  • c) fare in modo che il Nido rappresenti per le educatrici un luogo di formazione permanente, dove si favorisce la crescita della professionalità e delle qualità personali di ciascuna di loro;

  • d) creare le condizioni perché genitori e bambini possano trovare, fin dai primi giorni di incontro con il personale, il sostegno necessario per affrontare la vita nel Nido come esperienza “buona”, riducendo al minimo gli esiti negativi che spesso accompagnano i grandi cambiamenti nella vita di relazione (quali: l’ansia e i sensi di colpa degli adulti; i traumi dei bambini – soprattutto i più piccoli – che possono insorgere al primo “vero” distacco dai genitori e dalla propria casa).

Guardando a questi obiettivi secondo un’ottica montessoriana, possiamo riassumerli sinteticamente nei tre elementi fondamentali della pedagogia scientifica di Maria Montessori: l’ambiente, il materiale, l’adulto.

Foto 2 - Poche cose, disposte con ordine alla sua altezza, permettono al bambino anche di uno o due anni di scegliere da sé l’oggetto con cui giocare: è uno dei primi essenziali atti d’indipendenza.

Foto 3 - Ancor prima di camminare, il bambino mostra grande interesse per gli oggetti, ne esplora l’uso ripetutamente e in modo creativo.

Foto 4 - L’acqua, che passione e che ricchezza di scoperte in grande concentrazione! Castellanza (VA) 1982 (Foto di GHF).


Foto 5 - La grande concentrazione dei bambini, Nido “Il Ciliegio”, (CNM) Roma 2010.

Foto 6 - Servire da bere, Nido “Il Pettirosso” Caronno Pertusella (VA), 1997.


Foto 7 - Un’attività a terra, Nido di Germignaga (VA) 1996.

In questo ambito, le proposte e gli strumenti operativi sono stati:


1. L’ambiente preparato:

  • un luogo in cui “stanno bene” sia i bambini, sia gli adulti che vi lavorano; un luogo di vita dai contorni coerenti, nel quale i piccoli hanno modo di realizzare esperienze significative, trovando ciascuno il proprio ritmo e le occasioni di condivisione, di comunicazione, di attività, di gioco, il meno possibile promosse e/o guidate da un adulto;
  • un ambiente protettivo, curato, attraente, funzionale al fare da sé e alla scelta diretta dell’oggetto amato;
  • un ambiente come “casa” (anche il mobilio non è di tipo istituzionale), nel senso della quiete, dell’intimità domestica, degli affetti rassicuranti. Una casa dove ogni bambino può ripetere a piacere l’attività che lo interessa secondo un tempo personale, prendendo a poco a poco coscienza delle diverse opportunità; Un ambiente quindi maieutico, promotore di crescita per i bambini come per gli adulti;
  • un ambiente in cui la scansione dello spazio è “a misura” di bambino, in modo da privilegiare percorsi esplorativi aperti, immediatamente individuabili e riconoscibili: percorsi in grado di collegare tra di loro, in modo organico e non discontinuo, le varie zone dello spazio/Nido, tali da favorire le relazioni, poiché anche queste, per essere protette e per poter progredire, hanno bisogno di spazi e di tempi adeguati.

Tutti i luoghi del Nido, ben differenziati in base alle attività per le quali sono stati organizzati attraverso la realizzazione di zone attrezzate, possono ospitare di volta in volta anche attività che vanno oltre l’originaria destinazione d’uso. Come avviene in una casa progettata perché ci si possa “vivere bene”, a “propria misura”, nei nostri Nidi ci si può permettere di riorganizzare gli spazi per scopi particolari o per necessità temporanee, senza correre il rischio che gli ambienti perdano la loro connotazione originaria. Questo è molto importante per i processi di identificazione affettiva dei bambini e per il loro bisogno di continuità nei confronti degli stimoli e dei riferimenti spazio-temporali.


Accanto alla funzionalità, non è da trascurare l’aspetto estetico degli spazi. Il colore occupa un posto importante nella progettazione degli ambienti e nella scelta degli arredi: è uno dei temi intorno a cui abbiamo lavorato con maggiore attenzione. Nel Nido, proprio per l’età dei bambini ospitati che, come sappiamo, sono particolarmente influenzabili dagli stimoli del mondo circostante, l’intervento del colore richiede gusto, sensibilità, misura. Per la sua capacità di incidere sulla qualità della luce, il colore ha una funzione fondamentale nel calibrare e nel definire l’atmosfera di un Nido. Le tinte e i motivi decorativi sono ben armonizzati tra di loro e usati secondo un preciso intento educativo.


2. Il materiale: una cura particolare è posta nella scelta, sufficientemente ampia, dei motivi di attività e nella loro organizzazione in zone ben definite. L’attenzione costante a ogni tentativo di fare da sé e alla libera scelta di ogni azione, l’immissione nelle varie attività di possibili mezzi di autocontrollo, che il bambino stesso può gestire (tramite il rumore, il fragile, il bagnato o l’asciutto, lo sporco o il pulito …) fanno sì che ogni oggetto – di facile uso, interessante, non deludente – sia promotore di sviluppo.


Pensato per dimensione, quantità e qualità in base ai bisogni reali dei bambini, il materiale tiene conto degli interessi esplorativi che sono loro propri.


3. Il personale: un gruppo di persone cresce nella propria professionalità se può confrontarsi con regolarità e in modo costruttivo rispetto al progetto educativo che si è proposto. L’organizzazione del lavoro delle educatrici dei nostri Nidi prevede un tempo settimanale e/o mensile di lavoro comune – nel normale “monte ore” in rapporto alle situazioni e alle relazioni con i singoli bambini.


Questi sono divisi in tre gruppi di età diverse, con tre o quattro educatrici per gruppo a seconda del numero dei bambini iscritti, assicurando il massimo possibile di compresenza attraverso una programmazione, attenta e flessibile, dei turni di lavoro.


Lo strumento guida è l’osservazione costante, vista come mezzo di formazione permanente in relazione alla qualità degli interventi e degli atteggiamenti, come pure di conoscenza di ciascun bambino, cui si guarda come persona attiva e competente, ma bisognosa di circostanze adeguate per crescere, manifestarsi e comunicare.


Il personale ausiliario e di cucina partecipa anch’esso al progetto educativo, poiché tutto (anche il cibo, le pulizie, le attività di riordino) è previsto in funzione dei bisogni e dei tempi dei bambini.


A “nodi” centrali si aggiungono:


4. La considerazione che per i bambini ogni momento di vita, ogni esperienza sono ugualmente importanti, per cui i tempi dedicati al cambio, al pasto, al sonno sono essenziali quanto un gioco liberamente scelto o una proposta fatta dall’educatrice.


5. La continuità nella vita di relazione tra bambini e tra adulti e bambini come elemento determinante per la stabilità psichica e lo sviluppo armonico di ciascuno di loro.


6. L’aiuto ai genitori come atteggiamento di ascolto e di disponibilità da parte del personale, perché essi riescano a “sentire” i figli come persone da accompagnare e da sostenere nei primi passi della loro vita, rispettandone l’individualità e i bisogni più autentici. Questo aiuta i genitori a capire le proprie difficoltà in modo che non vadano a sovrapporsi a quelle dei loro bambini. Genitori e figli: entrambi hanno bisogno che la loro relazione venga protetta.

Si dirà che questi sono principi ormai diffusi nella quasi totalità dei Nidi, ma – come è già stato messo in evidenza27 la differenza consiste nella non direttività sistematica adottata nei Nidi a orientamento Montessori: anziché anticipare e sollecitare, far fare e giudicare, semplicemente seguire il bambino. Il benessere individuale e gli interventi calmi degli adulti lo aiuteranno ad accettare serenamente gli inevitabili confini al suo agire.

L’ambientamento

Il periodo di ambientamento, agli inizi della frequenza di ogni bambino, si è dimostrato essenziale per l’attuazione del progetto. Se realizzato con la massima cura, l’ambientamento è fattore di prevenzione sia delle carenze affettive dei piccoli, sia dei comportamenti ansiosi dei genitori e degli adulti che lavorano nel Nido: ambientamento, cioè, come passaggio graduale dalla vita “a due” al rapporto con gli altri bambini e con altri adulti.


Per un tempo minimo di due settimane, comunque pensato e adattato al singolo bambino, l’ambientamento costituisce per tutti coloro che vi sono coinvolti un’esperienza piena di forti risonanze emotive, molte delle quali riconducibili alle difficoltà “della prima volta” e tali da rendere complessa la comunicazione interpersonale. Non è agevole una situazione in cui per la prima volta si intrecciano emozioni di adulti e di bambini profondamente legati fra loro con quelle di persone che conoscono poco o affatto: emozioni che vanno elaborate, trasformate, interpretate, spesso in tempi rapidi.


La qualità della vita in un Nido dipende moltissimo dai primi giorni, così come dall’entrata e dall’uscita quotidiane: tre momenti spesso sottovalutati, che invece, a un’analisi più attenta e meditata, appaiono fondamentali per la vita di relazione di un bambino al disotto dei tre anni di età. Riguardo ai genitori occorre riflettere sull’isolamento e sulle difficoltà legate alla vita urbana, all’ansia provocata dalla separazione dal figlio e dal doverlo affidare a persone ignote.


Per le educatrici non sono pochi i problemi di identificazione con i vissuti del bambino e dei suoi familiari.


Per il bambino, infine, soprattutto nei primi mesi d’età, non bisogna sottovalutare la mancanza improvvisa di impressioni ormai stabilizzate rispetto alla madre o alla casa, il timore di perdere un legame per lui vitale, la paura di sensazioni nuove e impreviste sia pure mista alla curiosità, al piacere di incontrare un coetaneo o di avere fra le mani un oggetto interessante.


Tutto questo si supera con gradualità, con delicatezza di interventi, mettendo a proprio agio i genitori senza essere invasivi né troppo propositivi, lasciando al bambino il tempo di superare egli stesso la “distanza di sicurezza” che frappone tra sé e le cose che non conosce, comunicando la fiducia – anche nel personale del Nido – che ogni difficoltà o resistenza verrà superata con elasticità e con osservazione paziente.


Una volta completato il periodo di ambientamento, i bambini sviluppano la loro capacità di vivere molte ore lontano dai genitori e dalla casa. Perché ciò si realizzi senza sofferenze, in modo ‘attivo’, non imposto né subito, è necessario che il distacco dai genitori avvenga nel rispetto dei tempi e dei ritmi del singolo bambino e concordato con loro. Conquista dopo conquista, diviene operante solo dopo che ha trovato punti di riferimento stabili sia tra gli adulti, sia nell’ambiente, tanto da giungere a percepire il Nido stesso come un’estensione della propria casa e della propria famiglia.


La compresenza delle educatrici, vero e proprio momento progettuale della vita al Nido, assicura risposte adeguate e individualizzate, e personalizza il rapporto tra adulto e bambino in un modo che risulta fondamentale per un sano sviluppo emotivo.


Personalizzandosi, tale rapporto si libera da modalità di esortazione o di ingiunzione (così frequenti nelle istituzioni infantili), per diventare comunicazione affettuosa, mai sostitutiva né seduttiva. L’educatrice stabile di riferimento è l’elemento di sicurezza che tuttavia lascia libero il bambino di agire secondo ritmi e interessi propri: un nuovo legame che rassicura e che garantisce la libertà di agire in spazi altrettanto rassicuranti.

Spazi per genitori e bambini: una nuova esperienza

In Italia, sia pure in aree delimitate del nostro paese, i Nidi hanno prodotto una propria cultura innovativa intorno alla socializzazione, all’educazione e ai modelli di cura del bambino piccolo. Dall’esperienza dei Nidi si è sviluppata, verso la complessità dell’attuale sistema sociale, una maggiore sensibilità che ha consentito di individuare nuovi bisogni di ascolto e di sostegno alle famiglie.

Già nel 1979 Françoise Dolto28 aveva aperto a Parigi La Maison Verte, che, sulla base di alcuni principi mutuati dalla teoria e dalla pratica psicoanalitica, accoglieva e accoglie genitori e bambini in un contesto che rende gradevoli lo stare insieme e facilita la relazione tra loro.

Simile, ma sostanzialmente diversa l’impostazione data da Susanna Mantovani al “Tempo per le famiglie” aperto per la prima volta a Milano nel 1986, in corso XXII Marzo. Tale progetto, in seguito chiamato anche in altri modi (“Giardino d’inverno”, “Spazio bambini”, “Spazio insieme”, “Tempo lineare” …) si poneva l’obiettivo di realizzare contemporaneamente finalità formative per i bambini e finalità di sostegno socio-educativo per gli adulti che frequentano il servizio con i loro piccoli. Una nuova istituzione che ha fatto scuola. Proviamo a esaminarne i motivi.

Nelle nostre città, piccole e grandi, cresce di continuo il numero di giovani coppie costrette ad affrontare senza alcun aiuto, né possibilità di confronto, le difficoltà quotidiane nell’allevare i propri figli. Spesso lontane dai rispettivi genitori e dai parenti più stretti, queste coppie incontrano notevoli ostacoli a parlare con chi ha problemi analoghi. L’isolamento e la solitudine in cui sono confinate tante giovani madri con bambini molto piccoli e il disagio di coppia sono a volte assai più profondi di quanto non si immagini.


Una ricerca realizzata dalla psicologa Tullia Musatti del CNR di Roma dimostra che i bambini, le cui mamme stanno a casa con loro a tempo pieno, “vedono mediamente molta TV, non vedono molto i coetanei, non passano all’aperto un numero di ore maggiore dei bambini di altri gruppi, ma soprattutto non sembrano godere di ampi momenti di gioco con la loro mamma, né con il loro papà”.


Insieme a questo stato di isolamento si sono inaridite le fonti attraverso le quali una volta avveniva la trasmissione da una generazione all’altra delle tradizioni e delle competenze nella cura dei nuovi nati, come succedeva nella famiglia allargata. Intorno a tale organizzazione ruotava tutta la società agricola e, all’interno delle città, il mondo dell’artigianato e dei piccoli commerci, che tanto calore dava alla vita di quartiere. Tutto ciò è rapidamente scomparso, senza che nemmeno si sia avuto il tempo di trovare nuovi punti di equilibrio verso una rinnovata aggregazione economica, sociale e culturale.

Il fatto che, ovunque sia stata istituita questa nuova tipologia, abbia riscosso tanto successo, dimostra che corrisponde realmente a un bisogno dei genitori29 .


Il servizio in sostanza vuole offrire un sostegno indiretto per affrontare, insieme ad altri, i problemi educativi quotidiani e, contemporaneamente, almeno nella versione che ne offriamo come CNM, “un luogo di vita” piacevole, armonioso, bene organizzato, flessibile.


Aperto in diversi orari della settimana, permette alle famiglie modalità personalizzate di frequenza, che possono variare nel corso dell’anno, anche se un minimo di impegno regolare viene richiesto. L’apporto specifico Montessori a questo tipo di servizio, peraltro egregiamente risolto anche da altri30 , è proprio nella preparazione accurata degli ambienti perché siano semplici, ma accoglienti al massimo e appositamente “pensati” per piccoli fino ai tre anni circa, con proposte di attività non banali (l’acqua in primo luogo), grazie alle quali i bambini possano agire da soli liberamente, concentrarsi e sviluppare in modo naturale le prime relazioni sociali.

Qui, dunque, non si pone il problema della separazione, perché i genitori non possono lasciare il proprio bambino per andare a fare altro. C’è invece il problema della condivisione, del confronto spontaneo dei valori e delle regole familiari con quelli di altri (Che cosa permetto o non permetto? Come mi comporto di fronte a un gesto aggressivo del mio bambino o di altri? Come dico No, se alla stessa cosa altri dicono Sì? …).


Lo scopo ultimo sarebbe il consolidamento di una buona relazione “madre-bambino” o “genitori-bambino” e al tempo stesso una valorizzazione e chiarificazione di questo ruolo così delicato, divenuto purtroppo difficile. Attraverso le diverse forme di gioco, di racconto, di ascolto molti problemi si affievoliscono e si risolvono da soli.


Naturalmente non basta preparare l’ambiente; occorre formare gli operatori del servizio: persone capaci di lavorare in uno spazio fisico e psicologico “diverso”, ma non in contraddizione rispetto a quello vissuto quotidianamente dai genitori nel chiuso delle pareti domestiche. Uno spazio ulteriore dove il tempo ha un suo preciso “valore aggiunto”, in quanto viene loro offerta la possibilità di sottrarsi alla routine giornaliera nella quale vivono di solito; un spazio infine, dove l’esperienza via via vissuta può avere riscontri interessanti, sia sul piano educativo sia su quello della maturazione personale.


Per lavorare in un servizio come questo occorrono competenza e sensibilità, per accogliere senza mai intervenire, senza temere di doversi mettere in discussione, assumendo come atteggiamento di fondo una spiccata attitudine all’ascolto che si accompagni alla capacità di contenere le situazioni in atto.


Non si tratta di porsi come “maestri”, né come “esperti”, ma come persone in grado di dare risposte indirette, nel rispetto dei diversi modi di presentarsi della relazione genitori-bambino: orecchi attenti, occhi e mani che sanno consolare senza mai invadere: un compito complesso, perché più che mai in quel luogo “il bambino è dei genitori!”.


Un percorso professionale, questo, dove la capacità di osservare – non solo come tecnica, ma come atteggiamento interiore – è l’elemento base per “vedere” e “sentire” i problemi dei bambini e degli adulti.

Un ambiente pensato e appositamente preparato, ascolto, osservazione e interventi indiretti sono stati e sono tuttora elementi a forte valenza montessoriana che il CNM cerca di trasferire dialetticamente nell’ambito di nuove esperienze e nel lavoro di formazione delle persone che vi operano31 .

Montessori: perché no?
Montessori: perché no?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.