CAPITOLO VII

Elimination communication
o igiene naturale del bambino

Un bambino può essere messo sul vasino anche prima che sia pronto per comunicare i suoi bisogni, e questo può avvenire fin dalle prime ore di vita. Alcuni genitori decidono di praticare l’educazione al vasino precoce assistita1, detta anche “elimination communication” e da altri autori “igiene naturale del bambino”2.


L’educazione al vasino precoce assistita è un sistema graduale e rispettoso del bambino usato per il controllo sfinterico: invece di cambiare di frequente il pannolino, si visita spesso il vasino. Con questo approccio i genitori imparano a leggere il linguaggio del corpo del bambino e lo mettono sul vasino fin dalla nascita, quando credono che per lui sia il momento di fare i bisogni. Si tratta di un approccio fondato sulla comunicazione empatica che si instaura nel tempo tra genitore e figlio: il genitore, ascoltando e osservando il suo neonato, impara a discriminare poco per volta quei segnali che gli permettono di capire quando deve fare i bisogni. È una modalità per eliminare del tutto o diminuire drasticamente l’uso dei pannolini.


L’obiettivo che ci si pone non è quello di svezzare dal pannolino il prima possibile, ma di imparare poco per volta a comunicare con il piccolo e a comprenderne i messaggi più intimi; il bambino impara a riconoscere i bisogni del proprio corpo, il genitore a osservare il suo bambino da un ulteriore punto di vista. Il piccolo inoltre è sgombro dall’impaccio del pannolino e libero nei suoi movimenti3.


Ma vediamo un po’ di storia: nel 1977 uno studioso dell’università di Maastricht, M.W. De Vries, pubblicò su “Pediatrics” uno studio osservazionale4 condotto su una tribù africana in cui l’educazione al vasino (sia di giorno che di notte) veniva iniziata subito dopo la nascita, con controllo degli sfinteri raggiunto a sei mesi di età circa. La madre individuava due posizioni per assistere il lattante durante la defecazione e la minzione, a cui associava due diversi tipi di suoni. L’assistenza del genitore avveniva sempre in occasione di segnali inviati dal bambino. Secondo De Vries il successo di questo metodo è da ricondurre ai costumi piuttosto semplici di quella tribù e all’organizzazione familiare che prevedeva il coinvolgimento di fratelli maggiori e altri membri della famiglia allargata. Studi successivi confermarono l’esistenza di altre tribù che praticavano questa modalità in Giamaica e in India. Data l’organizzazione di questa comunità l’autore sosteneva l’impossibilità di praticare questo metodo nella società occidentale; è la prima volta che nella letteratura sull’educazione al vasino viene introdotto il concetto di relatività culturale.


Un altro aspetto importante da considerare è la modalità di accudimento “ad alto contatto” delle società che fin dalla nascita non usano i pannolini: i bambini sono pelle a pelle con il genitore per il 90% della giornata, mentre nella società occidentale (con l’avvento di passeggini, sdraiette, culle, seggiolini) il contatto fisico è ridotto al minimo (gli etnoantropologi stimano il 10% del tempo di contatto pelle a pelle nelle 24 ore)5. E in realtà il segreto sembra essere proprio questo: in siffatte culture i bimbi vivono a stretto contatto con la madre e i segnali che il piccino invia quando deve eliminare vengono immediatamente accolti.


Come premesso, l’elimination communication si basa proprio sui segnali che precedono l’evacuazione o la minzione; tali segnali sono: l’espressione del viso, il segnale di spingere, il segnale di fastidio, il tipo di pianto. Altri elementi sono il timing delle evacuazioni (prima o dopo i pasti, prima o dopo la nanna) e una corretta assistenza del genitore in questi momenti.


L’EC potrebbe funzionare nella società occidentale? Sembra proprio di sì a detta dei genitori che frequentano i forum su internet e si scambiano informazioni e consigli peer to peer6.


L’efficacia di questo approccio è supportata dalla ricerca scientifica7 condotta di recente da un medico italiano, Simone Rugolotto8. Lo studio evidenzia che oltre il 90% dei genitori che applicano l’EC riferisce che i figli hanno mostrato segnali premonitori in occasione di scariche o minzioni: il rifiuto del vasino è solo del 12% (con il metodo classico di solito si aggira intorno al 25%). Ecco i principali segnali che anticipano le minzioni e le percentuali di bambini che li mostrano: modificazioni dell’aspetto del viso: 54%; segnali sonori vocali: 50%; indicazione della zona genitale: 49%; atto di spingere: 36%.


Alcuni genitori credono profondamente nei loro bambini e nelle loro possibilità e applicano questo approccio con profonda soddisfazione loro e libertà di movimento per i loro piccoli, che possono beneficiare dell’assenza del pannolino fin dai primi mesi. Ecco alcune testimonianze:

VOCI DI MAMME E DI PAPÀ

Quando Emma compì un anno in una mailing list lessi una strana sigla: EC (Elimination Communication). Chiesi spiegazioni e mi si aprì un mondo sconosciuto che in seguito mi portò a ripensare la mia esperienza di mamma. Per pura curiosità mi iscrissi anche alla mailing list “Senza pannolini”, dove lessi esperienze e consigli di mamme che non usavano pannolini per i loro bimbi addirittura fin dalla nascita. Ero molto incuriosita ma il freddo dell’inverno mi scoraggiò e non me la sentii di iniziare questa avventura. Poi arrivò maggio e i primi caldi e quando una mattina, togliendo il pannolino a Emma (usavo ancora gli usa-e-getta), la trovai tutta segnata e rossa, mi ritornò in mente l’EC nelle storie di quelle mamme e decisi di togliere, per lo meno durante il giorno, il pannolino a Emma che allora aveva sedici mesi. Decisi anche di usare per la notte i pannolini lavabili che avevo “scoperto” sempre frequentando i vari forum.


Rassicurata dalle varie esperienze di chi mi aveva preceduto in questa avventura, mi attrezzai così: comprai metri di tela cerata e foderai divano, letti (il nostro e quello di Emma) e il seggiolino auto e ne tenevo sempre un pezzo a portata di mano.


In borsa tenevo sempre un piccolo asciugamano da bidè, e un cambio di calzini, mutande e pantaloncini (oppure usavo delle culottes carine e facevo a meno dei pantaloncini).


Nel bagno avevo un piccolo catino, un pezzo di sapone e lo stendino alla finestra per poter sciacquare velocemente ciò che si bagnava come mutande e calze, in modo da averne sempre di pronte. Mi preparai moralmente a raccogliere da terra pipì e popò e ad avere tanta, tanta pazienza… In casa spesso lasciavo Emma senza mutande, solo con una maglietta lunga, e naturalmente scalza. A meno che la giornata non fosse proprio fredda posizionavo il vasino nel corridoio, poiché è il posto centrale della casa raggiungibile da tutte le stanze. Per mia fortuna quando le scappava la popò si capiva da lontano: qualsiasi cosa facesse si fermava, alzava lo sguardo e corrucciava le sopracciglia, così io correvo e la mettevo sul vasino. Invece per la pipì la cosa si fece più difficile. All’inizio non capivo proprio i suoi segnali e arrivavo sempre tardi. Certo le parlavo dicendole che era meglio se la faceva nel vasino, ma non trovavo “argomenti” convincenti, finché mi accorsi che ritrovarsi coi piedini bagnati, e di conseguenza dovere andarsi a lavare, la infastidiva molto e cominciai a insistere dicendole “Oh che peccato! Certo se andavamo sul vasino i piedini non si bagnavano… sarà per la prossima volta!”. Osservai anche che se all’inizio faceva pipì anche ogni cinque minuti poi con il passare dei giorni si allungavano i tempi: ogni trenta minuti, poi ogni ora.


La mia giornata trascorreva così: appena sveglia cercavo di metterla sul vasino, oppure la portavo sul seggiolone a far colazione tenendo il vasino lì accanto in modo da prendere la pipì del “dopo latte”. Poi prima di uscire per la spesa aspettavo che la rifacesse di nuovo, così sapevo di avere almeno un’ora per fare i miei giri. Lasciavo a casa il passeggino che era difficile da lavare e la cerata scivolava sempre via e usavo il triciclo a spinta o la bici. Se prendevo il carrello usavo l’asciugamano per limitare i danni di un’eventuale pipì, e appena rientravo la portavo al bagno. A onor del vero non è mai successo che facesse pipì o popò al supermercato. Poi ci fermavamo al parco-giochi dove ogni tanto le proponevo di farla vicino a un alberello tenendole le gambe alzate e dicendo “pssss”.


All’inizio di questa storia ogni volta che dovevo restare fuori casa per più di un’ora le rimettevo il pannolino e mi limitavo a lasciarla senza solo intorno e dentro casa, poi piano piano siamo arrivati a non avere il pannolino per tutta la giornata, cercando di proporle a intervalli di un’ora circa di fare pipì al bagno o sotto l’albero (“dài, innaffiamo l’alberello!”), oppure sopra le cunette delle fogne (la pipì che scompariva era affascinante).


Maggio, giugno e luglio passarono tra alti e bassi, con molte pipì sul pavimento e qualcuna nel vasino, poi un giorno notai che le pozzette di pipì si “avvicinavano” sempre di più al vasino finché una mattina sentii un affrettarsi di passi accompagnati da un urlo “pipipopoooo” (le avevo detto che quando le scappava o comunque quando la faceva doveva dire a voce alta “mamma pipìpopò!”) e ritrovai Emma seduta sul vasino tutta felice, e dentro al vasino una bella pipì! Gli episodi si ripeterono sempre più frequentemente, per la gioia di tutti. Certo accadeva anche di perderle per strada, però era chiaro che Emma aveva associato lo stimolo della pipì ad avvisarci verbalmente e a farla nel vasino!


Poco prima di partire per le vacanze in montagna la situazione precipitò! Tutto sembrava essere tornato come i primi giorni: pipì perse in continuazione, nessun avvertimento da parte sua. Era un bel problema. Volevamo partire per la montagna senza portarci dietro pacchi e pacchi di pannolini, ma la cosa non sembrava più fattibile. Ne discutemmo un po’ e chiesi anche qualche consiglio alle mamme dei forum che praticavano EC. Decidemmo così di darle fiducia, di non rimettere il pannolino e partimmo per la montagna. Avevamo fatto la cosa giusta! Nonostante le lunghe passeggiate nello zaino e i pranzi al ristorante, le pipì perse furono pochissime e mai durante le uscite. Tornati a casa decidemmo che anche durante l’autunno e l’inverno avremmo continuato a lasciarla “libera” e non sbagliammo.


Nel frattempo rimasi incinta, Jamal sarebbe nato a febbraio e mi aspettavo che durante l’ultimo mese di gravidanza aumentassero le pipì perse, invece durante una settimana di influenza Emma insistette per togliere il pannolino anche durante la notte. Pensavamo fosse una conseguenza del caldo patito con la febbre, invece volle continuare anche dopo la guarigione. Non so se l’uso dei lavabili abbia influito su questa sua decisione, comunque Emma a due anni decise di togliersi il pannolino di notte e, a parte qualche sporadico incidente, non l’ha più rimesso. Oggi, a due anni e mezzo, è una bambina che avverte in ogni occasione e in ogni posto se le scappa, compresa la notte.

Daniela, mamma di Emma (2 anni e mezzo) e di Jamal



Miky è nato piccolino, di otto mesi, era un ragnetto di 2200 grammi.

Appena siamo usciti dall’ospedale, avevo già intenzione di fare Elimination Communication per motivazioni sia economiche che ecologiche e perché avevo letto un bel po’ riguardo a questo argomento. Tutte le volte che vedevo un piccolo sforzo, velocemente lo spogliavo e gli facevo fare pipì. Appena la schiena ha cominciato a reggerlo l’ho seduto sul WC e così tutte le volte che cercava di sforzarsi. Risultato: ha fatto la cacca addosso solo in ospedale i primi tre giorni. Miky non è mai stato arrossato o irritato (tranne quando ha preso delle medicine, ma solo per due giorni).

Ora quando siamo per strada o in macchina e non possiamo fermarci, lui la trattiene, ma se capita che se la fa addosso comincia a strepitare fin quando non viene cambiato. Sporco proprio non ci sta. Da un po’ riesce a fare anche pipì, ma quelle non le fa tutte nel vasino. Quando siamo stati in ospedale (due giorni a dicembre, per la tosse) era l’unico bambino a farla nel vasino ed era il più piccolo!!!

Liù, mamma di Miky



Durante una visita la pediatra mi parlò della possibilità di lasciare i bimbi senza pannolino, educandoli al vasino; mi disse che nelle scorse generazioni i bimbi venivano “iniziati” al vasino appena erano in grado di sedersi da soli, e che in altri paesi il pannolino neanche si usa, che si può imparare a riconoscere i “segnali” dei bimbi sin dai primi giorni… mi si è aperto un nuovo mondo… per un paio di mesi non ho fatto molto, a parte documentarmi, anche perché ci siamo alternate con raffreddori e influenze, e la malattia è il periodo peggiore per lo spannolinamento. Così ho cominciato quando Giada aveva dieci mesi, è stato abbastanza facile, anche se con alti e bassi, ma prima dell’anno Giada era più “collaborativa” in tutto… e a quindici mesi era quasi completamente senza pannolino.

Mamma di Giada



Io con Alice ho usato da subito i lavabili con i quali mi sono trovata molto bene (i prefold insieme alla mutandina impermeabile), poi quando lei aveva circa due mesi ho letto alcune cose sulla possibilità di fare EC e l’idea di venire incontro anche a queste esigenze della piccola mi è subito sembrata corretta. Spinta da curiosità ho provato a proporre il WC ad Alice quando la vedevo cominciare a spingere per la cacca (ovviamente in braccio a me o al papà). E lei la faceva tranquillamente, quasi contenta di fare meno fatica! Da lì, pur continuando a metterle il pannolino, ho continuato a portarla in bagno ogni volta che mi dava il segnale e la mattina appena sveglia. A partire da quando aveva circa tre mesi di pannolini sporchi di cacca ne ho trovati ben pochi! Questa primavera, appena ha iniziato ad alzarsi la temperatura, ho cominciato a tenerla senza pannolino senza alcuna aspettativa, solo per farle patire meno caldo; le lasciavo il vasino in un posto a lei comodo se voleva usarlo e se faceva pipì in giro mi limitavo a cambiarla (come avrei fatto con il pannolino) e a pulire. Nel giro di un paio di mesi di incidenti non ce ne sono più stati e di mettere il pannolino per uscire non voleva più saperne, per cui mi sono fidata di lei e l’ho lasciata senza. Un mese dopo, visto che trovavo sempre il pannolino asciutto la mattina (nonostante io la allatti un paio di volte la notte), ho provato a lasciarla senza anche la notte e finora non c’è mai stato un incidente! Conclusione: per noi lo spannolinamento si è completato a sedici mesi. Non so se con l’autunno le cose cambieranno, se così sarà… pazienza!

Daria, mamma di Alice


Altri genitori, pur avendo preso in considerazione l’igiene naturale e quindi di fare a meno del pannolino fin dalla nascita, non sono riusciti o non hanno voluto impegnarsi in tal senso: si tratta di un percorso impegnativo per genitori che lavorano e non è sempre facile coinvolgere le altre persone che si prendono cura del piccolo quando mamma e papà non ci sono. I nonni, il nido, la baby sitter potrebbero non essere disponibili a osservare il bambino e ad avere una stretta comunicazione con lui su questo argomento. Alcuni genitori preferiscono non insistere se vedono che non si tratta dell’approccio adatto a lui. Hanno provato ugualmente a seguire il loro istinto e hanno osservato i loro bambini intuendone i bisogni e dando loro delle risposte adeguate. Ecco i loro punti di vista.

VOCI DI MAMME E PAPÀ

Io cerco di rendere la mia bambina indipendente in tutto. Guida lei tutti i progressi e le cose nuove che si sente di affrontare. Per questo quando ho provato mesi fa a fare EC e ho visto che a lei non andava molto ho lasciato stare. Ho aspettato che l’input venisse da lei, e infatti ora è lei che mi chiede di andare in bagno; solo certi giorni e quando lo fa è contenta e molto divertita. Forzarli è sempre sbagliato e non solo causa regressi ma anche pericolose frustrazioni. Non a caso Alice Miller, un’autrice che è profonda conoscitrice della psiche infantile, elenca tra le imposizioni che creano traumi nell’infanzia un’educazione al vasino sotto l’anno non rispettosa e non corretta per “quel” bambino.

Caterina, mamma di Sofisara

Anch’io avevo provato EC ma non era il momento giusto. Però a primavera Caterina ha cominciato a dirmi quando faceva cacca e così mi sono detta: proviamo! A me non interessa tanto togliere il pannolino, quanto renderla libera dal caldo e dal fastidio e seguire un segnale che mi sembrava mi avesse dato. A lei piace sedersi sul WC, è divertita quando fa pipì e poi le piace pulirsi! Però se dovessi accorgermi che per lei è una sofferenza mi fermerei subito…


Io non vedo l’eliminazione del pannolino come un modo per renderla autonoma: cerco di crescere Caterina tenendo presente che l’indipendenza non è dormire da sola, non è mangiare da sola, non è giocare da sola o stare con la nonna giorno e notte… L’indipendenza è imparare a conoscere se stessa, le proprie emozioni e i propri bisogni e avere la libertà e il coraggio di manifestarli!


Per tutto il resto c’è tempo e sarà la logica conseguenza del suo crescere armonioso e in equilibrio con i suoi tempi.

Michela, mamma di Caterina (18 mesi)

Via il pannolino!
Via il pannolino!
Elena Dal Prà
Come dare l’addio al pannolino in una prospettiva educativa, etica ed ecologica.Suggerimenti e consigli pratici per togliere il pannolino, affrontando il percorso dello spannolinamento in modo sereno e senza forzature. Togliere il pannolino è una delle fasi più importanti nel percorso di crescita del bambino. Il percorso di apprendimento è duplice: non si tratta solo di imparare a usare il vasino, ma anche di abbandonare l’uso del pannolino.Via il pannolino! illustra quale sia il percorso più semplice e piacevole per togliere il pannolino , senza che vengano a generarsi forzature e conflitti, ma tenendo presente che non esistono ricette precostituite e che, anzi, molto dipende dal temperamento del bimbo e dall’effettiva disponibilità del genitore.Nel suo libro, Elena Dal Prà sfata così i miti più comuni sull’educazione all’uso del vasino, sull’enuresi e sull’età in cui dovrebbe iniziare il processo di “spannolinamento”, e prende in considerazione i diversi approcci esistenti, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche e con la consapevolezza di come questo particolare momento della crescita rappresenti una pietra miliare nella maturazione fisica e psicologica del bambino, nonché uno dei primi passi che conducono alla sua autonomia, il tutto in un’ottica educativa, etica ed ecologica.Il volume è arricchito da numerose testimonianze di mamme e papà che hanno voluto condividere le loro esperienze per aiutare gli altri genitori che sono alla ricerca di consigli e suggerimenti e che desiderano informarsi per poter affrontare questo percorso in modo sereno, aiutando il bambino a leggere i segnali del proprio corpo. Conosci l’autore Elena Dal Prà è pedagogista e insegnante di massaggio infantile, approfondisce tematiche legate all’allattamento, alla crescita dei bambini, alla disciplina dolce e in particolare alle questioni educative e ambientali relative allo svezzamento da pannolino.Dal 2005 svolge attività di consulenza per enti pubblici e associazioni per il sostegno della donna, madre e lavoratrice. Scrive per il web aggiornando siti dedicati alla genitorialità e moderando forum di discussione.