CAPITOLO XII

La salute naturale

Gli effetti “aspecifici” dei vaccini

Nell’edizione precedente nel libro illustrai la mia casistica personale riguardante lo stato di salute dei bambini non vaccinati curati nel corso degli anni, da cui emerse un quadro complessivo molto soddisfacente, con poche malattie allergiche, e ancor meno patologie autoimmuni e dello sviluppo neurologico. Non la riporto per due motivi: innanzitutto perché, come già allora scrissi, sono dati personali, frutto di quasi quarant’anni di pratica da pediatra, ma non organizzati in modo tale da rappresentare un dato scientifico, e poi perché, col trascorrere degli anni, i numeri si sono ancor di più incrementati e divenuti tali da indurmi a cercare la conferma o meno delle mie osservazioni sul campo.


Uno dei motivi per cui, con altri colleghi, abbiamo costituito AsSIS, l’Associazione di Studi e Informazione sulla Salute, è il desiderio di realizzare ricerche scientifiche indipendenti sulla salute delle persone, e tra queste la valutazione degli effetti aspecifici delle vaccinazioni in un Paese con alto reddito come l’Italia. Gli “effetti aspecifici” dei vaccini (detti anche effetti “eterologhi” o effetti “off-target”) sono definiti come effetti che esulano dagli effetti protettivi specifici contro le malattie target1. Questi effetti aspecifici, se reali, teoricamente potrebbero essere:

  • benefici, aumentando la protezione anche contro le infezioni causate da germi non contenuti nei vaccini o determinando un miglioramento di altri fattori di salute;
  • neutri, cioè potrebbero essere reali ma trascurabili;
  • dannosi, aumentando la suscettibilità a infezioni diverse da quelle per cui si è vaccinato o per la comparsa di condizioni patologiche con effetti indesiderati per la salute.

Nei Paesi a basso reddito gli effetti aspecifici hanno evidenziato conseguenze che non è esagerato definire a volte drammatiche, con un aumento di mortalità nei bambini vaccinati per alcuni vaccini. L’ipotesi di una “immunità aspecifica” fu rilanciata negli anni ’90 nell’Africa occidentale, quando studi clinici di un nuovo vaccino per il morbillo ad alto titolo proposto in Guinea-Bissau e Senegal a partire dai 4-5 mesi di età ne dimostrarono l’efficacia, ma rivelarono un inaspettato raddoppio della mortalità tra le femmine rispetto al vaccino standard per il morbillo somministrato a 9 mesi2. Questo effetto negativo indusse a studiare altri vaccini di routine per raccogliere i potenziali effetti aspecifici o differenziati in base al sesso. Alcuni studi osservazionali rilevarono effetti aspecifici per tutti i vaccini pediatrici di routine e questo consentì di eseguire altri studi (RCT) che confermarono gli effetti aspecifici benefici dei vaccini standard per morbillo3 e tubercolosi4 contro la sepsi e le infezioni respiratorie, ma evidenziarono che i vaccinati con DTP (in particolare le ragazze) presentavano una mortalità significativamente più alta rispetto ai bambini non vaccinati con DTP5. Medesimo effetto negativo si ha con il vaccino contro l’epatite B6.


La letteratura scientifica a riguardo non è così ampia come sarebbe necesssario, data l’importanza dell’argomento. È riassunta in modo impeccabile nell’articolo di Donzelli, Schivalocchi e Giudicatti, cui rimando per gli opportuni approfondimenti (si veda nota 1, p. 317). È improbabile che gli effetti aspecifici siano del tutto assenti nei Paesi ad alto reddito.


Esistono ancora molte incognite relative agli effetti a lungo termine dei vaccini e dei loro componenti, tanto che l’Institute of Medicine statunitense – IOM (ora National Academy of Medicine – NAM) dichiarò: “In conclusione, pochi studi hanno valutato l’associazione tra l’intero programma di immunizzazione o le variazioni del programma sullo stato di salute generale, e nessuno studio ha esaminato direttamente i risultati di salute… Nessuno studio ha confrontato le differenze nei risultati dello stato di salute tra bambini completamente immunizzati e bambini mai vaccinati… La ricerca esistente non è stata progettata per testare l’intero programma di immunizzazione. La commissione ritiene che, sebbene l’evidenza disponibile sia rassicurante, non sono stati condotti studi per esaminare gli effetti a lungo termine del numero cumulativo di vaccini o di altri aspetti del programma di immunizzazione”7.


È quindi importante realizzare studi

  • per confrontare lo stato di salute dei bambini vaccinati e non vaccinati,
  • per esaminare:
  1. gli effetti cumulativi a lungo termine dei vaccini;
  2. il calendario di vaccinazione in relazione all’età e alla condizione del bambino;
  3. il carico totale o il numero dei vaccini somministrati contemporaneamente;
  4. l’effetto degli altri componenti dei vaccini in relazione allo stato di salute;
  5. i meccanismi del danno associato al vaccino.

Le disposizioni internazionali, a partire dall’OMS e dai CDC per arrivare agli organismi continentali e nazionali, non appaiono particolarmente dirette a promuovere questo genere di ricerca. Non sono in grado di comprendere i motivi per cui non si è data sinora risposta, se non parziale e insufficiente, alle indicazioni dell’IOM. Probabilmente da una parte c’è una sottovalutazione degli eventuali danni da vaccino, soprattutto a lungo termine, e dall’altra vige un controllo culturale che può essere alimentato dai problemi, già esposti in altra sede, relativi a conflitti di interesse. Se non c’è una chiara volontà di realizzare studi che confrontino lo stato di salute dei vaccinati e dei non vaccinati, il motivo è individuabile proprio nella indisponibilità stessa, ovvero, si suppone, dal pericolo che si ottengano risultati sfavorevoli.

Una lettera senza risposte

Sono i presupposti fin qui descritti che mi indussero a indirizzare, insieme ad altri 156 colleghi, una lettera aperta indirizzata al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, che riporto integralmente.


Ill.mo Prof. Ricciardi,


le Sue recenti prese di posizione pubbliche in merito alle vaccinazioni pediatriche ci inducono a scriverLe per chiarirLe alcuni aspetti che meritano un approfondimento e una riflessione serena.


Oggigiorno, un qualsiasi medico dotato di buon senso e di un minimo di conoscenza scientifica non può essere contro le vaccinazioni pediatriche e infatti conosciamo tutti l’utilità di questa pratica sanitaria.


Molti anni di studio quotidiano della letteratura scientifica, con la quale abbiamo sempre documentato le nostre affermazioni e pubblicazioni sia scientifiche sia divulgative, ci hanno permesso di conoscere a fondo l’utilità ma anche i limiti delle vaccinazioni, che all’inizio noi sostenevamo e che molto frequentemente anche praticavamo. Però, questi 35-40 anni di pratica medica specialistica accanto al bambino malato, non frettolosa ma fatta di osservazione e di ascolto, di considerazione di quello che lui ci comunica e subliminale e di quello che i genitori raccontano, ci ha aperto gli occhi sulla realtà delle reazioni avverse causate dalle vaccinazioni pediatriche.


Ci siamo infatti accorti che, dopo un’osservazione minuziosa e prolungata nel tempo di bambini vaccinati e non vaccinati, questi ultimi appaiono indubbiamente e globalmente più sani, meno soggetti alle patologie infettive, specie delle prime vie aeree, meno soggetti ai disturbi intestinali e alle patologie croniche, meno soggetti a patologie neurologiche e comportamentali e scarsi consumatori di farmaci e di interventi sanitari. Può capire, quindi, che la nostra osservazione non è rivolta solo alle patologie specificatamente interessate dalle vaccinazioni, ma alla salute globale del bambino, perché crediamo che questa sia la finalità e il dovere di ogni Medico. Certo, è un dato che nasce dall’esperienza clinica quotidiana ma siamo disponibili a partecipare a un’indagine organizzata dal Suo Istituto che confronti nel modo più rigoroso lo stato di salute dei bambini completamente vaccinati con quella dei bambini mai vaccinati.


Pertanto, per quanto riguarda le reazioni avverse causate dalle vaccinazioni pediatriche, noi non intendiamo solo quelle reazioni gravi, mortali o gravemente invalidanti, che ogni tanto si possono avere e che nessun medico dotato di buon senso osa negare. Ci riferiamo invece a quella parte molto più numerosa di effetti indesiderati che sembrano essere collaterali alla pratica vaccinale e che sono frutto di una alterazione immunitaria tutt’altro che irrilevante per un neonato o comunque per un organismo immunologicamente immaturo.


Sono queste conseguenze della pratica vaccinale che ci preoccupano, perché notiamo che dopo le vaccinazioni molti bambini, ad esempio, reagiscono con l’innalzamento della temperatura (che è una classica reazione immunitaria ad una noxa esterna), subiscono un’alterazione di quelle che prima erano le loro normali funzioni digestive e/o della regolarità del loro ritmo sonno-veglia (espressione di una risposta multisistemica), diventano più irritabili, piangono in modo inconsolabile e regrediscono in alcune abilità prima acquisite (a testimonianza che c’è stato una irritazione a livello del sistema nervoso centrale).


Queste evidenze, che qualsiasi medico attento e osservatore può notare ovviamente non in tutti ma in alcuni bambini da poco vaccinati, ci hanno interrogati sulla innocuità non tanto del singolo vaccino, ma specialmente sul modo in cui noi oggi pratichiamo le vaccinazioni pediatriche.


Sappiamo tutti che i germi vengono fermati dalle barriere fisiologiche di un organismo con sistema immunitario normofunzionante, sappiamo che c’è un’interazione essenziale tra i Pathogen-Associated Molecular Pattern (PAMP) dei germi e i Toll-Like Receptors (TLR) e che la stimolazione di questi recettori attiva una via di segnalazione che comporta l’induzione di geni anti-microbici, di citochine pro-infiammatorie (IL-1β, TNF-α, IL-6) e di prostaglandine che inducono un’attivazione del sistema immunitario, mentre l’inoculazione parenterale degli antigeni vaccinali induce una soppressione immunitaria (anche se quasi sempre temporanea).


Pertanto, se lasciamo da parte affermazioni non supportate scientificamente, come quelle di coloro che dicono che un neonato viene a contatto attraverso le mucose con molti più antigeni batterici e virali di quelli contenuti nelle fiale vaccinali, dimenticando che i vaccini a cui ci riferiamo in questo contesto by-passano completamente le barriere fisiologiche dell’organismo pediatrico ed entrano direttamente in circolo, e se lasciamo da parte affermazioni semplicistiche che i vaccini sono assolutamente sicuri, dimenticando le numerosissime revoche di commercializzazione di molte loro specialità, i numerosi casi mortali riportati in letteratura poche ore dopo la loro somministrazione, non possiamo non osservare che la pratica vaccinale attuale offre il fianco a molte perplessità e per questo è sede di accese dispute in ambito scientifico, sia per le sue conseguenze sul sistema immunitario sia perché è basata su un trattamento di massa che prevede la somministrazione a tutti i bambini degli stessi vaccini ad una medesima e precocissima età, senza tener conto dell’anamnesi familiare e personale e dello stato differente di salute dei piccoli e dell’ambiente in cui vivono.


Noi crediamo che la Medicina del Futuro, alla quale ogni Operatore Sanitario è chiamato a dare il piccolo ma sempre prezioso apporto, sarà una Medicina dove si imporrà la Prevenzione Primaria e questa non può certamente essere basata sull’uso dei farmaci, ma prima di tutto su una corretta igiene di vita (alimentare, cinetica, psicologica, socio-culturale, ecc.) e su azioni di salvaguardia e di bonifica dell’ambiente, argomento quest’ultimo che è diventato un’emergenza primaria che secondo noi avrebbe bisogno, da parte Sua e dell’Istituto che Lei presiede, di interventi immediati che riteniamo addirittura molto più prioritari di quelli riguardanti le vaccinazioni.


Considerazioni preliminari


1 - Obiettivo della Medicina Preventiva è quello di proteggere i bambini dalle malattie ricorrendo a trattamenti di provata innocuità (Primum non nocere), pertanto senza sottoporli ad alcun rischio farmacologico.


2 - La Farmacologia Moderna, ad esclusione di condizioni estreme di emergenza pubblica, non contempla farmaci che possono essere somministrati in modo generalizzato, incondizionato e indiscriminato a tutta la popolazione, cioè senza un adeguato studio della persona volto a personalizzare il trattamento e valutare correttamente il rapporto rischio/beneficio per ogni singolo ricevente.


3 - I vaccini sono farmaci veri e propri e come tali hanno indicazioni, non indicazioni e controindicazioni, perciò possono sicuramente causare anche reazioni avverse.


4 - Se usati adeguatamente e attentamente personalizzati, i vaccini possono essere molto utili per ridurre nel ricevente la probabilità di ammalarsi di alcune specifiche patologie infettive.


5 - La Legge italiana attuale impone 4 vaccinazioni pediatriche obbligatorie (antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica e antiepatitica B), ma la prassi quotidiana ne somministra 7 senza spiegazione e possibilità di appello.


6 - Nelle attuali condizioni socio-sanitarie del nostro Paese, non sembra essere assolutamente né necessario né urgente ricorrere alle vaccinazioni di massa con 7 vaccini contemporanei nei primissimi mesi di vita, quando il sistema immunitario è totalmente immaturo e quindi facilmente squilibrabile. Infatti, la quasi totalità dei Paesi dell’Europa Occidentale non impone alcuna vaccinazione, ma si limita a formulare delle raccomandazioni: dei 29 Paesi dell’Unione Europea (i 27 dell’UE più Norvegia e Islanda), 17 non hanno alcuna vaccinazione obbligatoria (quasi tutti i Paesi dell’Europa Occidentale più Estonia e Lituania); tra i Paesi dell’Europa Occidentale, hanno vaccinazioni obbligatorie solo Italia e Grecia (con 4 vaccini) e Francia (con 3 vaccini).


7 - Oggi i bambini sono immunologicamente più deboli dei coetanei di qualche decennio fa per molteplici motivi: maggior numero di fattori di malattia o di non-salute nei genitori; alimentazione nutrizionalmente più povera e squilibrata; ambiente più inquinato; più facile ricorso a trattamenti farmacologici sia nella madre durante gravidanza, parto e/o allattamento, sia nel neonato; maggior incidenza di parti cesarei, ecc.


8 - La letteratura scientifica attuale conferma l’evidenza clinica che quanto maggiore è il numero dei vaccini somministrati contemporaneamente e quanto più è piccolo e/o nato prematuramente il bambino, tanto maggiori sono i rischi di reazioni avverse.


9 - Le attuali conoscenze di immunologia non considerano razionale la somministrazione parenterale contemporanea di 7 antigeni vaccinali ad un neonato di pochi mesi di vita, anche perché in Natura, indipendentemente dal grado di contagio, non si manifestano mai simultaneamente 7 patologie infettive e ciò significa che l’organismo non è fisiologicamente idoneo a gestire una tale evenienza.


10 - Se esistono vaccini pediatrici multipli, non capiamo perché non debbano essere commercializzati anche i medesimi vaccini singoli; infatti, ad esempio, non è chiaro perché una donna, che prima di una eventuale futura gravidanza desideri vaccinarsi contro la rosolia, debba essere obbligata ad inocularsi anche i vaccini contro il morbillo e la parotite (vaccino MPR).


11 - Nella letteratura scientifica, soprattutto negli USA, esiste attualmente una accesa discussione sia sul rapporto rischio/beneficio del vaccino trivalente MPR (contro Morbillo-Parotite-Rosolia) a virus vivi attenuati, sia sull’utilità e sull’efficacia del vaccino anti-HPV (contro il Papillomavirus Umano).


12 - Quest’ultimo è stato commercializzato molto prima che fossero disponibili dati certi sulla sua capacità di ridurre il rischio di tumore della cervice uterina e a tutt’oggi sono disponibili solo estrapolazioni statistiche sulla reale capacità di prevenzione tumorale da parte del vaccino anti-HPV (in ogni caso, sappiamo che può potenzialmente proteggere solo verso 2 dei 13 genotipi virali ad alto rischio oncologico); inoltre, mancano totalmente dei dati longitudinali di farmacovigilanza attiva sul suo reale rapporto rischio/beneficio dopo somministrazione in bambine di 11-12 anni d’età (per tale motivo in alcuni Paesi il vaccino è stato ritirato per precauzione e in Francia, Spagna e Italia centinaia di medici hanno firmato una petizione per sospenderne l’inoculazione).


13 - Recentemente, il vaccino antinfluenzale viene consigliato anche nei bambini sotto l’anno di età, ma è noto che le prove scientifiche che avvalorano la sua efficacia e il suo rapporto rischio/beneficio sono estremamente scarse, deboli e discutibili, sia per la vaccinazione pediatrica che per quella dell’adulto.


14 - I bambini nati prematuri o che hanno riportato una patologia acuta nei primi mesi di vita o che sono ancora affetti da qualche patologia infettiva acuta o che l’hanno superata da poche settimane o che hanno ricevuto farmaci interferenti con il sistema immunitario (antibiotici, cortisonici e/o altri immunosoppressori) nei primi mesi di vita o che hanno subito interventi chirurgici in anestesia generale o che hanno alterazioni immunitarie o che sono figli di genitori con patologie immunitarie o metaboliche o che vivono intensi (per loro) stress psichici o che si trovano in qualsiasi altra condizione squilibrante il loro già debole e precario equilibrio immunitario, sono sicuramente a maggior rischio di danni vaccinali.


15 - Le reazioni avverse dei vaccini non dipendono solo dalla componente antigenica di questi ultimi, ma anche dai loro componenti tossicologici (adiuvanti e conservanti) e sappiamo bene che l’innocuità a lungo termine della somministrazione parenterale in neonati di questi composti, singoli e/o variamente associati tra loro, non è sufficientemente dimostrata, mentre esistono prove scientifiche della tossicità e pericolosità isolata di alcuni di essi, sia in vitro, sia negli animali da laboratorio, sia nell’uomo. Inoltre, è noto che più è piccolo il bambino, maggiore deve essere la quota di antigene necessaria a innescare la risposta immunitaria.


16 - Purtroppo, nel nostro Paese la pratica della segnalazione delle sospette reazioni avverse a farmaci e vaccini è poco attuata e in alcuni casi è addirittura misconosciuta o addirittura ostacolata, per cui queste segnalazioni sono fortemente sottostimate sia quantitativamente che qualitativamente.


17 - Da molti anni giungono nel nostro Paese, rispetto altri Paesi europei, numerosi immigrati extracomunitari e questo dato suscita allarmi ingiustificati: il fenomeno migratorio, ormai consolidato da decenni in Europa, non ha mai causato la diffusione di poliomielite o difterite neanche nei Paesi europei che hanno basse coperture vaccinali, per esempio come l’Austria (circa 85% di copertura vaccinale: dati OMS e Unicef). È noto invece che gli immigrati, a causa delle precarie condizioni di vita in cui si vengono a trovare, possono essere portatori di ben altre patologie, come tubercolosi, scabbia, salmonellosi, ecc.


18 - In queste ultime settimane si sta parlando molto di “crollo delle coperture vaccinali” in Italia, ma verificando il dato su Epicentro, abbiamo notato che la flessione media nella copertura è stata molto debole (Allegato 1).


19 - Inoltre, non dimentichiamo che il dato del 95% di copertura vaccinale è l’obiettivo prefissato dal Piano Nazionale Vaccini, non però dalla letteratura scientifica. Per fare un esempio, nel libro Vaccines di Stanley A. Plotkin, Walter A. Orenstein e Paul A. Offit, con la prefazione di Bill Gates (autori notoriamente favorevoli alla pratica vaccinale), sono riportate le soglie ritenute necessarie per ogni malattia infettiva per ottenere la cosiddetta immunità di gregge (herd immunity) nei Paesi occidentali. La tabella riportata (Allegato 2) evidenzia chiaramente che la soglia minima del 95% è totalmente ingiustificata e non deve spaventare.


20 - I dati epidemiologici attuali riguardanti la poliomielite dimostrano che non c’è alcuna evidenza scientifica che il calo delle coperture vaccinali sotto il 95% ponga la popolazione a rischio di epidemie infettive (cfr. ad esempio l’esperienza di Austria, Bosnia e Ucraina). Molti Paesi appartenenti a Regioni geografiche OMS delle Americhe e del Pacifico sono “Polio Free” nonostante abbiano coperture vaccinali ritenute nettamente al di sotto del 95%. Questo tetto percentuale, inoltre, è frutto di una stima statistica e ha un valore puramente orientativo.


21 - Oggi viviamo in un ambiente gravemente inquinato dal punto di vista tossicologico e la letteratura scientifica di questi ultimi anni correla l’inquinamento con molte patologie sia neuropsichiatriche, sia metaboliche, sia degenerative del bambino, patologie che hanno sempre alla base un interessamento immunitario sul quale l’alterazione indotta da precoci e multiple vaccinazioni può aggiungersi come fattore sinergico paragonabile a quella “goccia che può far traboccare il vaso”.

La nostra proposta, pertanto, è così articolata:

1 - Obiettivo di ogni trattamento medico deve essere sempre la sua personalizzazione, perché deve essere adattato alle caratteristiche personali, nutrizionali, familiari, ambientali e sociali di ogni singola persona. La ricerca medica va in questa direzione: si punta sulla personalizzazione della terapia, si cercano i farmaci più efficaci ad esempio anche in base al genoma dell’individuo.


2 - I genitori sono i primi responsabili della salute dei loro figli. Nell’ambito dei temi sociali oramai correnti e universalmente accettati della democratizzazione della Medicina, della libertà di scelta terapeutica, della collaborazione del paziente con il medico all’atto terapeutico e dell’obbligatorietà della consapevolezza, cioè del “consenso informato” da parte del paziente, i genitori dovrebbero essere esaustivamente informati sulla reale necessità e sul rischio/beneficio di ciascun vaccino pediatrico. Di tale azione e responsabilità dovrebbero essere investiti anche i Pediatri di Libera Scelta e le Istituzioni Sanitarie locali.


3 - Nel rispetto della Costituzione Italiana, per garantire la vera tutela della salute è necessario che chi opera nel campo sanitario pubblico non si trovi in alcuna condizione di conflitto di interessi.


4 - Per l’adeguamento dell’Italia alle norme vaccinali attualmente in uso in tutti gli Stati Europei socialmente e culturalmente simili al nostro (come Regno Unito, Germania, Austria, Spagna, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Portogallo), riteniamo doveroso che venga superato l’obbligo vaccinale. Le mutate condizioni socio-sanitarie e le maggiori consapevolezza, responsabilità e maturità delle attuali e future nuove generazioni di genitori permettono sicuramente di impostare una Medicina Preventiva più moderna e farmacologicamente più razionale, cioè personalizzata in base alle caratteristiche biopatografiche e ambientali dei vaccinandi. Un tale approccio, inoltre, ridurrebbe sicuramente il rischio degli effetti indesiderati dei vaccini.


5 - Prima della vaccinazione, il Pediatra di Libera Scelta dovrebbe raccogliere una dettagliata anamnesi dei genitori, dei parenti prossimi e del bambino stesso, considerando tutti i fattori che influenzano la salute di quest’ultimo nella sua globalità, perché su di lui si ripercuotono anche le condizioni socio-ambientali del territorio in cui vive e quelle lavorative, economiche, nutrizionali, tossicologiche e psicocomportamentali dei componenti della sua famiglia.


6 - Prima della vaccinazione, il Pediatra di Libera Scelta dovrebbe escludere prudenzialmente eventuali controindicazioni alle vaccinazioni e a tale scopo, nel caso lo ritenesse opportuno, dovrebbe eventualmente sottoporre il bambino ad accertamenti laboratoristico-strumentali volti a valutare le sue condizioni immunitarie e nutrizionali, ricercando in particolare la presenza dei marker di flogosi.


7 - Nel momento della vaccinazione, il bambino deve essere sempre in perfetta salute, sia fisica che psichica.


8 - Il Medico Vaccinatore dovrebbe eseguire la vaccinazione solo dopo aver escluso eventuali malattie acute recenti o in atto, dopo aver escluso la presenza di eventuali controindicazioni e dopo aver visitato attentamente il vaccinando: è ovvio che un bambino ha diritto alla massima attenzione.


9 - Nel rispetto della Legge attuale, deve essere garantita la possibilità di eseguire solo le 4 vaccinazioni obbligatorie.


10 - Per ridurre il rischio di reazioni avverse dei vaccini, le vaccinazioni obbligatorie dovrebbero essere iniziate almeno nel secondo semestre di vita, ma dato che ci possono essere delle condizioni specifiche che consiglino un uso anticipato o posticipato di qualche vaccinazione, è necessario che tutti i vaccini (non solo i 4 obbligatori per il nostro Paese, ma anche gli altri, specificatamente quello per la rosolia) vengano commercializzati anche singolarmente per permettere la massima personalizzazione terapeutica.


11 - Allo scopo di essere stimolati a crescere sempre più in consapevolezza e responsabilità verso la pratica vaccinale attuata nei loro figli, i genitori dovrebbero ricevere dal Medico Vaccinatore le schede tecniche dei vaccini in modo da conoscere le proprietà, le controindicazioni, le componenti tossicologiche e le reazioni avverse di ogni farmaco che loro figlio riceverà e poter eventualmente segnalare prontamente eventuali reazioni avverse. Medici e personale addetto alla somministrazione dei vaccini dovrebbero essere opportunamente formati per rendere facilmente fruibili da parte di tutti i genitori tali informazioni.


12 - Nello stesso momento, i genitori hanno il dovere e il diritto di essere informati sull’esistenza della Legge 210 del 1992 inerente le modalità per ottenere l’indennizzo per i danni vaccinali; una legge che deve essere reperibile, esposta e ben consultabile presso la sede dei Servizi di Igiene e di Immunoprofilassi.


13 - Alla luce del fatto che i vaccini, come tutti i farmaci, possono causare dei danni nel vaccinato, sia a rapida che a lenta e tardiva comparsa, per il bene del proprio figlio e per un dovere morale nei confronti degli altri bambini che in futuro verranno vaccinati, i genitori devono essere anche adeguatamente istruiti a segnalare una qualsiasi alterazione o anomalia o cambiamento fisico e/o psichico nel bambino da poco vaccinato avvisando tempestivamente il proprio Pediatra di Libera Scelta e chiedendo, oltre all’ovvia visita medica del piccolo paziente, anche un adeguato trattamento curativo dei disturbi in atto e un trattamento preventivo verso eventuali ulteriori aggravamenti che potrebbero comparire a breve e/o lungo termine.


14 - Nel caso abbia il semplice sospetto di una reazione avversa vaccinale, il Pediatra di Libera Scelta ha sempre il dovere di compilare la scheda di Segnalazione di Sospetta Reazione Avversa (D.M. 23.12.2003). A nostro avviso, va ripristinato l’obbligo di segnalazione della sospetta reazione avversa, accanto ad un meccanismo di incentivazione di questa pratica.


A nostro avviso, un tale approccio vaccinale garantirebbe una migliore difesa della salute pediatrica nei confronti delle malattie infettive ponendo più attenzione ai nostri figli, riducendo il rischio dei danni da vaccino e personalizzando ogni intervento preventivo adattando le più recenti conoscenze scientifiche alle reali necessità pediatriche individuali in considerazioni anche delle attuali modificate condizioni socio-ambientali del nostro Paese.


Questa lettera è stata firmata solo da alcuni di noi per motivi di semplicità, ma sono moltissimi i Medici e le Associazioni che condividono questi concetti che Le abbiamo esposto.


Inoltre, siamo altrettanto certi che sarebbero pronti a firmare decine di migliaia di genitori italiani che si basano su questi principi e che prima di noi si sono accorti che le vaccinazioni pediatriche praticate nel modo finora utilizzato hanno causato dei danni lievi o gravi ai loro figli.


Se il tema delle vaccinazioni è fortemente dibattuto a livello internazionale in questi ultimi anni, è perché l’argomento è ancora scientificamente aperto e allora se vogliamo servire la Verità abbiamo solo una possibilità: unirci tutti attorno ad un tavolo scientifico e discutere l’argomento con cuore aperto e libero da conflitti di interesse. Questo è il Bene della Medicina, il resto è coercizione cieca e scontro frontale che prima o poi si rivelerà contro tutti noi.


Inoltre, noi non chiediamo di andare contro le linee guida internazionali sulle vaccinazioni pediatriche, ma desideriamo aiutare l’Italia ad avanzare nel cammino della Comunità Europea verso la liberalizzazione delle vaccinazioni lasciando ai genitori, dopo averli concretamente e correttamente informati sui pro e contro dei farmaci vaccinali, la decisione finale di accettare o meno questo trattamento.


In fin dei conti, i genitori di oggi esigono giustamente di svolgere i loro diritti di primi seppur non unici responsabili della vita e della salute dei loro figli, ma è palese che in questo cammino hanno bisogno di essere guidati e consigliati dagli Specialisti del settore, in particolare da coloro che sono investiti di cariche istituzionali.


Auspicando che Lei e il Suo autorevole Istituto abbiate compreso la motivazione profonda che ci ha spinti a scrivere questo documento, cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti.


Il testo è datato 20 ottobre 2015. Il confronto non è mai stato avviato, il dialogo è stato negato, nessuna proposta è stata esaminata, vagliata, discussa o respinta. La risposta è stata il silenzio e l’avvio di procedure disciplinari nei confronti di diversi firmatari da parte di alcuni Ordini provinciali di appartenenza. Ad alcuni Colleghi sono state mosse altre accuse riguardanti l’infrazione di norme del Codice deontologico che hanno prodotto sanzioni di gravità diversa, dalla sospensione temporanea dall’attività professionale sino alla radiazione. Nessuno di loro è stato accusato di avere provocato danni alla salute dei pazienti, è stato condannato solo il pensiero, non omologato.

Bambini non vaccinati, perché nessuno li studia?

Per raggiungere una sicurezza scientifica gioverebbe moltissimo poter fare affidamento su dati statistici inoppugnabili. Ma non ne disponiamo. È normale tutto questo? Nel caso si trattasse di qualsiasi altro farmaco, sarebbe pensabile una simile indifferenza per una questione tanto significativa? Se non ci fosse stato chi per anni, con ostinata e mal sopportata insistenza, chiedeva garanzie sulla sicurezza degli adiuvanti nei vaccini, oggi probabilmente il Thimerosal (l’adiuvante a base di mercurio) circolerebbe in misura ben maggiore di quello che sospettiamo ancora vi sia, e soprattutto circolerebbe senza rischiare alcuna denuncia da parte di medici o pazienti. Oggi i calendari vaccinali si sono estesi a tutte le fasce di età, adulti ed anziani compresi. Ci apprestiamo a eseguire numerosi dosi e richiami per tutta la durata della vita diventando, per così dire, dei pazienti cronici o, se si preferisce, dei “sani artificiali” cronici. Non esistono farmaci per malati cronici di cui non vengano indagati gli effetti sul lungo periodo.

Bambini naturalmente sani

La Società Italiana di Farmacologia, una delle poche associazioni che evidenziano i possibili conflitti di interesse degli studi pubblicati nel suo sito, ha di recente presentato una ricerca sui potenziali effetti negativi dell’uso di aspirina a basse dosi in terapie di lungo periodo contro rischi cardiovascolari da moderati a elevati. A questo scopo sono stati utilizzati i dati raccolti nelle banche dati delle ASL della regione Puglia8. Oltre ad esporre i risultati, i ricercatori hanno raccomandato l’utilizzo delle banche dati raccolti dall’amministrazione sanitaria per studi di questo tipo. Perché, dunque, non intraprendere studi analoghi sui vaccini facendo affidamento su una comunicazione sistematica e accurata di dati tra medici e ASL sulle reazioni avverse, da quelle lievi a quelle più gravi? (su questo punto tornerò nel paragrafo seguente).


Sempre la Società Italiana di Farmacologia ha pubblicato uno studio della Dottoressa Paola Cutroneo in cui si valutano i risultati sull’efficacia dei vaccini antinfluenzali sugli anziani. Nelle conclusioni l’autrice sottolinea, al solito, la carenza dei dati disponibili:


In base alle evidenze disponibili, l’effectiveness dei vaccini antinfluenzali trivalenti inattivati è risultata limitata negli anziani, indipendentemente da setting, popolazione, outcome e disegno dello studio.


Gli studi non hanno mostrato potere sufficiente per determinare l’entità degli effetti sulle complicanze. Dai pochi dati a disposizione, il profilo di sicurezza dei vaccini è risultato accettabile.9


In un rapporto sull’efficacia del vaccino antinfluenzale monovalente, la stessa autrice osserva come manchi, negli studi reperibili, una categoria rilevante di dati:


Infine, le stime dell’effetto reale del vaccino impiegato in programmi di immunizzazione di massa dovrebbero provenire da studi di efficacia.10


In un altro articolo, sempre sul vaccino monovalente, dichiara:


La sicurezza e l’immunogeneticità dei vaccini per l’influenza A(H1N1) 2009 dovrebbero essere valutate nelle popolazioni ad alto rischio, inclusi bambini, anziani, e pazienti immunocompromessi.


Inoltre, sebbene i vaccini dell’influenza stagionale abbiano un profilo di sicurezza ben definito, esistono casistiche sporadiche di reazioni non usuali, inclusa la vasculite.11


Lo studio da cui ho tratto l’ultima citazione, si noti, è stato finanziato dalla Novartis, una delle più grandi case farmaceutiche produttrici di vaccini. Cosa vi è di strano, dunque, nell’esigere l’effettuazione di ricerche più approfondite sui vaccini, dal momento che non solo i medici ma anche i ricercatori le richiedono? E ancora: com’è possibile che fra le decine di migliaia di ricercatori in campo medico, non ve ne sia alcuno di interessato ad affrontare uno studio statistico comparativo sui bambini vaccinati e non? Rimane dunque da pensare che il problema venga dalla mancanza di finanziamenti, e che ciò si verifichi per questo particolare settore di indagine è a sua volta una stranezza a dir poco singolare. Vengono studiati, in fondo, perfino gli effetti del caffè e del cioccolato sulla salute, e i risultati di questi studi vengono diffusi da telegiornali o programmi di divulgazione scientifica: come può esserci tanto scarso interesse per intraprendere una ricerca sistematica sulle risposte del nostro organismo a successive e sempre più numerose stimolazioni del sistema immunitario per mezzo di meccanismi artificiali?


Eppure, qualcuno continua a chiedere e a chiedersi: “…e come stanno i bambini non vaccinati?”12


Tra le poche pubblicazioni che hanno indagato su questo argomento, ne illustriamo due, le più significative a nostro giudizio.

Lo studio del German Health Interview and Examination Survey for Children and Adolescents (KiGGS)

Pur con i limiti metodologici e i diversi fattori confondenti ammessi dagli stessi Autori, a cercare una risposta è il KiGGS13, una ricerca che ha valutato i dati raccolti tra il 2003 e il 2006 relativi alle malattie prevenibili con vaccinazione, alle malattie infettive e alle malattie atopiche e alle vaccinazioni ricevute, in un campione rappresentativo di 17.641 soggetti tra 0 e 17 anni nell’ambito del German Health Interview and Examination Survey for Children and Adolescents.


I dati sulle vaccinazioni erano disponibili per 13.453 soggetti tra 1 e 17 anni da famiglie di non immigrati. Lo 0,7% di questi (95% IC: 0,5%-0,9%) non era vaccinato.


La prevalenza nell’arco di vita considerato di pertosse, morbillo, parotite e rosolia è stata molto più alta nei soggetti non vaccinati.


I bambini non vaccinati di età tra 1 e 5 anni avevano avuto un numero totale medio di 3,3 (2,1-4,6) malattie infettive nell’anno precedente, rispetto al 4,2 (4,1-4,4) dei bambini vaccinati. Tra i 6 e i 10 anni di età le cifre corrispondenti sono state 3 (0,4-5,7) in soggetti non vaccinati e 2,9 (2,7-3,0) nei vaccinati. Tra gli 11 e i 17 anni di età sono state 1,9 (1,0-2,8) nei non vaccinati e 2,2 (2,1-2,3) nei vaccinati.


La prevalenza nell’arco di vita considerato di almeno una malattia atopica tra 1 e 5 anni di età è stata del 12,6% (5,0%-28,3%) nei non vaccinati e 15% (13,6%-16,4%) nei bambini vaccinati. Nei bambini più grandi, l’atopia è stata più comune, ma la sua prevalenza non è stata associata in modo significativo allo stato di vaccinazione: tra i 6 e i 10 anni, le cifre della prevalenza sono state 30,1% (12,9%-55,8%) per i non vaccinati vs 24,4% (22,8%-26,0%) per i bambini vaccinati, e le corrispondenti cifre per 11-17 anni di età sono state 20,3% (10,1%-36,6%) e 29,9% (28,4%-31,5%). Sebbene nessuna differenza abbia raggiunto la significatività statistica, si può notare che per le malattie atopiche la prevalenza di almeno un disordine atopico, nel periodo considerato (0-17 anni) e in funzione dello stato vaccinale, mostrava un leggero svantaggio per i bambini vaccinati: RR 1,224 (0,810-1,860).


La tendenza allo svantaggio sembrava ancor più pronunciata per la totalità delle malattie infettive (espressa come il numero medio nei 12 mesi precedenti: 2,999 infezioni pro capite nei vaccinati vs 2,789 nei non vaccinati).


Possiamo trarre da questi dati il suggerimento che i vaccini possano essere in qualche misura associati a un eccesso di malattie atopiche e infettive? Certamente no, non solo per l’assenza di una qualsiasi differenza significativa, ma soprattutto perché i bambini non vaccinati non sono probabilmente confrontabili con quelli vaccinati, per lievi differenze nello stato socio-economico e le probabili differenze nel loro ambiente famigliare (ad esempio minor esposizione al fumo di tabacco, a cibo non salutare ecc.). In uno studio osservazionale come il KiGGS, una qualsiasi differenza osservata può essere attribuita a fattori comportamentali, educativi e ambientali, il cui impatto può oscurare qualsiasi eventuale effetto delle vaccinazioni14.


Una delle difficoltà evidenziata ogni qual volta vengono proposte indagini di questo tipo riguarda sia la numerosità del campione di bambini non vaccinati, sia il metodo di scelta degli elementi del campione, anche se in statistica non conta tanto la numerosità, quanto la metodologia della raccolta che deve cercare di eliminare (o ridurre) i bias, cioè i fattori confondenti.

I bambini che praticano l’homeschooling in USA

Per superare parzialmente le differenze sistematiche tra le due diverse popolazioni di vaccinati e non vaccinati, un ricercatore ha ideato un innovativo studio pilota comparativo sulla salute dei bambini statunitensi vaccinati e non vaccinati di 6-12 anni praticanti l’homeschooling15. Un problema grosso in questi studi è identificare un bacino accessibile di bambini non vaccinati, poiché la maggioranza dei bambini degli Stati Uniti (e di altri Paesi ad alto reddito) sono vaccinati. Tra i bambini che praticano l’homeschooling vi è un maggior numero di bambini non vaccinati rispetto ai bambini della scuola pubblica. Queste famiglie sono più omogenee rispetto a quelle confrontate nel KiGGS, e ciò potrebbe teoricamente limitare le differenze ambientali strutturali che influenzano confronti osservazionali come questi. Il disegno dello studio era un’indagine trasversale in quattro stati degli Stati Uniti di madri che fornivano un’istruzione parentale ai loro bambini biologici vaccinati e non vaccinati di età compresa tra 6 e 12 anni (poiché la maggior parte delle vaccinazioni sono somministrate prima dei 6 anni di età). L’obiettivo di questo studio pilota era ottenere un campione di bambini non vaccinati di dimensione sufficiente per testare differenze significative nei risultati tra i gruppi. Il sondaggio online è rimasto aperto per tre mesi, con una lettera ai genitori che iniziava così: “…questo studio si occupa di una questione di salute molto importante e attuale: cioè, se la vaccinazione sia in qualche modo legata alla salute a lungo termine dei bambini. La vaccinazione è una delle più grandi scoperte della medicina, eppure poco si sa del suo impatto a lungo termine. L’obiettivo di questo studio è valutare gli effetti della vaccinazione, confrontando bambini vaccinati e non vaccinati in termini di numero di esiti di salute importanti…”.


Alle madri si chiedeva di indicare, in un elenco di più di 40 malattie acute e croniche, quelle per cui i loro bambini avevano ricevuto una diagnosi medica. Altre domande vertevano su: uso di servizi e procedure sanitarie, “visite per malattia” presso i medici, farmaci utilizzati, numero di giorni di ricovero, ore di attività fisica vigorosa, numero di fratelli, reddito famigliare e/o il livello più alto di istruzione dei genitori, quantità di tempo speso sul gioco o altro contatto con i bambini al di fuori dell’ambiente domestico. Erano chieste inoltre condizioni legate alla gravidanza e al parto, i farmaci durante la gravidanza e l’esposizione a un ambiente specificatamente definito avverso. Un disordine dello sviluppo neurologico (NDD) è stato definito come avente una o più delle tre seguenti diagnosi strettamente correlate/coincidenti: disturbo dell’apprendimento, deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e disordine dello spettro autistico (ASD).


I risultati su 666 bambini praticanti l’homeschooling, di cui 39% non vaccinati, sono stati sconcertanti. Da un lato, come ci si aspettava, le probabilità di varicella e pertosse sono state più alte nei non vaccinati.


Ma, per i bambini vaccinati, le probabilità di:

  • otite erano circa quattro volte maggiori
  • polmonite erano significativamente maggiori
  • inserimento dei tubicini di drenaggio trans-timpanico erano otto volte maggiori.

Inoltre nei bambini vaccinati si è riscontrata una probabilità significativamente più alta di ricevere le seguenti diagnosi:

  • rinite allergica: 10,4% nei vaccinati vs 0,4% nei non vaccinati
  • altre allergie: 22,2% nei vaccinati vs 6,9% nei non vaccinati
  • eczema/dermatite atopica: 9,5% nei vaccinati vs 3,6% nei non vaccinati
  • un disordine dello sviluppo neurologico, ad esempio, disturbo dell’apprendimento, ADHD o ASD: 10,5% nei vaccinati vs 3,1% nei non vaccinati
  • una malattia cronica: 44% nei vaccinati vs 25% nei non vaccinati.

Nei bambini vaccinati si è anche riscontrata una maggiore probabilità di:

  • maggior ricorso all’assistenza sanitaria
  • uso di antibiotici
  • farmaci per allergia e febbre
  • visita presso un medico per problemi di salute nell’anno precedente e conseguente ricovero.

Vi è stata anche una relazione apparente “dose-risposta”, perché i bambini parzialmente vaccinati hanno mostrato per diverse condizioni sanitarie posizioni intermedie tra i bambini completamente vaccinati e quelli non vaccinati.


In un modello finale aggiustato con interazione, la comparsa di un Disordine del Neuro-sviluppo è rimasta associata alla vaccinazione in modo significativo, e l’interazione tra nascita pretermine e vaccinazione è risultata associata al Disordine del Neuro-sviluppo in misura ancora maggiore, sino a 6,6 volte16.


Uno studio osservazionale proposto con queste modalità ha dei limiti: l’inizio della lettera ai genitori ha indotto probabilmente la risposta di quelle madri che hanno creduto che i propri bambini avessero subito un danno da vaccinazione, e non di quelle i cui bambini non avevano subito alcun danno. Allo stesso modo, tra le madri che hanno scelto di non vaccinare, quelle stesse parole potrebbero aver selettivamente indotto a rispondere quelle con figli senza alcuna conseguenza sulla salute, perché “fiere” di non aver danni di cui lamentarsi. Per questo motivo, l’incipit della lettera, selezionando involontariamente gli intervistati, genera probabilmente due bias opposti, ingigantendo la dichiarazione dei danni percepiti associati alle vaccinazioni, e la relativa percezione di sicurezza di chi ha rifiutato la vaccinazione17.


Questo mostra di nuovo, quindi, la necessità di studi ulteriori, soprattutto di misurare gli stessi risultati in RCT indipendenti e ben strutturati. Il limite delle osservazioni di Mawson è nella natura stesso dello studio, che è di tipo osservazionale. In medicina ci sono numerosi esempi di errori causati dalla conduzione o interpretazione degli studi. È difficile controllare la presenza di errori quando si tratta di studi osservazionali, è invece più facile in caso di trial clinici controllati randomizzati (RCT). Un caso emblematico è rappresentato da quanto emerso nella valutazione del rapporto fra terapia ormonale sostitutiva e rischio di coronaropatia. Gli studi osservazionali a riguardo presentati in una metanalisi18 concludevano che la terapia ormonale sostitutiva (TOS) dimezzasse il rischio di coronaropatia, che l’associazione fosse robusta e che il rischio di una spiegazione alternativa legata a fattori di confondimento fosse improbabile. In realtà erano presenti in quegli studi fattori di confondimento e bias, rappresentati dalla diversità delle donne che assumono la TOS rispetto alle donne che non l’assumono: sono mediamente meglio educate, più sane, hanno una maggiore diponibilità economica e maggiore facilità ad accedere alle cure. È possibile che siano queste differenze, piuttosto che l’assunzione di TOS, a determinare in queste donne un minor rischio di coronaropatia. Studi controllati randomizzati condotti successivamente hanno infatti contraddetto le conclusioni degli studi osservazionali. Una metanalisi di 4 RCT ha concluso che l’associazione fra TOS e coronaropatia è non significativa, odds ratio (OR): 1.11 (IC 95%: 0.96, 1.30)19. Il ruolo protettivo della TOS nei confronti delle coronaropatie rilevato in studi osservazionali era quindi dovuto all’effetto distorsivo degli errori insiti in quegli studi.


Questo esempio dimostra come un’associazione casuale possa erroneamente essere interpretata come causale; ciò è dovuto alla presenza di bias e confounders, che rappresentano i maggiori rischi della validità interna di uno studio e che dovrebbero sempre essere considerati come spiegazione alternativa nell’interpretazione dei risultati. La dimensione del campione non ha alcuna influenza sul rischio di bias e confounders in uno studio20.

Le difficoltà di realizzare studi clinici adeguati

Gli studi clinici controllati randomizzati (Randomized Controlled Trial, RCT) sono studi sperimentali che permettono di valutare l’efficacia di uno specifico trattamento in una determinata popolazione. Questo tipo di studio si caratterizza per essere:

  1. sperimentale (trial): le modalità di assegnazione dei soggetti alla popolazione da studiare vengono stabilite dallo sperimentatore. Una volta reclutata la popolazione, sulla base di tutte le variabili di significato prognostico noto considerate dal ricercatore (natura e gravità della malattia, età, parità...), si verifica l’effetto di un trattamento (ad esempio, la somministrazione di un farmaco) confrontandolo con l’effetto di un altro diverso trattamento (ad esempio, un altro farmaco, nessun farmaco o un placebo).
  2. controllato (controlled): i soggetti coinvolti nello studio sono suddivisi in due gruppi: il gruppo o braccio sperimentale che riceve il trattamento, e il gruppo o braccio di controllo che riceve un diverso o nessun trattamento. Se la sperimentazione è eseguita correttamente, i due gruppi risultano il più possibile omogenei, almeno per tutte le variabili considerate, e quindi comparabili.
  3. randomizzato (randomized): l’assegnazione del trattamento ai soggetti deve avvenire con un metodo casuale (random). La randomizzazione aumenta la probabilità che altre variabili, non considerate nel disegno dello studio, si distribuiscano in maniera uniforme nel gruppo sperimentale e in quello di controllo. In questo modo, le differenze eventualmente osservate tra i due gruppi possono essere attribuite al trattamento. La randomizzazione da sola non garantisce però che i gruppi così generati siano perfettamente identici e che le differenze osservate non siano dovute a sbilanciamenti casuali tra i gruppi. L’analisi statistica tiene conto di questa possibilità e la quantifica nella presentazione dei risultati. Quando possibile, né lo sperimentatore né i soggetti coinvolti sono a conoscenza del trattamento assegnato (cioè entrambi sono in cieco, da cui il termine “doppio cieco”) per ridurre la probabilità che ne siano influenzati. I pazienti potrebbero comportarsi in maniera diversa a seconda del gruppo al quale appartengono e gli operatori sanitari potrebbero valutare diversamente le loro condizioni (ad esempio in senso migliorativo se hanno molte aspettative nel trattamento sperimentale). Lo studio clinico controllato randomizzato è uno studio prospettico, quindi la sperimentazione viene condotta parallelamente nei due gruppi e i risultati ottenuti vengono analizzati alla fine dello studio.21

È di uno studio del genere che avremmo bisogno per valutare in maniera esaustiva le differenze di salute tra vaccinati e non vaccinati, e Donzelli, nella pubblicazione citata, ne traccia il disegno.


“Se si desidera davvero chiarire la possibilità di effetti aspecifici, avversi o favorevoli, in relazione ai vari vaccini (almeno di quegli effetti che possono verificarsi non solo nel breve, ma anche nel medio termine, come allergie, malattie autoimmuni e NDD, riportati da molti studi osservazionali), la soluzione può essere rappresentata da ampi RCT pragmatici, con criteri di esclusione minimi, lungo follow up e tempi osservazionali ancora più lunghi. Sfortunatamente, la posizione dominante a livello internazionale rifiuterebbe tali RCT per motivi etici, poiché i soggetti di controllo, riceventi un placebo o nulla, sarebbero privati dei benefici del vaccino (e questo potrebbe significare anche esporre a rischi aggiuntivi i contatti che non possono ricevere vaccini vivi per motivi medici). Per superare i problemi etici legati alla mancata somministrazione dei vaccini, o di alcuni vaccini, a uno dei bracci randomizzato, la soluzione potrebbe essere quella di sfruttare il diffuso fenomeno dell’esitazione vaccinale. Infatti, dopo aver ricevuto informazioni complete e bilanciate basate sullo stato delle conoscenze, una percentuale, piccola ma non trascurabile, di genitori rimane non in grado di decidere se vaccinare i propri bambini o decide di rifiutare la vaccinazione. Questi genitori, che rimangono persistentemente esitanti, non devono essere considerati una minaccia, ma una risorsa preziosa per la ricerca scientifica. Potrebbe essere offerta loro un’opportunità volontaria: partecipare a RCT ben strutturati, contribuendo così a un reale progresso della conoscenza scientifica. Questi RCT devono generalmente avere tre bracci randomizzati: i soggetti vaccinati analizzati, il controllo con iniezioni di placebo e il controllo con soggetti senza intervento attivo. Questo terzo braccio è importante per misurare anche gli eventi avversi derivanti dall’iniezione di soluzione fisiologica, oltre al possibile “effetto nocebo” (prevedibile, in un RCT in cieco, in coloro che non sanno se l’iniezione contiene soluzione salina o un farmaco attivo). In questo modo, il gruppo di controllo non deve aver timore delle malattie trasmissibili prevenute dai vaccini in esame, poiché i partecipanti non sarebbero concentrati in un territorio confinato e l’effetto dell’immunità di gregge della grande maggioranza di vaccinati li proteggerebbe. Probabilmente, contrarranno comunque un numero più alto di malattie infettive che sono le malattie target di specifici vaccini esaminati nell’RCT, come già ben documentato in studi trasversali o in coorti di popolazione. Ciò nonostante, avendo loro fatto volontariamente la scelta informata di aderire a un RCT in cieco, il rischio di incorrere in altre malattie infettive prevenibili con vaccino non dovrebbe essere un grosso problema personale o etico. Il rischio teorico di infezione che loro potrebbero causare ad alcuni soggetti immunodepressi sarebbe trascurabile, se confrontato con quello causato da un’ampia proporzione di adulti non vaccinati o da persone il cui titolo anticorpale protettivo è svanito negli anni (condizione ampiamente documentata nella letteratura scientifica relativa alle malattie prevenibili da vaccino). Studi come questi non presenterebbero il serio bias di selezione che compromette la validità delle conclusioni nei risultati degli studi osservazionali. Infine, ma non per questo meno importante, questi RCT dovrebbero trovare sponsor del settore pubblico, perché è improbabile che sponsor privati siano interessati a studi che potrebbero mettere a rischio parte del loro business. Il loro disegno dovrebbe essere concepito da ricercatori indipendenti da interessi commerciali e le differenti scuole di pensiero dovrebbero essere rappresentate in modo bilanciato tra loro. Per concludere, la loro gestione dovrebbe essere assegnata a organismi scientifici indipendenti da qualsiasi conflitto di interesse e da relazioni finanziarie con il vasto mercato dei vaccini. Oggi RCT come quelli su proposti non avrebbero possibilità di essere finanziati e realizzati e nemmeno presi in considerazione” sono le conclusi degli Autori.


Nella speranza che si realizzino presto le condizioni, innanzitutto culturali e politiche, per realizzare uno studio del genere, non avendo la concreta possibilità di proporre uno studio RCT, AsSIS ha deciso di organizzare uno studio osservazionale in un’area di indagine il più possibile omogenea nei comportamenti, nelle scelte e negli stili di vita adottati dal campione osservato. Il confronto che abbiamo avuto con il Prof. Mawson ci ha aiutato nella messa a punto di importanti aspetti metodologici. Sarà uno studio pilota osservazionale cross-sectional con l’obiettivo di determinare se vi è un’associazione fra allergie e vaccini e confrontare il gruppo di bambini vaccinati rispetto a quello non vaccinato su una serie di indici di salute, comprendenti le malattie croniche o acute e l’utilizzo di servizi medico-assistenziali. Lo scopo di questa indagine è quello di contribuire a un ampliamento dell’informazione scientifica su un campione di bambini residenti in Italia, con metodi e strumenti epidemiologici appropriati e analizzata con tecniche statistiche adeguate a misurare la possibilità dell’esistenza di effetti aspecifici delle vaccinazioni. La ricerca è indipendente e finanziata interamente da AsSIS, che non ha conflitti d’interessi.

Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore - Seconda edizione
Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Immunizzarsi dalla paura, scegliere in libertà.A seguito dell’introduzione dell’obbligatorietà vaccinale, l’autore cerca di fare chiarezza su tale questione, analizzando i dati con chiarezza e linearità. I vaccini sono tutti uguali?Qual è la durata?Quale l’efficienza?Cosa si intende per immunità di gregge?È la stessa per tutte le malattie?A seguito dell’introduzione dell’obbligatorietà vaccinale, il dottor Eugenio Serravalle cerca di fare chiarezza, accompagnando il lettore nel labirinto di dati e termini tecnici con linearità.Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore è una lettura indispensabile per imparare ad applicare il senso critico ad argomenti sui quali ci troviamo spesso indifesi, come l’informazione medico-sanitaria diffusa da stampa e televisione. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.