CAPITOLO X

Primo, latte di mamma

Sei pasti ogni tre ore e mezzo

Il neonato può iniziare ad alimentarsi dopo 12 ore dalla nascita, meglio con acqua sterile. Poi sei pasti ogni tre ore e mezza: 6 – 9,30 – 13 – 16,30 – 20 – 23,30. Una bella pausa di notte per permettere allo stomaco di riposare, e poi si ricomincia. Controlli la quantità di latte che il bimbo assume: lo pesi prima e dopo averlo attaccato al seno, e se non ha succhiato la dose stabilita, faccia un’aggiunta con questo latte artificiale. La poppata non deve durare più di venti minuti. Eviti di mangiare questi alimenti: aglio, asparagi, cavolo, cipolla, cicoria… non dimentichi il latte: una mamma deve berne tanto per produrne a sufficienza. Non attacchi il bimbo al seno troppo spesso perché allattare frequentemente riduce la produzione, diminuisce il riflesso d’emissione e alla fine rovina l’allattamento. L’alimentazione a richiesta non è né naturale né fattibile. Bisogna distanziare le poppate per dare tempo ai seni di riempirsi. Il metabolismo del bambino alla nascita è disorganizzato ed è necessario insegnargli delle regole, delle abitudini e degli orari per aiutare a stabilizzare questo disordine. Conviene offrire sempre entrambi i seni a ogni poppata. La mamma non dovrebbe essere un ciuccio per il bimbo. Non è bene tenere troppo in braccio il bambino perché si vizia.


Questo mi è stato insegnato, e così ho ripetuto per anni. Oggi sorrido e mi vergogno ripensando a quei consigli dati in buonafede e con tanta ingenuità. Mi rendevo conto che le mamme non allattavano più di due, tre mesi, ma mi sembrava normale: avevo letto che cento giorni di allattamento erano sufficienti a garantire al bambino l’assunzione di quelle sostanze nutritive presenti solo nel latte materno. E dopo, in fondo, meglio il latte artificiale, che è più controllato e assicura una crescita costante e regolare. Perché la cosa più importante era ottenere uno sviluppo fisico da mostrare con orgoglio (“mi ha fatto più di un chilo, questo mese”). Se questo succedeva grazie a un latte adatto a un vitello, pazienza, il fine giustifica i mezzi.


Quello che mi ha portato a cambiare radicalmente atteggiamento è stata la conoscenza diretta di mamme che di testa propria avevano deciso di seguire strade diverse, di lattanti che crescevano e stavano davvero bene assecondando i loro bisogni e le loro necessità e non gli ordini del pediatra. Ho scoperto che non era necessario aspettare ore per permettere al seno di riempirsi fra una poppata e l’altra, né attendere intervalli di tre o quattro ore per non rovinare i delicati processi digestivi dei lattanti. La quantità di latte che una mamma può produrre arriva al suo punto ottimale quando questa permette al bambino di succhiare quante volte egli ne dimostri la necessità. Se una mamma ha la possibilità di allattare subito dopo il parto tutte le volte che il neonato lo richiede, la sua produzione di latte sarà maggiore, il bambino acquisterà più peso e l’allattamento sarà protratto a lungo. Più spesso il bimbo si attacca al seno, più latte si produce; al contrario, più regole si devono rispettare, e minore sarà la quantità. Il latte si forma in continuazione, stimolato dalla suzione del bambino. Le mammelle sono, in un certo senso, delle riserve, alcune più capienti di altre. Più il seno è vuoto, e più prontamente il corpo lavora per riempirlo; al contrario, più è pieno e più lenta è la produzione di latte. Se una mamma aspetta sempre di avere i seni gonfi prima di allattare, il suo corpo può ricevere il messaggio che ne sta producendo troppo, e quindi ridurre la produzione complessiva. La frequenza delle poppate dipende dalla quantità di latte che si produce e dalla capacità di riserva del suo seno, ma anche dalle necessità di sviluppo del bambino. Sono rimasto affascinato dal rapporto magico che si crea con la mamma che, in base alle richieste del proprio figlio, riesce anche a cambiare automaticamente e inconsapevolmente le caratteristiche nutrizionali del proprio latte. Alcuni bambini possono ottenere tutto il latte di cui hanno bisogno in cinque, dieci minuti; altri hanno bisogno di più tempo, nessuno mangia alla stessa velocità. I neonati ai primi pasti non sempre riescono a succhiare bene e possono richiedere più tempo. Ad alcune mamme il latte arriva rapidamente, dipende dal riflesso di emissione, ad altre questo non succede, o può arrivare in modo intermittente durante la poppata. Bisogna far succhiare il bambino finché non mostri segni di sazietà. I bambini sono predisposti per natura a mangiare, dormire e avere periodi di veglia. Questo non è un comportamento disorganizzato ma riflette i loro bisogni. Con il passare del tempo i bambini si adattano naturalmente ai ritmi di vita del loro nuovo ambiente, senza bisogno di regole imposte da altri. È importante lasciare che il bambino vuoti completamente il seno, anche se questo può portarlo a non prendere il secondo seno nella stessa poppata. L’ultimo latte, quello più ricco di grassi, si ottiene progressivamente con lo svuotarsi del seno. La mamma non ha bisogno di diete particolari, punitive o penalizzanti: un’alimentazione equilibrata è tutto quello di cui ha bisogno. Non sono necessarie proibizioni bizzarre, se non quelle regole di buon senso che dovremmo seguire sempre a tavola. Il calcio, il famoso calcio, si trova in molti alimenti non caseari, come le verdure di colore verde scuro, semi, frutta secca e pesce.

Ogni mamma ha il latte per suo figlio1

Benché le pressioni economiche, culturali e politiche spesso confondano le decisioni relative all’alimentazione del lattante, l’AAP [American Academy of Pediatrics] aderisce fermamente alla posizione che l’allattamento al seno assicura la miglior salute possibile così come i migliori esiti evolutivi e psicosociali per il lattante. Un sostegno e un coinvolgimento entusiastici da parte dei pediatri nella promozione e nella pratica dell’allattamento al seno sono essenziali per il raggiungimento di salute, crescita e sviluppo ottimali del lattante e del bambino.2


La scienza dell’allattamento è sostenuta ormai da innumerevoli studi che ne enfatizzano i benefici effetti sia in termini psicorelazionali sia in quelli più strettamente biologici e nutrizionali. L’allattamento esclusivo al seno non è tanto il “metodo ideale” bensì “la norma e il modello di riferimento rispetto al quale tutti i metodi alternativi di alimentazione devono essere misurati in termini di crescita, salute, sviluppo, e qualsiasi altro esito a breve o lungo termine”3 e mantenerlo per i primi sei mesi di vita del bambino assicura una crescita, uno sviluppo e una salute ottimali. Dopo quest’età, con l’aggiunta di alimenti complementari appropriati, continua la sua azione, fino ad almeno due anni, “se mamma e bimbo sono d’accordo”.


Tutti, a parole, sostengono l’importanza del latte materno. Lo si può leggere anche sulle confezioni del latte artificiale. In realtà non si fa ancora abbastanza per sostenere con forza la mamma che allatta. Tutti concordano sul fatto che è bene allattare, ma non tutte le madri ne conoscono le ragioni. Tutti sono d’accordo che le vecchie regole di puericultura ostacolano il desiderio e la pratica dell’allattamento, ma molti finiscono con il dare comunque delle regole. Tutti sanno che contro l’allattamento al seno esistono pregiudizi che ne frenano la pratica, ma non tutti pensano a smentirli. False credenze e pregiudizi, regole ambigue, mode e crociate, dogmi e tabù ancora si oppongono a un più ampio utilizzo di questo prezioso alimento4. Non sempre si propone l’attaccamento al seno subito dopo il parto. In alcuni ospedali le donne devono recarsi nella nursery per allattare, tutte insieme, senza favorire un rapporto di intimità con il bimbo. Si pratica la doppia pesata “pubblica”, si indica il nome commerciale del latte artificiale al momento della dimissione, e se ne continua a consigliarne l’uso alle prime banali difficoltà. Non è un caso che gli Ospedali Amici dei Bambini siano ancora delle eccezioni, quando dovrebbero costituire la normalità5.


Se i pediatri di famiglia sono oggi – in media – sufficientemente pronti a consigliare l’allattamento al seno, non sempre sono in grado di dare concreti suggerimenti per prevenire e risolvere i mille piccoli inconvenienti che si possono presentare oggi alla donna che inizia ad allattare. Questa competenza pratica, fatta di tecniche di counselling ma anche di saper fare, manca, e deve essere colmata non solo da parte dei pediatri, ma di tutti gli operatori coinvolti nelle cure alla madre e al nuovo nato6. Molti pediatri non resistono alla tentazione di proporre al bambino un qualche alimento nuovo prima dei sei mesi di età: la frutta in genere, ma anche le pappe lattee di produzione industriale. Sono ancora diffusi gli ostacoli di natura sociale: molte madri rinunciano ad allattare perché ciò diventa incompatibile con gli impegni lavorativi o con le elementari necessità quotidiane. Anche i messaggi trasmessi dai mezzi di comunicazione, carta stampata, televisione, pubblicità sono spesso scorretti e fuorvianti. L’efficacia delle iniziative di sostegno e di promozione dell’allattamento al seno (come i dieci passi) è stata verificata con uno studio condotto in 31 punti nascita della Bielorussia. In 16 ospedali hanno implementato gli interventi previsti nella BFHI (gruppo di intervento) e in 15 ospedali hanno seguito la routine pre-esistente (gruppo di controllo). Lo studio ha coinvolto oltre 17.000 coppie madri-bambini. Le differenze rilevate sono:

  • a 3 mesi: tasso di allattamento al seno esclusivo (43,3% nel gruppo di intervento e 6,4% nel gruppo di controllo)
  • a 6 mesi: tasso di allattamento al seno esclusivo (7,9% nel gruppo di intervento e 0,6% nel gruppo di controllo)
  • a 12 mesi: aumento della prevalenza di allattamento al seno (19,7% nel gruppo di intervento e 11,4% nel gruppo di controllo)
  • riduzione delle infezioni gastrointestinali (9,1% nel gruppo di intervento e 13,2% nel gruppo di controllo)
  • pari numero di infezioni respiratorie (39,2% nel gruppo di intervento e 39,4% nel gruppo di controllo)
  • riduzione dell’eczema atopico (3,3 vs 6,3%)7

Il rischio di gastroenterite e di eczema è minore nei nati negli ospedali Amici dei bambini, mentre l’incidenza di infezioni respiratorie è sovrapponibile.


In Italia uno studio al quale hanno partecipato 571 professionisti di 8 ospedali ha rilevato che, quando il personale ospedaliero riceve una formazione sui contenuti del corso WHO-UNICEF per l’attivazione dei dieci passi, il tasso di allattamento al seno esclusivo alla dimissione aumenta fra il 32% e il 50% nei diversi ospedali, come il tasso di allattamento completo a 3 mesi (fra il 13% e il 19%) e quello di qualunque allattamento a 6 mesi (incremento assoluto fra 19% e 23%). Quattro fattori sono risultati associati in maniera significativa all’incremento di allattamento esclusivo alla dimissione: attaccare il bambino al seno entro un’ora dalla nascita, rooming in, non utilizzare il succhiotto, insegnare alla madre a spremere il latte dal seno. Il tasso di allattamento esclusivo alla dimissione in assenza di queste quattro pratiche, pari a 29%, è cresciuto a 82% nei punti nascita che realizzavano tutti i quattro fattori considerati.


L’allattamento al seno esclusivo è il modello di riferimento rispetto al quale tutti i metodi alternativi di alimentazione devono essere misurati in termini di crescita, salute, sviluppo e qualsiasi altro esito a breve o lungo termine.


American Academy of Pediatrics, 2012

Sono tante le ricerche epidemiologiche che dimostrano i vantaggi per i lattanti, le madri, le famiglie e la società derivanti dall’allattamento al seno. Sono benefici nutrizionali, immunologici, evolutivi, psicologici, sociali, economici e ambientali. Il latte umano è specie-specifico, e tutte le preparazioni alimentari sostitutive differiscono marcatamente da esso, rendendo il latte materno unicamente superiore per l’alimentazione del lattante. L’alimentazione con latte materno rappresenta la normalità biologica per la nostra specie, ma l’alimentazione dei bambini risente della cultura che pervade la nostra società e quindi il concetto di normalità subisce condizionamenti e suggestioni non sempre disinteressate. I latti artificiali proposti negli anni ’60 e ’70 come l’alimento migliore per il neonato hanno fatto credere che le madri, in gran numero, non fossero in grado di allattare; al contrario, le condizioni per cui le donne non hanno obiettivamente la capacità di farlo sono davvero rare: un classico esempio di invenzione delle malattie. Si sfrutta una patologia rara, l’ipogalattia, per farne un fenomeno di massa, e si trasforma un atto fisiologico in una condizione patologica. Solo per profitto. Il latte in polvere diventa “latte umanizzato”, quindi non solo un sostituto, ma un prodotto addirittura migliore del latte materno. Le strategie commerciali riuscirono a rendere normale il ricorso al latte in polvere. Ancora oggi, basta guardare qualsiasi film in cui sia presente un neonato o un lattante: difficilmente si troverà traccia dell’allattamento. Soprattutto nella produzione cinematografica hollywoodiana, il seno che allatta è tabù. Molti cartoni animati destinati ai bambini propongono tutta una serie di animali alimentati con il biberon dalla propria mamma, come se la norma biologica dell’alimentazione dei cuccioli fosse sconosciuta ai produttori televisivi e cinematografici. Non c’è da stupirsi che le giovani generazioni pensino che allattare o dare latte artificiale a un lattante non faccia alcuna differenza8. Questo ribaltamento del concetto di normalità ha condizionato anche la ricerca medica, che continua a sentire il bisogno di dimostrare la superiorità dell’allattamento o i suoi effetti a breve, medio e lungo termine, cioè di dimostrare la superiorità della norma biologica rispetto ad altri interventi. Non c’è necessità di dimostrare la superiorità dell’allattamento, ma va studiata la non-nocività dell’alternativa, ossia del latte artificiale o altro alimento complementare.


Il termine “allattamento” dovrebbe essere riservato solo all’offerta di latte materno. L’alimentazione con latte formulato non dovrebbe essere definito “allattamento artificiale”. Chi commercializza con enormi profitti questi modi alternativi di alimentazione infantile dovrebbe dimostrare che la loro opzione è almeno equivalente. “La verità è che l’allattamento non è nient’altro che normale. L’alimentazione artificiale, che non è né la stessa cosa né superiore è, al contrario, deficiente, incompleta e inferiore. Queste sono parole difficili, ma hanno il loro posto nel nostro vocabolario.”9 Studi osservazionali hanno dimostrato che il bambino alimentato con formula e biberon ha un aumento di morbosità e mortalità rispetto al bambino allattato al seno, anche nei Paesi ricchi: l’aumento del rischio è dose-dipendente, può essere uno dei fattori principali nella determinazione di stati patologici a breve e a lungo termine quali:

  • enterocolite necrotizzante nei lattanti prematuri,
  • otite media,
  • asma,
  • ospedalizzazione per malattie acute delle basse vie respiratorie,
  • infezioni gastrointestinali,
  • dermatite atopica,
  • diabete di tipo 1 e di tipo 2,
  • celiachia,
  • malattia infiammatoria cronica intestinale,
  • malattie cardiovascolari (ipertensione, ipercolesterolemia),
  • sovrappeso e obesità,
  • mortalità post-natale infantile.

L’allattamento al seno non fa bene solo al bambino: la mamma che allatta presenterà una riduzione del sanguinamento post-partum e una più rapida involuzione uterina attribuibili alle aumentate concentrazioni di ossitocina, minor sanguinamento mestruale e un aumentato distanziamento tra le gravidanze, un più rapido ritorno al peso precedente la gravidanza, un ridotto rischio di cancro della mammella e dell’ovaio.


L’elenco dei componenti del latte materno potenzialmente benefici è lungo e impossibile da riassumere. Esso contiene, tra gli altri, numerosi ormoni, fattori di crescita cellulare, mediatori del sistema gastrointestinale, immunoglobuline, leucociti, citochine, sostanze dal potere antimicrobico e allo stesso tempo sostanze favorenti la colonizzazione intestinale da parte di microrganismi favorevoli. Senza dimenticare poi la presenza di sostanze con effetto antinfiammatorio e promuoventi l’acquisizione della tolleranza immunologica, che danno al latte materno la dignità di un vero e proprio organo immunologico accessorio. Altra qualità del latte materno è il suo valore nutrizionale. È noto che la sua composizione è adattata alle necessità del bambino in crescita. L’allattamento al seno favorisce l’autoregolazione dell’assunzione da parte del bambino, cosicché gli allattati al seno presentano una curva di crescita tendenzialmente diversa da quella dei bambini allattati con latte di formula, in particolare una crescita ponderale più lenta dopo i tre mesi di vita10.

Tanti modi per essere mamma

È vero che non tutte le donne riescono ad allattare per il tempo raccomandato, con la serenità di cui avrebbero diritto. Alcune si arrendono presto, dalle prime settimane, altre dopo i primi mesi. Ci sono donne che non ne sentono il desiderio, e insistere è controproducente. Le scelte personali vanno sempre rispettate. Bisogna capire se si tratta di una decisione consapevole o se è frutto di una mancanza di informazioni corrette o di cattive pratiche. Per una decisione consapevole è necessaria la conoscenza dell’argomento, delle diverse possibilità, delle sue conseguenze, che si inseriscono nel sistema di valori dell’individuo che deve effettuare determinate scelte. Solo mettendo insieme questi due elementi si possono prendere buone decisioni. Oggi le notizie sui benefici del latte materno sono diffuse, meno conosciute invece le informazioni sui rischi del non allattamento e dell’uso di latte artificiale. È importante che le donne scelgano senza evocare in loro il senso di colpa. “Che c’è di male nel senso di colpa? Come pediatri non esitiamo a far ricorso o a evocare il senso di colpa nei genitori che non utilizzano un seggiolino di sicurezza in automobile, o non vaccinano il proprio figlio, o fumano in casa o in gravidanza”11. È un’abitudine ancora molto diffusa tra tanti medici fare scattare questi meccanismi. Mi ritrovo nelle parole: “Personalmente, sono portato a non riconoscere al medico il diritto di far troppo prevalere il suo modo di pensare su tutto ciò che riguarda la vita, l’esistenza, i rapporti: non sul fumo, né sulle vaccinazioni, né sull’educazione, né sull’alimentazione, né sul peso ideale, né sull’attività fisica, né sul rischio di incidenti. Ho detto ‘far troppo prevalere’, il che indica che sì, ha il diritto, e anche il dovere, di portare alla mamma le informazioni di cui è in possesso, e anche una parte della sua impostazione professionale all’esistenza, che comprende anche il parametro ‘valutazione del rischio’, e anche i suoi personali convincimenti, visto che il rapporto medico-paziente deve essere un rapporto personale. Ma non di più; non troppo. Ognuno è padrone della sua vita. È vero che qui c’è in ballo anche la vita di un altro, il bambino, che non può scegliere, ed è questo che dà alla faccenda una sua specificità e una sua delicatezza; ma è vero anche che i rapporti intrafamiliari, e in particolare quelli mamma-figlio, sono di una specie particolare. E anche se il medico, come componente del mondo extrafamiliare, non può (non potrebbe neanche volendolo) non influenzare questo equilibrio, deve saperlo fare nel modo più discreto possibile, lasciando alla famiglia il primato della decisione”12.


Un conto è la libera scelta, un altro il non fornire nella pratica quel sostegno che è doveroso offrire. Pratica e grammatica non sempre coincidono. Una signora, che aveva frequentato regolarmente un corso preparto in cui era stato affrontato l’argomento “allattamento”, partorisce a termine con induzione farmacologica. È il primogenito, un bel bambino che non viene attaccato al seno in sala parto, ma solo qualche ora più tardi dietro l’insistenza della coppia. Nell’ospedale esiste ancora la nursery, dove la neomamma si deve recare ogni tre ore per allattare. Quando la mamma prende in braccio il piccolo, è sempre addormentato, è sazio per le aggiunte di latte formulato che gli sono somministrate. La mamma si preoccupa, entra in ansia per il fatto che il bambino non si attacca al seno. Chiede spiegazioni al personale del nido e si sente rispondere che non ha latte a sufficienza, che le integrazioni sono necessarie per farlo crescere e per non farlo “piangere”. Viene dimessa con l’indicazione di effettuare alimentazione a orario e doppia pesata, e un foglietto senza intestazione con il nome di una marca di latte da acquistare. Il pediatra consultato conferma queste indicazioni e modifica la prescrizione del latte artificiale con un altro “più digeribile”. Dopo due settimane la signora rinuncia e smette di proporre il seno al suo bambino. La signora è stata davvero sfortunata, niente di quello che oggi viene consigliato ha attraversato la sua esperienza.


Rooming-in, formazione, consapevolezza, ascolto, promozione hanno sicuramente prodotto dei benefici sia per i bambini che per la collettività. Nel nostro Paese le cose stanno cambiando, anche se ancora moltissimo rimane da fare per la promozione dell’allattamento al seno che è un obiettivo prioritario di salute pubblica. Sostenere l’allattamento significa sfatare i molti luoghi comuni, offrire un sostegno competente da parte degli operatori sanitari. Una corretta e completa informazione, unita a una modalità comunicativa che tenga conto delle sensibilità e si ponga come obiettivo quello di rafforzare le competenze e la fiducia della donna in se stessa, è quello che è necessario, e ogni operatore deve essere in grado di acquisire queste competenze e questa attitudine. Sarà poi la donna a decidere, e a raccontare la sostanziale differenza che esiste tra un operatore che sa essere rispettosamente informativo e uno che nasconde dietro il rispetto delle scelte l’abdicazione a un’informazione completa unita a un supporto pratico13.

Bibliografia


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www.aicpam.org/wp-content/uploads/2011/07/aap_allattamento2005.pdf

Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore - Seconda edizione
Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Immunizzarsi dalla paura, scegliere in libertà.A seguito dell’introduzione dell’obbligatorietà vaccinale, l’autore cerca di fare chiarezza su tale questione, analizzando i dati con chiarezza e linearità. I vaccini sono tutti uguali?Qual è la durata?Quale l’efficienza?Cosa si intende per immunità di gregge?È la stessa per tutte le malattie?A seguito dell’introduzione dell’obbligatorietà vaccinale, il dottor Eugenio Serravalle cerca di fare chiarezza, accompagnando il lettore nel labirinto di dati e termini tecnici con linearità.Vaccinazioni: alla ricerca del rischio minore è una lettura indispensabile per imparare ad applicare il senso critico ad argomenti sui quali ci troviamo spesso indifesi, come l’informazione medico-sanitaria diffusa da stampa e televisione. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.