La Commissione parlamentare di inchiesta del Senato della Repubblica, XVI Legislatura Doc. XXII-bis n. 8, dichiara: “È infine importante notare come, al termine dell’indagine, si segnali l’opportunità di procedere con ulteriori studi mirati ad approfondire il ruolo di alcune variabili, emerse nel corso dello studio, quali stile di vita, carico vaccinale e condizioni di impiego operativo, nell’induzione di eventi biologici precoci”. Nelle conclusioni del Progetto SIGNUM (Studio sull’impatto genotossico nelle unità militari) si legge: “È stata osservata una correlazione tra aumento di alterazioni ossidative e numero di vaccinazioni (da 0 a 8) effettuate a partire dal 2003. Tale correlazione è risultata statisticamente significativa… Tra le vaccinazioni praticate il vaccino trivalente vivo attenuato MPR ha aumentato il differenziale di alterazioni ossidative… (pag 116-117)… Le variabili che hanno maggiormente influito su tale incremento [di alterazioni ossidative linfocitarie] sono l’attività operativa e l’immunoprofilassi vaccinale (pag 117). Per quanto riguarda il numero di vaccinazioni l’incremento di alterazioni ossidative è risultato correlato sia alla quantità che alla qualità delle vaccinazioni: in particolare un numero di vaccinazioni totali uguali o superiore a 5 aumenta il livello di alterazioni ossidative. Tale effetto è soprattutto correlato all’utilizzo di vaccini vivi attenuati. Questa azione è verosimilmente riconducibile all’induzione dell’attività immunostimolante esercitata sulle popolazioni linfocitarie dalle vaccinazioni, soprattutto vive attenuate. …(pag 118)… Per quanto riguarda le vaccinazioni, valori medi più elevati sia in termini di frequenza a T0 e T1 che di differenze sono evidenti per i soggetti che erano stati sottoposti a 5 vaccinazioni…(pag 154).
Il progetto SIGNUM, commissionato nel 2004 dalla Difesa a ricercatori facenti capo a prestigiose università (Pisa, Roma, Genova), solleva quindi degli interrogativi importanti sugli effetti del carico vaccinale, soprattutto se associato ad attività operative caratterizzate da un elevato livello di stress.
La somministrazione dei vaccini ai militari è avvenuta contro ogni regola della biologia, della immunologia e della medicina, capace di provocare uno shock al sistema immunitario con conseguenze ancora da indagare fino in fondo; tanto è vero che, ad oggi, non esistono prove definitive sul rapporto vaccini/tumori, nemmeno per i militari. Le polveri generate dall’uso di armamenti ad alta temperatura, l’uranio impoverito, il tungsteno (e non solo), prodotte da proiettili e bombe hanno un ruolo importantissimo. Alla stessa maniera oggi non abbiamo ancora certezze tra il rapporto vaccini/autismo o vaccini/diabete, nonostante i molti dati che ne evidenziano la possibilità. Le riviste mediche – mantenute in buona parte proprio dalle industrie farmaceutiche e, per questo, immerse in un colossale conflitto d’interessi – sono zeppe di articoli che negano queste possibilità. Ma è nell’evidenza dei fatti che sottoporre un individuo a un numero elevato di vaccinazioni senza controllarne il grado di tolleranza, o se già immune, se esistano allergie a qualcuno dei componenti, molti dei quali non dichiarati e sconosciuti, sia un vero e proprio bombardamento che può provocare danni importanti al sistema immunitario. Per finire, i vaccini per i militari sono prodotti in confezioni multi-dose. Ogni soldato riceve la quantità che viene aspirata di volta in volta con una siringa dalla confezione. Quest’ultima, a ogni nuova iniezione, dovrebbe essere agitata così da miscelare in modo uniforme i vari componenti del vaccino, metalli tossici inclusi. Fretta, noncuranza, cieca mancanza di senso critico verso un prodotto che, essendo un vaccino, deve per forza essere innocuo, attitudine a considerare gli individui semplici numeri, e non singoli uomini, hanno fatto sì che, in mancanza di questo semplice accorgimento, i ragazzi che si prendevano le ultime dosi della boccetta abbiano molto spesso ricevuto un sovraccarico di mercurio e alluminio.
Sullo sfondo, dunque, di quanto si stava muovendo attorno a lui e attorno ai soldati delle nostre Forze Armate, il maresciallo dell’Aeronautica Luigi Sanna, alla richiesta di sottoporsi a un ciclo di vaccinazioni, ritenne proprio diritto domandare che gli si dimostrasse la necessità di seguire esattamente il calendario vaccinale assegnatogli. Non ricusò di farsi vaccinare, chiese semplicemente che le vaccinazioni venissero distanziate, o che altrimenti gli venisse spiegato se fosse totalmente innocuo effettuarle con tale frequenza.
Ricoprendo un certo grado militare, e avendo per giunta una moglie avvocato, era ben consapevole di mettersi in una situazione spinosa. Tuttavia, non ricevendo alcuna risposta, non esitò a inoltrare un secondo quesito scritto. Questa volta gli risposero: fu accusato di disobbedienza aggravata e continuata (aveva posto la stessa domanda per ben due volte), sottoposto a un procedimento disciplinare e a uno penale presso il Tribunale Militare di Roma, per il quale rischiava, dopo 25 anni di servizio, un anno di carcere.
Il 22 maggio 2012 il maresciallo Luigi Sanna venne ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’insorgenza di patologie tumorali tra i soldati italiani. Nel corso dell’audizione, Sanna fece presente come “la somministrazione plurima ravvicinata contempla[sse] casi di assunzione di nove vaccini in cinque dosi nell’arco di ventinove giorni, ovvero di dieci vaccini in sette dosi nell’arco di trentaquattro giorni”. Ricordò, inoltre, come a essi si aggiungesse la profilassi antimalarica, nel caso di missioni all’estero, e come egli avesse registrato alcune incongruenze, come la prescrizione della vaccinazione antitifica, a lui mai prescritta, ma prescritta invece a colleghi che si trovavano nella sua stessa posizione.
Chi ha letto il precedente capitolo ricorderà quanto ho avuto modo di dire sulla discrepanza in Italia tra la legge che obbliga a informare i pazienti sui possibili rischi di farmaci e terapie, e la normale prassi che non solo ignora, ma addirittura scoraggia tale principio. Ebbene, la cosa più grottesca della vicenda del maresciallo Sanna è che la sua colpa consisterebbe nell’essersi rifiutato di firmare il modulo del consenso informato, in seguito al fatto che non aveva ricevuto alcuna delle informazioni richieste. In altre parole, gli si è imputato di non avere acconsentito alla menzogna di prammatica cui, è bene dirlo, sono tenuti non solo i militari ma di fatto anche i comuni pazienti (si noti che, come ha osservato nel corso dell’audizione Giorgio Carta, legale di Luigi Sanna, tra le scorte di vaccini che le Forze Armate detengono in quantità sovrabbondanti vi è quello contro l’H1N1. Il dato colpisce, perché si tratta del vaccino che medici tedeschi, francesi e italiani hanno rifiutato di farsi iniettare, ma che i soldati, per obbligo di obbedienza, dovrebbero acconsentire a vedersi inoculato…).
Il caso di Luigi Sanna è destinato a costituire una pietra miliare non solo nella storia della sanità militare, ma in quella più ampia dei diritti civili. Secondo l’articolo 32 della nostra Costituzione, infatti, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, mentre la norma che regola le vaccinazioni all’interno delle Forze Armate è di rango secondario, cioè non ha forza di legge, consistendo in un decreto ministeriale del 2003. Tale decreto, pertanto, non può violare il principio costituzionale della possibilità, per il soggetto, di rifiutare trattamenti sanitari che non gli siano imposti per legge.
Da un punto di vista più generale, e meno tecnico, la storia di questo ufficiale dell’Aeronautica getta un lampo di luce sui meccanismi con cui le strutture di potere finiscono per saldarsi l’una con l’altra, solidificandosi in un sistema rigido, faraonico, la cui logica labirintica da un lato schiaccia i diritti inviolabili dell’individuo, come quello di preservare la propria salute, e dall’altro consente la protezione indisturbata di interessi forti che si insinuano nelle pieghe degli apparati burocratici e ne condizionano il corretto funzionamento, interessi principalmente economici ma anche una diffusa cultura dell’arbitrio, più che dell’autorità, nel rapporto tra governanti e governati. Il caso di Luigi Sanna, infatti, riguarda soltanto il Ministero della Difesa, non quello della Sanità, ma come non ricordare l’atteggiamento omissivo, reticente e stroncatorio di quest’ultimo di fronte alle richieste di spiegazione e chiarimenti dei tanti genitori con figli danneggiati da vaccino, un atteggiamento che sembra esigere nel cittadino l’obbligo di obbedienza e disinformazione di fronte all’autorità sanitaria?