Non sempre le ciambelle riescono col buco
Le caratteristiche principali di un vaccino efficace sono la sicurezza, il basso costo, la facile somministrazione, ma soprattutto la capacità di indurre un’immunità protettiva e di lunga durata. Il vaccino ideale, infatti, dovrebbe conferire immunità per tutta la vita. Sembrerebbe però che le cose non vadano sempre così lisce.
Il sistema immunitario di alcuni bambini, stimolato in maniera innaturale con l’iniezione di un vaccino (con tutti gli annessi e connessi), potrebbe reagire in maniera altrettanto innaturale o, quanto meno, imprevedibile, anche a medio e a lungo termine. Ad esempio, a seguito dello stimolo artificiale di un vaccino, anziché naturale come quello di un germe “ruspante”, qualche sistema immunitario forse geneticamente predisposto potrebbe confondersi e non riuscire più a distinguere l’amico dal nemico, innescando una serie di reazioni indesiderate perché dannose. Reazioni che possono andare dall’ignorare completamente i segnali di pericolo perché è stato depresso, cioè disarmato, fino ad attaccare addirittura le cellule del proprio corpo, rendendolo vulnerabile alle cosiddette “malattie autoimmuni” (come certe tiroiditi, la sclerosi multipla, l’eritema nodoso, il lupus, l’artrite reumatoide, il diabete, la neurite ottica, ecc.).
Nella battaglia contro il mondo dell’invisibile il nostro sistema immunitario ha due possibilità, due tipi di eserciti che collaborano tra di loro. C’è la “fanteria”, che utilizza come armi varie cellule capaci di attaccare e distruggere in modo diretto o indiretto microrganismi o altre sostanze estranee all’organismo. L’immunità cellulare utilizza principalmente i linfociti T ed è indicata con la sigla Th1; è attivata dal contatto con virus o funghi, ma anche dai vaccini virali. E c’è la “marina” (possiamo chiamarla così perché utilizza anticorpi in buona parte circolanti con il sangue) che, grazie ai linfociti B, è responsabile della risposta immunitaria linfocitaria di tipo 2 (o Th2). È attivata dal contatto con batteri, parassiti o allergeni, ma anche dai vaccini batterici.
In un soggetto normale, maturo e sano c’è un buon equilibrio tra queste due reazioni difensive del nostro sistema immunitario; quando si attiva una reazione si deprime l’altra per il breve periodo di tempo necessario per distruggere il “nemico”, poi l’equilibrio tra le due reazioni (Th1/Th2) si ristabilisce. In un soggetto immunologicamente debole (neonato, specie se immaturo, o individuo immunodepresso dalla nascita o reso tale da patologie) le due reazioni sono molto deficitarie e quindi l’organismo:
- o non è in grado di difendersi e i germi (o i vaccini) trovano un terreno favorevole per causare danni;
- oppure, se si difende, lo fa in modo sregolato, squilibrato, anche esagerato… cioè in un modo patologico e patogeno.
Gli effetti a lungo termine di una iperattivazione Th1 o Th2 esageratamente intensa e prolungata possono essere:
- patologie autoimmunitarie, se l’iperattivazione riguarda la risposta immunitaria Th1 (attivata da virus);
- patologie allergiche, se l’iperattivazione riguarda la risposta immunitaria Th2 (attivata da batteri e allergeni).
Esistono altri fattori che possono influenzare la risposta immune; la presenza e la scelta dell’adiuvante, ad esempio, ha un effetto tutt’altro che marginale: l’utilizzo dell’adiuvante di Freud stimola una risposta Th1; l’impiego di un sale di alluminio invece stimola una risposta Th2. Anche l’età è un fattore molto importante da considerare nella risposta immunitaria a un vaccino, dal momento che l’assetto immunitario dell’individuo varia nelle diverse fasi della vita. La tendenza attuale è quella di vaccinare sempre più presto; tuttavia, più precocemente si vaccina, minore è la risposta immune. La risposta immune del neonato è molto particolare e molto diversa da quella del bambino, ad esempio, di 3 anni. Nel neonato le cellule Th, specialmente le Th1, hanno una funzionalità ridotta, mentre si osserva una relativa prevalenza di Th2, utile durante la vita intrauterina per garantire la tolleranza reciproca madre-feto. I lattanti, a 60 o 90 giorni di età, ricevono 7 o anche 8 differenti vaccinazioni con un’azione a lungo termine sul sistema immunitario impossibile da prevedere. Per mia esperienza esistono più fattori che possono aumentare il rischio di reazioni avverse: sono l’età (più piccolo è il bambino, maggiore il rischio); la nascita pretermine o prematura; la familiarità e la predisposizione genetica; l’alimentazione (latte materno o formulato); lo stile di vita della famiglia; precedenti infezioni virali o batteriche importanti; trattamenti con antibiotici e cortisonici. Ogni vaccinazione induce una soppressione della difese immunitarie con un massimo di caduta dei livelli di linfociti 10 giorni dopo l’inoculazione. I vaccini riducono il numero dei globuli bianchi, la capacità fagocitante, la segmentazione dei neutrofili e la vitalità dei linfociti. Un vaccino diminuisce l’immunità mediata dai linfociti del 50%, più di 2 vaccini insieme la riducono del 70%2; nessuno conosce l’effetto di sette, otto vaccini somministrati tutti insieme.
Le nuove conoscenze di neuroimmunologia pongono gravi questioni circa la scelta di iniettare vaccini in bambini con meno di 2 anni. Il cervello ha un suo sistema immunitario specializzato e quando una persona viene vaccinata, le sue cellule immunitarie specializzate (“microglia”) vengono attivate. Vaccini multipli e frequenti iperstimolano questi neuroni provocando il rilascio di diversi elementi tossici (radicali liberi, citochine, chemochine, ecc.) che danneggiano le cellule cerebrali e le loro connessioni sinaptiche. Negli esseri umani, lo sviluppo più rapido del cervello si ha nel 3° trimestre di gravidanza e nei primi 2 anni di vita, dopo i quali il cervello è completo all’80%. Finché studi clinici randomizzati non dimostreranno la sicurezza dei vaccini in questo periodo, sarebbe prudente non somministrarli fino ai 2 anni di età3.
Certo, le vaccinazioni sono efficaci nella riduzione della morbilità di una data malattia. Contribuiscono, insieme ad altri fattori, al ‘controllo sociale’ di quella patologia, riducendone di conseguenza le complicazioni, che sono i fenomeni davvero importanti da evitare. I vaccini sono farmaci potenti che, come tutti i medicinali, possono procurare, seppur raramente, reazioni avverse ed effetti collaterali più o meno gravi. Anche se fino a pochi anni fa in molti sostenevano: “I vaccini non sono farmaci”, solo da poco si è capito che questa affermazione non è vera. Ancora oggi si dice: “I vaccini non fanno male e al massimo possono causare qualche disturbo locale, lieve e di breve durata”. La mia esperienza mi ha convinto che questo non è assolutamente vero. Il problema fondamentale è che, ad oggi, non è possibile prevedere quali saranno i bambini che potranno sviluppare una reazione avversa; nessuna indagine, nessun test può dare indicazioni esaurienti. Le reazioni avverse possono essere più o meno gravi, violente e improvvise a breve distanza di tempo dall’inoculazione del vaccino. In questi casi è relativamente facile correlarle all’assunzione del farmaco. Tra queste sono state osservate: reazioni in sede di iniezione estese a tutto l’arto con aumento notevole del suo volume, associato a manifestazioni cutanee quali chiazze, papule, vescicole, ascessi, febbre più o meno alta, episodi di ipotonia e iporesponsività, anemia emolitica autoimmune, trombocitopenia, vasculite, manifestazioni cutanee inusuali, reazioni vaso-vagali rilevanti, dolori muscolari, zoppia, edemi articolari, artriti, tosse pertussoide, otite, bronchite, polmonite, diarrea, eccessiva sonnolenza, fotofobia, pianto frequente e inconsolabile, urla acute e prolungate, convulsioni, encefalite e/o meningite, svenimento, shock anafilattico, e anche la morte (di solito morte in culla durante il sonno). Altre volte le reazioni avverse sono subdole, si presentano dopo settimane o dopo mesi, per cui è più difficile capire da cosa sono state causate.