capitolo xii

Maria montessori:
l'educazione come processo naturale

Un buon educatore, colui che non costringe ma libera, non trascina ma innalza, non comprime ma forma, non impone ma insegna, non esige ma domanda, passerà insieme ai bambini molti momenti esaltanti.
J. Korczak

Novembre 2012, la mia secondogenita ha appena un mese di vita; sul divano di casa passiamo insieme parecchie ore tra allattamento a richiesta, nanna sua e finestre sulla vita esterna che il web mi permette di aprire.

La guardo, penso al suo futuro, a quello della sorellona di tre anni e un po’ anche al mio di insegnante, formatrice, donna, mamma sempre in cerca di risposte più vere e calzanti, o forse solo più coerenti con l’orizzonte ideale che ho sempre davanti, nonostante l’età che avanza consiglierebbe di fare la pace con mediazioni e compromessi.


La questione educativa, dopo la nascita delle mie bimbe, si è fatta più profonda e sostanziale: se il principio di realtà aveva trovato un suo spazio nel mio lavoro a scuola, compensato da quello che come formatrice potevo esprimere più liberamente, come mamma è diventato per me fondamentale pensare e realizzare una scuola che non si sottragga al dovere di dare risposte autentiche e competenti ai bisogni cognitivi e affettivi dei bambini.


E così, mentre guardo la mia ultima nata che sonnecchia vicino a me, penso che è davvero ora di riaprire gli orizzonti, senza cautele e senza vincoli predeterminati. Che scuola voglio per le mie figlie e anche per me?


L’attrazione per l’istruzione familiare e ancor più per le scuole libertarie è molto forte, ma nel leggerne le esperienze continuo a inciampare nel riferimento a un approccio e a materiali montessoriani; provo allora a capire meglio se quelle che io ricordavo come scuole d’élite con un metodo didattico simpatico ma piuttosto antiquato sono altro da questo.


E mi si apre un mondo: leggo di uno sguardo attento e limpido sul bambino, di risposte a quelle domande pedagogiche sempre inevase, di scelte operative che traducono i princìpi in vita vissuta, in scuola che orienta perché ha una bussola funzionante e leggo che questo è possibile realizzarlo nella scuola pubblica… la quadratura del cerchio, forse!


Mi presento a distanza di pochi giorni dal dirigente scolastico della mia scuola di servizio il quale, di fresca nomina, neppure mi conosceva; gli propongo di dare un’occhiata ad alcune pagine che riassumono i princìpi del metodo e le possibilità di attivare sezioni e classi che lo adottino. La sua adesione è immediata e nell’arco di pochissime settimane si mette in moto una macchina che mi rapisce per la velocità con cui si muove: mi trovo, dopo un paio di incontri nel territorio dove vivo, a ricevere centinaia di mail di insegnanti, educatori, genitori interessati a formarsi, essere parte attiva, iscrivere i propri figli… dopo pochi mesi si contano più di duecento persone, in un auditorium strapieno, per capire meglio se questo percorso è davvero quello che desiderano intraprendere e in cui desiderano impegnarsi per qualche anno.


A settembre 2013, a meno di un anno di distanza da quel pomeriggio di novembre, prendono avvio due corsi di formazione con 100 iscritti mentre sette istituzioni scolastiche si costituiscono in rete per avviare dal settembre successivo una sperimentazione nelle scuole dell’infanzia e primarie di loro competenza. Con le iscrizioni di febbraio 2014 più di 200 famiglie scelgono sezioni o classi di scuola pubblica e gratuita a sperimentazione Montessori.


Ci sono luci e ombre in questa esperienza, resistenze e timori, entusiasmi e aspettative da gestire, risorse da trovare e trasformazioni più complesse di quanto ci si aspetterebbe, ma di certo oggi posso dire di aver toccato con mano una domanda diffusa in un territorio come questo, di confine, poco esposto a mode e suggestioni metropolitane. Una domanda di ascolto dei bambini, di messa in discussione della scuola tradizionale sia da chi la scuola la fa sia da chi ne usufruisce, una domanda di strategie e di approcci educativi che rendano l’apprendimento più autentico, senza mortificare la curiosità e la motivazione ad imparare dei bambini.


Qui raccontiamo allora non tanto di questa, per molti versi eccezionale, esperienza di attivazione di un vero distretto montessoriano nel raggio di alcune decine chilometri di territorio ma dei princìpi e delle pratiche educative e didattiche a cui corrispondono in questi mesi tanti gruppi di genitori in tutta Italia che al metodo centenario di Maria Montessori vorrebbero affidare l’istruzione dei propri figli.


È il racconto anche di ciò che ho imparato grazie alla collaborazione e amicizia con i formatori e gli esperti di Fondazione Montessori Italia (vedi box), persone in cui ho subito riconosciuto la mia stessa passione e voglia di pensare in grande per i piccoli, di muoversi con un orizzonte davanti senza smettere di guardarsi intorno. Sto condividendo con loro questa ultima parte del mio percorso professionale e umano, e dopo quasi due anni mi capita ancora di stupirmi sentendo le grandi affinità che ci uniscono.


Dal sito1

La Fondazione Montessori Italia nasce per diffondere la conoscenza delle opere e del pensiero di Maria Montessori, le pratiche educative che vi si ispirano, e la riflessione e lo studio tanto sulle teorie psicopedagogiche che sulle pratiche scolastiche montessoriane.


La Fondazione ha l’obiettivo generale di fornire supporto e consulenza a tutti gli enti e i privati che desiderino implementare o adottare il metodo Montessori. Inoltre favorisce la realizzazione di progetti di trasformazione dei contesti educativi scolastici tradizionali.


La Fondazione pubblica la rivista “Mondo Montessori” con l’obiettivo di raggiungere tutti i pubblici interessati al metodo, pubblica anche libri e materiali editoriali per dare un contributo all’avanzamento degli studi montessoriani.


La Fondazione, per realizzare i suoi obiettivi, collabora con le Università, gli Uffici Scolastici, gli Istituti Scolastici, i docenti, i pedagogisti, gli educatori e gli amministratori presenti su tutto il territorio nazionale.


La Fondazione Montessori Italia è impegnata nella formazione del personale docente della scuola, del personale educativo dei nidi, del personale dirigente della scuola e delle strutture educative del nostro Paese.


La Fondazione ha l’obiettivo di innovare le pratiche montessoriane e applicarle al contesto sociale, culturale ed economico che vive attualmente il mondo globalizzato.


Cosa ha allora da dirci ancora oggi la dottoressa di Chiaravalle le cui intuizioni pedagogiche sono la carta di identità di 8.000 scuole in tutto il mondo, che salgono a 14.000 se includiamo anche quelle che si ispirano al metodo senza fregiarsi però dell’etichetta ufficiale?


Il metodo o il bambino?

Il punto di partenza sta tutto in un principio che mi sembra disarmante nella sua semplicità e allo stesso tempo capace di interrogare in profondità chiunque si occupi di scuola e di educazione:

Il metodo non si vede: ciò che si vede è il bambino […] si vede l’anima del bambino che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura.2

Ecco, tutto qui. Non ci sono ricette superiori e infallibili, l’inizio e la fine di tutto sta nel saper guardare i bambini e dall’osservazione comprendere come funziona la loro mente e, ancora più a fondo, la loro anima. Così, dopo averlo compreso, sarà possibile eliminare gli ostacoli che l’ambiente e noi stessi adulti poniamo alla naturale tendenza all’apprendimento e alla crescita che ciascun bambino porta in sé.

Credo sia davvero rivoluzionario per la scuola attuale, per l’immagine che di essa e di se stessi hanno la gran parte degli insegnanti, pensare che i bambini sappiano già come imparare e che ciò che li ostacola siamo noi, i nostri interventi scorretti, l’ambiente inadeguato che creiamo loro intorno, i materiali impropri con cui pensiamo di veicolare le conoscenze, i tempi forzati dentro cui immaginiamo che i risultati (?!) debbano essere raggiunti; e non vediamo il bambino, non vediamo la sua natura originaria, trovandoci così a mettere in piedi una relazione che ci vede su fronti opposti, con reciproca frustrazione che finisce spesso a sconfinare in ostilità, conflitto, incomprensione profonda.

Un buon insegnante allora, ci dice Maria Montessori, deve essere capace prima di tutto di osservare, mettendo i riflettori della sua attenzione sui bambini e distogliendoli da se stesso; in questo modo vedrà anche cosa ostacola e cosa facilita l’apprendimento e potrà intervenire nel modo più utile. Infatti:

È necessario che la scuola permetta le libere manifestazioni naturali del fanciullo perché vi nasca la Pedagogia scientifica: questa è la sua riforma essenziale.3

Di rilievo mi pare l’aggettivo “scientifica” attribuito alla pedagogia, a dispetto di chi pensa che la libertà di azione e di espressione appartengano a una visione destrutturata della vita e dell’educazione, dimenticando che solo essa, la libertà, è la condizione per poter comprendere il funzionamento di qualsiasi organismo e di ogni sua funzione.

Certo è poi importante comprendere anche che questa è la prima fase di un percorso che permette in un secondo momento di mettere a disposizione del bambino ciò che gli occorre per utilizzare la sua libertà in maniera utile al suo sviluppo cognitivo, affettivo e psicologico:

Il bambino lasciato libero nelle sue attività deve trovare nell’ambiente qualcosa di organizzato in rapporto diretto con la sua organizzazione interiore che sta svolgendosi per leggi naturali.4

È un passaggio emblematico, questo, due righe che compiono il miracolo di tenere insieme come muri portanti due princìpi di solito concepiti come antitetici: libertà e legge naturale da un lato e organizzazione dall’altro.

Proprio in questo incontro, difficile per chi pensa solo all’antinomia apparente, sta l’efficacia e la verità del metodo di cui parliamo.

Scrive ancora la Montessori:

L’educazione è un processo naturale effettuato dal bambino e non è acquisita attraverso l’ascolto di parole, ma attraverso le esperienze del bambino nell’ambiente.5

richiamando con queste parole ancora l’idea di un processo naturale contro l’evidente artificiosità dell’ambiente scolastico tradizionale e aggiungendo una nota metodologica, risultato dei tanti anni di osservazione: i bambini, almeno fino all’età di 10-12 anni, ma in parte anche in seguito, imparano attraverso le esperienze e non le parole, in un ambiente (ancora!) adatto affinché queste esperienze possano essere efficaci.


Allora l’apprendimento avviene attraverso il corpo e la sua memoria, i sensi tutti, il fare, l’immaginare, lo smontare e rimontare, l’errore e la sua scoperta, attraverso la vita reale, per ciascuno diversa nelle sue sfumature; ciò che chiamiamo, appunto, esperienza.

Lo dice bene anche Loris Malaguzzi, padre del metodo “Reggiochildren” che non negava quanto il suo sguardo pedagogico avesse radici anche montessoriane, in una bella riflessione in versi6:

Il bambino

è fatto di cento.

Il bambino ha

cento lingue

cento mani

cento pensieri

cento modi di pensare

di giocare e di parlare

cento sempre cento

modi di ascoltare

di stupire di amare

cento allegrie

per cantare e capire

cento mondi

da scoprire

cento mondi

da inventare

cento mondi

da sognare.

Il bambino ha

cento lingue

(e poi cento cento cento)

ma gliene rubano novantanove.

Gli dicono:

di pensare senza mani

di fare senza testa

di ascoltare e di non parlare

di capire senza allegrie

di amare e di stupirsi

solo a Pasqua e a Natale.

Gli dicono:

di scoprire il mondo che già c’è

e di cento

gliene rubano novantanove.

Gli dicono:

che il gioco e il lavoro

la realtà e la fantasia

la scienza e l’immaginazione

il cielo e la terra

la ragione e il sogno

sono cose

che non stanno insieme.

Gli dicono insomma

che il cento non c’è.

Il bambino dice:

invece il cento c’è.

Loris Malaguzzi


È in particolare, per la Montessori, la mano, insieme agli occhi, l’organo da cui ogni apprendimento autentico può e deve passare, tanto che non è dato materiale didattico montessoriano che non sia manipolabile ossia qualcosa su cui occorre mettere le mani, organo che la Montessori definiva “gli strumenti dell’intelligenza dell’uomo7.

L’ambiente, i materiali e l’adulto

Ecco allora che in una scuola Montessori l’ambiente in cui l’esperienza si svolge è estremamente curato, attraente e, soprattutto, non lasciato al caso (l’intenzionalità…!), con arredi che da un lato permettano ai bambini di poter accedere ai materiali didattici e che dall’altro rendano immediatamente individuabili le aree di lavoro dedicate alle diverse discipline e altri spazi ancora per attività comuni. Un ambiente di cui i bambini possano anche prendersi cura sin dalla prima infanzia, con attrezzature su misura che permettano la partecipazione alla vita pratica.


Altro fondamentale veicolo per l’apprendimento sono i materiali di sviluppo che la Montessori introdusse nelle sue scuole, in parte mutuati da esperienze e incontri professionali da lei vissuti prima della formulazione organica del metodo, in parte pensati e strutturati a partire dalle sue dirette osservazioni man mano che le sue scuole si mettevano all’opera e in parte riformulati secondo la medesima logica, ma anche in epoche successive alla sua morte.


I materiali montessoriani sono comunque un tratto distintivo delle scuole che scelgono di adottare il metodo o di ispirarsi ad esso: sono trampolini di lancio che permettono ai bambini di sperimentare attraverso i sensi i concetti a cui si stanno avvicinando e di poterlo fare senza la mediazione dell’adulto, che si limita a presentarli mostrandone l’utilizzo.


Dopo questo primo passaggio sono i bambini, che attraverso la pratica della libera scelta delle attività, ritornano sui materiali misurandosi con essi.


Il fatto poi che la gran parte di essi siano autocorrettivi, ossia siano concepiti in modo tale che sia il bambino stesso a verificare se sta correttamente utilizzando le conoscenza che sta acquisendo, permette una volta di più di lasciare a chi sta imparando la libertà di farlo nei tempi che gli occorrono e con una costante connessione con i processi della sua mente.


Processo impossibile da attivare con una didattica tradizionale in cui l’indispensabile presenza dell’adulto determina una incessante interferenza nel fluire delle diverse fasi di appropriazione del sapere.


È molto nota la frase della Montessori che ci ammonisce ad ascoltare l’“intimo bisogno del bambino” che insistentemente chiede, a parole e nei fatti, “aiutami a fare da solo”, sintesi efficacissima per dirci quale posizione ci tocchi come insegnanti, ma anche come genitori: quella di adulti consapevoli e attenti, che conoscono i bisogni dei bambini loro affidati ma anche le loro risorse e competenze, che sanno che i bambini hanno bisogno di apprendere ma che allo stesso tempo sono già “programmati” per farlo in autonomia, se messi nelle condizioni corrette.


Maria Montessori parla spesso di una “nuova maestra”, indicando con questo termine una necessità invocata anche da altri, forse da tutti gli autori e i percorsi citati in questo libro, quella di una conversione del proprio modo di essere prima di tutto persone e di conseguenza insegnanti. Una maestra nuova non perché ha appreso qualche tecnica miracolosa per insegnare l’impossibile ma perché ha compreso quale danza permette di muoversi in armonia e rispetto insieme ai bambini che le vengono affidati.

L’orgoglio della nuova maestra diventa quello di avere aiutato il bambino a fare senza di lei, di aver preparato le vie del suo andare spontaneo, abbattendo i principali ostacoli che potevano impedirlo.8

Infatti

L’adulto deve dare e fare quel tanto che è necessario affinché il bambino possa utilmente agire da solo: se fa meno del necessario, il bambino non può agire utilmente; se l’adulto fa più del necessario, e perciò si impone o si sostituisce al bambino, spegne i suoi impulsi fattivi.9

Anche la Montessori era consapevole che quanto andava proponendo, soprattutto in questo capovolgimento dei ruoli, non era così semplice da accogliere:

Chi ha seguito questo movimento educativo sa che fu ed è tuttora discusso. Ciò che più ha suscitato discussione è quel capovolgimento tra adulto e bambino: il maestro senza cattedra, senza autorità e quasi senza insegnamento, e il bambino fatto centro dell’attività che impara da solo, che è libero nella scelta delle sue occupazioni e dei suoi movimenti. Quando non è sembrato una utopia, è apparso una esagerazione.10

Tutto e tutti sono connessi

Dal punto di vista metodologico un altro punto centrale è ciò che oggi chiameremmo interdisciplinarietà; ma la Montessori va più a fondo, ci presenta il valore educativo, e non solo cognitivo, di un apprendimento che mostra le connessioni, restituendo ai bambini e ai ragazzi un percorso che permette di leggere la realtà complessa che li circonda, e non solo di riportare buoni risultati nelle verifiche scolastiche:

…tutto è collegato, e ciò che interessa è potersi orientare in queste correlazioni. Apportare nozioni staccate significa apportare confusione: è necessario poter determinare il legame che esiste tra i singoli fatti; e quando si sia stabilita la correlazione tra le nozioni ormai collegate l’una all’altra, anche il rapporto fra i singoli particolari apparirà chiaro. Lo spirito allora sarà soddisfatto e sorgerà il desiderio di proseguire nella ricerca… Ecco dunque uno dei principi fondamentali dell’educazione: insegnare i dettagli significa portare confusione; stabilire i rapporti tra le cose significa dare conoscenza.11

È la meraviglia dell’educazione cosmica che, dice Mario Valle12, mette i bambini in condizione di scoprire come tutto sia interconnesso: sistema solare e biosfera, evoluzione dei viventi e cultura, geografia e storia umana, scoperte e invenzioni.


E questa connessione è anche alla base di un’organizzazione didattica a classi aperte, o meglio ancora miste per età (articolate normalmente in trienni), luoghi in cui l’apprendimento avviene attraverso il passaggio di sapere dai più grandi ai più piccoli, ma anche attraverso la curiosità che nei piccoli suscita il lavoro dei più grandi, che viene sbirciato, imitato, fantasticato, iniziando così a entrare nella mappa mentale dei più giovani senza le barriere di una classe rigidamente omogenea per età, contenuti, programmi.


Sembra superfluo aggiungere che in una scuola che adotta il metodo Montessori non si utilizzano i voti, né premi o altri tipi di incentivi per premiare i risultati scolastici o i comportamenti apprezzabili; dal punto di vista educativo l’idea guida è il rifiuto di un modello di carattere comportamentista, sulla base delle considerazioni che abbiamo provato a tracciare nel primo capitolo.


Rispetto all’apprendimento credo che risulti del tutto intuitivo come il principio della libera scelta, del rispetto dei tempi e dell’autonomia del bambino, l’uso di materiale autocorrettivo e soprattutto la fiducia nella motivazione interiore come spinta all’impegno, rendano l’uso dei voti non solo uno strumento contraddittorio con questi assunti pedagogici, ma anche un fattore dannoso, un vero e proprio ostacolo, come avrebbe detto Maria Montessori.


Allo stesso modo in queste scuole non è in uso l’assegnazione di compiti a casa, il cui scopo prevalente, abbiamo già osservato, è spesso quello di fissare nelle mente contenuti appresi a fatica perché trasmessi in forma astratta e frontale e non acquisiti attraverso un passaggio esperienziale ed esplorativo a cui poi segue l’astrazione dei concetti. I compiti dunque in un percorso di apprendimento autentico ed efficace sono assolutamente superflui, ma non è escluso che siano i bambini stessi a voler ricreare a casa materiali e situazioni di apprendimento per loro stimolanti!

Il sogno di una mamma

E poi c’è sempre la voce del cuore, quella di un padre o di una madre che tratteggia il mondo, o la scuola, migliore possibile per i suoi figli. Ecco le parole di una mamma di Trento, Silvia Pietrantonio13, capaci di fare sintesi aiutandoci quasi a vedere le aule che sogna per i suoi piccoli:


La scuola che vorrei parte dai bisogni del bambino, lo osserva, lo lascia libero in un ambiente preparato con scrupolosa cura dalla mano amorevole di un’insegnante che fa il suo difficilissimo lavoro con rigore e passione, come uno scienziato, consapevole di avere tra le mani quanto di più prezioso esista. La scuola che vorrei non premia, non punisce, non dà voti, non fa fare compiti e lavoretti ma mette i bambini nella condizione di scoprire qualcosa di meraviglioso e inaudito: che imparare è bellissimo. La scuola che vorrei non interrompe il lavoro di un bambino concentrato, non pretende che tutti desiderino o possano fare la stessa cosa nello stesso momento, ma rispetta i tempi di ciascuno, il lavoro individuale, nella certezza che da questo possano sbocciare rapporti sereni e sinceri, profondamente capaci di rispettare e far fiorire le differenze e le peculiarità di tutti. Nella scuola che vorrei non esistono i banchi, la campanella, dover chiedere permesso per alzarsi o andare in bagno; ognuno è libero di muoversi e di scegliere l’attività che preferisce, anche di non fare niente; con la consapevolezza che da questa libertà non nascerà il caos ma un ordine armonioso, grazie alla preparazione dell’ambiente, al controllo dell’errore insito nei materiali, al ruolo attento ma defilato dell’insegnante.


Nella scuola che vorrei la matematica non fa paura, ma affascina potendo mostrare a ognuno il suo aspetto profondo di creatività e logica. Nella scuola che vorrei tutto può essere studiato, il mondo è entusiasmante oggetto di scoperta. La storia non è una sfilza insulsa di date e battaglie, ma la rievocazione epica delle conquiste dell’umanità, dalla scrittura ai viaggi spaziali. La musica è un linguaggio importante quanto gli altri. Le lingue non si imparano ricopiando vocaboli sui quaderni, ma usandole come la materia viva che sono. Mettendo al centro il bambino, la scuola che vorrei riesce in un’unica aula a mettere insieme educazione alla pace, al rispetto dell’ambiente, amore per la scienza e la possibilità di un apprendimento autentico, perché basato sull’interesse e non sull’imposizione.


La scuola che vorrei è graziosa, con mobili piccoli e maneggevoli, una casa per i bambini che da soli imparino a prendersene cura. Con piccoli gesti quotidiani, pulire, riordinare, allacciare, servire a tavola e tante altre attività “di vita pratica”, i bambini imparano a prendersi cura di sé e del proprio ambiente, a diventare sicuri e autonomi, a sviluppare una buona coordinazione motoria. La scuola che vorrei ha anche un bel giardino e un orto, dove seminare, aspettare e raccogliere. Non c’è bisogno, invece, di una palestra in cui potersi muovere solo a un’ora prestabilita, perché l’occasione di alzarsi, di controllare i movimenti, di educare tutti i sensi è continua. Mi piacerebbe invece, magari nelle ore del pomeriggio, poter offrire ai bambini la presenza di un insegnante di yoga, o di teatro, diverse attività che possano essere offerte alla scelta dei bambini, mai imposti. Mi piacerebbe anche che gli orari fossero flessibili, per venire incontro alle esigenze delle famiglie, e che venissero proposti pasti salutari, magari anche coinvolgendo i bambini nella loro preparazione, almeno di tanto in tanto.


Nella scuola che vorrei i bambini sono concentrati, soddisfatti, rispettati: felici. Impareranno tante cose, a scrivere, a far di conto, ma soprattutto sapranno di essere unici e importanti, diversi da tutti e speciali, e manterranno intatto l’amore per il sapere e il saper fare bene, che scelgano di diventare cardiochirurghi o carpentieri.


La scuola che vorrei, sembra incredibile, l’aveva sognata Maria Montessori più di un secolo fa ed è già stata realizzata in tante parti del mondo. Funziona meravigliosamente, eppure è molto diversa dalle scuole che normalmente offriamo ai nostri figli. Un giorno, vorrei che a tutti i bambini fosse data la possibilità di frequentare una scuola così.

Navigando in rete

www.fondazionemontessori.it


www.operanazionalemontessori.it


www.montessoriinpratica.it


http://www.raiscuola.rai.it/articoli/la-casa-dei-bambini-di-maria-montessori/3894/default.aspx


http://mariovalle.name/montessori/montessori-moderna.html


un interessantissimo intervento del prof. Raniero Ragni http://www.youtube.com/watch?v=S06xR_vSOqE

Qualche buona lettura

Bibliografia di base sul metodo Montessori nella scuola dell’infanzia/casa dei bambini (3-6 anni):


Montessori M., La scoperta del bambino, Garzanti, 1987 (storia del metodo, educazione dei movimenti, movimento mano, il materiale di sviluppo, la lezione dei tre tempi…).


Montessori M., Il segreto dell’infanzia, Garzanti, 1999 (storia del metodo, gli istinti naturali, i periodi sensitivi, educazione ai movimenti…).


Montessori M., “La mente del bambino” Mente assorbente, Garzanti, 1999 (il bambino costruttore dell’uomo, la mente assorbente, l’embrione spirituale, i periodi sensitivi, movimento…).


Bibliografia di base sul metodo Montessori nella scuola primaria (6-10):


Montessori M., L’autoeducazione, Garzanti 2000 (prima edizione del 1950) (visione della scuola, figura dell’insegnante, esercizi e lezioni secondo metodo).


Montessori M., Come educare il potenziale umano, Garzanti 1982 (prima edizione del 1947) (programma di educazione cosmica, l’importanza dell’immaginazione e dell’interesse nel bambino, la preparazione degli insegnanti).


Montessori M., Dall’infanzia all’adolescenza, Garzanti 1994 (prima edizione del 1949) (i vari gradi del percorso scolastico).


Montessori M., Psicoaritmetica, Garzanti 1994 (concetti e materiali nell’insegnamento dell’aritmetica montessoriano).


Montessori M., Il bambino in famiglia, Garzanti 2000.


Montessori M., Formazione dell’uomo, Garzanti 2007.


Montessori M., Educazione per un mondo nuovo, Garzanti 2000.


Montessori M., Educazione e pace, Garzanti 2004.


Montessori M., Educare alla libertà, Mondadori 2008.


Per i genitori:


Balsamo E., Libertà e amore, Il leone verde 2010.


Seldin T., I bambini hanno bisogno di fiducia. Il metodo Montessori oggi per crescere figli felici, Fabbri 2007.


Honegger Fresco G., Una casa a misura di bambino. Per rendere l’ambiente domestico più adatto alle esigenze del proprio figlio, Red 2011.


Honegger Fresco G., Accogliere un bambino da 0 a 3 anni, La meridiana 2013. Biografie di Maria Montessori:


Honegger Fresco G., Maria Montessori una storia attuale, L’ancora del mediterraneo, 2007.


Scocchera A., Maria Montessori, una storia per il nostro tempo, Opera nazionale Montessori, 1997.


Lillard A., Montessori, the Science behind the Genius, Oxford University Press, 2005.

Un'altra scuola è possibile?
Un'altra scuola è possibile?
Sonia Coluccelli
Autori, esperienze e prospettive educative verso percorsi scolastici in ascolto dei bambini.Un panorama delle alternative alla scuola tradizionale e dei diversi modi di approciarsi all’istruzione, tra visione pedagogica e traduzione pratica. Il sistema educativo odierno non sembra incoraggiare il pensiero olistico, intuitivo e immaginativo, ma predilige di gran lunga quello fondato sulla verbalizzazione. Il clima che si respira nella scuola provoca forte stress agli alunni, a causa di pressioni e attese didattiche che non si conformano alla loro natura. Nelle scuole si formano perlopiù conoscitori, non pensatori.Un’altra scuola è possibile mette in evidenza la necessità di promuovere all’interno della scuola una riflessione per “vedere” sempre meglio i bambini, attraverso la possibilità di vivere esperienze didattiche fuori dall’edificio scolastico; il tutto visto non come una fuga da un’esperienza avvilente, ma come la messa in atto di progetti educativi con una loro specificità e diritto di espressione.Sulla base di una critica alla scuola convenzionale, l’autrice Sonia Coluccelli intende offrire un ventaglio di proposte alternative, prospettando per ciascuna sia gli assunti teorici sia le effettive realizzazioni. Da Rudolf Steiner a Don Lorenzo Milani, da Maria Montessori a Mario Lodi, fino all’educazione parentale, ogni capitolo prende in esame una visione pedagogica e ne presenta la relativa traduzione pratica.È così offerto un panorama di scelte possibili a chi stenta a riconoscere nei sistemi scolastici convenzionali una risposta adeguata ai reali bisogni di apprendimento, crescita e sviluppo di ciascun bambino. Conosci l’autore Sonia Coluccelli è insegnante, formatrice e mamma di quattro figli. Da vent’anni coltiva una riflessione pedagogica in ambito scolastico, approfondendo la conoscenza dei diversi approcci educativi, ricercando sguardi attenti nei bambini e attenzione alle loro domande.Dal 2012 si occupa di promuovere esperienze montessoriane nella scuola pubblica collaborando con Fondazione Montessori Italia.Vive a Omegna, sulle rive del lago d’Orta.