CAPITOLO III

La gravidanza

Alcuni decenni fa, quando si cominciò a recuperare l’interesse per l’allattamento materno, si idearono diversi modi per preparare i capezzoli durante la gravidanza. Sfregarli, tirarli, strizzarli, ungerli con diverse creme, pomate, infusioni… I consigli erano spesso contraddittori: alcuni volevano ammorbidire i capezzoli con creme, mentre altri volevano indurirli o rassodarli con alcool.


Il declino dell’allattamento era così esteso in Occidente, davano il seno così poche donne e per così poco tempo, che si cercarono soluzioni disperate da ogni parte. Molti credevano che il problema principale fosse prima del parto; oggi sappiamo che il problema viene dopo. La soluzione non era far sì che le madri facessero più cose (preparare i capezzoli, seguire una dieta speciale, prendere certe erbe…), ma che noi professionisti ne facessimo di meno (smettere di separare il bambino dalla madre, smettere di distribuire campioni gratuiti di prodotto, smettere di raccomandare un orario per le poppate…).


Preparare il capezzolo per l’allattamento è come preparare i piedi per una camminata o il naso per respirare. Sono fatti per questo: il naso per respirare e i seni per allattare, vengono già predisposti così in fabbrica. Una versione più moderata parla di esporre i capezzoli all’aria e al sole, e di camminare senza reggiseno per permettere lo sfregamento a contatto coi vestiti, poiché questa è la predisposizione naturale che riceverebbe il seno se non fosse sempre coperto. L’idea sembra ragionevole, specialmente quando alcuni decenni fa si paragonava il fallimento dell’allattamento in Europa con il suo successo in Africa. Ma le europee, coperte tanto quanto ora se non di più, allattarono senza problemi fino agli inizi del Ventesimo secolo. E le madri eschimesi anche. Se vi piace girare senza reggiseno o prendere il sole al seno (con precauzione, perché potreste scottarvi), nessun problema; ma non è certo obbligatorio per poter allattare vostro figlio.


Quindi questa presunta obbligatorietà è il maggior pericolo. In generale, la preparazione dei capezzoli è fisicamente innocua. In teoria la stimolazione eccessiva del capezzolo potrebbe scatenare contrazioni, e addirittura un parto prematuro; ma di sicuro qualsiasi madre che notasse tali contrazioni smetterebbe di sfregarsi i capezzoli all’istante. In teoria i condotti del capezzolo potrebbero danneggiarsi perché tirati o strizzati in modo esagerato; ma questo, se mai è capitato, dev’essere stato molto raro.


È invece frequente che, durante la gravidanza, alcune donne si vedano obbligate a fare cose che le infastidiscono, provocando dolori o inquietudine perché è stato detto loro che, senza una preparazione adeguata, non potranno allattare. In casi estremi alcune donne decidono di non dare il seno per non doversi preparare. E altre, quando dopo il parto hanno ragadi o dolori ai capezzoli, invece di cercare aiuto per trovare la soluzione, rimangono in casa coi sensi di colpa: “Ora devo resistere; se mi fossi preparata i capezzoli come mi avevano detto…”.


E allora, non bisogna fare alcuna preparazione durante la gravidanza? Così, obbligatoriamente, no. Anche se non avete fatto niente di niente, anche se avete pensato di dare il biberon e il giorno del parto, vai a sapere il motivo, cambiate idea, potrete dare il seno. Ma se avete tempo e voglia, c’è sì un tipo di preparazione che può risultare benefica: apprendere.


Cercate un’altra donna che vi possa insegnare. Vostra madre (o suocera), o qualche nonna, è possibile che abbiano allattato. Ma tenete conto che alcuni decenni fa le donne furono sottomesse a un importante lavaggio del cervello; le si convinse che tutto quel che facevano era fatto male. Alcune madri o nonne allattarono per due anni, e nonostante questo passano le giornate ripetendo: “Non dargli il latte prima di tre ore”; “questo bambino è ancora affamato”; “il tuo latte non lo nutre”… Probabilmente chi fa così non fa che ripetere quel che dicevano a lei. Provate a chiedere: “Ma nonna, veramente tu allattavi ogni tre ore? Durante i due anni in cui hai allattato mamma continuavi a guardare l’orologio?” “Beh, no, a quei tempi non si conoscevano tante cose, facevamo tutto in qualsiasi modo. Se me la portavo addirittura a letto per allattarla! Ma quando tua madre ha avuto te, il dottore le ha spiegato molto bene la questione degli orari. Peccato che tua madre, dopo due settimane, abbia perso il latte, stava andando così bene…”.


Ebbene questo, se avete la fortuna di avere qualcuno in famiglia che ha allattato con successo, chiedeteglielo. E se conoscete qualche amica o cognata che sta allattando in questo momento, andate a trovarla e osservate (senza criticare, mi raccomando! Presto vi accorgerete che rabbia portano le critiche…).

Gruppi di appoggio all’allattamento1


Negli ultimi anni si sono costituiti in tutta la Spagna dozzine di gruppi di madri che allattano. Organizzano riunioni periodiche, fanno consulenze al telefono, pubblicano opuscoli. Qui troverete informazioni, appoggio, amicizia, e la possibilità di vedere altre madri che allattano.


Cercate di mettervi in contatto con un gruppo di madri e partecipate alle loro riunioni. È molto utile frequentarle durante la gravidanza, anche se è importante continuare anche dopo il parto, nonostante non sia molto facile muoversi con il bambino.

Un dono per tutta la vita - Seconda edizione
Un dono per tutta la vita - Seconda edizione
Carlos González
Guida all’allattamento materno.Un vademecum indispensabile, con tante informazioni pratiche per aiutare le madri che desiderano allattare a farlo senza stress e con soddisfazione. Dopo i bestseller Bésame mucho e Il mio bambino non mi mangia, Carlos González, in una seconda edizione ampliata e aggiornata, con Un dono per tutta la vita torna a parlare di una delle sue grandi passioni: la difesa dell’allattamento materno.Il suo obiettivo non è convincere le madri ad allattare, né dimostrare che allattare al seno sia meglio, bensì offrire informazioni pratiche per aiutare quelle mamme che desiderino allattare a farlo senza stress e con soddisfazione.Nel seno, oltre al cibo, il bimbo cerca e trova affetto, consolazione, calore, sicurezza e attenzione.Non è solo una questione di alimentazione: il bimbo reclama il seno perché vuole il calore di sua madre, la persona che conosce di più.Per questo motivo, la cosa importante non è contare le ore e i minuti o calcolare i millilitri di latte, ma il vincolo che si stabilisce tra i due, una sorta di continuazione del cordone ombelicale.L’allattamento è parte del ciclo sessuale della donna; per molte madri è un momento di pace, di soddisfazione profonda, in cui riconoscono di essere insostituibili e si sentono adorate.È un dono, sebbene sia difficile stabilire chi dia e chi riceva. Conosci l’autore Carlos González, laureato in Medicina presso l’Università Autonoma di Barcellona, si è formato come pediatra presso l'ospedale Sant Joan de Déu.Fondatore e presidente dell’Associazione Catalana per l’Allattamento Materno, tiene corsi sull’allattamento per personale sanitario e traduce libri sul tema. Dal 1996 è responsabile del consultorio sull’allattamento materno e da due anni cura la rubrica dedicata della rivista Ser Padres.È sposato, padre di tre figli e vive a Hospitalet de Llobregat, in provincia di Barcelona.