CAPITOLO IV

Rischi per la salute legati all'alimentazione artificiale: quello che tutti dovrebbero sapere

Salute del bambino

Le statistiche ci dicono che i bambini non allattati, allattati per breve tempo o in modo misto, si ammalano più spesso e in modo più grave rispetto a quelli allattati. I rischi a cui sono esposti derivano in primo luogo dalla mancanza dei fattori protettivi contenuti nel latte materno e dall’esposizione a sostanze estranee, intese sia come gli ingredienti del latte artificiale stesso che tutti i micro-organismi che inevitabilmente il bambino ingerisce con quello. Anche l’accudimento prossimale, tipico dell’allattamento al seno, potrebbe rappresentare un fattore protettivo, in quanto implica lo stretto contatto fra madre e figlio e l’interazione intensa e frequente. Offriamo qui di seguito una panoramica dei rischi per la salute del bambino derivanti dall’alimentazione artificiale sottolineando che si tratta di dati statistici, cioè basati su medie ricavate da un alto numero di individui.


A BREVE TERMINE


Se l’impatto dell’alimentazione artificiale sull’incidenza e la gravità delle malattie infettive è tragico nei Paesi poveri, è tutt’altro che trascurabile in quelli sviluppati. L’effetto protettivo dell’allattamento è maggiore se questo è esclusivo e aumenta con la sua durata; l’essere alimentati con latte materno diventa ancora più importante per quei bambini nati prematuramente o malati, in quanto ancora più vulnerabili.


I bambini alimentati con latte artificiale, o allattati parzialmente e/o per brevi periodi, sono più soggetti a infezioni di varia natura, soprattutto all’apparato respiratorio e gastro-intestinale, ma non solo:

  • diarrea: l’allattamento protegge dalle infezioni gastro-intestinali e dalla diarrea in misura dose-dipendente. Secondo uno studio1 del 1989, in Brasile i bambini non allattati erano 14 volte più a rischio2 di morte a causa di diarrea rispetto a quelli allattati in maniera esclusiva. Un intervento di promozione dell’allattamento in Bielorussia, ha portato all’aumento del relativo tasso con conseguente diminuzione del 40% dell’incidenza delle infezioni gastrointestinali3. Studi compiuti nei Paesi sviluppati mostrano che i bambini non allattati hanno un rischio molto maggiore di infezioni gastro-intestinali e diarrea rispetto a quelli allattati in modo esclusivo, e anche, in misura minore, rispetto a quelli allattati in modo misto. Uno studio inglese trovava che l’effetto protettivo dell’allattamento contro la diarrea perdurava anche oltre i sei mesi di vita del bambino, e fino a due mesi dopo la cessazione dell’allattamento4.
  • Infezioni alle vie respiratorie: anche in questo caso la protezione derivante dall’allattamento è dose-dipendente e gli effetti del mancato allattamento sono tragici nei Paesi poveri, ma drammatici anche in quelli ricchi. Una rassegna sistematica pubblicata nel 2009 conferma gli effetti deleteri dell’alimentazione artificiale per le malattie respiratorie5; altri studi affermano che i bambini alimentati artificialmente hanno un rischio tre volte maggiore di contrarre infezioni gravi alle vie respiratorie con conseguente maggiore ricorso a cure e ospedalizzazione6. L’azione protettiva dell’allattamento è più efficace per lattanti alimentati con latte materno esclusivo per 6 mesi piuttosto che per 4 mesi, come dimostra uno studio americano che ha coinvolto oltre 2.000 lattanti7.
  • Otite: è una delle principali ragioni per cui le mamme si recano dal pediatra. Molti studi hanno messo in evidenza come l’allattamento protegga da questa malattia: ad esempio uno studio statunitense del 1993 notava come gli episodi di otite media aumentassero del doppio in un gruppo di bambini non allattati, se paragonato a un gruppo di bambini allattati in maniera esclusiva per oltre 4 mesi. L’effetto perdurava fino all’anno di vita e gli autori concludevano che anche un allattamento di soli tre mesi avrebbe ridotto significativamente il numero di episodi di otite durante l’infanzia8.
  • Enterocolite necrotizzante (NEC): questa infezione colpisce soprattutto i bambini prematuri, per i quali costituisce una delle principali minacce alla sopravvivenza. Uno studio risalente agli anni ’80, che ha coinvolto più di 900 bambini inglesi, ha dimostrato un rischio dieci volte maggiore di contrarre questa malattia per i bambini non alimentati con latte umano (della propria madre o proveniente dalla banca del latte)9. Sempre in Inghilterra, uno studio del 1999 stimava in almeno 500 annui il numero dei nati prematuri che, a causa dell’alimentazione artificiale, contraevano l’enterocolite necrotizzante, di cui circa 1/5 con conseguenze fatali10. Una rassegna sistematica pubblicata nel 2007 esaminava 7 studi pubblicati sui nati prematuri, in cui l’alimentazione con formula veniva comparata con quella a base di latte di banca. Secondo questo articolo, il rischio per la NEC dei lattanti alimentati con latte di banca era 79% inferiore rispetto a quelli che ricevevano latte artificiale11.
    Sono stati inoltre evidenziati effetti dell’alimentazione artificiale su una maggiore incidenza di infezioni alle vie urinarie, meningite neonatale e setticemia.

A LUNGO TERMINE


Abbiamo già detto che gli effetti dell’alimentazione con latte materno o artificiale si protraggono ben oltre la durata dell’allattamento; mentre per alcune patologie l’effetto della mancanza di allattamento è chiaro, per altre i risultati degli studi sono contraddittori12.

  • Asma e allergie: i fattori che determinano l’insorgenza di questi disturbi, sempre più diffusi fra i bambini di tutti i Paesi del mondo, sono molteplici e complessi, e interagiscono fra di loro. Sono molti gli studi che hanno evidenziato connessioni fra questi disturbi e il tipo di alimentazione nei primi mesi e anni di vita, e gran parte di questi indicano che l’aver ricevuto latte materno costituisce un fattore di protezione, tanto maggiore se l’allattamento è di tipo esclusivo (almeno nei primi 4 mesi)13 e in quelle famiglie dove esiste già una storia di allergie. Citiamo come esempio i risultati di uno studio canadese14 che ha coinvolto oltre 2.000 bambini, e che ha evidenziato come il mancato allattamento implicasse un rischio di contrarre asma superiore del 50% rispetto a bambini allattati almeno 9 mesi. Altri studi non riscontrano differenze nei tassi di allergie e/o di asma fra bambini allattati e non, come ad esempio uno studio effettuato in Bielorussia; in questo progetto di ricerca, che ha seguito per molti anni oltre 17.000 coppie madre-bambino nell’ambito di un intervento di promozione dell’allattamento in alcuni reparti maternità del Paese, si conclude che non vi erano differenze nell’incidenza di allergia cutanea o asma all’età di 12 mesi fra bambini appartenenti al gruppo dell’intervento (con alti tassi di allattamento esclusivo a tre mesi di vita) e gruppo di controllo15. Rari studi mostrano addirittura una correlazione positiva fra allattamento e incidenza di allergie e asma, e alcuni autori propongono un effetto di causalità inversa (ovvero, sarebbero le madri con figli che soffrono di allergie alimentari ad allattare più a lungo16. Uno studio canadese del 2009, volto a individuare possibili collegamenti fra allattamento, alimentazione e asma, concludeva che il consumo di cibi fast-food favorisce l’insorgenza di asma e annulla gli effetti protettivi dell’allattamento al seno, che sono evidenti soltanto per quei bambini che mangiano sano, e offre questa spiegazione al fatto che nonostante i tassi di allattamento siano in aumento, lo siano anche i casi di asma nei bambini17!
  • Malattie cardiovascolari: pressione alta, tassi di colesterolo alti, rapporti di colesterolo LDL/HDL sfavorevoli: anche questo tipo di disturbi, legato al tipo di alimentazione e allo stile di vita, è sempre più diffuso e insorge ad età sempre più precoci. Gli studi che investigano gli effetti dell’alimentazione a base di latte artificiale sulla probabilità di incorrere in questi disturbi sono numerosi e probanti, anche se aggiustati per i fattori di confusione quali appunto il tipo di dieta, l’essere obesi ecc. I bambini non allattati (o allattati per brevi periodi e/o in modo misto) avranno maggiori probabilità di avere pressione alta, colesterolo alto, e conseguentemente maggiori rischi di infarto18. Uno studio effettuato su bambini prematuri alimentati con latte umano oppure formulato, seguiti fino all’adolescenza, ha dimostrato che l’effetto sulla pressione sanguigna persisteva ed era tanto più evidente quanto più a lungo i bambini avevano ricevuto latte umano fin da neonati. Gli autori hanno calcolato che l’allattamento nei primi mesi produceva sulla pressione un effetto maggiore rispetto ad ogni altro intervento di tipo non farmacologico (sulla dieta, o sull’attività fisica) e che potrebbe portare a ridurre del 17% l’incidenza dell’ipertensione, del 6% l’incidenza di malattie cardiovascolari e del 15% il rischio di infarti e di attacchi ischemici19. Si immagini l’impatto di questi dati se riportati alla popolazione di un intero Paese!
  • Diabete: come per le allergie e le malattie cardiovascolari, anche la vera e propria esplosione di questa malattia cronica, soprattutto a carico dei bambini e dei giovani, potrebbe essere legata anche a stili di vita innaturali e al consumo eccessivo di dolci e cibi cosiddetti spazzatura (junk-food). Ma l’insorgenza del diabete potrebbe anche essere legata alla precoce esposizione a proteine non specie-specifiche, come quelle del latte vaccino usato nella formula per lattanti, e questo a maggior ragione nei bambini geneticamente predisposti. Uno studio condotto in Svezia e Lituania20 e pubblicato nel 2004 mette in evidenza come l’allattamento esclusivo nei primi mesi e l’allattamento protratto oltre i 9 mesi proteggano significativamente dal diabete, anche quando i risultati vengono aggiustati per i potenziali fattori di confusione. Stesso risultato per il diabete di tipo 2: secondo una rassegna sistematica, l’allattamento esclusivo e protratto ma anche quello misto risulta protettivo rispetto alla mancanza di allattamento21.
  • Obesità: l’allattamento potrebbe proteggere dall’obesità in molti modi, sia perché abitua il bambino ad autoregolarsi (se condotto a richiesta su segnale del bambino), sia grazie alla composizione del latte materno, che contiene alcuni ormoni, come la leptina, con funzioni regolatorie su appetito e senso di sazietà. Le proteine in eccesso contenute nel latte artificiale e il più intenso metabolismo energetico del bambino alimentato al biberon sono altre possibili spiegazioni del perché i bambini non allattati tendono a diventare più grassi negli anni successivi. Un altro possibile motivo potrebbe risiedere nella diversa modalità di suzione: un bambino che succhia al seno riesce a ottenere esattamente ciò di cui ha bisogno in quel preciso momento, mentre l’uso del biberon implica pasti fissi a orari prestabiliti, non favorendo l’autoregolazione. Il biberon può indurre il bambino a consumare più latte di quanto sia veramente necessario e potrebbe abituare il bambino fin dalla primissima infanzia al consumo di bevande dolci. Per tutti questi motivi, non sorprende che l’alimentazione artificiale e l’uso del biberon siano collegati a maggiori probabilità di diventare obesi22, mentre l’allattamento protegge da questa condizione tanto più quanto più a lungo il bambino viene allattato.
  • Sviluppo cognitivo: è difficile quantificare l’impatto del tipo di latte ricevuto da neonati con lo sviluppo dell’intelligenza, che è determinata da una serie di fattori di tipo ereditario ed ambientale in cui agiscono molte componenti. Le conseguenze negative sullo sviluppo cognitivo e sul Quoziente Intellettivo per i bambini alimentati con latte artificiale sono però ormai accertate, anche se ancora gli studiosi non sono d’accordo sull’entità del fenomeno, il quale è probabilmente associato oltre che alla composizione del latte (in particolare gli acidi grassi essenziali poli insaturi a lunga catena, LCPUFA, del latte umano) anche al diverso tipo di interazione che si stabilisce fra la madre e il bambino allattato: maggiore contatto fisico, più tempo passato in braccio, sonno condiviso. Anche due studi effettuati nell’ambito del PROBIT, lo studio effettuato in Bielorussia di cui si è parlato poco sopra, mostrano forte evidenza che la mancanza di allattamento esclusivo e protratto è collegata a un peggiore sviluppo cognitivo infantile23. Un’altro studio americano collega infine la mancanza di allattamento al 50% di probabilità di avere un ritardo nello sviluppo motorio.

  • Ritardo motorio e problemi comportamentali: il Millenium Cohort Study è un progetto di ricerca multi-disciplinare inglese, che segue 19.000 bambini nati nel Regno Unito negli anni 2000 e 2001. Uno studio pubblicato nell’ambito di questo progetto mostrava che, indipendentemente dalle condizioni socio-economiche, i bambini che non erano stati allattati presentavano con più probabilità ritardi nello sviluppo motorio grezzo a 9 mesi, e l’allattamento mostrava una correlazione inversa tanto più era esclusivo e duraturo24.

    Secondo un altro studio25, che ha coinvolto oltre 10.000 coppie madrebambino facenti parte del progetto, l’allattamento al seno per 4 mesi o più è associato a minori rischi di problemi comportamentali a 5 anni di età, effetto che rimane anche dopo aggiustato per i fattori di confusione. Gli autori ritengono che non è chiaro il motivo di ciò: potrebbe essere a causa della diversa composizione del latte artificiale e materno, o della minore interazione collegata con l’alimentazione artificiale, o ancora gli autori ipotizzano che i bambini non allattati abbiano sofferto per maggiore separazione dai genitori, anche a causa di maggiore probabilità di venire ospedalizzati.
  • Alcuni tipi di cancro: anche in questo caso gli studi necessitano di maggiori conferme, ma sembra che l’allattamento protegga da alcune forme di cancro infantile quali ad esempio il morbo di Hodgkin, il linfoma di Hodgkin e la leucemia acuta. Uno studio canadese ha scoperto che i bambini colpiti da leucemia erano stati più spesso alimentati artificialmente, rispetto al controllo e conclude che l’allattamento per oltre 6 mesi ha un effetto protettivo26.
  • Celiachia: è ormai accettato che il mancato allattamento nel periodo di introduzione del glutine nella dieta fa salire il rischio di diventare celiaci27.
  • Morbo di Crohn: Malattie infiammatorie dell’intestino e Morbo di Crohn sono più frequenti nei bambini alimentati con latte artificiale28.

Salute materna

Basta considerare le cose con un minimo di lucidità per rendersi conto che è impossibile che la natura abbia legato la sopravvivenza della specie a una pratica spiacevole e dannosa per la salute di colei che ha un ruolo così importante nella riproduzione!


In realtà l’allattamento ha la potenzialità di rendere completo un periodo particolarmente intenso e appagante della maternità, perché rappresenta il normale proseguimento del processo riproduttivo. Per molte madri, allattare rappresenta una sorta di “riscatto” dopo una esperienza di parto poco felice. Prova ne sia che gli ormoni implicati nell’allattamento accrescono la dipendenza reciproca fra madre e figlio, aiutano le madri a prendersi cura dei neonati di giorno e di notte, favoriscono una sorta di “rimbambimento” che fa parte della relazione di innamoramento della madre verso il bambino. Lo status ormonale determinato dall’allattamento è intensissimo dopo il parto ma perdura tanto quanto l’allattamento, quindi anche per anni. Le madri che non allattano sperimentano statisticamente più spesso sensazioni negative e stress, oltre che difficoltà a calarsi nel ruolo materno.


Quello che però oggi è ormai chiaro e documentato è che non solo l’allattamento non rappresenta “una fatica in più”, ma addirittura protegge la salute materna. Quindi le madri che, per loro scelta o per motivi che non dipendono da loro, ricorrono al latte artificiale e al biberon, oltre a sottoporrre il loro bambino a maggiori rischi, lo fanno a discapito della loro stessa salute.


Oggi sappiamo che la mancanza di allattamento, o una sua breve durata, per le madri può significare un maggiore stress e difficoltà nel prendersi cura del bambino, oltre che l’aumento del rischio per varie malattie, fra cui il cancro al seno in pre-menopausa, alle ovaie e all’endometrio: per queste malattie la protezione derivante dall’avere allattato aumenta con il numero di bambini e la durata dell’allattamento, e potrebbe avere un impatto notevole a livello di popolazione. Allattare subito dopo il parto aiuta l’involuzione dell’utero e previene le emorragie. L’amenorrea dovuta all’allattamento favorisce il distanziamento delle nascite e previene l’anemia. Allattare protegge le madri anche dal diabete di tipo 2: secondo uno studio australiano, le donne che hanno partorito ma non allattato hanno un rischio doppio per questa condizione rispetto a quelle che hanno allattato almeno tre mesi. La protezione derivante dall’aver allattato aumenta con la durata dell’allattamento29.


Altre malattie materne per cui il mancato allattamento potrebbe rappresentare un fattore di rischio, anche se in alcuni casi lieve, sono il tumore all’esofago, il morbo di Hodgkin, il cancro alla tiroide, l’ipertensione, l’artrite reumatoide (incidenza doppia nelle madri che non hanno allattato), il lupus sistemico eritematoso, l’osteoporosi e la frattura del femore postmenopausa. Per le madri che soffrono di malattie croniche allattare può rappresentare una sfida, eppure non solo permette loro di vivere in modo naturale la maternità, ma potrebbe anche ridurre gli episodi di malattia, come è stato ipotizzato per la Sclerosi Multipla e per la Malattia Infiammatoria Intestinale (IBD)30.

Impatto economico dell’alimentazione artificiale

Se i primi studi effettuati sull’allattamento erano volti per lo più a conoscere la composizione del latte materno e a mettere in evidenza gli effetti dell’allattamento o dell’alimentazione sostitutiva sulla salute del bambino, con il passare del tempo è aumentata la letteratura scientifica riguardante i costi economici connessi all’uso del biberon. Oggi le evidenze a disposizione sono veramente tante, e sufficienti a far apparire la promozione dell’allattamento un intervento dal rapporto costi-benefici nettamente favorevole non soltanto per la salute della popolazione di ogni Paese del mondo, ma anche per le casse della famiglia, dei sistemi sanitari e perfino per i bilanci di interi stati!

  • Per la famiglia: quando si pensa ai costi del mancato allattamento viene da pensare alle cifre spese per acquistare il latte artificiale, cifre relativamente facili da quantificare, ma a queste vanno aggiunti i costi dovuti all’acquisto di biberon, tettarelle, strumenti per la sterilizzazione, eventuali scaldabiberon, succhiotti e non solo. I bambini si ammalano più spesso, quindi il costo delle visite mediche è maggiore, per non parlare delle preoccupazioni e del tempo per accudire un bimbo malato. È dimostrato che i genitori di figli non allattati usufruiscano mediamente di più permessi per malattia dei bambini. Uno studio che ha preso in esame oltre 800 bambini nati nel nord Italia, mostrava che i costi dovuti a cure mediche nel primo anno di vita si abbassavano quanto più a lungo durava l’allattatamento31. Il problema del costo economico dell’alimentazione artificiale è tanto più odioso se si pensa che in tutti i Paesi, sviluppati e non, sono proprio le madri delle famiglie socialmente svantaggiate quelle che più spesso ricorrono al biberon.

    Il prezzo del latte artificiale in Italia è stato negli ultimi anni oggetto di grande attenzione da parte dei mass-media, a causa del fatto che nel nostro Paese questo prodotto era venduto a prezzi mediamente doppi o anche tripli rispetto a quelli praticati in altri Paesi europei32. Questo è durato fino al 2005, quando è scoppiato un vero e proprio scandalo che ha fatto discutere associazioni dei consumatori, produttori, e ha infine portato le autorità a intervenire per portare i prezzi del prodotto in Italia ai livelli europei, mentre sul mercato iniziavano a fiorire nuovi marchi di latte in polvere a prezzi contenuti. Per questo, nel 2005 il fatturato della vendita di latte artificiale è calato rispetto al 2004, nonostante sia aumentato il numero delle confezioni vendute. Come si vede dalla tabella, nel 2005 le famiglie italiane hanno speso in latte artificiale 115 milioni di euro per 6,8 milioni di confezioni di latte in polvere, con un costo medio di 17 euro a confezione33.

Oggi, il latte artificiale in polvere costa circa da 10 fino a oltre 35 euro il chilo, a seconda del tipo, della marca e del luogo in cui viene acquistato. In caso di latte a proteine idrolizzate, per i lattanti allergici, i prezzi sono molto superiori. Per nutrire un bambino durante i primi sei mesi, ne occorrerà mediamente un chilo ogni 10-12 giorni, con un costo che va quindi da circa 30 a 105 euro al mese, da 180 a oltre 680 ogni sei mesi34!


Se si ricorre a latte liquido già pronto, il costo è per lo meno doppio, senza considerare che le quantità richieste per alimentare un singolo lattante sono considerevoli, con maggiori costi di trasporto e confezionamento e aumentata produzione di rifiuti.

Il costo dell’alimentazione artificiale è ovunque elevato ma può diventare proibitivo per le famiglie che vivono nei Paesi poveri: molte madri non hanno accesso ad acqua pulita e manca loro il combustibile per bollirla e sterilizzare il biberon. Inoltre, acquistare il latte artificiale rappresenta un onere enorme che pone a rischio di denutrizione non solo il lattante (perché le madri diluiscono troppo la polvere allo scopo di farla durare di più) ma addirittura l’intera famiglia. Ad esempio, anni fa si è calcolato che per alimentare un bambino di 3 mesi, era necessaria una somma pari al 6 % circa dello stipendio minimo in un paese come la Germania, al 26% in Polonia, al 50% in Indonesia, al 198% in Ghana e addirittura al 264% in Nigeria! (WABA,1998).

  • Per i sistemi sanitari: Sempre più diffusi sono gli studi volti a considerare i costi sanitari dovuti all’uso di latte artificiale. Di recente uno studio americano ha provato a calcolare i costi dovuti alla mancanza di allattamento per le cure mediche dovute a una serie di malattie legate all’alimentazione artificiale, come enterocolite necrotizzante, otite, gastroenterite, ospedalizzazione legata a infezioni delle basse vie respiratorie, dermatite atopica, SIDS, asma, leucemia, diabete e obesità infantile, usando la scala di rischio riportata dall’Agenzia per la Ricerca e la Qualità dei Sistemi Sanitari (Agency for Healthcare Research and Quality)35, scoprendo che se il 90% dei bambini statunitensi venissero allattati esclusivamente per sei mesi, per le malattie sopra riportate si risparmierebbero ogni anno 13 miliardi di dollari (e 911 decessi infantili).
    Secondo una ricerca che coinvolge oltre 15.000 bambini inglesi, l’allattamento di tipo esclusivo potrebbe prevenire ogni mese il 53% delle ospedalizzazioni per diarrea e il 25% di quelle dovute a infezioni alle basse vie respiratorie. L’allattamento misto ha un effetto minore ma pur sempre presente36.
  • Per la società e i bilanci statali: Considerando che una mamma che allatta produce – durante il periodo di allattamento esclusivo – circa 500-1000 ml di latte al giorno e moltiplicando questa quantità per circa 180 giorni (durata media raccomandata per l’allattamento esclusivo37) e per il numero di mamme di una nazione, emergono cifre impressionanti: ad esempio, alcuni anni fa è stato calcolato che in Indonesia le madri producevano ogni anno un miliardo di litri di latte umano, il che costituiva una delle principali risorse alimentari del Paese38. Il suo valore economico, calcolato in base al prezzo locale del latte artificiale e/o vaccino, risultava essere pari all’80% del budget del Ministero della Sanità indonesiano! Si consideri poi che la potenzialità dell’allattamento come risorsa alimentare è ben maggiore, dal momento che la stessa OMS lo incoraggia come alimento principale durante tutto il primo anno di vita, e raccomanda di proseguirlo almeno fino al secondo anno. Ma il costo dell’alimentazione al biberon non è soltanto dovuto alla necessità di produrre, trasportare e acquistare i sostituti del latte materno e ai maggiori costi sanitari. Da qualche anno infatti si è iniziato ad assegnare un valore economico non soltanto al prodotto (il latte materno) ma all’intero processo dell’allattamento e dell’accudimento del lattante, come dimostrano i sempre più numerosi studi pubblicati su questo aspetto, fra cui quello italiano citato poco sopra (vedi nota 76) secondo cui le spese sanitarie delle famiglie erano maggiori non solo quanto meno durava l’allattamento, ma anche quanto prima la madre riprendeva il lavoro. La scienza sta quindi scoprendo ciò che con un po’ di buonsenso è evidente: il valore inestimabile dal punto di vista sanitario e sociale del tempo che le mamme dedicano alla cura del loro bebè nei primi mesi e possibilmente nei primi anni di vita39, e non solo perché gli asili nido rappresentano un onere economico sia per le famiglie che per le amministrazioni. Addirittura, in uno studio40 dove si confrontavano gli effetti delle politiche relative alle licenze-maternità per le donne lavoratrici in 18 Paesi industrializzati, dal 1969 al 2000, si rilevava che i tassi di mortalità infantile diminuivano del 2,6% ogni 10 settimane in più di aspettativa materna retribuita41. Uno dei vari motivi di questi risultati potrebbe essere, secondo gli studiosi, una maggiore durata dell’allattamento al seno.
    Via via che a livello istituzionale aumenta la comprensione del valore sociale (e anche economico) del tempo e delle cure che le madri offrono ai figli, si spera che aumenteranno le politiche che incentivino le madri a prolungare l’astensione dal lavoro per maternità, o per lo meno a poter lavorare part-time finché i bambini sono un po’ cresciuti.

Il valore economico dell’allattamento


“Il benessere economico di una nazione si calcola in termini di un’ampia gamma di risorse che vanno dalle materie prime e dai capitali al valore aggiunto alle risorse naturali attraverso i processi industriali. Il lavoro umano è una risorsa economica per eccellenza e viene valutato per il suo ruolo nel produrre ricchezza attraverso un’attività, come coltivare, estrarre materie prime o costruire. La mamma che allatta è una risorsa naturale eccezionale, perché non soltanto produce da cibi semplici ed economici un cibo per lattanti unico e prezioso, ma in più il processo di produzione (lattazione) comporta conseguenze per la salute non misurabili… Contrariamente a tutti i processi industriali, la mamma che allatta non richiede alcun esborso di capitali e i benefici diretti sono goduti soltanto e pienamente dalla produttrice e da suo figlio. La produzione di latte materno è il massimo dell’equità economica, potendo offrire un “diritto al lavoro” di cui tutti possono godere, un ritorno immediato e diretto per il produttore e numerosi benefici a lungo termine che interessano tutta la società.”


Jon Eliot Rohde, 198242

Ecologia e sostenibilità

Produrre latte materno è un processo estremamente efficace ed economico dal punto di vista energetico, poiché richiede soltanto l’assunzione da parte della madre di poche calorie in più durante la giornata, ottenibili con qualche spuntino o aumentando leggermente le porzioni ai pasti. È evidente che non si pone il paragone con la produzione industriale di alimenti per lattanti. Questa comporta infatti un elevato consumo energetico, su vari livelli, a iniziare dai milioni di ettari di terreni coltivati per nutrire le vacche necessarie a produrre latte, ingrediente su cui si basa la produzione di latte artificiale.

Fame, agricoltura e consumo di cibi animali


Il problema della fame nel mondo è dovuto a una iniqua spartizione delle risorse alimentari esistenti, con pochi Paesi che consumano e in parte sprecano la maggior parte dei prodotti commestibili del mondo. I Paesi poveri sono costretti a produrre e ad esportare mangimi per animali da allevamento, necessari a sostenere il consumo di carne e derivati degli abitanti del nord del mondo. Oltre a ingiustizie sociali, povertà e malnutrizione, questo stile di vita dei Paesi sviluppati sta provocando la distruzione delle risorse naturali globali, enormi consumi di acqua e combustibili fossili, erosione dei suoli e l’aumento delle emissioni di CO2 e di sostanze chimiche pericolose per la salute (pesticidi e concimi chimici). Enormi estensioni di terreni agricoli destinate a fornire mangime sono coltivate in modo intensivo e quindi con monocolture che necessitano di poca manodopera ma di grandi quantità di concimi chimici ed antiparassitari velenosi (per non parlare del problema degli OGM); il tutto a discapito delle foreste del pianeta, la cui distruzione prosegue senza sosta per far spazio sia alle coltivazioni che ai pascoli. Di fatto, oggi i 2/3 dei terreni agricoli mondiali sono coltivati per produrre mangimi animali, e non solo nei Paesi poveri: negli Stati Uniti il 65% dei cereali prodotti serve per nutrire gli animali e, a livello mondiale, il 90% della soia e il 35% dei cereali prodotti sono trasformati in mangime43, mentre basterebbero a fornire cibo di qualità per ben più degli oltre 800.000.000 (ottocento milioni) di persone malnutrite del mondo. Oltre a generare povertà e ingiustizie sociali, inquinamento, distruzione di risorse naturali e crudeltà verso gli animali, gli alti consumi di cibi di origine animale hanno ben noti effetti deleteri sulla nostra salute.


Il consumo di latte artificiale ha in questo contesto un forte peso: basti pensare ad esempio che ogni anno nascono negli USA circa 4 milioni di bambini, e che di questi circa il 60% non è più allattato al sesto mese di vita (età a cui peraltro la maggior parte arriva con allattamento misto)44. Per i Paesi poveri all’enorme danno si aggiunge la beffa, se si pensa come grazie alla penetrazione degli stili di vita occidentali sia ormai diffuso anche da loro il latte artificiale, il cui uso a discapito dell’allattamento non solo ha fatto crescere in modo drammatico i tassi di malnutrizione, mortalità e morbilità infantile, ma va a pesare sui bilanci statali anche a causa del fatto che devono importare questi sostituti, pagandoli ovviamente a prezzi molto più alti dei guadagni che ottengono dall’esportazione dei mangimi per gli animali.


Inoltre, per produrre latte in polvere servono industrie per la trasformazione delle materie prime, che richiedono un alto consumo di energia e quindi inquinanti. Servono contenitori e ulteriori processi per il confezionamento, il carburante per il trasporto, e poi ci sono da smaltire i rifiuti prodotti durante tutte queste fasi. Per il suo consumo poi, il latte artificiale richiede l’impiego di acqua ed energia per essere ricostituito e scaldato, biberon e tettarelle per la sua somministrazione (che devono essere anch’essi prodotti, confezionati e trasportati) e tutto ciò si traduce in tonnellate di rifiuti sotto forma di confezioni di cartone, plastica, lattine e barattoli metallici. Chi calcola l’impatto ambientale di tutto questo spreco non si sa, mentre è chiarissimo che a pagarne il prezzo saranno le generazioni future, ovvero gli stessi bambini che oggi bevono nel biberon questo latte artificiale!

Logo SAM 2004
Latte materno: lo standard d’oro. Sicuro, sano sostenibile
Sicuro: il latte materno è molto più che un cibo: è un tessuto vivo con molti fattori immunitari che danno al bambino una protezione continua, attiva contro le infezioni, quando l’organismo del bambino non è ancora in grado di proteggersi da solo. Nei primissimi giorni dopo la nascita, la mamma fornisce al bambino l’immunizzazione adeguata con il colostro, molto ricco di anticorpi. I bambini allattati al seno in maniera esclusiva (cioè senza ricevere niente altro, neppure acqua) si ammalano meno frequentemente. I bambini alimentati artificialmente o con allattamento misto si ammalano molto più spesso di diarrea, polmoniti e altre infezioni.

Sano: il latte materno contiene le giuste quantità di calorie, proteine, vitamine e altri nutrienti di cui necessita il bambino per i primi sei mesi di vita, e anche tutta l’acqua di cui ha bisogno. Le sostanze nutritive sono di qualità perfetta per i bebè: ogni altro cibo o latte fornirà sostanze meno digeribili. Quando crescono, i bambini non allattati sono più di frequente sovrappeso rispetto a quelli allattati, hanno una maggiore incidenza di allergie e punteggi mediamente più bassi nei test intellettivi.


Sostenibile: ogni madre può assicurarsi una produzione continua di latte perfettamente adeguato nutrendosi con qualsiasi assortimento di cibi, per quanto semplici. Il costo per provvedere al cibo in più, necessario alla madre per allattare è irrilevante, specialmente se paragonato al costo del latte artificiale e dei mezzi necessari alla sua preparazione e somministrazione.


(tratto dall’Action Folder prodotto dalla WABA per la Settimana Mondiale dell’Allattamento 2004. Traduzione a cura di Isabella Linsalata per il MAMI, Movimento Allattamento Materno Italiano).

Allattamento: una relazione complessa

Allattare un bambino non significa soltanto fornirgli il cibo naturale e perfetto per la sua crescita e offrirgli una protezione duratura dalle malattie, i due aspetti più spesso sottolineati quando si parla dell’argomento. Ogni mamma lo sa, e vive infatti l’allattamento soprattutto come una relazione, ovvero nei suoi aspetti emozionali. Allattare, specialmente se viene fatto naturalmente45, favorisce la creazione e il normale sviluppo della relazione madre-bambino, aumentando l’autostima materna e del lattante.


Per la madre allattare subito dopo il parto significa mettere in moto la tempesta ormonale naturale che favorisce l’attaccamento al bambino e la aiuta a iniziare naturalmente la relazione con il figlio che ha portato in pancia per nove mesi. Come abbiamo già detto, l’allattamento per molte coppie madre-figlio costituisce un valido riscatto dopo un’esperienza di parto diversa dalle aspettative.


Per il neonato il rapporto con la madre è la prima forma di relazione sociale, quella su cui costruirà la fiducia in sé stesso e nel prossimo: l’allattamento è alla base di questa relazione, che passa per il soddisfacimento di bisogni diversi e per la creazione di un sano attaccamento alla figura materna durante i primi mesi e anni di vita. È ormai ampiamente riconosciuta l’importanza per il bebè di stare a stretto e prolungato contatto con colei che per nove mesi l’ha portato nel proprio grembo, e questa necessità appartiene anche alla madre, come dimostra la fisiologia dell’allattamento: produzione praticamente continua e “su richiesta” di un cibo altamente digeribile, fatto per essere assunto spesso in piccole dosi.


La poppata consola il bambino perché offre contatto con la madre, gratificando tutti e 5 i sensi – il piacevole tocco del contatto fisico pelle-a-pelle, il calore accogliente e avvolgente del corpo materno, il suo odore, il suono familiare del suo battito cardiaco, la vista. Poppare soddisfa il naturale istinto della suzione, con tutto il suo potere calmante. Il seno poi non è mai vuoto, quindi il lattante riceve sempre almeno qualche goccia di liquido caldo e profumato di mamma, col suo contenuto di ormoni che favoriscono il rilassamento e l’attaccamento alla madre.


Tenere il bambino al seno favorisce poi, nella madre, il rilascio di ossitocina, ormone “dell’amore” che fa provare sensazioni piacevoli e protegge dallo stress e dall’ansia, mentre aumenta la resistenza agli sforzi fisici, favorendo anche in lei l’attaccamento al bambino e una sorta di dipendenza da lui, che le fa desiderare il contatto fisico e rende doloroso il distacco e la separazione46. Questa mutua dipendenza e stretto contatto fisico, che fanno parte della fisiologia dell’allattamento, favoriscono l’instaurarsi di un modello di cure prossimali che oggi viene ritenuto quello fisiologico per la nostra specie. Come abbiamo già affermato, la presenza nel circolo sanguigno della madre e del figlio di ormoni della famiglia delle endorfine, che favoriscono la dipendenza, l’attaccamento, il relax e il benessere, perdura anche per anni, ovvero finché durerà l’allattamento: in questo senso, lo stato emotivo di madre e figlio che non allattano è diverso da quello previsto dalla natura: ecco perché si dice che l’allattamento favorisce il legame madre-bambino.

Una volta ritenuto simbolo della liberazione della donna dai vincoli della maternità, l’uso del biberon in realtà, oltre a favorire cattive abitudini alimentari e ad essere rischioso per la salute di mamma e bambino, può rendere più difficile la creazione di un forte legame e il prendersi cura del bambino.

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.