CAPITOLO XV

Allattamento e contaminanti ambientali1

Esposizione alle sostanze inquinanti presenti nell’ambiente

L’uso diffuso di pesticidi e concimi chimici, l’alimentazione a base di prodotti industriali pieni di coloranti, conservanti e altri addittivi, l’incenerimento dei rifiuti e i processi industriali fanno sì che oggi tutti noi viviamo in un mondo inquinato da sostanze tossiche. La pericolosità di queste sostanze e il loro progressivo accumulo nei terreni, nelle falde acquifere e quindi nella catena alimentare sono temi di grande attualità, su cui una certa consapevolezza è sorta già nei primi anni del ’900 e si è diffusa poi in modo crescente, specialmente negli ultimi 20-30 anni, anche a causa dei periodici disastri ambientali (come ad esempio quello di Seveso2). Nel contempo diventa sempre più pesante il bilancio in termini di malattie imputabili a cause ambientali, come: tumori, malattie del sistema immunitario ed endocrino, disturbi neurologici e comportamentali, diminuzione della fertilità maschile.


Le sostanze inquinanti risalgono la catena alimentare, e tendono ad accumulandosi nei cosiddetti consumatori finali, come l’uomo. L’organismo non elimina del tutto queste sostanze, ma anzi le “tiene da parte” accumulandole in un bagaglio che tende a crescere nel tempo e che in gergo viene definito “body burden”, ossia “fardello corporeo”. Diventa immediato il fatto che i bambini, oltre ad essere esposti agli inquinanti attraverso l’ambiente in cui vivono, ricevono una “dose supplementare” di inquinanti dalla madre durante la vita intra-uterina e con l’allattamento; forse è meno noto il fatto che questo avviene anche prima del concepimento, attraverso lo sperma paterno3. Sono proprio le esposizioni pre-concepimento e pre-nascita quelle più pericolose, in quanto le sostanze inquinanti vanno a interferire nelle delicate fasi dello sviluppo embrionale e fetale.

Latte materno “inquinato”?

Il tema del trasferimento di sostanze inquinanti al lattante attraverso l’allattamento è quanto mai delicato, tuttavia, secondo la dottoressa Patrizia Gentilini (oncologo dell’ISDE–International Society Doctors for Environment) l’importanza della promozione dell’allattamento non deve essere un pretesto per ignorare un problema sempre più impellente, anche visto l’aumento costante dei tassi di tumori infantili in Italia e nel mondo. Addirittura, riferisce la dottoressa Gentilini, nel nostro Paese rispetto a quelli europei il tasso di tumori infantili cresce a un ritmo maggiore, e questo sembra imputato proprio alla mancanza di salvaguardia ambientale e quindi all’uso di pesticidi, alla presenza di numerosi inceneritori, alla presenza di industrie che emettono scarichi tossici, con conseguente avvelenamento delle falde e dei cibi.


Ma perché quando si parla di inquinamento si pensa sempre al latte materno? È dimostrato che la maggior parte delle sostanze inquinanti tendono ad accumularsi nei tessuti grassi del corpo. Visto il suo alto contenuto di grassi e la relativa facilità con cui può essere raccolto in modo non invasivo, il latte materno rappresenta il tessuto biologico per eccellenza usato per il bio-monitoraggio ambientale, ovvero per valutare la presenza di sostanze inquinanti nell’uomo.


Per questo motivo, e perché la maggior parte delle persone non conoscono il pericolo rappresentato dagli inquinanti prima della nascita, il tema del “latte materno inquinato” ritorna periodicamente sulla stampa e crea preoccupazione nelle madri, che comprensibilmente si trovano nel dubbio su quanto sia sano offrire ai figli il loro latte se questo è contaminato da pericolose sostanze chimiche. Questo timore potrebbe portare le madri che vivono in ambienti altamente inquinati, perché vicini a fonti di emissione come industrie o inceneritori, a pensare che l’alimentazione artificiale sia più sicura. Da qui l’esigenza per i genitori di avere informazioni chiare in merito.

Diossine e PCB, cosa sono e come entrano nell’ambiente e nell’uomo

Gli esperti stimano che siano oltre 300 le sostanze estranee presenti nell’organismo di tutti noi, che passiamo ai nostri figli e che sono presenti nel latte umano; le principali e più pericolose appartengono alle diossine e ai PCB, entrambi raggruppati nella sigla POP che sta per Persistent Organic Pollutants, cioè Inquinanti Organici Permanenti (nel senso che, una volta immessi nell’ambiente, sono lentissimi a degradarsi). È da notare che dei 12 POP ritenuti più pericolosi, ben 9 rappresentano pesticidi attualmente fuori uso e produzione da almeno 20 anni, a causa della riconosciuta pericolosità, di cui quindi noi (e i nostri discendenti) ci troviamo a dover “smaltire le scorte” rimaste nell’ambiente!


Le diossine, (policloro-dibenzo–p-diossine PCDD e policloro-dibenzofurani PCDF o furani), sono composti chimici formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro; non vengono create intenzionalmente ma sono sottoprodotti o della combustione di materiali contenenti cloro (ad es. plastiche), o della sintesi di determinati pesticidi o di processi industriali quali acciaierie, impianti di produzione e lavorazione dei metalli, industrie cartarie. Consultando il registro europeo sulle sorgenti di diossina in Italia risulta che per il 2005 la combustione di rifiuti urbani, industriali e ospedalieri è responsabile del 64% delle emissioni complessive di tali sostanze4. In Italia le stime per il calcolo delle diossine emesse si basano sui dati forniti dal gestore in autocontrollo e relativi a 24 ore annuali con analisi eseguite in condizioni di normale attività dell’impianto. È ben noto, tuttavia, che la massima produzione di diossine si ha in presenza di cambiamenti della temperatura di esercizio che le moderne tecnologie non possono evitare. Secondo recenti studi, oltre il 60% della diossina prodotta annualmente si forma nella sola fase di accensione5. Inoltre si pone il problema del trasporto e stoccaggio delle ceneri altamente inquinanti dei filtri.


A differenza delle diossine, i PCB (policlorobifenili) sono stati prodotti deliberatamente dall’uomo per oltre 50 anni tramite processi industriali. La loro produzione è iniziata negli anni ’30 e terminata nel 1985, quando sono stati ufficialmente banditi a causa della loro pericolosità.


Queste sostanze, insolubili in acqua, tendono a legarsi ai grassi. Si disperdono nell’aria, avvelenano terreni e falde acquifere e da qui contaminano le piante, entrando nella catena alimentare. Arrivano all’uomo principalmente tramite l’alimentazione, specie attraverso pesce, latte, carne, uova e formaggi ad alto contenuto di grassi: si stima che circa 1/3 delle diossine assunte per via alimentare provengano dai latticini. Il fatto è che tendono ad accumularsi maggiormente via via che si sale nella catena alimentare, con un processo chiamato biomagnificazione cioè si concentrano in quei consumatori che stanno all’apice della catena, come l’uomo!

Tossicità di diossine e PCB

Le diossine sono sostanze persistenti, estremamente pericolose anche a dosi infinitesimali (la tossicità per l’uomo si misura in picogrammi, ovvero miliardesimi di milligrammo) particolarmente tossiche per il sistema neurologico, immunitario ed endocrino; nel 1997 la TCDD – meglio nota come “diossina di Seveso” – e capostipite di queste molecole è stata classificata dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno certo per l’uomo (1A), ad azione multiorgano.


Per quanto riguarda i PCB, l’esposizione a questi inquinanti in utero è collegata a rallentamento dei riflessi alla nascita, minore memoria visiva a 6 e 12 mesi, e disturbi della memoria e dell’attenzione a 11 anni di età6. Gli studi hanno dimostrato effetti negativi derivanti dall’esposizione durante la gravidanza ma non durante l’allattamento, anche se di fatto attraverso il latte la quantità di inquinanti trasmessa è maggiore. Tuttavia è ipotizzato che la presenza di inquinanti nel latte materno potrebbe ridurne gli effetti benefici sullo sviluppo.


Sia le diossine sia i PCB sono anche interferenti endocrini (endocrin disruptor). Con questo termine si intende un gruppo molto ampio, eterogeneo e non completamente noto di sostanze persistenti di varia natura che, secondo la definizione dell’UE “sono in grado di alterare la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una sottopopolazione”; queste molecole vanno quindi a impedire la normale stimolazione ormonale nell’organismo e le conseguenze sono ovviamente tanto più gravi se l’esposizione avviene durante la vita fetale o durante le fasi critiche dello sviluppo. I principali effetti segnalati per esposizione a questi agenti sono: alterazione dello sviluppo sessuale e danni riproduttivi (compreso malformazioni), danni alla tiroide, endometriosi, ma anche danni al sistema neuropsichico il cui sviluppo è legato alle funzioni tiroidee. Uno studio ha trovato in oltre 200 adolescenti, residenti nelle vicinanze di siti industriali inquinanti, una riduzione della funzione tiroidea collegata ai loro livelli sierici di PCB. Questa correlazione tuttavia risultava significativa solo per quegli adolescenti che non erano stati allattati, anche se avevano livelli più bassi di PCB e DDE7.

Il latte artificiale è peggio anche in caso di inquinamento

Pertanto le attuali evidenze suggeriscono che, nonostante il latte materno di madri che vivono in zone industriali, o dove si trovano inceneritori, contenga percentuali di inquinanti superiori alla media, e spesso anche ai limiti considerati soglia di sicurezza, l’allattamento può essere considerato un fattore di protezione anche e soprattutto in zone contaminate perché protegge lo sviluppo neuropsichico del bambino, favorendone la maturazione del sistema immunitario e quindi compensando eventuali danni subiti a causa dell’esposizione a inquinanti avvenuta durante la gravidanza. A parità di contaminazione in utero, i bambini allattati al seno, soprattutto se a lungo, hanno esiti di salute migliori8.


“Allo stato attuale, per nessun contaminante ambientale è stato dimostrato che possa provocare più danno al bambino della mancanza di Latte Materno, se non in condizioni di avvelenamento acuto”9.


Anche il latte artificiale può essere contaminato da diossina, e i controlli sono pochi: nel 2009 in Emilia Romagna sono stati eseguiti 13 controlli sul latte di mucca e 2 su latte per l’infanzia; in Toscana, non è stato eseguito nessun controllo su latte di mucca e su latte per l’infanzia10. Inoltre i processi industriali di produzione del latte artificiale possono contribuire essi stessi alla contaminazione ambientale che vogliamo ridurre.


Occorre aggiungere che anche una esposizione bassa ma prolungata a diossine e PCB è ritenuta pericolosa perché può avere effetti a lungo termine ancora non ben chiariti11. Anche secondo l’Accademia Americana di Pediatria, l’interferenza con l’azione degli ormoni durante lo sviluppo può avere conseguenze permanenti non solo su parametri riproduttivi (fertilità) e sulla vulnerabilità a tumori dell’apparato riproduttivo, ma anche su comportamenti complessi (capacità cognitive, affettività) e in generale sulla vulnerabilità a patologie del sistema nervoso (p.e. patologie neurodegenerative).

E l’Italia dov’è?

Grazie alle misure di controllo messe in atto dopo l’entrata in vigore, nel 2004, della Convenzione di Stoccolma (che l’Italia non ha ratificato), i livelli di inquinamento nel latte materno stanno diminuendo in Europa, ma mancano studi su vasta scala sulla situazione nel nostro Paese sia dal punto di vista geografico che temporale12. Tuttavia, le analisi effettuate per iniziativa dei Comitati, su campioni di latte materno raccolti in Italia, in zone vicini a inceneritori o acciaierie, segnalano un preoccupante livello di diossina: un lattante di 5 kg può trovarsi ad assumere da 18 a 80 o perfino da 240 fino a quasi 1200 pg/ kg/die di diossine (invece dei 2 pg/kg/die raccomandati da OMS e unione Europea per gli adulti), a seconda che risieda in una zona rurale, a Montale, a Taranto o a Brescia!

Prospettive future

La Conferenza di Stoccolma sui POP del 2009 ha prodotto una Convenzione con cui si proibiscono altre nove sostanze fra pesticidi, ritardanti di fiamma, idrorepellenti ecc…, e impone la riduzione delle emissioni di diossina. Siamo di fronte alla necessità impellente di ridurre o cessare l’immissione di queste sostanze pericolose e che una volta immesse nell’ambiente ci rimarranno per sempre. Questo passo si scontra con interessi economici pubblici e privati e comporta cambiamenti di stile di vita e di gestione delle risorse (rifiuti compresi) non sempre accettati e promossi a livello politico e sociale. Ad esempio, secondo un numero crescente di scienziati, economisti, imprenditori, medici e cittadini, gli inceneritori di rifiuti e le centrali a biomassa sono sorgenti di diossina del tutto evitabili: i primi con adeguate politiche volte a privilegiare la riduzione dei rifiuti e il recupero/riciclo dei materiali rispetto alla loro distruzione tramite incenerimento (cosa purtroppo tutt’ora incentivata in modo del tutto anomalo in Italia) e le seconde con politiche che privilegino il risparmio energetico e l’utilizzo dell’energia solare rispetto alla combustione.


In carenza di adeguate informazioni da parte delle Istituzioni, i cittadini si organizzano in comitati spontanei (come a Montale, Taranto, Brescia, Forlì) e spesso provvedono con propri fondi all’esecuzione di analisi e controlli che dovrebbero essere svolti dalle autorità.


I comitati e un numero crescente di medici richiedono che venga avviato un monitoraggio continuo e indipendente su campioni di latte materno e sul sangue del cordone ombelicale, anche per evitare che l’assenza di dati certi possa generare un allarme incontrollato e disincentivare l’allattamento al seno.


Gli sforzi delle istituzioni dovrebbero quindi concentrarsi sul monitoraggio regolare, e in parallelo sull’attuazione di politiche più rispettose dell’ambiente e della salute delle future generazioni.

Come minimizzare i rischi di contaminazionedurante la gravidanza e l’allattamento13

  1. Consumare cibi biologici, prodotti lontano da siti industriali, discariche e inceneritori.
  2. Limitare il consumo di carni, pesce, uova, latte (essendo all’apice della catena alimentare, per i fenomeni di biomagnificazione e bioaccumulo sono gli alimenti più contaminati).
  3. Lavare bene la frutta e la verdura per eliminare il pericolo di residui di pesticidi sulla buccia o sulla pelle.
  4. Diminuire il consumo di carni rosse, eliminando con cura il grasso che contiene contaminanti.
  5. Evitare di mangiare pesci d’acqua dolce o marina che provengano da acque riconosciute come inquinate per evitare i PCB e il mercurio in particolare.
  6. Evitare bruschi cambiamenti di peso dopo il parto, perché immettono nel sangue all’improvviso maggiori quantità di fattori inquinanti liposolubili, come i PCB.
  7. Evitare di fumare e di bere alcolici poiché i livelli dei fattori inquinanti più elevati sono stati rilevati nelle persone che fumano e bevono alcool.
  8. Evitare l’uso di pesticidi, in casa, nel giardino e sull’erba poiché sono associati all’aumento dei livelli di DDT nel latte materno; eliminare i contenitori dei pesticidi poiché sono fonti possibili di contaminazione diretta per i bambini curiosi.
  9. Non utilizzare cosmetici realizzati con materie prime contaminate, come per esempio la lanolina ricavata dal grasso della lana di pecore trattate con pesticidi persistenti; utilizzare soltanto lanolina di qualità medica per la terapia dei capezzoli dolenti o delle ragadi durante l’allattamento.
  10. Evitare il contatto con il fumo e la cenere degli inceneritori, cementifici, industrie metallurgiche, acciaierie e insediamenti industriali in genere, con il legno trattato chimicamente, gli ortaggi cresciuti nelle vicinanze degli inceneritori; le scorie degli inceneritori contengono quasi tutta la gamma completa delle sostanze tossiche e delle tossine industriali, compresi i metalli pesanti.

Evitare il contatto sul lavoro con agenti chimici inquinanti; pretendere che sul lavoro siano fissati livelli di sicurezza che considerino le donne gravide e allattanti come i modelli di riferimento.

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.