CAPITOLO XIV

Allattamento e hiv

Allattamento e HIV nei Paesi poveri

Nei Paesi poveri, circa il 15-45% delle madri HIV positive trasmetteranno il virus ai figli nel periodo perinatale, ovvero durante la gravidanza, il parto o l’allattamento.


Per quanto riguarda l’allattamento, sappiamo che ogni anno circa 300.000 lattanti vengono contagiati attraverso il latte materno (su un numero stimato di contagi di circa 700.000/anno).


Se si considera che l’allattamento viene raccomandato in tutto il mondo come il migliore modo per garantire la salute di mamme e bambini, e che in ambienti poveri costituisce addirittura il primo intervento per garantire la sopravvivenza, si capisce come possa essere difficile in certe condizioni decidere quali raccomandazioni dare alle madri che sanno di essere HIV positive o che non conoscono il proprio status rispetto al virus, soprattutto in virtù del fatto che è proprio negli ambienti dove l’allattamento rappresenta una pratica salvavita che è maggiore il numero di madri HIV positive, come ad esempio in molte zone dell’Africa. In passato veniva suggerito alle madri di optare per l’alimentazione artificiale dove questa fosse possibile, e in alternativa si suggeriva di allattare in modo esclusivo interrompendo l’allattamento dopo i primi 4-6 mesi. Gli studi hanno mostrato che un tale approccio in realtà può sortire effetti opposti, cioè provocare un aumento della mortalità infantile:

- in Botswana, dove lo Stato ha sostenuto dalla fine degli anni ’90 un programma volto a fornire latte formulato gratuitamente alle madri HIV positive, in seguito a una grave inondazione la diarrea ha colpito un grande numero di lattanti, provocandone la morte di oltre 500; il 93% dei bambini ricoverati non era stato allattato bensì alimentato con formula, proprio per evitare la possibile trasmissione del virus HIV1. Questa e altre esperienze dimostrano che in condizioni di povertà, anche quando il latte artificiale viene fornito gratis alle famiglie, il numero di lattanti che si ammalano e muoiono per malnutrizione, diarrea e polmonite è maggiore di quelli che si ammalano e muoiono a causa dell’HIV.


- Un altro studio pubblicato nel 2008 ha coinvolto quasi 1.000 donne HIV positive in Zambia, che allattavano al seno i loro figli in modo esclusivo per almeno 4 mesi. Passato questo tempo, parte delle madri venivano consigliate di svezzare i bambini in modo improvviso mentre le altre continuavano l’allattamento. I risultati hanno mostrato che l’interruzione dell’allattamento a 4 mesi non faceva diminuire i tassi di mortalità fra i bambini che non erano contagiati dal virus, e inoltre faceva aumentare i tassi di mortalità fra i bambini HIV positivi. Spesso infatti all’interruzione dell’allattamento non è possibile far seguire una adeguata alimentazione sostitutiva, per motivi di povertà e/o scarse condizioni igieniche.


- Secondo una ricerca effettuata nel KwaZulu Natal (Sud Africa), i lattanti alimentati con latte materno più formula avevano un rischio quasi doppio di essere contagiati dal virus HIV dalle loro madri, mentre se ricevevano cibi solidi insieme al latte materno il rischio era ancora maggiore. La mortalità a tre mesi di vita era del 6% nei lattanti allattati in modo esclusivo, contro il 15% per quelli alimentati con formula2.


- In presenza di forniture gratuite di latte artificiale per lattanti in ambienti con alta prevalenza di HIV, è dimostrato che a beneficiare di tali donazioni siano anche le madri HIV negative, che sono comunque la maggior parte. Questo è il cosiddetto effetto “spill-over” (straripamento), parola che indica la diffusione dell’uso di latte artificiale fra chi non ha motivo di compiere questa scelta. Tale effetto è provocato anche dal fatto che molte madri africane non sanno se sono HIV positive o negative, e il risultato è che molte donne passano senza motivo all’alimentazione artificiale mettendo a rischio la salute e la sopravvivenza dei loro figli.


- In ambienti dove la prevalenza di HIV è alta, le forniture gratuite di formula diventano di fatto un vero e proprio incentivo al suo uso a discapito del sostegno all’allattamento (proprio come avviene con il latte artificiale donato ai reparti maternità dei nostri ospedali!), anche perché spesso gli operatori sanitari che consigliano le madri tendono a presentare allattamento e alimentazione artificiale come due opzioni equivalenti, e a incoraggiare quest’ultima regalando confezioni di latte in polvere.


Anche in contesti dove l’HIV è diffuso, il Codice è uno strumento importante per proteggere la salute di mamme e bambini.


Gli studi compiuti negli ultimi anni mostrano che è possibile ridurre o anche annientare il tasso di trasmissione dell’HIV da madre a figlio, se si adottano degli accorgimenti che prevedono l’effettuazione precoce del test di sieropositività, l’uso mirato di farmaci anti-retrovirali per madre e bambino e soprattutto il rifiuto dell’allattamento misto, ovvero la madre dovrebbe allattare in modo esclusivo senza aggiungere altri liquidi, cibi o formula. Di fatto, allattamento esclusivo più farmaci antiretrovirali sembra essere la strategia migliore, e non solo in condizioni in cui l’alimentazione artificiale non è sicura: i risultati in termine di salute e sopravvivenza infantile sembrano deporre a favore di questo metodo, mentre l’alimentazione artificiale oltre a produrre peggiori esiti di salute e sopravvivenza è anche molto più costosa per i bilanci dei sistemi sanitari (da 2 a 6 volte di più rispetto alla somministrazione di farmaci a madre e bambino)3. Viceversa, l’allattamento misto può aumentare anche di parecchio il rischio di trasmissione del virus e purtroppo questa modalità attualmente è diffusa, anche nei Paesi dove la prevalenza di allattamento è alta. Ciò significa che le madri che vivono in contesti ad alta prevalenza di HIV dovrebbero ricevere un counselling adeguato volto a minimizzare i rischi di contagio attraverso l’allattamento, in modo da poter beneficiare da questa pratica.


In seguito a tutte queste nuove scoperte, l’OMS ha diffuso nel 2010 delle nuove Linee Guida su alimentazione infantile e HIV, che si basano sull’importanza di migliorare la sopravvivenza e la salute infantile più che focalizzarsi sulla mera trasmissione del virus. Le nuove raccomandazioni OMS4 auspicano che siano i singoli Stati a decidere se promuovere attraverso i loro sistemi sanitari l’allattamento esclusivo con farmaci anti-retrovirali oppure l’alimentazione artificiale, come strategia per minimizzare la trasmissione del virus; questa decisione dovrebbe essere presa in base alle linee guida della stessa OMS ma anche tenendo conto dello specifico contesto socio-culturale del Paese, della prevalenza dell’HIV, del livello economico e sanitario della popolazione, compresi i tassi e le cause di morbilità e mortalità infantile e materna.

Ecco quali sono le attuali linee guida dell’OMS:


- Ogni donna HIV positiva dovrebbe ricevere una adeguata terapia antiretrovirale.


- Ove le politiche nazionali raccomandano l’allattamento, questo dovrebbe essere esclusivo per i primi sei mesi di vita, e poi proseguire per almeno 12 mesi; poi la madre dovrebbe interrompere l’allattamento soltanto nel caso in cui al bambino possa essere garantita una dieta adeguata e sicura.


- Se la madre decide comunque di interrompere l’allattamento, questo dovrebbe essere fatto con gradualità, in almeno un mese. Se il lattante ha meno di sei mesi, la madre dovrebbe usare per la sua alimentazione latte artificiale soltanto se sono rispettate le condizioni specificate al punto seguente.


- L’OMS indica che alle madri HIV positive dovrebbe essere fornito latte artificiale soltanto se tale pratica può essere considerata sostenibile in termini economici, igienici, sociali, ovvero se:


a) in casa e nella comunità c’è accesso ad acqua pulita e servizi igienici e


b) la madre o chi si prende cura del bambino ha la possibilità di procurarsi latte artificiale a sufficienza e


c) la madre ha la possibilità di preparare il latte artificiale in condizioni di sicurezza e con la frequenza necessaria per minimizzare il rischio di diarrea e malnutrizione e


d) la madre può nutrire il bambino con latte artificiale esclusivo per i primi sei mesi di vita e


e) la famiglia sostiene questa pratica e


f) la madre ha accesso a servizi sanitari per lei e il bambino.


(tratto da HIV and infant feeding – Revised Principles and Recommendations Rapid Advice WHO 2009).


- le madri HIV positive possono anche spremere il loro latte e trattarlo con un procedimento noto come flash-heating, cioè portandolo ad alta temperatura per breve tempo con attrezzature casalinghe5. Questo procedimento inattiva il virus senza provocare significative perdite di nutrienti e può essere usato quando il bambino è incapace di succhiare (prematuro, malato, di basso peso) o se la madre è HIV positiva ma non ha accesso ai farmaci anti-retrovirali.


- I lattanti riconosciuti HIV positivi dovrebbero essere allattati secondo le raccomandazioni generali, ovvero per i primi sei mesi in modo esclusivo e poi fino a due anni e oltre.


Trasmissione da madre a figlio del virus HIV (fonte UNHCR 2009)


Oltre il 90% dei bambini HIV positivi ricevono il virus dalla propria madre durante la gravidanza, il parto o l’allattamento.


Senza alcun tipo di intervento, fra il 20 e il 45% dei bambini nati da madri HIV positive verranno contagiati: il 5-10% durante la gravidanza, il 10-20% durante travaglio e parto, il 5-20% durante l’allattamento. Questo rischio può essere considerevolmente ridotto se le madri e i bambini ricevono un adeguato trattamento a base di farmaci antiretrovirali e se le madri vengono informate sulle pratiche atte a minimizzare il contagio (come l’allattamento esclusivo).

Allattamento e HIV nei Paesi ricchi

Nei contesti in cui l’alimentazione artificiale è sicura secondo le linee guida OMS (vedi sopra) il modo più certo di evitare la trasmissione del virus da madre a figlio è quello di evitare del tutto l’allattamento, e questo difatti è quello che viene consigliato alle madri HIV positive che vivono in Paesi sviluppati, e quindi anche in Italia. Nel Regno Unito, tuttavia, viene riconosciuta la possibilità che una madre possa desiderare allattare, nonostante le informazioni sui rischi, e viene riconosciuto il diritto al rispetto della decisione, anche se si raccomanda che ogni donna venga avvisata dei rischi e scoraggiata a tale pratica6.


In Italia, attualmente, due regioni (Piemonte e Toscana) prevedono in caso di madre HIV positiva la fornitura gratuita da parte delle ASL di latte artificiale alla famiglia per tutto il periodo necessario. Non ci risulta che esistano in Italia esperienze di allattamento da parte di madri HIV positive o di alimentazione del lattante con latte della madre spremuto e trattato col calore in modo da inattivare il virus.

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.