CAPITOLO XII

Lo svezzamento secondo l'industria

I cibi industriali per l’alimentazione complementare

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sempre riconosciuto che un’alimentazione complementare introdotta troppo presto e con cibi sbagliati può avere conseguenze negative per la salute, richiamando più volte le industrie affinché non promuovessero l’uso di cibi complementari prima del tempo1. Questo richiamo tuttavia non è sufficiente a evitare che i principali produttori continuino a promuovere i loro cibi industriali per lo svezzamento come adatti ai bambini di 4 mesi, o anche più piccoli (se infatti si scrive “dal 4° mese di vita” si può interpretare come “dal compimento del 3° mese”). Le industrie cercano convincere i genitori non solo a interrompere l’allattamento esclusivo prima del 6° mese compiuto, ma anche del fatto che i loro bambini piccoli non possono fare a meno dei cibi di preparazione industriale.


Già si è detto dell’importanza dell’allattamento nella prevenzione dell’obesità e che la relazione fra latte artificiale e tendenza all’obesità o al sovrappeso è sempre più confermata dagli studi scientifici. Quello che oggi appare sempre più manifesto è l’importanza dell’alimentazione nei primi anni di vita nell’orientare i gusti della persona, e il fatto che risultino determinanti le abitudini alimentari dei genitori (esempio principale per i figli).L’OMS raccomanda che i cibi per l’alimentazione complementare del bambino provengano quanto più possibile dalla normale dieta della famiglia. Se il bambino riceve solo latte materno fino a sei mesi, e poi l’introduzione dei cibi solidi avviene con gradualità, non avrà bisogno di cibi speciali, ma soltanto di verdure, cereali, legumi e quant’altro la mamma vorrà proporgli, cotto in modo semplice, poco condito e reso maggiormente deglutibile, almeno finché non sarà completata la dentizione. Inoltre, i bambini che continuano ad essere allattati dopo i primi mesi, spesso non passano mai attraverso l’uso del biberon, e se vengono allattati a richiesta è probabile che ricevano meno dolciumi, per lo meno nei primi anni di vita. Anche in questo senso, l’allattamento promuove la salute e le sane abitudini!

Malgrado tutto ciò, sono poche le mamme che rinunciano all’uso di preparati industriali, come succhi di frutta, omogeneizzati vari, creme di verdura o di cereali e simili, prodotti promossi da pressanti campagne pubblicitarie, che spesso danno informazioni sbagliate2. Basta sfogliarne uno a caso per rendersene conto: ad esempio, nell’opuscolo Le mie prime pappe, prodotto dalla Plasmon nel 2009 e diffuso sia in forma cartacea sia via internet, a pag. 10 si legge:


- che il latte materno al IV mese di vita va dato 4 volte al giorno (alle 6-8 di mattina, alle 10, alle 16-18 e infine alle 20-22) in quantità a richiesta;


- che il brodo vegetale è la base della prima pappa;


- che per la sua preparazione è preferibile utilizzare gli omogeneizzati di verdura oppure il brodo liquido di verdura Plasmon, perché non solo sono più pratici, ma soprattutto offrono la garanzia di essere prodotti senza pesticidi e con bassi livelli di nitrati (dichiarazioni rilasciate dall’azienda, senza che vi sia alcun controllo indipendente come per tutti i cibi certificati biologici);


- anche per la carne, si raccomanda l’uso di omogeneizzati che garantirebbero maggiore sicurezza igienica, dal momento che sono sterilizzati, e migliore triturazione rispetto a quella casalinga;


Potremmo obiettare che l’OMS raccomanda il ricorso ad alimenti preparati in casa e cibi locali, e inoltre:


* si è già detto che oggi viene raccomandato l’allattamento esclusivo fino al 6° mese di vita del bambino;


* non è utile allattare ad orario; l’allattamento dovrebbe avvenire a richiesta e l’introduzione di cibi complementari essere, appunto, complementare ad esso e non sostitutiva;


* oggi nessun nutrizionista serio indica come migliore rispetto ad altri cibi il brodo vegetale, perché sa che è impossibile fornire indicazioni precise valide per tutti i bambini;


* verdura e frutta fresche sono da preferire perché migliori dal punto di vista nutrizionale, più sane ed ecologiche, specialmente se prodotte localmente, di stagione e provenienti da agricoltura biologica;


* la triturazione casalinga è più che sufficiente per gli alimenti destinati ai bambini piccoli. I dentisti raccomandano di abituare il bambino fin dall’inizio a usare i denti. E poi, se il bambino non riesce a digerire un cibo, basta aspettare un po’ e proporlo in un secondo tempo. Che senso ha obbligare il suo organismo a metabolizzare un alimento per il quale non è ancora pronto?


* la sterilizzazione, insieme ai microorganismi patogeni, uccide anche la microflora utile al corretto funzionamento dell’intestino (non a caso poi le industrie aggiungono ai loro prodotti i famosi probiotici!), per questo motivo l’uso prolungato e massiccio di cibi in scatola non è consigliabile per nessuno, mentre sono da preferire cibi freschi e quindi vitali.


* gli omogeneizzati di carne possono essere contaminati da micotossine (vedi pag. 55).

Alcune ditte mandano direttamente a casa delle mamme i campioncini dei loro prodotti, etichettati per un uso dal 4° mese di vita (in violazione del Codice e delle raccomandazioni nazionali e internazionali), insieme a materiale informativo e pubblicitario. Ecco qui il contenuto di una busta ricevuta da una madre di una bimba di 3 mesi, nel 2011.

Oggi le ditte puntano sulla promozione dei prodotti per i bambini più grandicelli, come dimostra questo estratto da una intervista a cura di “Largoconsumo” ad Alessandro Felici, direttore marketing di Heinz Italia e pubblicata su “Mercato & Imprese”, edizione 2009.


Domanda: “L’alimentare per la prima infanzia ormai offre di tutto. Dove si potrebbe ancora lavorare in termini di ricerca e sviluppo e quale segmento sta dimostrando maggiore vivacità?”


Risposta: “Le opportunità sono tantissime. Pensi che solo il 35% di quello che viene mangiato da un bambino nei primi 2 anni di vita proviene dal baby food perché il “grosso” o è fatto in casa o è rappresentato da prodotti non adatti a questa fascia d’età. Dopo l’anno di vita, poi, questa percentuale scende al 17%. Quindi sviluppare prodotti specifici per bambini oltre l’anno di età è la nostra priorità d’investimento”.

Oltre la prima infanzia:la promozione di cibi e bevande industriali per bambini e ragazzi

Sebbene la mancanza di cibo sia ancora un problema per la maggior parte della popolazione mondiale, molti Paesi stanno fronteggiando quello che sta diventando un vero e proprio problema di salute pubblica: i crescenti tassi di obesità e sovrappeso in tutte le fasce della popolazione, fra cui purtroppo anche quella più giovane. Il problema si presenta anche nei Paesi in via di sviluppo: in Brasile, ad esempio, attualmente ci sono più bimbi obesi che denutriti. L’essere sovrappeso rappresenta un problema a livello psicologico e sociale ed è associato a una maggiore incidenza di vari disturbi, primi fra tutti il diabete di tipo 1 e 2 e le malattie cardiovascolari. La stessa OMS ha approvato nel 2004 la Global Strategy on diet, physical activity and health (Strategia Globale sulla dieta, l’attività fisica e la salute) allo scopo di diramare linee guida e raccomandazioni ai governi degli Stati membri per combattere e soprattutto prevenire il problema fra i propri cittadini, e ha emesso recentemente una risoluzione (la 63.14 del 2010) che invita i governi a intervenire per ridurre il marketing di cibi-spazzatura (junk food) diretto ai bambini.


Oggi buonsenso e scienza confermano che mangiare sano significa:

  • preferire alimenti di origine vegetale e più vicini possibile allo stato naturale,
  • consumare quotidianamente o quasi cereali integrali in chicco e legumi,
  • consumare quotidianamente almeno 5 porzioni di frutta e verdura,
  • evitare di consumare zucchero raffinato e di salare molto i cibi,
  • fare uso limitato di grassi e preferire quelli di origine vegetale, possibilmente spremuti a freddo e non raffinati (come l’olio extra-vergine di oliva),
  • evitare i cibi-spazzatura, cioè tutti gli alimenti e bevande industriali ricchi di calorie ma poveri di nutrienti, come ad esempio biscotti e merendine, dolciumi vari, bevande dolci, snack salati.

Per insegnare ai bambini a mangiare sano occorre prima di tutto che lo facciano i genitori, cosa non sempre facile se si pensa ai ritmi di vita di oggi, alla pressione in cui vivono le famiglie che devono conciliare lavoro, gestione della casa e dei figli, confronto con l’offerta dei super e ipermercati, dove è facile trovare cibi pronti e confezionati in grandi quantità e a prezzi anche più accessibili degli alimenti freschi.


Come genitori occorre tenere presente che i bambini mangiano non per essere sani, ma perché hanno fame e anche perché gli piace. È proprio il gusto a influenzare le loro scelte fra i cibi disponibili, oltre che i condizionamenti sociali (pubblicità e amici). Per essi, come e più che per gli adulti, è importante l’emulazione dei coetanei e dei personaggi famosi e di conseguenza anche se la mamma o il pediatra raccomanderanno la mela al posto della merendina perché fa bene, sarà molto improbabile che riescano a influenzarne le scelte. D’altra parte, ovunque si ritrovano bambini e ragazzi sono dislocate allettanti macchinette che distribuiscono non frutta fresca, o altre merende sane e caserecce, bensì snack di ogni tipo.


È un dato di fatto che i bambini chiedono ai genitori di comprare loro i cibi e le bevande che vedono pubblicizzati in TV. Da un articolo pubblicato qualche anno fa sull’inserto Salute di “Repubblica” si viene a sapere che se un bambino guardasse la televisione per due ore al giorno su uno dei canali principali, nella fascia oraria compresa tra le 15 e le 18, rischierebbe di vedere in un anno 31.500 spot pubblicitari, di cui quasi il 20% riguardanti dolciumi, patatine, bibite e insomma tutti quei cibi che andrebbero evitati!


Per regolamentare la promozione degli alimenti industriali, le associazioni dei consumatori, riunite a livello internazionale in Consumers International, chiedono da anni che venga istituito un Codice analogo a quello sui sostituti del latte materno, e insieme a IASO (Associazione Internazionale per lo studio dell’Obesità) e IOTF (Task Force Internazionale sull’Obesità) hanno presentato una proposta, il Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bevande3; questa proposta in Italia è stata portata avanti dall’associazione Altroconsumo e sostenuta da molte autorevoli società scientifiche e associazioni (fra cui IBFAN italia). Base di questo Codice sono le stesse affermazioni degli esperti dell’OMS, riunite nella Strategia Globale sulla Prevenzione e il Controllo delle malattie non trasmissibili4, secondo cui:

  • sta diventando sempre più pesante il bilancio provocato da queste patologie, fra cui obesità, malattie cardiovascolari, diabete, tumori, sia negli adulti sia nei bambini.
  • È riconosciuto il ruolo fondamentale della dieta e dello stile di vita nel favorire l’insorgenza di queste malattie.
  • È riconosciuta l’influenza del marketing nell’orientare le scelte dei consumatori verso cibi malsani, nelle sue molteplici forme: pubblicità in TV e sui giornali, attraverso internet e le scuole, ecc.
  • Le fasce più deboli della popolazione sono proprio quelle che soffrono maggiormente per i disturbi connessi a una alimentazione sbagliata, e non fa meraviglia. I cittadini più poveri e meno istruiti non sempre hanno gli strumenti per informarsi, leggere le etichette e compiere scelte alimentari più consapevoli. Non si può quindi lasciare soltanto ai singoli cittadini e alle famiglie il compito di difendersi dal marketing.
  • Si ritiene quindi prioritario che le autorità intervengano in modo da limitare e creare regole per la pubblicità di cibi e bevande, visto che finora i Codici volontari creati dalle industrie non hanno dimostrato di funzionare.

Come per il latte artificiale, ai cittadini viene fatta pagare (perché è compresa nel prezzo) la pubblicità con la quale le ditte li convinceranno ad acquistare dei prodotti dannosi per la loro stessa salute! E a quanto pare pagano pure salato: secondo IOTF, nel 2006 le principali multinazionali di cibi e bevande hanno speso qualcosa come 13 miliardi di dollari in pubblicità propriamente detta, mentre sono ignote le cifre investite in altri mezzi di promozione come siti web, siti di social network, collegamenti con personaggi di cartoni animati o del mondo dello spettacolo e dello sport. Non sorprende che al crescere degli investimenti pubblicitari aumentino anche il numero di adulti e soprattutto bambini sovrappeso o obesi!


Nei prossimi anni i Governi e gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dovranno necessariamente decidere come affrontare questo problema improcrastinabile, prima che sia troppo tardi.

Dal Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bevande proposto da CI, IASO e IOTF nel 2007


Le evidenze disponibili dimostrano che:


-esiste un’intensa attività promozionale di cibi e bevande rivolta ai bambini;


- i bambini sono consapevoli, apprezzano e rispondono positivamente a questa promozione;


- la promozione alimentare consiste soprattutto di alimenti ad alto contenuto energetico, ma poveri in nutrienti, e mette a repentaglio qualsiasi raccomandazione a una dieta sana;


- la pubblicità alimentare ha un effetto deleterio sulla conoscenza che i bambini hanno del cibo, sul loro comportamento, attitudini d’acquisto e consumo;


- i bambini, qualunque sia la parte del mondo in cui vivono, tendono a rispondere alla pubblicità nello stesso modo. Tuttavia, i bambini dei Paesi in via di sviluppo sono probabilmente più suggestionabili dal marketing alimentare perché hanno meno familiarità con le tecniche pubblicitarie. In quanto più vulnerabili, più flessibili e reattivi rispetto ai loro genitori, i bambini costituiscono una via d’accesso strategica per le aziende multinazionali in quei mercati anche perché i bambini possono associare ai marchi delle multinazionali l’idea di attributo desiderabile.


Il Codice si compone di 9 articoli, che in sintesi chiedono:


- il divieto su radio e TV, fra le 6 del mattino e le 9 di sera, delle pubblicità che promuovono cibi e bevande industriali poco salutari;


- il divieto della promozione attraverso i nuovi mass-media (come siti web, social network, messaggi);


- il divieto della promozione del cibo poco salutare nelle scuole;


- il divieto di uso di doni, giocattoli o oggettistica da collezione che attirano i bambini per promuovere cibi poco salutari;


- il divieto di usare celebrità, personaggi dei cartoni animati, concorsi a premi o regali nel marketing dei cibi poco salutari.

Carota o bastone?

A causa del crescente impatto sociale ed economico delle malattie non trasmissibili legate ad alimentazione e stili di vita, il tema è sempre più spesso in agenda negli incontri internazionali e nazionali. Gli interessi in gioco sono enormi, e sicuramente il problema non è di facile soluzione. Tuttavia va affrontato. Attualmente si continua a discutere se, per regolamentare le pratiche di marketing, siano da preferire dei Codici Volontari (voluti dalle multinazionali) o Codici e leggi prodotti dalle autorità scientifiche e politiche, come chiedono esperti di salute pubblica, le associazioni di consumatori e le ONG.


Inutile dire che le pressioni dei rappresentanti delle industrie sono fortissime, e le aziende per far pressione sui governi non mancano di porre l’accento al fatto che la produzione e commercializzazione di merci garantisce molti investimenti produttivi e posti di lavoro, che potrebbero venire meno qualora si mettessero dei limiti al marketing.


Ad esempio, al Forum Globale dell’OMS tenutosi a Mosca il 27 aprile 2011 sul tema “Affrontare il problema delle malattie non trasmissibili” ha suscitato preoccupazione negli attivisti per la salute pubblica e negli Stati membri il fatto che a un incontro istituzionale partecipassero proprio i rappresentanti di queste industrie, sia singolarmente sia riuniti nelle loro associazioni di categoria. L’incontro era parte di una iniziativa mondiale volta a creare consapevolezza sulle malattie non trasmissibili (MNT) come cardiopatie, diabete, ictus, cancro polmonare e malattie respiratorie croniche, che provocano il 63% dei decessi in tutto il mondo, il 70 % negli USA, il 90% in Russia.


Descrivendo l’importanza del problema la dottoressa Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, ha individuato il danno causato dalla promozione del tabacco e dei cibi non sani: “ Per alcuni Paesi non è esagerato descrivere la situazione come una catastrofe imminente. Intendo un disastro per la salute, la società e soprattutto per le economie nazionali… Oggi, molte delle minacce per la salute che contribuiscono alle MNT vengono da aziende che sono grandi, ricche e potenti, spinte da interessi commerciali e molto meno amiche della salute”.


Tuttavia, le ditte sono sfavorevoli all’approvazione di un Codice e premono affinché si continui a perseguire la strada dell’auto-regolamentazione, ovvero vorrebbero dettare da sole le regole per una commercializzazione responsabile dei cibi e bevande industriali da loro stesse prodotti. Non è buffo che le industrie rifiutino che siano i consumatori, che – ricordiamo – pagano di tasca propria la pubblicità che sono costretti a subire, a dettare le regole con cui questa viene loro propinata? Anche perché gli studi ad oggi dimostrano la scarsa efficacia dell’approccio raccomandato dalle aziende, quello dell’auto-controllo.

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.