L’EFSA6 definisce indicazioni nutrizionali (nutritional claims) quelle che esaltano proprietà nutrizionali, come ad esempio: “ricco di fibre”, “povero di grassi” ecc. mentre le indicazioni sulla salute (health claims) sono quelle riferite a precisi esiti di salute derivanti dal consumare un alimento o una sostanza, come ad esempio: “rafforza le difese immunitarie”. Queste affermazioni sono attualmente regolamentate da due direttive europee:
il Regolamento EU 1924 del 2006 che riguarda i cibi industriali generici, esclusi tutti i latti: non vieta le affermazioni ma dice che devono essere veritiere e scientificamente provate; quelle sulla salute necessitano di una specifica autorizzazione da parte dell’EFSA, come anche tutte quelle relative a cibi per bambini.
La Direttiva 141 del 2006 è quella di riferimento per gli alimenti per lattanti e di proseguimento (ovvero i latti di formula). Questa direttiva riduce molto la possibilità di usare affermazioni nutrizionali e di salute, limitandola a casi e condizioni stabilite all’allegato IV della direttiva.
In pratica, ogni nuovo claim deve ricevere un parere positivo dell’EFSA e successivamente deve essere inserito tra i claims permessi da uno speciale regolamento della Commissione Europea. Quelli vecchi, cioè quelli che venivano già usati dalle ditte precedentemente all’entrata in vigore delle direttive suddette, vengono via via valutati dall’EFSA, il cui parere deve essere ratificato sempre dalla Commissione Europea mediante regolamenti che vengono emanati a cadenza di qualche mese.
Per quanto riguarda i sostituti del latte materno, uno dei problemi è relativo al fatto che la letteratura scientifica a riprova della veridicità delle affermazioni di salute spesso è prodotta o comunque finanziata dalle ditte stesse, con un alto rischio di condizionamento. Inoltre l’EFSA non è tenuta, quando deve esprimere un parere, a visionare studi scientifici diversi da quelli forniti dalla ditta che richiede l’autorizzazione al claim. È interessante notare che tuttavia la stragrande rmaggioranza dei claims viene respinta, e che il motivo più comune per cui l’EFSA si esprime negativamente riguarda proprio la mancanza di dati statistici significativi a dimostrare l’effetto dichiarato, come ad esempio è accaduto alla Danone nel febbraio 2010 per il claim secondo cui i prebiotici aggiunti alla formula Immunofortis – già il nome è un claim! – “rinforzano naturalmente il sistema immunitario del lattante”.
Questo significa che, quando ingredienti nuovi vengono aggiunti alle formule o quando si variano le quantità degli ingredienti già presenti, nella maggior parte dei casi non esiste una consistente letteratura scientifica alla base di queste scelte, ovvero i bambini diventano a tutti gli effetti protagonisti involontari di veri e propri esperimenti.
Occorre poi tenere presente che l’EFSA esprime un parere sul claim in sé per sé, senza considerare l’uso che ne viene fatto dalle ditte, ad esempio può riconoscere che “la vitamina x favorisce lo sviluppo del sistema immunitario” ma questo è ben diverso dall’aggiungere la vitamina x a un alimento y e dire che “chi consuma l’alimento y avrà un sistema immunitario più forte” che è quello che percepiscono i consumatori quando si fa uso degli health claim. Questo diventa addirittura paradossale se al posto di “alimento y” ci mettiamo i sostituti del latte materno! Per questo, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (antitrust) ha scritto una lettera alla Commissione Europea e all’EFSA, mettendoli in guardia sul fatto che le aziende fanno un uso spesso fuorviante e strumentale dei claim, usandoli non tanto per fornire informazioni esaurienti sul prodotto quanto per “esaltarne l’efficacia in termini non proporzionati alla sua natura e agli effetti ragionevolmente ottenibili dal suo consumo”7. L’Antitrust quindi auspica che vengano prodotte linee guida a livello comunitario per regolamentare l’uso che le industrie fanno delle indicazioni nutrizionali e di salute.
Recentemente, contro il parere del Parlamento Europeo che si è espresso prima attraverso il suo Comitato Scientifico e poi in votazione, l’EFSA ha dato parere positivo alla Mead Johnson per un claim sull’aggiunta di DHA (acido docosaesaenoico) ai suoi latti formulati. Il claim in questione recita “Il DHA ha un ruolo strutturale e funzionale nella retina, e l’assunzione di DHA contribuisce allo sviluppo visivo nei lattanti fino ai 12 mesi di età”. Recentemente è arrivato il Regolamento della Commissione Europea che insersce il claim fra quelli approvati. L’autorizzazione della Commissione sancisce per questa azienda il diritto di affermare che il suo latte addizionato di DHA favorisce l’acuità visiva nei lattanti contro il parere del Parlamento Europeo, di molte autorità scientifiche che si sono espresse al riguardo, della letteratura scientifica indipendente e dei gruppi in difesa dei consumatori (fra cui quelli appartenenti alla rete IBFAN) ma soprattutto contro il parere degli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità!
In realtà, come abbiamo già affermato, non esistono sufficienti evidenze che il DHA aggiunto alle formule provochi veramente l’effetto di compensare il più lento sviluppo dell’acuità visiva dei lattanti alimentati artificialmente rispetto a quelli allattati; ma soprattutto, se veramente tale effetto fosse dimostrato da ricerche indipendenti, sarebbe allora più giusto che il DHA fosse aggiunto obbligatoriamente a tutti i latti formulati (cosa che ricordiamo ad oggi non avviene) senza che l’operazione venga utilizzata a scopi promozionali.