Una testimonianza da Bangui, Repubblica Centroafricana, rilasciata dal dottor Massimo Serventi, in servizio presso l’ospedale pediatrico di Emergency:
Sono pediatra, non conto i bambini che mi sono morti “sotto gli occhi” nei 29 anni in cui ho lavorato, in ospedali governativi, in città, in periferia. Moltissimi di essi erano malnutriti, magri, senza difese contro le malattie infettive. Mi sono dedicato molto a combattere/prevenire la grave malnutrizione infantile: un punto cardine è che un bambino africano, o comunque di famiglia povera, rischia davvero di morire se non è allattato per i primi 2 anni di vita. È molto semplice: una famiglia afflitta da grave povertà ha limitato accesso a cibo nutriente e vario, che costa, che va acquistato. Comunemente si usano i cibi tradizionali, di solito farine di tuberi e radici, che vanno bene… ma che da soli non forniscono adeguate calorie e proteine per la crescita. Con questa “dieta” si capisce subito quanto sia importante mantenere il latte materno, che fornisce appunto calorie e proteine mancanti. Fino almeno a due anni: da qui in poi il bimbo riuscirà a farcela, allungherà le mani nel piatto comune assicurandosi cibi solidi nutrienti a sufficienza. L’anno critico del bambino africano è il secondo di vita, quando ha un peso che richiede calorie e proteine aggiuntive che il cibo classico non fornisce, solo il latte materno lo tiene in vita…
Non va dimenticato l’aspetto protettivo del latte materno. Un neonato orfano alimentato con latte di formula ha poche speranze di farcela: ne ho visti tanti morire. Anche qui è semplice capirlo: la preparazione del latte in polvere in ambienti poco puliti (quali possono essere quelli di una capanna), l’uso di un biberon lavato male, gli errori di preparazione… tutto contribuisce all’insorgenza di diarrea, che si ripete, che si mantiene nel tempo e che porta alla malnutrizione e poi alla morte. Per i bambini orfani l’unica speranza è di trovare una zia che già allatta e che accetta di fare da balia.
L’UNICEF incoraggia da anni due comportamenti: non aggiungere niente al latte materno nei primi sei mesi (exclusive breast feeding) e mantenere l’allattamento almeno fino a 2 anni di età del bambino. Si dà per inteso che introdurre anche semplice acqua comporterebbe una riduzione della suzione e di conseguenza della produzione di latte. Si immagini cosa provoca l’introduzione di latte di formula a fianco di quello materno: le mammelle si prosciugano nel giro di alcuni giorni.
Da noi sono importanti i tiralatte, soprattutto per le madri con figli prematuri che non si attaccano bene. Ce ne sono di elettrici, funzionano bene in contesti ospedalieri: un prematuro ha qualche possibilità di farcela solo se assume latte materno, di sua madre o di qualunque madre che non sia HIV positiva.
Ecco, esiste il problema dell’allattamento materno da parte di madri sieropositive. La possibilità di trasmissione attraverso il latte esiste, documentata. Esiste molta letteratura in proposito, si fa strada il concetto che senza il latte materno il bimbo morirebbe comunque di malnutrizione e infezioni (evenienza quasi certa) per cui vale la pena rischiare e permettere l’allattamento al seno.
Latte materno, caldo, sano, nutriente, sterile, digeribile… se ogni bambino africano potesse urlarlo dovremmo sentire un boato: non privatemi del diritto a due anni di latte di donna, non datemi il latte di una vacca, datelo ai piccoli della vacca, non a me.
E ancora: se mia mamma mi allatta avrà una nuova gravidanza più tardi, quando io sarò cresciuto e fuori pericolo.
Eppure… eppure il pericolo è in agguato. Sì, il mercato si fa strada, come sta succedendo per i farmaci. Nelle farmacie (ce ne sono a centinaia nelle città) oggi si trova di tutto, farmaci occidentali anche sofisticati, che la gente compera anche perché erroneamente prescritti dai medici. Ai farmaci si accompagnano i latti in polvere, che fanno bella vista sulle mensole delle farmacie e dei supermercati. Avverto un senso di pericolo: se le donne africane vorranno imitare le colleghe dei Paesi ricchi che danno latte in polvere ai loro figli sani e paffuti sarà un disastro. E già l’ho visto iniziare in Afghanistan, dove donne magrine e piccole di statura partoriscono bimbi di basso peso, spesso alimentati da latte in polvere. Prescritto con scandalosa libertà dai medici/pediatri stessi, che non incoraggiano adeguatamente il mantenimento del latte materno. Che dire dei Paesi emergenti, neo-ricchi o comunque in crescita: temo che il ricorso ai latti di formula si faccia strada, ogni giorno che passa. Alcune raccomandazioni:
1) non inviare mai, per nessun motivo, latti in polvere in Africa. Anzi, non inviare mai cibo in Africa… provoca confusione, dipendenza, aspettative.
2) imparare a conoscere i meccanismi, la fisiologia di un buon allattamento al seno, troppe donne lo abbandonano senza aver messo in atto le manovre correttive per mantenerlo.
3) farsi convinte/i che non “avere latte” equivale a non “avere sudore” o “lacrime”… il latte è prodotto da ghiandole come lo sono il sudore e le lacrime, la vera assenza di latte (agalattia) è un evento eccezionale, rarissimo. In 35 anni di lavoro ho visto un solo caso.
Gli esseri umani sono gli unici mammiferi a usare il latte di altri animali per allattare i propri piccoli: anche a un profano non “sembra” essere questa una conquista della conoscenza umana.
(Bangui, aprile 2011)