CAPITOLO I

Allattare è importante

Il latte materno, risorsa naturale

Così come l’organismo femminile riesce a iniziare e portare a termine una gravidanza, nonché a partorire, allo stesso modo è predisposto per nutrire per molti mesi uno, due e talvolta anche tre bambini. Molte donne riescono a produrre latte anche senza avere mai partorito, come hanno scoperto le sempre più numerose madri che nel mondo allattano i loro figli adottati, oppure a riavviare la lattazione dopo che questa era cessata, pratica quest’ultima comunemente proposta e messa in atto nei Paesi in via di sviluppo come migliore cura per i bambini affetti da diarrea1, e che lentamente si sta diffondendo anche da noi.


La capacità di allattare non veniva messa in dubbio dalla maggior parte degli esseri umani fino a poco tempo fa e infatti il latte della propria madre (o di altre donne) ha da sempre costituito il nutrimento dei neonati e dei bambini piccoli. I sostituti artificiali del latte umano hanno fatto la loro comparsa soltanto verso la fine del XIX secolo, per diffondersi dapprima in Inghilterra e in USA fra le donne appartenenti agli strati sociali più elevati, e poi in misura crescente anche nelle altre fasce della popolazione. In Italia una diffusione massiccia del latte artificiale è iniziata nell’immediato dopoguerra: fino ad allora, nessuna mamma temeva di non avere latte!


Non è oggi sufficientemente chiaro che è proprio sull’allattamento che l’umanità ha sempre contato per l’alimentazione e l’accudimento dei più piccoli. In questo senso, possiamo definire il latte materno una risorsa naturale, accessibile, sicura e sostenibile che garantisce la sopravvivenza della nostra specie senza minare le risorse energetiche del pianeta, nel passato come anche nel presente e soprattutto nel futuro.


Gli ingredienti del latte artificiale non sono specie-specifici: provengono da varie fonti animali e vegetali che costringono il bambino a mangiare di più perché da una parte l’assorbimento dei nutrienti è minore, e dall’altra tutto il metabolismo viene alterato, compreso lo sviluppo del sistema gastro-intestinale e quello immunitario. Il latte artificiale in qualche modo costringe il lattante a un ritmo alterato di alimentazione, fatto di pasti abbondanti e poco frequenti. Il cervello del bambino raddoppia di volume nei primi due anni di vita. Oggi sappiamo che i bambini alimentati con latte artificiale hanno per alcuni tipi di tessuti, compresi quelli cerebrali, una composizione chimica diversa2. Davvero l’uso di latte artificiale costituisce il più grande esperimento alimentare che la specie umana abbia mai effettuato su se stessa.

Il bambino allattato è lo standard biologico

Sebbene si senta ancora parlare dei “vantaggi dell’allattamento” in questo libro abbiamo scelto, come del resto fa ormai anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di cambiare prospettiva, ossia di considerare l’allattamento come il sistema normale di alimentazione del bambino, contro cui vanno misurate tutte le altre opzioni. Se si accetta questo punto di vista, allora non sono i bambini allattati a godere di salute migliore ma, all’opposto, quelli non allattati sono esposti al rischio di determinate conseguenze rispetto alla loro salute e al loro sviluppo. Questo mutamento di ottica determina non soltanto un diverso impatto psicologico sulle persone che devono compiere delle scelte, ma anche sulla lettura dei dati percentuali3. Ad esempio, in un articolo di qualche anno fa sugli effetti dell’allattamento a lungo termine4, si leggeva che i tassi di colesterolo LDL nel sangue di adolescenti che da neonati erano stati allattati risultavano sensibilmente inferiori rispetto a quelli di adolescenti che non avevano mai ricevuto latte materno. Secondo gli studiosi, questa differenza si traduceva in una riduzione del 25% del pericolo di contrarre malattie cardiovascolari, con conseguente diminuzione del 13-14% del rischio di mortalità dovuta a queste malattie.


Ma se ribaltiamo il punto di vista, cioè se consideriamo l’incremento del rischio per i bambini alimentati artificialmente, cosa si ottiene?


25 : (100-25) x 100 = 33,3%


14 : (100-14) x 100 = 16,2%


Come si vede, è sufficiente un semplice calcolo per poter affermare che, in base a questo studio, gli adolescenti che non sono stati allattati nei primi mesi di vita corrono un rischio superiore alla norma del 33,3% di contrarre malattie cardiovascolari, con un aumento del rischio di mortalità del 16,2 %. È facile accorgersi di come l’impatto del dato sia nettamente diverso, e questo avviene allorché viene posto l’accento sui rischi legati a una alimentazione innaturale e inferiore all’originale, sotto tutti i punti di vista.


Allora, perché si continua invece a parlare dei vantaggi dell’allattamento?

Oggi tutte le più autorevoli istituzioni sanitarie, inclusa l’Accademia Americana di Pediatria, affermano che “L’allattamento esclusivo è la norma biologica contro cui va paragonato ogni altro metodo alternativo di alimentazione riguardo alla crescita, allo stato di salute, allo sviluppo, e a tutti gli altri effetti a breve o lungo termine5.

Implicazioni del tipo di alimentazione nel primo periodo della vita

Oggi sappiamo che le pratiche alimentari hanno effetti biologici importanti sull’organismo, effetti che si manifestano anche dopo anni. In questo senso è opinione ormai accettata dalla scienza medica che l’alimentazione nei primi anni di vita possa agire come vero e proprio agente di programmazione, ovvero “quel processo per cui uno stimolo, in positivo o negativo, quando agisce durante un intervallo critico nel primo periodo della vita, ha conseguenze a medio o lungo termine per la struttura o le funzioni dell’organismo”6. Questo principio è di immediata comprensione se si usa il buon senso, e oggi, via via che aumentano i problemi legati alle malattie derivate dagli stili di vita occidentali, si sta diffondendo sempre più. Oggi sappiamo che tale concetto è valido a maggior ragione per il primissimo periodo della vita, ovvero per l’allattamento, per ogni bambino che nasce, ricco o povero che sia.


Non solo il latte materno offre i nutrienti giusti, nelle giuste proporzioni e quantità, insieme ad anticorpi e altre sostanze che difendono il bambino dalle malattie, ma alcune sostanze contenute nel latte possono stimolare e regolare la flora intestinale del lattante e la sua attività, nonché il funzionamento e lo sviluppo del suo sistema immunitario (e non solo) con effetti a breve e lungo termine ancora in gran parte sconosciuti.


Sui princìpi dell’importanza dell’alimentazione all’inizio della vita e dell’allattamento come norma biologica, si basano le attuali linee guida ufficiali riguardanti l’allattamento: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come raccomandazione generale di salute pubblica, consiglia oggi l’allattamento esclusivo per i primi sei mesi di vita del bambino, seguiti dall’introduzione graduale di cibi complementari (il latte materno dovrebbe rimanere l’alimento principale per tutto il primo anno di vita), e il proseguimento dell’allattamento fino ad almeno i due anni di vita del bambino, sottintendendo che madre e bambino possono continuare l’allattamento finché mutualmente desiderato.

L’Organizzazione Mondiale della Salute con la risoluzione 54.2 del 2001 raccomanda, nell’interesse della salute di mamme e bambini, che i Governi si adoperino per sostenere e promuovere l’allattamento ESCLUSIVO per i primi sei mesi di vita, seguito dall’introduzione di cibi complementari appropriati, e il suo proseguimento fino al secondo anno di vita e oltre, secondo i desideri di mamma e bambino.

Difficoltà legate agli studi sugli effetti dell’allattamento (o della sua mancanza)

Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nel mondo occidentale, è evidente già da oltre mezzo secolo che i bambini nutriti artificialmente sono soggetti in maggior misura a numerose malattie e a una più elevata mortalità. Tuttavia solo nell’ultimo ventennio si è assistito a un aumento dell’interesse da parte della ricerca nei confronti dell’allattamento: ormai ogni anno vengono pubblicati centinaia di studi che affrontano l’argomento nelle sue molteplici sfaccettature: dalle ricerche nei campi dell’anatomia e fisiologia della lattazione alle implicazioni di tipo psicologico o sociale, dall’impatto di interventi o pratiche culturali sulla durata dell’allattamento, ai costi del mancato allattamento e altro ancora.


Negli studi cosiddetti randomizzati, quelli considerati più attendibili, avviene una attribuzione di tipo casuale al gruppo di controllo o a quello su cui si interviene. È evidente che, nel caso di studi sull’allattamento, non sarebbe etico destinare a caso i neonati ad essere allattati o alimentati con latte artificiale, pertanto la maggioranza dei dati relativi alle conseguenze dell’allattamento sulla salute provengono da studi osservazionali, che possono dimostrare l’associazione fra l’essere allattati e conseguenze successive ma non provare un legame causale. Altre difficoltà relative a questi studi riguardano le definizioni di allattamento; infatti fino a poco tempo fa in molte ricerche veniva usato il termine generico di “allattamento”, senza distinguere come il bambino veniva allattato: se in maniera esclusiva (cioè senza assumere niente altro che latte materno), predominante (cioè quando oltre al latte materno il bambino riceve altri liquidi non nutritivi, come acqua o tisane), complementare o mista (quando il bambino riceve in qualche misura latte formulato o altri cibi).


ALLATTAMENTO

IL BAMBINO ASSUME:

IL BAMBINO NON ASSUME:

Esclusivo*

Solo latte materno (eventualmente medicinali)

Liquidi non nutritivi (acqua, tisane, succhi) latte artificiale,

Predominante*

Latte materno (eventualmente medicinali), Liquidi non nutritivi (acqua, tisane, succhi)

Latte artificiale

Complementare o Misto

Latte materno, medicinali, liquidi non nutritivi, latte artificiale

 

Non allattamento (alimentazione artificiale)

Latte artificiale, eventualmente farmaci, liquidi non nutritivi

Latte materno

* Allattamento completo= allattamento esclusivo + allattamento predominante

Sappiamo che in realtà c’è una grande differenza fra questi tipi di allattamento: ad esempio, l’allattamento di tipo misto fornisce una protezione inferiore, rispetto a quello esclusivo, contro le allergie e la diarrea.


I risultati degli studi vanno poi aggiustati per i potenziali fattori di confusione (o Confounding Factors), cioè tutti quegli elementi che, facendo aumentare o diminuire l’effetto studiato, possono influire sul risultato finale.


Facciamo un esempio. Il Quoziente Intellettivo (QI) di una persona a una data età sarà determinato da una serie di fattori diversi che interagiscono fra loro, tra cui l’ereditarietà e il tipo di ambiente socio-culturale, e ora sappiamo anche dal tipo di alimentazione e di cure avute nella primissima infanzia. Uno studio che volesse determinare se e quanto può influire l’allattamento sullo sviluppo del Quoziente Intellettivo, dovrebbe quindi tener conto di tutti gli altri fattori che possono incidere sul risultato finale.


Infine, nel valutare gli studi è necessario prendere in considerazione i cosiddetti bias (o distorsioni), più numerosi di quanto si potrebbe supporre. Di cosa si tratta? Poniamo il caso più frequente: quello in cui vi siano conflitti di interesse, che si possono verificare quando a commissionare e finanziare lo studio sia un ente con fini di lucro. Ad esempio, quanto sarebbe attendibile uno studio che dimostri come l’uso di un integratore da aggiungere a un alimento per lattanti sia utile, se chi lo finanzia è una ditta che produce e vende alimenti per lattanti? Le influenze di questo tipo sono numerosissime, a tutti i livelli, e non sempre palesi come nell’esempio citato.


Altri tipi di distorsione sono dati da campioni non rappresentativi. Per comprendere di cosa si tratta, immaginiamo che un istituto di ricerca decida di fare un’indagine sulla durata dell’allattamento distribuendo un certo numero di questionari alle mamme nei reparti maternità. Di questi questionari, soltanto la metà ritornano al mittente debitamente compilati. Saranno rappresentativi del campione originario oppure soltanto le mamme che hanno allattato più a lungo, o che ritenevano l’allattamento più importante, hanno risposto? In questo caso, generalizzando i risultati non si rischierebbe di avere dati poco realistici?


Per fortuna esistono varie procedure statistiche volte a minimizzare gli effetti di queste interferenze potenziali, e il loro uso può contribuire insieme ad altri parametri a rendere gli studi più affidabili.


Con l’obiettivo di fornire dati reali e comprovati, ci siamo affidati agli studi e ai testi attualmente più accreditati e aggiornati, fornendo una panoramica sugli effetti dell’alimentazione nel primissimo periodo di vita che non ha la pretesa di essere esaustiva di tutto ciò che è stato e viene di continuo pubblicato sull’argomento, ma è fondata su studi verificati e verificabili, anche attraverso gli acclusi riferimenti bibliografici.

Allattamento e sopravvivenza infantile nei Paesi poveri

La mortalità entro i primi 5 anni di vita7 è uno dei problemi più gravi e vergognosi che il mondo si trova ad affrontare. È grave perché di entità enorme: si pensi che circa 8,1 milioni di bambini sotto i 5 anni sono morti nel 2009 (erano 4 milioni di più nel 1990); è vergognoso perché la maggior parte di questi decessi sarebbero facilmente evitabili perché dovuti principalmente alla mancanza di acqua, cibo e cure di base, come ad esempio le soluzioni reidratanti per i bambini che soffrono di diarrea8. Il 70% delle morti riguarda i bambini di età inferiore all’anno di vita, e si concentra in 15 Paesi. Le aree del pianeta in cui la situazione è più grave sono l’Africa Sub-sahariana, e l’Asia meridionale; non solo, ma queste sono anche le regioni (insieme all’Oceania) dove i tassi di mortalità infantile sono calati di meno negli ultimi anni. Nell’Africa sub-sahariana nel 2009 sono morti 129 bambini per ogni 1000 nati vivi9 e l’Africa da sola conta il 50% della mortalità sotto i 5 anni. La riduzione della mortalità infantile di almeno 2/3 è il 4° degli Obiettivi del Millennio dell’UNICEF10, obiettivo che ancora nonostante i passi avanti è ben lontano da essere raggiunto.


Significativo è anche il fatto che la maggior parte delle nascite avviene proprio nei Paesi a più alto tasso di mortalità infantile11. Le principali cause dirette dei decessi sono le infezioni respiratorie e intestinali, aggravate dalla malnutrizione cronica e dalla carenza di alcuni nutrienti importanti. La carenza di vitamina A, per esempio, provoca una malattia degli occhi denominata xeroftalmia, che può portare alla cecità ed è collegata a un aumento del rischio di morte per diarrea, morbillo e malaria del 20-24%12. Uno studio ha individuato gli interventi di tipo preventivo e i trattamenti fondamentali che dovrebbero essere messi in atto: fra i primi l’allattamento al seno figura come il principale mezzo per salvare vite umane; è stimato che potrebbe infatti evitare la morte a circa 1,3 milioni di bambini13. La stessa OMS riconosce come una maggiore diffusione dell’allattamento, sia sotto il profilo dell’incidenza che della durata, sia imprescindibile se si vuole garantire la sopravvivenza di moltissimi bambini, e una salute migliore a un numero ancora maggiore, come ha avuto modo di affermare più volte nelle sue Risoluzioni, e nelle linee guida della Strategia Globale per l’Alimentazione dei Lattanti e dei Bambini14.


Come è possibile questo? Oltre agli effetti protettivi dell’allattamento, di cui parleremo più avanti, è fondamentale il suo effetto contraccettivo15.


Questo è un aspetto poco conosciuto e apprezzato nella nostra cultura, viceversa, nella maggior parte dei Paesi del mondo, il LAM (o Metodo dell’Amenorrea Lattazionale) è ancora il mezzo più usato per distanziare le nascite. Oltre ad essere affidabile, il LAM infatti è gratuito ed è accessibile a tutte le madri, nonché compatibile con le differenti fedi religiose e le varie norme socio-culturali. Il LAM è estremamente sicuro, potendo raggiungere un’efficacia del 98,4% durante i primi sei mesi di vita del bambino e fino al 92% nei successivi 6 mesi16. Questo era noto anche in Italia: le nostre bisnonne per posporre una nuova gravidanza allattavano per due o tre anni, facendo poppare frequentemente i bambini sia di giorno sia di notte, sapendo che questo avrebbe reso più improbabile la fecondazione17.

Come funziona il LAM – Metodo dell’Amenorrea Lattazionale


Per i primi sei mesi: i requisiti che devono essere soddisfatti riguardano la frequenza delle poppate e l’esclusività dell’allattamento. La protezione è massima e raggiunge quella degli anticoncezionali orali se il bambino non riceve altro cibo che il latte materno, se alla mamma non è ricomparso il ciclo e se gli intervalli fra le poppate non superano le tre-quattro ore, anche la notte (numero delle poppate non inferiore a 8-10 nelle 24 ore).
Dopo i primi sei mesi: dal momento in cui il bambino inizia ad assumere i cibi solidi, il metodo non è più al massimo livello di efficacia, ma molte madri che allattano frequentemente senza lunghe pause durante la notte hanno potuto constatare che il ciclo mestruale può ricomparire anche dopo un anno o due, e talvolta anche più.

Come risulta evidente dal grafico che segue, c’è un forte collegamento fra mortalità entro i primi 5 anni e numero di figli pro-capite. L’alimentazione artificiale o una breve durata dell’allattamento possono contribuire ad aumentare la mortalità dei bambini anche perché favoriscono nascite troppo ravvicinate.


Relazione fra child mortality e fertilità. Osservando questo grafico, adattato da UNICEF and UN Population division, diventa chiaro come nei Paesi poveri il numero di figli per donna sia strettamente collegato al tasso di mortalità dei bambini entro i primi 5 anni di vita.

Riguardo agli effetti protettivi dell’allattamento, risultati addirittura sorprendenti sono quelli emersi da uno studio pubblicato nel 200618 in cui si è deciso di valutare l’impatto del momento di inizio allattamento e tipo allattamento – esclusivo, predominante o parziale – sul rischio di mortalità neonatale in una zona rurale del Ghana. La mortalità neonatale è quella che riguarda i bambini nel primo mese di vita, e comprende attualmente il 41% della mortalità infantile annua, circa quindi 3 milioni e 200 mila neonati ogni anno.


Questo studio ha preso in esame 10.947 neonati sopravvissuti al secondo giorno, mediante interviste alle madri durante una campagna di supplementazione di vitamina A.


Il 71% del neonati iniziavano l’allattamento entro il primo giorno, quasi tutti gli altri entro il terzo giorno, e solo 1,3% iniziavano l’allattamento dopo. Il 30% di questi neonati riceveva allattamento misto: questi bambini avevano un rischio di mortalità quattro volte superiore a quelli allattati in modo esclusivo; ma non solo. L’inizio ritardato dell’allattamento era collegato in modo proporzionale con l’aumento della mortalità, anche tenendo conto dei fattori di confusione (bambini ad alto rischio perché prematuri o malati, bambini morti nella prima settimana).


Secondo gli autori di questo studio, la promozione dell’inizio dell’allattamento nel primo giorno di vita ha il potenziale ridurre il 16% delle morti neonatali; tale percentuale salirebbe al 22% se l’allattamento iniziasse entro la prima ora. Pertanto, secondo questa ricerca, i programmi di promozione dell’allattamento dovrebbero sottolineare l’importanza vitale del suo inizio tempestivo, come fanno per l’allattamento esclusivo. Questo ha particolare rilevanza per l’Africa sub-sahariana, e per le altre zone con alti tassi di mortalità neonatale e infantile, ma è vero per tutti i bambini del mondo. La mortalità dovuta alla mancanza o alla non esclusività dell’allattamento è soltanto purtroppo la classica punta di un iceberg ben più grande fatto di malnutrizione, malattie acute e croniche e deficienze nello sviluppo che si sarebbero potute evitare se tante coppie madre-bambino non fossero state private del loro diritto all’allattamento.

Latte in polvere, malnutrizione e mortalità nei Paesi in via di sviluppo


L’esperienza della dr.ssa Chiara Castellani, ginecologa, responsabile di programmi di assistenza materno-infantile in Nicaragua (1983-89) attualmente in servizio presso Kimbau – Kenge (Congo).

Roma, 10-11-2002


Benché fin dall’inizio della mia esperienza in Nicaragua dovetti immediatamente constatare gli effetti deleteri dell’allattamento artificiale sullo stato di nutrizione e sulla morbi-mortalità per diarrea dei bambini minori di un anno, fu solamente quando mi trovai in una realtà marginale rurale, con una popolazione estremamente povera, che disposi di termini di confronto concreti quasi paradossali: nei villaggi più poveri e isolati, dove la guerra condizionava situazioni di miseria e di mancato accesso all’assistenza sanitaria, la malnutrizione aveva una prevalenza superiore al 50% nei bambini minori di 6 anni, ma i lattanti (regolarmente allattati al seno perché non c’era altro alimento disponibile a causa della guerra) erano degli stupendi bambini grassocci e sveglissimi, talora a scapito delle madri, denutrite esse stesse per l’incapacità economica di procurarsi degli alimenti nutritivi. La malnutrizione infantile era una conseguenza immediata dello svezzamento, non esistendo alternative alimentari di buon tenore proteico. Viceversa nel centro urbano in cui si trovava l’ospedale, vi erano alcune famiglie che non potrei definire ricche ma che potevano permettersi la spesa del latte artificiale: era fra i loro figli che riscontravo i casi di diarrea cronica e di marasma infantile precoce. Nel 1987, l’anno in cui la guerra fu più dura, la principale causa di morte ospedaliera fu la diarrea. Su 27 decessi per diarrea, 26 furono in minori di 1 anno. Tutti meno uno erano allattati artificialmente e con un deficit nutrizionale moderato o grave associato. L’allattamento artificiale favoriva anche gravidanze ravvicinate, favorendo ulteriori circoli viziosi di povertà e malnutrizione.


Il dato meno comprensibile di questa situazione era che chi utilizzava il latte artificiale lo faceva convinta di spendere i suoi pochi risparmi per meglio nutrire il proprio bambino, “come fanno in Europa”, mentre le madri che non avevano la possibilità materiale di acquistare il latte in polvere si sentivano quasi in colpa del fatto che la povertà impedisse loro di garantire il meglio ai propri figli: quando mi sinceravo con loro se stavano allattando al seno, mi sentivo rispondere con rammarico: “non ho altro”. Eppure in quegli anni il governo Sandinista stava portando avanti delle campagne di promozione dell’allattamento al seno, utilizzando anche media (come la radio) diffusi nelle zone rurali; la pubblicità al latte in polvere come ai biberon era severamente proibita. Ciononostante persino alcuni miei colleghi, in perfetta buona fede, prescrivevano il latte artificiale in situazioni in cui non sussistevano reali controindicazioni all’allattamento materno.


Anche nella zona in cui attualmente opero, in Congo, la guerra e l’isolamento stanno minando le poche risorse economiche della popolazione; la malnutrizione è diffusissima, ma non nel minore di un anno, perché la sola forma possibile di alimentarlo è l’allattamento materno. Persino il piccolo rimasto orfano viene allattato da una “mama mbuta”, normalmente un’altra madre presente nella famiglia allargata, di solito già nutrice di un altro bambino. Le poche volte che ho dovuto ricorrere a un complemento di latte vaccino anche se modificato (per esempio nel caso di madre affetta da ipogalattia per tubercolosi o AIDS), pur evitando il biberon e utilizzando tutte le precauzioni igieniche ho avuto risultati scoraggianti.

Una testimonianza da Bangui, Repubblica Centroafricana, rilasciata dal dottor Massimo Serventi, in servizio presso l’ospedale pediatrico di Emergency:


Sono pediatra, non conto i bambini che mi sono morti “sotto gli occhi” nei 29 anni in cui ho lavorato, in ospedali governativi, in città, in periferia. Moltissimi di essi erano malnutriti, magri, senza difese contro le malattie infettive. Mi sono dedicato molto a combattere/prevenire la grave malnutrizione infantile: un punto cardine è che un bambino africano, o comunque di famiglia povera, rischia davvero di morire se non è allattato per i primi 2 anni di vita. È molto semplice: una famiglia afflitta da grave povertà ha limitato accesso a cibo nutriente e vario, che costa, che va acquistato. Comunemente si usano i cibi tradizionali, di solito farine di tuberi e radici, che vanno bene… ma che da soli non forniscono adeguate calorie e proteine per la crescita. Con questa “dieta” si capisce subito quanto sia importante mantenere il latte materno, che fornisce appunto calorie e proteine mancanti. Fino almeno a due anni: da qui in poi il bimbo riuscirà a farcela, allungherà le mani nel piatto comune assicurandosi cibi solidi nutrienti a sufficienza. L’anno critico del bambino africano è il secondo di vita, quando ha un peso che richiede calorie e proteine aggiuntive che il cibo classico non fornisce, solo il latte materno lo tiene in vita…


Non va dimenticato l’aspetto protettivo del latte materno. Un neonato orfano alimentato con latte di formula ha poche speranze di farcela: ne ho visti tanti morire. Anche qui è semplice capirlo: la preparazione del latte in polvere in ambienti poco puliti (quali possono essere quelli di una capanna), l’uso di un biberon lavato male, gli errori di preparazione… tutto contribuisce all’insorgenza di diarrea, che si ripete, che si mantiene nel tempo e che porta alla malnutrizione e poi alla morte. Per i bambini orfani l’unica speranza è di trovare una zia che già allatta e che accetta di fare da balia.


L’UNICEF incoraggia da anni due comportamenti: non aggiungere niente al latte materno nei primi sei mesi (exclusive breast feeding) e mantenere l’allattamento almeno fino a 2 anni di età del bambino. Si dà per inteso che introdurre anche semplice acqua comporterebbe una riduzione della suzione e di conseguenza della produzione di latte. Si immagini cosa provoca l’introduzione di latte di formula a fianco di quello materno: le mammelle si prosciugano nel giro di alcuni giorni.


Da noi sono importanti i tiralatte, soprattutto per le madri con figli prematuri che non si attaccano bene. Ce ne sono di elettrici, funzionano bene in contesti ospedalieri: un prematuro ha qualche possibilità di farcela solo se assume latte materno, di sua madre o di qualunque madre che non sia HIV positiva.


Ecco, esiste il problema dell’allattamento materno da parte di madri sieropositive. La possibilità di trasmissione attraverso il latte esiste, documentata. Esiste molta letteratura in proposito, si fa strada il concetto che senza il latte materno il bimbo morirebbe comunque di malnutrizione e infezioni (evenienza quasi certa) per cui vale la pena rischiare e permettere l’allattamento al seno.


Latte materno, caldo, sano, nutriente, sterile, digeribile… se ogni bambino africano potesse urlarlo dovremmo sentire un boato: non privatemi del diritto a due anni di latte di donna, non datemi il latte di una vacca, datelo ai piccoli della vacca, non a me.


E ancora: se mia mamma mi allatta avrà una nuova gravidanza più tardi, quando io sarò cresciuto e fuori pericolo.


Eppure… eppure il pericolo è in agguato. Sì, il mercato si fa strada, come sta succedendo per i farmaci. Nelle farmacie (ce ne sono a centinaia nelle città) oggi si trova di tutto, farmaci occidentali anche sofisticati, che la gente compera anche perché erroneamente prescritti dai medici. Ai farmaci si accompagnano i latti in polvere, che fanno bella vista sulle mensole delle farmacie e dei supermercati. Avverto un senso di pericolo: se le donne africane vorranno imitare le colleghe dei Paesi ricchi che danno latte in polvere ai loro figli sani e paffuti sarà un disastro. E già l’ho visto iniziare in Afghanistan, dove donne magrine e piccole di statura partoriscono bimbi di basso peso, spesso alimentati da latte in polvere. Prescritto con scandalosa libertà dai medici/pediatri stessi, che non incoraggiano adeguatamente il mantenimento del latte materno. Che dire dei Paesi emergenti, neo-ricchi o comunque in crescita: temo che il ricorso ai latti di formula si faccia strada, ogni giorno che passa. Alcune raccomandazioni:


1) non inviare mai, per nessun motivo, latti in polvere in Africa. Anzi, non inviare mai cibo in Africa… provoca confusione, dipendenza, aspettative.


2) imparare a conoscere i meccanismi, la fisiologia di un buon allattamento al seno, troppe donne lo abbandonano senza aver messo in atto le manovre correttive per mantenerlo.


3) farsi convinte/i che non “avere latte” equivale a non “avere sudore” o “lacrime”… il latte è prodotto da ghiandole come lo sono il sudore e le lacrime, la vera assenza di latte (agalattia) è un evento eccezionale, rarissimo. In 35 anni di lavoro ho visto un solo caso.


Gli esseri umani sono gli unici mammiferi a usare il latte di altri animali per allattare i propri piccoli: anche a un profano non “sembra” essere questa una conquista della conoscenza umana.


(Bangui, aprile 2011)

E nei Paesi ricchi?

Uno dei motivi per cui nei Paesi sviluppati sono meno evidenti e meno catastrofici gli effetti del mancato allattamento, è dovuto al fatto che altri fattori importanti hanno contribuito in larga misura a ridurre mortalità infantile e malattie, quali ad esempio la crescita del reddito medio, l’aumento dell’istruzione, il miglioramento delle condizioni igieniche, l’accesso all’acqua pulita, le reti fognarie, la disponibilità di farmaci e le vaccinazioni.


Eppure i rischi dovuti all’uso di latte artificiale esistono anche per i bambini che possono ricevere latte ricostituito con acqua pulita, in biberon puliti, e nelle giuste quantità, come vedremo più avanti.


Per quanto riguarda la mortalità, già uno studio americano del 200419 rivelava che i bambini non allattati negli Stati Uniti avevano un rischio di mortalità post-natale (cioè dopo il primo mese fino al compimento del primo anno) superiore rispetto ai bambini allattati, calcolando in circa 700/anno il numero di vite infantili perse a causa dell’uso di latte artificiale. In uno studio più recente20, si afferma che sarebbero circa 900 le morti infantili dovute all’uso di latte artificiale, causate da malattie che si sarebbero potute evitare se questi bambini fossero stati allattati in modo esclusivo, secondo le raccomandazioni. Questi decessi riguardano soprattutto prematuri e neonati deceduti per Sindrome della Morte Improvvisa del lattante, o SIDS.


È oggi infatti ormai riconosciuto che la mancanza di latte materno è un fattore di rischio per la SIDS21, con la conseguenza che i bambini allattati in modo esclusivo, secondo un recente studio, hanno un rischio dimezzato di morire per SIDS all’età di un mese, rispetto ai bambini non allattati. Anche una meta-analisi di 18 studi, recentemente pubblicata su “Lancet”, conferma un forte effetto protettivo dell’allattamento sulla SIDS, effetto maggiore in caso di allattamento esclusivo. Secondo questo studio, i motivi sono dovuti sia al fatto che i bambini non allattati hanno un sonno più pesante, sia perché non ricevono i fattori immunologici presenti nel latte materno22. Il meccanismo per cui questo avviene non è del tutto chiaro: sarà perché il latte artificiale, essendo difficile da digerire, provoca un sonno più pesante, oppure per via del fatto che i bambini allattati si svegliano più spesso durante la notte? È noto che si è riscontrata una diminuzione sensibile delle morti in culla da quando si suggerisce ai genitori di non far dormire i figli nella posizione prona: sarà un caso che i bambini che dormono con le loro mamme di solito stanno sdraiati sulla schiena (o rivolti verso di esse per la durata della poppata).

Tutte le mamme hanno il latte - 2a edizione
Tutte le mamme hanno il latte - 2a edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.