capitolo vii

Parole di neomamme

Ho partorito il mio primo figlio sotto l’effetto dell’anestesia epidurale, e ora che mi si presentava la seconda occasione ero quasi certa che quell’anestesia non l’avrei voluta fare. Ero pronta al mio secondo appuntamento con la vita! Ho iniziato il travaglio del mio secondo bimbo in casa, tranquilla, consapevole che quei dolori erano il primo vero messaggio che il mio bimbo mi stava mandando da là dentro, e un po’ li ho riconosciuti perché memore del primo parto, un po’ per la loro cadenza ritmica inconfondibile. È lì che ho capito che le vere doglie le riconosci dalle contrazioni preparatorie nel tempo che passa tra una e l’altra: c’è un tempo di dolore e uno di silenzio, uno di dolore e uno di silenzio a cadenza incredibilmente costante.


Quando i dolori si sono fatti più lunghi e quindi più intensi mi sono messa sotto la doccia, l’acqua tiepida mi ha dato un sollievo quasi immediato, le contrazioni continuavano ma il dolore era come attutito, sotto la doccia mi è venuto spontaneo iniziare a respirare con inspirazioni ed espirazioni lunghe.


Uscita dalla doccia mi sono resa conto che le contrazioni erano incredibilmente vicine e che era giunta l’ora di andare in ospedale.


Il mio corpo stava davvero facendo tutto secondo le regole della natura, restava solo una cosa da sistemare: lasciare il mio primo figlio e poter procedere verso l’appuntamento con la vita. Nel tragitto in macchina da casa verso casa di mia mamma il mio dolore si è come fermato, all’improvviso non avevo più nemmeno una contrazione, e quel silenzio non me lo riuscivo a spiegare se non che mi stava dando un gran sollievo e che potevo raggiungere l’ospedale con calma. Appena ho lasciato il mio primo figlio nelle mani fidate di mia mamma, ecco che le contrazioni sono tornate inesorabili e vicinissime, come se stessero recuperando il tempo di quella mezz’ora di calma che mi era stata concessa per il tempo di lasciare al sicuro il mio primo bambino.


Sono arrivata in ospedale e mi hanno letteralmente spedita in sala parto, non c’era più tempo per nulla… il dolore era davvero forte ma assolutamente calibrato su di me, ce la potevo davvero fare! Non posso dire che non facesse male, ma mi sono messa a pensare che ogni contrazione in più era una in meno e poi c’era quella meravigliosa pausa tra una contrazione e l’altra che mi faceva davvero rinascere tra un dolore e l’altro. E poi avevo una vittoria tutta mia in tasca: io quel parto lo stavo sentendo! Lo stavo vivendo davvero. Ho iniziato a spingere perché il mio corpo mi diceva di farlo, il ricordo del parto precedente era di una spinta muta e dettata, assolutamente non sentita. A quel punto il bisogno di spingere ha preso il sopravvento sul dolore, non sentivo più nulla… e quando pensavo che non ce l’avrei più fatta, perché ero stanca di spingere… avevo un bel bimbo tra le mani. Io e lui ce l’avevamo fatta.


Beatrice, mamma di Guglielmo e Umberto

Il mio parto in casa è stato meraviglioso, l’ho preparato e ho voluto fortemente che fosse così. Mi sono affidata a un’ostetrica già dal secondo mese di gravidanza, e sono stata seguita con professionalità e amore; ero ben preparata e non avevo paura del dolore proprio perché sapevo quale importanza avesse la sua funzione e l’avrei affrontato come si affronta qualcosa di estremamente impegnativo ma necessario.


Io credo che se già si parte con questa consapevolezza la strada sia meno difficile, e in questo voi ostetriche siete fondamentali. Mentre frequentavo il corso preparto, ho sempre sentito parole di incoraggiamento e di gioia, e ciò che emergeva nella mente e nel cuore era tanta fiducia nel mio corpo di donna e nel mio bambino, “io so partorire e tu sai nascere” dicevo a mio figlio, e così è stato.


Adesso che ho partorito ho capito perché è così difficile, e perché tante donne si arrendono all’epidurale o al cesareo programmato: partorire è morire a se stesse, è fare spazio a un altro essere, è attraversare quella linea di non ritorno, niente sarà più come prima.


Oltre al dolore fisico c’è quindi una componente esistenziale che rende il parto un passaggio molto duro da affrontare, ma gli conferisce anche sacralità.


Nel mio parto più che i vocalizzi, l’acqua o la respirazione, ciò che veramente mi ha aiutata ad affrontare il dolore è stato l’abbandono totale, il lasciarmi percorrere e sconquassare da un qualcosa più grande di me, il farmi canale per una nuova vita, a costo di sacrificare me stessa. Sì, perché nel parto c’è un momento in cui senti che potresti anche morire, in cui la paura, se gli dài spazio, ti può divorare. Credo che sia in quel momento che tanti parti si bloccano e diventano calvari.


Un istante, fondamentale, in cui invece di lasciarmi trascinare via dalla paura, con quello che ne poteva conseguire, sono rimasta nella fiducia e nell’abbandono e ho detto sì! alla vita che premeva per uscire. Sì! Sì! Ti accolgo, sono pronta, vieni alla luce. Ed Alessandro è nato. Senza piangere.


Giovanna, mamma di Alessandro

Mi ero immaginata un parto diverso. Avevo sempre sentito racconti di parto molto dolorosi, e mi aspettavo anch’io un’esperienza simile. Non sapevo bene cosa mi attendeva, facevo fatica a immaginarmi il dolore, sapevo solo che ci sarebbe stato, e tanto. Invece Maddalena mi ha stupito, ed è arrivata in punta di piedi… al mattino sono iniziate contrazioni non dolorose, tanto che io non mi sono resa conto che fossero “quelle” contrazioni (anche perché mancavano ancora due settimane alla scadenza!). Poi dopo qualche ora è arrivato il dolore, ma non ancora fortissimo. Io ho cercato di ricordare tutti i consigli del corso preparto, ma poi ho seguito molto l’istinto e mi sono messa nella posizione che il mio corpo mi chiedeva… ovvero carponi, e facevo dondolare il sedere come negli esercizi per il pavimento pelvico.


Non ho fatto in tempo a fare una doccia calda, perché ho capito che era meglio andare in ospedale. Appena mio marito è arrivato, siamo partiti. Il viaggio di 40 minuti verso il CNA dell’ospedale San Martino non è stato una passeggiata: le contrazioni erano già ogni 5 minuti o forse anche meno, e il dolore si faceva sentire. Io urlavo, non fortissimo, ma mi aiutava a gestire il dolore. Quando siamo arrivati l’ostetrica sembrava un po’ scettica che io fossi già così dolorante, poi mi ha visitata e mi ha detto che ero dilatata già di 8 cm! Le ho chiesto se facevo in tempo a fare il parto in acqua ma mi ha detto di no: “Tempo che riempiamo la vasca tu hai partorito!”. In effetti da quel momento le contrazioni sono state sempre più dolorose, Cristiano mi massaggiava la schiena e la zona lombare, io continuavo a stare appoggiata con le braccia al letto e mi dondolavo… e cercavo di respirare e di rilassare i muscoli. Non era facile, ma ero abbastanza lucida, nonostante l’agitazione e l’emozione… Ho provato a spingere sullo sgabello olandese, ma sono troppo alta, e le mie gambe sono troppo lunghe, ci stavo scomoda e non riuscivo a spingere. Alla fine la posizione che ho preferito è stata quella sdraiata, “classica”: mi ci trovavo bene! La fase delle spinte è durata una mezz’ora, io mi concentravo e quando arrivava la contrazione cercavo di “assecondarla” spingendo con tutte le mie forze… ha funzionato: in meno di mezz’ora la testolina di Maddalena si era già incoronata: quel momento è stato doloroso, sentivo un forte bruciore, ma sapevo che con un’ultima spinta lei sarebbe uscita, e infatti è successo! Un’ultima spinta e il suo corpicino è sgusciato fuori, e il dolore è improvvisamente sparito: ricordo la prima immagine che ho di lei, appena uscita, la sua boccuccia aperta, e tutto il dolore provato fino a quel momento non c’era più… solo un’emozione incredibile per l’avventura che io e lei avevamo appena vissuto insieme, con uno splendido lieto fine!.


Daniela, mamma di Maddalena

Io mi ero informata molto sul parto durante la gravidanza… non avevo paura, ero consapevole che sarebbe stato doloroso ma se tutte le donne facevano figli potevo farcela anche io e poi il dolore mi avrebbe portato mia figlia Giulia Karol! Le contrazioni sono iniziate a casa e io ero felicissima… le prime 4 ore le ho passate sul mio terrazzo immersa in piscina. Quando si sono fatte più intense abbiamo deciso di raggiungere l’ospedale e li è cominciata l’odissea della mia dilatazione perché ci sono volute 36 ore per dilatarmi… Per cercare di sopportare il dolore ho fatto tante docce: l’acqua bollente sulla schiena mi dava sollievo proprio nella zona lombare: poi quattro meravigliose ore le ho passate in vasca… immersa completamente, comprese le orecchie, per isolarmi e a ogni contrazione ondeggiavo il bacino… lì ci sarei stata ore se non fosse che la pressione era scesa troppo… Poi ho provato la palla: ci saltellavo, mi dondolavo, e alla fine, dal momento che la dilatazione procedeva lentamente, mi hanno fatto sei ore di ossitocina con l’epidurale, che non volevo, ma comunque la dilatazione non era ancora progredita… Mi hanno proposto il cesareo, ma io volevo il mio bel parto naturale perché nonostante le tante ore di travaglio volevo andare avanti! Il momento delle spinte lo ricordo benissimo: sempre sullo sgabello olandese… non vedevo l’ora che arrivasse la contrazione per spingereeeee… Poi con un’unica spinta e con la manina in faccia è nata Giulia Karol… che dire… nonostante il dolore lo rifarei domani da capo!


Ilaria, mamma di Giulia Karol

Avevo seguito il corso preparto… tutto molto bello e interessante! L’ultimo mese l’ho passato fantasticando su come sarebbe stato, divisa tra dubbi e certezze! Una cosa era certa però, il travaglio l’avrei fatto come ritenevo fosse meglio per me e secondo le mie inclinazioni… perché è così che mi era stato detto durante il corso!


La realtà, invece, è stata molto diversa! Mi sono ritrovata con una ostetrica e una tirocinante, diciamo così, “da protocollo”… Per quasi tutto il tempo mi hanno fatto stare sdraiata, solo una volta hanno assecondato il mio desiderio di stare in piedi… niente sedia olandese, niente doccia calda allevia dolori, niente carponi, niente di niente!


Per quattro ore non hanno fatto altro che dirmi che stavo sbagliando, che urlavo male, che spingevo male, che tiravo i manubri male… Ma io non li volevo quei maledetti manubri, perché non mi erano affatto d’aiuto… Io volevo fare a modo mio!


Le volte che ascoltavo il mio istinto, infischiandomene dei consigli, mio figlio viaggiava spedito, quando facevo a modo loro non si muoveva di un millimetro!


Dopo quattro ore, esausta anche per il gran caldo (era agosto), con il cambio turno è subentrata un’ostetrica che ha capito immediatamente il mio disagio ma soprattutto ha capito che ormai ero troppo stanca per collaborare e spingere ulteriormente… nel giro di 5 minuti ha fatto nascere Libero (gliene sarò eternamente grata e riconoscente)!


Così, mentre mio marito piangeva di felicità e cercava i miei occhi complici, per condividere quello che doveva essere il momento più bello della nostra vita, io sotto shock, con lo sguardo perso nel vuoto, non partecipavo al suo entusiasmo!


Ero arrabbiata, furiosa… Mi sentivo come se mi avessero inflitto una sofferenza assolutamente gratuita e inutile.


Non era stato il parto che avevo in mente né tanto meno quello che mi avevano descritto al corso; quando me lo misero sulla pancia sentii quasi un fastidio (ringrazio ancora mio marito che ha immortalato quei momenti che la mia memoria invece ha cancellato)!


Anche quando me lo hanno portato in camera avrei voluto dire: “Per favore portatelo via, non ora”.


Non è stato un amore a prima vista quello con mio figlio ma un innamoramento forse lento… Ma quando siamo rientrati a casa, nell’intimità del nostro nido, l’ho guardato come se lo vedessi per la prima volta… Il cuore si è sciolto tanto da farmi piangere e come tutti i più grandi amori, ho capito immediatamente che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e che sarebbe stato assoluto e… per sempre.


Debora, mamma di Libero

[…] Alle 8 arriva un’altra ostetrica, mi visita, e mi chiede “chi arriva?” e io emozionatissima “Davide…”. “Bene, prepariamo il primo cambio di Davide”. E mio marito “Ma perché, nasce ora?”. Devono averci presi per matti! “Sì, alla fine del mio turno sarà già nato!”. Prendo tremando il primo cambio di Davide dalla valigia e lei lo mette a scaldare sul fasciatoio… ricordo ogni istante di quella mattina…


Ricordo la mano tremante dell’allieva ostetrica al suo primo parto, ricordo il mio “terrore” quando l’ostetrica usciva dalla camera per andare a seguire una terzipara che stava partorendo nello stesso momento… ricordo mio marito: fondamentale!!! Credevo che sarebbe svenuto e invece è stato bravissimo!! È stato un parto bellissimo, dolcissimo. Le ostetriche mi hanno lasciata libera di fare quello che mi sentivo… è stato il mio parto, nemmeno io sapevo cosa fare ma provavo, seguivo il mio istinto… I tuoi insegnamenti sono stati fondamentali: il famoso fraseggio col coccige che disegnava gli 8 sul pavimento della camera, mi sono ritrovata appoggiata al davanzale della finestra a fare il movimento “del gatto” con la schiena! Poi sentivo il bisogno di accucciarmi… mio marito inginocchiato dietro di me che mi teneva mentre ero sullo sgabello olandese… e poi le spinte decisive… solo all’ultimo mi hanno fatta sdraiare sul lettino perché avevo deciso di donare il sangue cordonale: ricordo le prime parole dell’ostetrica al mio Davide… “Ciao campione!”. Mamma mia che emozione!


Mary, mamma di Davide e Diego

Arrivata alla 39° settimana inizio ad avere paura dell’induzione… passa la settimana e ancora non sento nulla… il 19 mattina (ovvero a 40 settimane) mi sveglio alle 6,30 perché mi sento bagnata e non voglio guardare per paura di illudermi, alle sette finalmente mi alzo e vedo del liquido ma poco, non capivo cosa fosse, mi faccio la doccia aspetto un po’ e nel frattempo ecco le acque che immaginavo! Rimango un momento immobile poi sveglio il mio ragazzo, chiamo il ginecologo e andiamo all’ospedale, dall’altra parte della città! Arriviamo all’ospedale Gaslini alle 10,30 per il traffico, con contrazioni forti ma molto irregolari. Mi visitano e mi confermano la rottura delle acque, mi ricoverano e poi mi portano in sala monitoraggio. Risalgo in camera pensando che entro la giornata avrei partorito ma il travaglio non parte, spariscono le contrazioni e durante la visita mi dissero che si sarebbe proceduto con l’induzione di ossitocina l’indomani se non partiva nulla… alle nove e mezza di sera mando a casa il mio ragazzo. Da lì a poco iniziarono le contrazioni regolari ogni 10 minuti, alle 23 vado dall’ostetrica dicendo che sono aumentante e le ho ogni 5 minuti, mi fa allora un altro monitoraggio, ma alla visita il collo dell’utero è pervio al dito. La nottata la passo tra il bagno e a camminare nel corridoio. Il giorno dopo mi fanno un altro monitoraggio e mi dicono che probabilmente ci siamo, ma prima devono visitarmi: finalmente 3 cm di dilatazione e mi dicono di prepararmi e chiamare chi mi assisterà perché andiamo in sala parto, mi presentano l’ostetrica Sara. Mi dice cosa portare e scendiamo alle 8,30. Io ero tranquilla, mi sente il battito e mi sdraio, poi cammino, vado in bagno, mi siedo, con contrazioni gestibili e mi sono anche addormentata! Arriva il mio ragazzo e le contrazioni iniziano a essere un po’ più forti, l’ostetrica mi fa i complimenti per come gestivo il dolore e io incredula, visto che piango per un taglio a un dito! Mi dilato di 1 cm ogni ora circa e chiesi quanto mancasse: lei mi rispose che entro le 18 sarebbe nato, poi arriva il mio ginecologo che mi visita di nuovo e mi dice che ero dilatata di 5-6 cm, e che era l’ora dell’epidurale se avessi voluto farla. Io assolutamente non la volevo!!! Lui un po’ insisteva ma io testarda assolutamente no! (avevo il terrore di quell’ago…). A mezzogiorno mi disse che il bimbo si era abbassato, la testa era appoggiata ma la dilatazione era ferma a 7 cm: mi dissero di provare a entrare in vasca; accettai subito e andarono a prepararla. Ma iniziai a sentire il bisogno di spingere… andai in panico perché eravamo rimasti soli e non sapevo cosa fare, iniziai a urlare “aiutooooo Sara aiutooooo”, dopo 5 minuti arrivarono in tre e mi portarono nella vasca, mi rilassai un po’ con la musica e il mio ragazzo che mi gettava l’acqua addosso… finché l’ostetrica mi disse di spingere e in 3 spinte uscì la testa e in 2 spinte il resto del corpo: alle 14,12 vedo il mio bambino, ancora attaccato al cordone, me lo misero tra le mie braccia io tremando dissi “è mio figlio”… e lo baciai. Un’emozione unica… la rifarei anche domani!


Ilaria, mamma di Alessio Nathan

Rebecca nacque dopo ore e ore di insignificante periodo prodromico con un taglio cesareo d’urgenza per distacco intempestivo di placenta. Il dolore che provai durante l’intervento fu fortissimo e lancinante. Nonostante mi ci fossero voluti circa 15 giorni per riavere il coraggio di tossire a causa delle vibrazioni nell’addome, non ebbi paura di una successiva gravidanza. Per Davide temetti davvero di soffrire molto e optai per una epidurale. Era un travaglio dopo un cesareo e preferii aiutarmi con l’analgesico. Davide nacque con la faccina in su e fu davvero un bel parto grazie all’ostetrica Flora… Finalmente ero riuscita a fare ciò che desideravo: partorire. Ero molto soddisfatta. Per Anna decisi che avrei provato a fare senza analgesia: solo perché i protocolli ospedalieri lo prevedevano, acconsentii a farmi mettere un catetere per eventuali interventi urgenti. Il travaglio durò poco e la mia collega Claudia (nel frattempo ero diventata ostetrica) fu davvero molto accogliente e gentile. Quando rimasi incinta di Simone sapevo che sarebbe stata una nascita diversa: la mia placenta era anteriore e anche se normalmente ciò non significa nulla, sapevo che per me sarebbe stato un po’ più complesso. Approfittando di alcuni impegni lavorativi di mio marito, decidemmo che questa nascita sarebbe stata assistita in un luogo dove sono le ostetriche a prendere le decisioni: se fossi rimasta nella mia zona probabilmente avrei avuto un altro cesareo. La mia scelta fu ottima: mi affiancarono con gioia Astrid e Sara e in quell’ospedale i medici sostano fuori dalla sala parto sino a che davvero non è richiesta la loro presenza: Simone è nato in acqua, nonostante una placenta che poi i medici dovettero rimuovermi manualmente (ovviamente con anestesia): avevo avuto ragione due volte. La prima perché la mia placenta era accreta (attaccata… troppo tenacemente all’utero), la seconda volta perché probabilmente da altre parti avrei avuto un taglio cesareo.


Rachele, mamma di Rebecca, Davide, Anna e Simone

“Non volevo l’epidurale, volevo farla nascere alla Casa del Parto1 su suggerimento della mia ginecologa e ci sono riuscita! La Michi doveva nascere i primi di marzo del 2008 e invece è nata lunedì 18 febbraio. Dal mese precedente la dottoressa mi aveva prescritto alcuni granuli omeopatici per prepararmi al travaglio: Caulophyllum 5 CH, Gelsemium 5 CH e Arnica 5 CH – tre granuli di ciascuno mattina e sera.

Il sabato precedente la nascita mi sentivo stanca e con un po’ di doloretti, con il senno di poi forse ho capito che erano le contrazioni ma sinceramente non me ne sono resa conto, era solo un po’ di fastidio non doloroso!


La domenica alle 15 persi il tappo mucoso. La sera sono andata a dormire sempre con un po’ di fastidio alla pancia ma niente di particolare. Alle 2 di notte circa mi sono svegliata e i dolori erano un po’ più forti, capii che si trattava di contrazioni ma erano molto sopportabili, provai a misurare il tempo, come mi avevano spiegato più volte al corso preparto, ma non riuscivo perché i tempi tra una e l’altra erano troppo lunghi e per niente regolari… Girai un po’ per casa senza svegliare mio marito, verso le quattro andai in bagno e vidi un po’ di sangue (giusto un alone arancione) sulla carta e allora decisi di svegliare mio marito… perché sentivo che era ora di andare in ospedale… La borsa era già pronta da un po’ di tempo, preparai il mio zainetto con dentro succhi di frutta, caramelle, che mi avevano detto potevano essere utili nel travaglio e poi macchina fotografica, cellulare e portafoglio… Sembrava più che altro partissi per una gita! E intanto le contrazioni continuavano ma non mi sembravano così forti… Facemmo un po’ di strada per andare a prendere la macchina e io camminavo tranquillamente, salimmo in macchina e alle sei meno qualche minuto entrai in ascensore al San Martino: e mentre uscivo al secondo piano mi si ruppero le acque. Che lago… Bussai alla porta del Centro Nascita con la mano in mezzo alle gambe e la scia… Che pasticcio!!!


Mi attaccarono subito il monitoraggio e intanto stava iniziando il turno un’altra ostetrica. Mi ha visitato e io pensavo ai racconti delle amiche… Pensavo “Oh, ci ho messo dieci ore a dilatarmi di due centimetri” oppure “Ah, ho fatto 20 ore di travaglio!”. E invece i miei pensieri vennero interrotti dalla voce di Terry: “9 centimetri… Sei pronta… La volevi fare in acqua vero? Riempite la vasca”… Non credevo alle mie orecchie, glielo feci ripetere… “Ma come nove centimetri??!!”. Mi fecero vedere la mia stanza, appoggiai giusto la borsa e mi chiesero se volevo fare colazione. Sinceramente non mi sentivo di mangiare: le contrazioni continuavano ed erano frequenti, l’allieva ostetrica mi fissava in cerca della smorfia da contrazione, ma sinceramente non faceva poi così male come immaginavo… Mangiai una fetta biscottata con la marmellata ma il latte proprio non mi andava… Seduta in quella bellissima cucina colorata e con l’allieva sempre accanto, mi sedetti e ogni tanto mi irrigidivo per la contrazione ma niente di più. Mi fecero entrare in acqua e mi dissero di aspettare le spinte… Acqua calda, musica in sottofondo, Fabio e l’allieva di fianco e l’ostetrica che andava e veniva… In acqua le contrazioni quasi non si sentivano più… Ad un certo punto però dopo circa mezz’ora ho sentito come se avessi un elefante nella pancia! Una forza pazzesca che veniva da dentro e sobbalzai… Arrivò subito l’ostetrica che a quel punto rimase sempre lì con me… A intervalli regolari arrivavano queste spinte pazzesche e subito non riuscivo a controllarle, allora mi spiegò bene come tenermi e la posizione… Dovevo spingere “come per fare la cacca”: questo particolare non l’avevo proprio capito durante il corso! Ma capito questo, iniziai a spingere quanto più riuscivo in attesa della mitica frase: “vedo la testa!”. Mi sembrava che non arrivasse mai. Quando spingevo mi consigliò di gridare la A: disse che mi aiutava ad aprirmi di più e intanto mi chiese cosa avevo preso per arrivare così e io le dissi dei granuli e lei disse…Sì sì hanno funzionato! Quando lei capì che era quasi il momento, disse a mio marito: “papà non ce l’hai la macchina fotografica?” e lui disse di no e io da dentro l’acqua: “Sì sì ce l’ho io! È nel mio zaino!”… Così corse a prenderla. Finalmente mi disse che vedeva i capelli e se volevo mettere la mano per sentire: ma non me la sentii, ormai la testa era in mezzo e bruciava tantissimo, il più grande ricordo di dolore è proprio questo bruciore pazzesco! Finalmente mi sentivo che era il momento, chiusi gli occhi e spinsi con tutta la forza che avevo ed ecco lì… Era nata la mia piccina. Me la lasciarono in braccio nuda bagnandola con l’acqua tiepida per non farle prendere freddo… Che bella sensazione! Dopo un po’ la diedero a Fabio, mi aiutarono a lavarmi e ad asciugarmi… Niente punti… Nessuna lacerazione… Dicono merito dei granuli e del parto in acqua! ”.


Cinzia, mamma di Michela

“Ho partorito da 8 mesi, una bambina cercata e desiderata, Teresa. Ho voluto partorire nell’ospedale dove sono nata e dove pensavo avrebbe avuto la migliore assistenza possibile.


È stato un bel parto, se ripenso a quei momenti ho solo sensazioni positive… intanto Teresa ci ha fatto sapere che era ora perché mi si sono rotte le acque: ero in un negozio e ho sentito un flusso caldo a fiotti. Fortunatamente avevo un vestito e così sono potuta tornare a casa senza allarmare nessuno. In ascensore ho tirato su la gonna… e, nel caso ne avessi ancora avuto bisogno, ho capito che era il punto di non ritorno, stavamo per diventare genitori!!… Ho aspettato mio marito, volato via dall’ufficio, doccia, borsa e via in macchina nel traffico di un venerdì sera.


Le contrazioni, a parte un’unica isolata la mattina di venerdì in piscina (ma riconosciuta solo col senno di poi!), sono arrivate nella notte fra sabato e domenica. A onde sempre più intense arrivava la contrazione e io, fra lo yoga e il percorso preparto, ho individuato come posizione per me più favorevole quella della “ranocchia” appoggiando la testa e stringendo le mani allo schienale del letto… respiravo il più regolarmente possibile e pian piano passava… ho avuto la fortuna della doccia in camera, così, nei momenti di dolore insopportabile (un paio di volte) ne ho approfittato e sono stata sotto l’acqua fino a che non mi rilassavo un pochetto.


La domenica mattina sono stata portata in sala parto ma non pensavo d’esser già in travaglio! Oddio il dolore c’era eccome, ma pensavo fosse un controllo o eventualmente l’induzione… invece la dottoressa era tutta contenta dei progressi e mi ha lasciato in sala, da sola (cambio turno!) col mio pancione e le finestre sul mare… In quel periodo all’ospedale Gaslini non era possibile usufruire dell’epidurale il sabato e la domenica, da venerdì sera mi ero messa il cuore in pace, ma la fortuna ha voluto che fossi la prima partoriente della giornata e quindi nella sala più grossa con la vasca!


Ho partorito in acqua, Teresa è nata alle 12,26… A mio avviso non è stato un parto lungo ed effettivamente i dolori in acqua sono davvero più sopportabili (sono dovuta uscire una mezz’ora durante il travaglio per la pressione)… l’ostetrica è stata eccezionale: ha messo un cd di musica classica e alle 8 è arrivato mio marito trafelatissimo che mi ha confortato e assistito per tutto il tempo. È stata una esperienza di condivisione e unione rara e meravigliosamente intensa: a ogni contrazione Pietro faceva scorrere l’acqua calda e mi massaggiava i reni… abbiamo avuto tempo per parlare, immaginare, ridere e, prima della fase espulsiva, ho fatto un pisolino di qualche minuto!


Ho urlato, come fanno i tennisti quando colpiscono la pallina: prendevo fiato e lo incanalavo tutto nel diaframma… mi hanno detto che ero tutta rossa e alla fine dello sforzo cacciavo il mio urlo spingendo… Alla sera non riuscivo neanche a tenere la bottiglietta d’acqua in mano!


Teresa è nata così, serenamente, e abbiamo capito che c’eravamo quando la sala si è riempita di camici (l’anestesista, il pediatra, il ginecologo…). Sentirla uscire è stato allo stesso tempo una grandissima liberazione e un gran dolore… la sensazione che rimane è comunque di essere onnipotente e completa: un percorso iniziato e portato a termine con soddisfazione!


La gratitudine nei confronti dell’ostetrica è stata immensa… capisco chi sceglie il suo nome per il proprio neonato…


Quando Teresa è venuta al mondo c’è stato un rapido susseguirsi di gesti e rumori: il pianto da neonato, l’ostetrica che lega e taglia il cordone, lo sciabordio dell’acqua e poi era lì, sul mio petto, con i suoi occhietti semichiusi e le manine così piccole dai movimenti così delicati e insicuri… le abbiamo dato il benvenuto tutti e tre abbracciati, Pietro ed io increduli e commossi. Non ho mai provato in vita mia una esperienza così completa e così forte.


Sono tornata in camera sulle mie gambe stordita di felicità e carica di adrenalina… pregustandomi una dormita sulla pancia che sognavo da mesi!


Direi che è tutto… Ah, il regalo inaspettato è, ogni tanto, alla radio sentire le musiche del cd e come la Madeleine di Proust ritrovarsi in quella vasca di gioia a piangere e ringraziare per il grandissimo dono di essere diventata madre!!”.


Silvia, mamma di Teresa

Travaglio e parto senza paura
Travaglio e parto senza paura
Emanuela Rocca
Comprendere la funzione del dolore e alleviarlo con i metodi naturali.Utili suggerimenti e consigli pratici per prepararsi al momento del parto e alleviare il dolore del travaglio con metodi naturali. Travaglio e parto senza paura fa luce sulle possibilità che oggi si hanno a disposizione per vivere il momento del parto nel rispetto della naturalità dell’evento e del benessere di mamma e bambino, spiegando come la sofferenza possa essere una potente arma che la natura fornisce alla donna per guidarla nel processo che conduce alla nascita.Non sempre è semplice, occorre un accompagnamento alla nascita che restituisca alla donna l’innata e istintiva capacità di partorire, costituita dalla fiducia nel proprio corpo e nelle proprie competenze. In questo libro l’ostetrica Emanuela Rocca approfondisce le tecniche dell’analgesia alternativa, come l’assunzione di posizioni particolari, il massaggio, l’aromaterapia, l’agopuntura e altri metodi per affrontare e superare naturalmente il dolore del parto. Conosci l’autore Emanuela Rocca, madre di tre figli e ostetrica libera professionista a Genova, si occupa di assistenza alla gravidanza, accompagnamento alla nascita, assistenza al travaglio e in puerperio, allattamento e primi anni di vita del bambino.Crede profondamente nella sapienza delle donne e nella loro capacità di dare la vita e accudire il proprio neonato e nella figura dell’ostetrica come colei che le accompagna attraverso questa scoperta, con rispetto e fiducia.