Il gusto

I lattanti hanno una preferenza innata per i cibi dolci, salati e per il gusto umami. La risposta innata ci aiuta a scegliere il prodotto più vantaggioso per garantire la sopravvivenza. Attraverso il senso del gusto, infatti, il nostro organismo riconosce le sostanze chimiche di cui è costituito l’alimento e distingue così cibi ricchi di nutrienti, indispensabili per il nostro sostentamento, da cibi potenzialmente tossici o avariati e quindi da rifiutare. Il gusto dolce segnala la presenza di un elevato apporto energetico, il salato sottende la presenza di sodio, essenziale per il bilancio idrosalino, l’acido indica la possibile presenza di contaminazione microbica o cibi poco interessanti come apporto calorico o energetico (es. frutta non matura), l’amaro allerta rispetto alla presenza di sostanze velenose potenzialmente pericolose. Il quinto gusto, umami, è il sapore associato all’amminoacido L-glutammato, contenuto nel parmigiano, nella salsa di soia, nella carne e segnala la presenza di proteine. Il sesto gusto, quello del grasso, si correla alla presenza di energia e favorisce l’assunzione di consistenze cremose.


La predisposizione innata, utile in situazioni dove la scarsità di cibo rappresentava una minaccia per la vita, può risultare svantaggiosa e pericolosa in un ambiente obesogeno come quello in cui viviamo, in cui si ha un’offerta continua e illimitata di cibo e una pressione verso l’assunzione di alimenti densi di energia. Mamma e papà giocano un ruolo fondamentale attraverso le prime esperienze di gusto proposte: la preferenza si acquisisce associando un dato alimento o sapore con il contesto emozionale e affettivo in cui si realizza l’esposizione (apprendimento associativo). Pensate che responsabilità abbiamo! Un’esperienza gustativa negativa può fare escludere un alimento per anni.


L’altro meccanismo attraverso il quale i bambini apprendono è l’imitazione dei familiari o dei pari che mangiano un alimento (apprendimento osservazionale). In questo senso la condivisione del pasto e l’esempio si rivelano fondamentali. Non abbiate paura a enfatizzare un giudizio positivo per quello che state mangiando. Sentire e vedere che la sua mamma e il suo papà stanno gustando qualcosa, rassicura il bambino e aumenta il desiderio di assaggiare e condividere. La possibilità di imitare i familiari e spartire il momento del pasto e il cibo con i genitori gratificherà il bambino.


Per favorire la sua integrazione a tavola, può essere utile fornire al piccolo un suo cucchiaino con il quale esplorare e copiare l’azione del genitore.


Il gusto è quindi condizionato da fattori genetici che determinano i recettori gustativi, dalle esperienze alimentari della mamma durante la gravidanza che arrivano al feto attraverso il liquido amniotico, tramite la percezione dei sapori durante l’allattamento e, infine, dall’esperienza offerta nello svezzamento. Le preferenze, buone o cattive, saranno rafforzate solo se il bambino continua a essere esposto al cibo. È stato dimostrato che esposizioni precoci ripetute a una varietà di verdure, anche verdi e amare, possano favorire un apprezzamento per tali alimenti che persiste oltre i sei anni di vita, tramite un processo di familiarizzazione.


Nei primi assaggi i lattanti accettano la maggior parte degli alimenti, senza respingere in modo netto neppure quelli più amari o più aspri. Spesso sono i genitori che interpretano come un “non mi piace” la smorfia che fa il bambino quando incontra un alimento nuovo. Forse ci sta dicendo “Che cos’è? Non lo conosco questo sapore.” Non scoraggiamoci! Assaggi ripetuti, otto/dieci tentativi, consentono di rendere familiare l’alimento al piccolo. Riproponiamo il cibo non accettato con pazienza in giornate successive, eventualmente preparato in modo diverso.


Il rifiuto di un alimento è inversamente proporzionale al numero delle offerte di quell’alimento.


Un bambino che non ha incontrato vegetali nella fase dello svezzamento tenderà a respingerli nel secondo anno di vita quando si accentua la resistenza a nuovi alimenti, la cosiddetta neofobia, una fase transitoria e assolutamente fisiologica in cui cibi familiari tenderanno ad essere preferiti e ciò che non lo è sarà evitato. La neofobia svolge una funzione protettiva, perché evita che il bambino, ormai diventato autonomo con l’acquisizione della deambulazione, possa ingerire alimenti che non siano già stati assaggiati sotto la tutela materna, come sostanze velenose, bacche, cibi avariati.

Svezzamento: un affare di famiglia
Svezzamento: un affare di famiglia
Vera Gandini
A mangiare bene si impara da piccoli.Mamma e papà, attraverso scelte consapevoli, hanno l’opportunità di condizionare le abitudini alimentari dei loro figli, abitudini che tendono a persistere da adulti.Un libro per riflettere (anche) su quello che portiamo in tavola e migliorare il modello nutrizionale di tutta la famiglia. In una fase così importante e delicata come lo svezzamento, ogni genitore si interroga sul ruolo dell’alimentazione nella crescita del proprio bambino e si propone di utilizzare la modalità migliore, ma è solo grazie a osservazione e partecipazione che il bambino ci farà capire quando è pronto a iniziare, quando avrà fame e quando sarà sazio.Mamma e papà, attraverso scelte consapevoli, hanno l’opportunità di condizionare le abitudini alimentari dei loro figli, abitudini che tendono a persistere da adulti. I bambini, infatti, ci osservano quando facciamo la spesa, quando cuciniamo, quando mangiamo, e l’esempio è, anche in questo caso, fondamentale.Lo svezzamento rappresenta quindi un’occasione per riflettere su quello che portiamo sulle nostre tavole e migliorare il modello nutrizionale di tutta la famiglia. Le scelte alimentari dei primi anni di vita non influiscono esclusivamente sulla crescita e sulla salute a breve termine, ma si riflettono sul benessere delle età successive.Il libro Svezzamento: un affare di famiglia di Vera Gandini fa suo il motto “impariamo a mangiare bene da piccoli per stare bene da grandi”. Conosci l’autore Vera Gandini è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Pediatria. Ha conseguito il Master di secondo livello “Alimentazione ed educazione alla salute” presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna.Promuove la prevenzione attraverso l’alimentazione e l’educazione a stili di vita sani, orientando le famiglie verso scelte consapevoli fin dalle prime età della vita.