prima parte - capitolo v

Tatto e contatto

Ciò che vi è di più profondo nell’uomo è la pelle.

P. Valery

I piccoli hanno bisogno di latte, sì ma più ancora di essere amati e di ricevere carezze.
Essere portati, cullati, carezzati, essere tenuti, massaggiati, sono tutti nutrimenti per i bambini piccoli, indispensabili, come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più.

F. Leboyer

Voglio seminare nella tua pelle tutto il mio amore

Laura Esquivel

Due mani che sfiorano la pelle, che toccano con gesti sicuri, netti, puliti, dolci e un piccolo essere si apre alla vita. Sboccia, come un fiore in primavera. Le membra si rilassano, le tensioni si allentano, il corpo addormentato a poco a poco si risveglia. Esce dal letargo come un orso alla fine del disgelo.


All’improvviso c’è la percezione dei confini, dell’energia vitale che scorre dentro dal basso verso l’alto come la linfa di un albero attraverso le radici.


Quando un cucciolo di mammifero viene al mondo, per prima cosa la sua mamma lo lecca. Non lo fa per motivi igienici ma semplicemente per aiutarlo a “decollare”, per dargli una spintarella che lo aiuti ad affrontare la vita. Il leccamento negli animali serve a stimolare tutte le funzioni organiche del neonato e ad aumentarne le difese immunitarie, in modo tale che cresca più resistente agli stress fisici ed emotivi dell’ambiente esterno. Gli allevatori e i veterinari lo sanno bene: i piccoli privati di questa fondamentale esperienza vanno incontro a problemi e i topolini addirittura non riescono a sopravvivere.


Nella specie umana la funzione propria del leccamento viene sostituita dall’energico massaggio dell’utero durante il travaglio. Le potenti contrazioni uterine compiono sul bambino ciò che fa la lingua dei mammiferi sui cuccioli appena nati: li mette in moto, li risveglia alla vita. Si è visto in effetti come i bambini nati con taglio cesareo, che non hanno quindi avuto l’esperienza di questa forte stimolazione cutanea prenatale, siano più sonnolenti, meno pronti e reattivi di fronte al nuovo ambiente, al quale fanno più fatica ad adattarsi.


Il neonato, dunque, nasce affamato di contatto. La sua pelle, delicatissima, ha fame di carezze, dolci, lievi, leggere. Come brezza di primavera. Il suo corpo tenero, nuovo, appena dischiuso come un bocciolo, ha bisogno di essere toccato, massaggiato, sostenuto, cullato. Questo è il vero nutrimento per un bambino che si affaccia alla vita, ancora più essenziale del cibo: il digiuno di latte è sopportabile, non quello di contatto.


La privazione dell’esperienza del tocco e del contenimento nei primi tempi di vita procura ferite che impiegano anni a cicatrizzare e comunque lasciano il segno. È come quando cade una maglia allorché si lavora ai ferri: se non la si ritira su subito, rimane il buco.

È infatti attraverso l’esperienza del contatto con l’altro che il bambino acquista la percezione di sé. Il lattante scopre di avere un corpo perché la madre lo tocca e ne ripercorre i confini. Se questo non avviene, per il piccolo il corpo scompare ed egli diventa un adulto che vive rifugiato nella mente, con difficoltà di radicamento e percezione corporea. Secondo gli antroposofi, l’ansia – patologia sempre più comune ai giorni nostri – è una perturbazione del senso del tatto, le cui radici affondano nelle prime esperienze infantili. Per Steiner il tatto è strettamente connesso a quello che lui chiama “il senso della vita” , come se l’uno non potesse sussistere senza l’altro. Quest’ultimo dà informazioni sul senso di benessere o malessere dell’intero organismo e quindi sulle sensazioni di dolore, stanchezza ed energia. Una sua disfunzione porta a forme di nevrosi, ipocondria e attacchi di panico. Se ben sviluppato nell’infanzia invece dà origine alla fiducia e alla compassione, così come un esauriente sviluppo del senso del tatto è alla base, secondo Steiner, del senso religioso e della sensibilità per le verità spirituali.[1]


All’inizio il neonato è un tutt’uno con il corpo materno: “io sono se tu sei”. La sua esistenza è indissolubilmente legata a quella della madre. Solo in un secondo tempo avverrà il distacco dal corpo materno ma non senza che prima sia avvenuto e sia stata vissuta l’esperienza dell’attaccamento. Giacchè senza attaccamento non ci può essere neanche separazione.


Klaus e Kennel hanno studiato il fenomeno del bonding che si instaura tra mamma e bambino nelle prime ore dopo il parto. Questi ricercatori si sono accorti che le madri che hanno un contatto precoce con i loro bambini sono più soddisfatte del rapporto con loro, passano più tempo a interagire e verbalizzare con i propri piccoli e questi piangono meno e sorridono di più alla mamma.


Uno studio di Kaitz dell’università ebraica di Gerusalemme ha dimostrato inoltre che le donne a cui era concesso di tenere il neonato vicino a sé subito dopo il parto per almeno un’ora erano capaci di riconoscerlo a occhi chiusi davanti a una fila di altri bambini semplicemente toccandogli mani e fronte.[2]


Come ci ricorda Field, “Il tocco è cruciale per stabilire un legame con il bebè”.[3] Si è visto che le madri toccano di più i neonati se sono state a loro volta toccate durante il parto, come può accadere nel caso in cui questo sia stato assistito da una doula (donna che accompagna la partoriente per tutta la durata del travaglio).

La separazione del bambino dalla mamma subito dopo la nascita è la causa principale di stress e quindi di pianto nel neonato e di depressione nella madre. Lo “scollegamento” post-partum della coppia mamma-bambino altera la produzione ormonale di entrambi e crea una sorta di frattura a livello energetico.


Non per nulla in tutte le culture è previsto un periodo di stretto contatto fisico tra la puerpera e il neonato che dura come minimo una settimana ma può arrivare anche ad un mese, per esempio in Cina, o a quaranta giorni come succedeva anche per il nostro puerperio ai tempi della civiltà contadina. In questo “periodo di reclusione” la donna deve pensare solo a riposarsi, a riprendersi dalle fatiche del parto, ad avviare l’allattamento e imparare a conoscere il proprio bambino. Tutte le incombenze domestiche e l’accudimento degli eventuali altri figli sono affidati alle donne della famiglia allargata. La puerpera è trattata come una principessa, viene sottoposta a una dieta particolarmente nutriente e ricca di sostanze galattogene e a tutta una serie di trattamenti a base di erbe medicinali, bagni di vapore e massaggi che hanno lo scopo di aiutarla a recuperare le energie e le forme perdute dopo le fatiche del parto.


La famiglia estesa in questo caso si rivela essenziale per contenere e sostenere la donna in questo momento così critico della sua esistenza.


Nella società occidentale, dove la rete femminile non esiste più e la famiglia è divenuta mononucleare, se non addirittura monoparentale, il post-partum si rivela essere un tempo di crisi per la donna, che, specie se immigrata, si ritrova completamente sola a gestire la nuova situazione. Divisa tra i consigli dei parenti e dei conoscenti e le indicazioni degli operatori sanitari, la puerpera spesso entra in uno stato di confusione e disorientamento che, nei casi più gravi, sfocia anche in stati depressivi e disordini psichici.


Perché possa contenere il bambino, infatti, la donna ha bisogno di essere lei stessa contenuta, dal partner e dal gruppo familiare.


Si è visto che contatto, contenimento e buone relazioni sociali sono fattori determinanti per la produzione di ossitocina, il cosiddetto “ormone dell’amore”, e favoriscono calma e benessere.

Questione di pelle

La pelle, oltre a essere l’organo più esteso, con i suoi sei metri quadrati che rappresentano il 18% del corpo umano, è anche il più antico, il primo organo a formarsi nell’embrione: dopo sole otto settimane di gravidanza infatti è già completa. Questa precocità di sviluppo ci indica che la pelle riveste, all’interno del nostro organismo, una funzione essenziale. Eppure il suo ruolo è spesso misconosciuto.


La pelle serve a contenere, limitare, proteggere dagli stimoli ambientali (luce, calore, freddo, microbi, stimoli dolorosi, disidratazione ecc.) ma contemporaneamente anche a comunicare con il mondo esterno, raccogliendo e inviando informazioni. È una sorta di sistema nervoso esterno e non per nulla deriva dallo stesso foglietto embrionale – l’ectoderma – da cui deriva il sistema nervoso.


La pelle è morbida e la sua temperatura si mantiene costante senza dipendere da un termostato. Il suo odore conosciuto è rassicurante per il neonato che proprio attraverso l’olfatto riesce a riconoscere la madre nei primi istanti di vita e ad arrivare al seno.

Quindi possiamo a ragione domandarci, come fa Charpak: “Esiste un oggetto di tecnologia più avanzato della pelle umana?”[4]


Il tatto è il più importante dei nostri sensi, è il nostro primo mezzo di comunicazione.

Sin dall’inizio, quando è ancora nell’utero materno, il bambino percepisce e conosce il mondo attraverso la pelle. Dopo la nascita saranno il modo in cui viene toccato e tenuto in braccio a dargli sensazioni di sicurezza e fiducia nel mondo e nelle persone che lo circondano. Le successive esperienze di manipolazione ed esplorazione dell’ambiente saranno il canale privilegiato per la costruzione della mente e del pensiero. Non per niente la Montessori ha definito la mano del bambino che tocca come “organo dell’intelligenza”.


Le prime esperienze di un cucciolo d’uomo sono dunque esperienze tattili.


È attraverso il gesto del toccare che il bambino piccolo impara a riconoscere le qualità degli oggetti – il morbido e il duro, il liscio e il ruvido, il caldo e il freddo – le differenti textures, i volumi, le forme.


Eppure, nonostante sia stato definito “il padre di tutti i sensi”, il tatto resta il più negletto di essi in materia di ricerca, come ci ricorda Field, direttrice del Touch Research Institute di Miami. Per fortuna in questi ultimi anni, grazie a centri come questo americano e pochi altri nel mondo, gli studi sui benefici del contatto sono considerevolmente aumentati.


Si è visto che il contatto fisico, sotto forma di carezze e massaggi, riduce il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, e quindi abbassa il tasso di ansia, oltre a regolarizzare il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. Ma non solo, un tocco dolce e amorevole stimola la produzione di ossitocina, un ormone e neurotrasmettitore che induce uno stato di calma, benessere e rilassamento. L’effetto benefico è stato dimostrato in più casi sugli animali: ratti a cui veniva applicato uno stimolo dolorifico se accarezzati sul ventre divenivano meno sensibili al dolore e meno paurosi; vacche massaggiate quotidianamente con particolari spazzole si rivelavano più distese e producevano il 26% di latte in più!


Ma non solo.

Uno studio su madri adolescenti depresse ha mostrato inoltre come 35 minuti di massaggio praticato due volte alla settimana per un mese aumenti il livello di serotonina facendo diminuire i sintomi depressivi.


Il massaggio riduce il dolore negli artritici, migliora la ventilazione negli asmatici e sembra migliorare anche la memoria perché agisce su una zona del nostro cervello deputata a questa funzione: l’ippocampo. Si rivela pertanto utilissimo anche negli anziani.

Il contatto pelle-pelle fa inoltre aumentare le difese immunitarie (ratti manipolati nei primi giorni di vita presentano tassi di anticorpi più elevati) e ha effetti positivi sull’accrescimento dei neonati. Uno studio effettuato dal Touch Research Institute di Miami su un gruppo di neonati prematuri ha messo in evidenza come 45 minuti di massaggio al giorno, suddivisi in tre sedute di 15 minuti ciascuna, facesse aumentare il peso dei bebè più del 50 % rispetto a quello dei loro colleghi del gruppo di controllo, a parità di quantità di latte somministrato.[5]


Il tocco ha un effetto calmante sui bambini: uno studio di Triplett e Arneson su bambini di età prescolare ricoverati in pediatria ha messo in evidenza come, in caso di dolore e sofferenza su 40 episodi di conforto verbale solo 7 sono stati efficaci mentre il conforto tattile ha funzionato in 53 casi su 60.[6]


Ma non solo su di loro…

Il massaggio nelle donne in gravidanza si è visto provocare diminuzione dell’ansia, miglioramento dell’umore e del sonno, minori dolori dorsali, minori complicanze in travaglio, meno depressione post-partum e nascita di bambini con meno problemi post-natali.


“Il tocco è dieci volte più potente del contatto verbale o emozionale e riguarda praticamente tutto ciò che facciamo. Nessun altro senso può eccitarci tanto quanto il tocco. …Il tocco non è fondamentale solo per la nostra specie ma ne è il fondamento stesso” (S. Schanberg).[7]


Più il massaggio è delicato più va in profondità. La violenza spezza, la dolcezza risana.


È fondamentale che chi massaggia sia centrato e percepisca l’energia di chi si fa massaggiare.


Il massaggio è un’arte, non basta imparare una tecnica e applicarla, occorre andare molto più in là: “Il massaggio è soprattutto una questione d’amore” (Osho).[8]

Cultura che vai, contatto che trovi… ovvero l’arte del massaggio

Nelle culture tradizionali di tutto il mondo il contatto fisico è considerato il mezzo privilegiato di comunicazione tra gli esseri umani. I bambini godono un’esistenza da piccoli marsupiali: il loro primo anno di vita è un lungo corpo a corpo con la madre, addosso alla quale passano la maggior parte della loro giornata. Il contatto corporeo è pressoché continuo: l’allattamento, il trasporto sulla schiena, perfino il sonno condiviso sono tutte occasioni preziose di stimolazione tattile. Il forte bisogno di contatto fisico del bambino è socialmente riconosciuto e corrisposto.


In Nuova Guinea, quando un bambino piange si dice comunemente che lo fa “per star vicino alla pelle di sua madre”.


Esistono poi momenti privilegiati dedicati allo scambio comunicativo attraverso la pelle: sono quelli dedicati al massaggio, una pratica corrente in Africa, come in Asia, in Sudamerica come nelle isole Fiji.


Qualunque sia la tecnica adottata, il massaggio ha lo scopo di far circolare l’energia tra mamma e bambino in un processo ritmico di tensione/distensione. Attraverso il massaggio mamma e bambino entrano in uno stato di contatto e comunicazione profonda che – per alcuni autori come Reich e Leboyer – possiede addirittura una dimensione sacra e spirituale.

“Lo scopo del massaggio, comune allo yoga e alla meditazione – scrive Joithimayananda – è quello di avere una buona conoscenza di sé e degli altri. La madre deve saper massaggiare con un tocco meraviglioso affinché il bambino porti dentro di sé questa bellissima memoria che è la radice del suo benessere”.[9]

Il massaggio tonifica l’organismo del bambino, ne irrobustisce le membra, ne nutre la pelle che diventa morbida e luminosa.


Dice un antico proverbio maori (Nuova Zelanda): “Massaggia le gambe di tua figlia, affinché possa camminare con grazia attraverso le pianure”.


Nella cultura senegalese si ritiene indispensabile massaggiare quotidianamente un bambino fin dai primi giorni di vita, per favorirne la crescita, per far sì che il neonato passi da uno stato liquido, molle e informe, di indeterminatezza a uno stato solido, duro, definito, di maturità.


I movimenti piuttosto energici e a volte quasi contorsionistici eseguiti sul bambino dalle mani esperte della mamma o della nonna servono a plasmarlo, a dargli forma, a modellarlo come un vaso d’argilla.


Per ammorbidire la pelle si usano, a seconda dei paesi, sostanze diverse: burro di karitè, olio di cocco, olio di palma bruciato.


In India si effettua un massaggio speciale al neonato appena sgusciato dal ventre materno: si utilizza una pallina di pasta, fatta con acqua, olio e farina, morbidissima, che si stende sul corpo del bambino ancora coperto di vernice caseosa e dei resti della membrana amniotica. È come una carezza, ancora più lieve di quella effettuata da mano umana.


Le tecniche del massaggio variano inoltre a seconda del sesso del neonato: nelle femmine viene privilegiato il massaggio della schiena che dovrà poi sostenere pesi non indifferenti una volta che la bimba sarà cresciuta.


Una caratteristica comune alla pratica del massaggio ai bambini è che avviene sempre sul corpo materno: come mostrano le belle immagini del testo e video Shantala di Leboyer, la mamma indiana tiene il piccolo sulle sue gambe distese per massaggiarlo.


Anche le altre cure di routine al lattante, come il bagno, vengono effettuate sul corpo della mamma. E perfino l’educazione sfinterica… La mamma africana è per suo figlio mezzo di trasporto, seggiolone, fasciatoio e pure vasino…


Gli studi della psicanalista francese Stork hanno messo in evidenza l’importanza di tutto ciò: il sostegno del corpo materno non è solo un appoggio importante per la crescita fisica del bambino ma anche uno strumento essenziale per la strutturazione del suo io psichico.


Sul corpo della mamma il bambino si sente protetto e può affrontare e scoprire il mondo da una “base sicura”, per usare un termine caro a Bowlby. Sostenuto dal corpo materno il bambino acquista la fiducia nel mondo.


Del resto l’abbiamo certamente sperimentato anche noi: una semplice mano sulla schiena significa “sono con te, ti proteggo e ti sostengo, va tutto bene, puoi farcela, non avere paura”. Ed è proprio il gesto che viene spontaneo a una mamma per consolare il suo bambino che piange.

La madre africana o asiatica fa ancora di più: si mette a completa disposizione del bambino con tutto il suo essere e il suo corpo è il primo terreno di gioco e di apprendimento per lui. Questo atteggiamento di totale disponibilità, a volte poco comprensibile ad occhi occidentali, è invece molto importante. Ecco ancora una volta cosa scrive la Montessori a questo proposito: “quando il bambino ci si rivolge col suo cuore e si fissa a chiedere nutrimento all’anima nostra, dovremmo sempre essere pronti, come oggetti passivi, nel senso di non sottrarci mai per nostro egoismo alle necessità del bambino; ma corrispondendo con tutte le intime attività per riflettere su di lui i raggi luminosi di cui ha bisogno la sua anima pura”.[10]


Gli studi più recenti di etnopediatria non fanno che confermare queste intuizioni montessoriane sostenendo che il modello ad alto contatto tipico delle culture tradizionali di tutti i continenti è quello più fisiologico e adatto al cucciolo umano e che pratiche di maternage quali l’allattamento prolungato, il massaggio, il baby-carryng e il co-sleeping presentano numerosi benefici per la salute e il benessere dei bambini, di tutti i bambini.


Ecco dunque che le parole della Montessori acquistano un significato estremamente attuale quando essa afferma che “in molti paesi i bambini non sono trattati così in contrasto con le esigenze della natura come dagli occidentali” e, riferendosi ai popoli extraeuropei, che “ognuno di questi ci sembra in fatto di allevamento infantile più intelligente di noi occidentali, con le nostre idee ultramoderne”…[11]

Nelle culture tradizionali di tutto il mondo non si massaggia solo il neonato ma anche la donna durante la gravidanza e dopo il parto. Nella medicina ayurvedica indiana è previsto il massaggio a partire dal 3° mese di gravidanza, per rilassare e distendere dolcemente il corpo e rinforzare la donna sia sul piano fisico che psicologico. Nell’ultimo trimestre il massaggio dei seni prepara per l’allattamento mentre durante le ultime settimane un massaggio dei piedi può facilitare l’avvio del travaglio.


Dopo il parto è in genere la nonna che massaggia mamma e nipotina, almeno fino a quando la puerpera non è in grado di ripetere lei stessa sulla figlia i gesti osservati e appresi da chi ha più esperienza di lei.

L’Occidente e il corpo perduto

L’Occidente ha perduto il rapporto con il corpo e soffre una terribile fame di contatto. In un’inchiesta su 100.000 persone condotta da Landers, alla domanda “sareste soddisfatti di essere tenuti e trattati teneramente dimenticando l’atto sessuale?” il 72% delle persone ha risposto di sì (e il 40% aveva meno di 40 anni).[12]


Gli americani sono uno dei popoli meno tattili in assoluto. Così come gli inglesi. Nel “British Medical Journal” è comparso un articolo dal divertente titolo L’epidemia del tocco zero: una malattia inglese.


I popoli mediterranei sono a questo proposito più favoriti. Greci e italiani sono al primo posto della classifica: sono tra coloro che toccano di più nel mondo. Ma anche i francesi sono piuttosto esperti nell’arte del tocco.


Secondo uno studio condotto dal Touch Research Institute di Miami le madri francesi osservate in un Mac Donald a Parigi toccavano di più i loro bambini delle madri americane osservate in un Mac Donald a Miami e nello stesso tempo i piccoli francesi si mostravano meno aggressivi nei confronti dei loro coetanei durante il gioco rispetto ai piccoli americani.[13]


Le ricerche del neuropsicologo americano Prescott effettuate su 49 culture hanno messo in evidenza l’esistenza di un rapporto tra contatto e aggressività: minori sono le espressioni tattili di un popolo e maggiore è il tasso di aggressività. Tra i popoli più “tattili” e pacifici vanno annoverati Balinesi e Maori.


La violenza sembrerebbe dunque avere origine da una “deprivazione del piacere somatosensoriale nell’infanzia e nell’adolescenza” (Prescott).[14] Del resto risultati analoghi avevano prodotto gli studi di Mead sulle popolazioni Arapesh e Mundugumur: nel primo caso un maternage ad alto contatto produceva “uomini e donne per natura materni, gentili, arrendevoli e non aggressivi” mentre nel secondo un maternage a basso contatto coltivava atteggiamenti aggressivi e allevava futuri guerrieri.[15]


Una volta nelle culture antiche il tocco era considerato terapeutico, ora nella società occidentale è divenuto un tabù, in quanto gli è stato attribuito un significato sessuale. Eppure “né il tocco né il massaggio sono gesti sessuali. Sono funzioni dell’amore. Nel mondo c’è bisogno di massaggi perché l’amore è scomparso” (Osho).[16]


Nella società occidentale purtroppo – come scrive Montagu – “l’appagamento delle esigenze tattili non è stato finora considerato un bisogno fondamentale, un bisogno che dev’essere soddisfatto perché il bambino si sviluppi in un essere umano sano.”[17] “Eppure – egli continua – la mancanza di stimolazione tattile nell’infanzia porta a una seria incapacità di stabilire rapporti di contatto con gli altri”.[18] Per crescere bene il bambino ha bisogno di essere toccato, accarezzato, tenuto, abbracciato. Solo così infatti egli si sente integro, intero e impara a sua volta ad accarezzare, abbracciare, toccare gli altri con dolcezza e con amore.


Accogliamo dunque il messaggio di Leboyer e reimpariamo dai popoli “che hanno conservato il significato profondo delle cose” a toccarci e a toccare il bambino. Reimpariamo l’arte del massaggio, “quest’arte profonda, semplice e molto antica che aiuta il bambino ad accettare il mondo e lo fa sorridere alla vita” (Leboyer).[19]

E ricordiamoci che il massaggio, importante per tutti i bambini, lo è in modo particolare per coloro che hanno avuto qualche difficoltà di decollo: i neonati prematuri, quelli nati con taglio cesareo e anche i bambini adottati che soffrono in particolare di un sentimento di abbandono. In tutti questi casi il massaggio è un tocco magico che può riportare alla vita.

Il massaggio della voce

Il contatto non avviene solo attraverso la pelle. Si può toccare anche attraverso la parola.


Non per nulla esistono nella nostra lingua espressioni come “parole toccanti, parole che toccano il cuore”. La voce, al pari del gesto, può compiere un vero e proprio massaggio al bambino che ne percepisce la vibrazione. La parola detta o ancor meglio cantata è una sorta di carezza per il cucciolo d’uomo, per il quale la comunicazione è uno dei bisogni primari. Ecco perché sono così importanti le ninne-nanne, diffuse in ogni cultura, per addormentare i bambini: essere tenuto stretto fra le braccia e sentire il suono dolce della voce della mamma che canta per lui rappresenta per un piccolino la condizione di benessere ottimale. Come dire, un assaggio di paradiso… Se poi ci si aggiunge la possibilità di abbeverarsi a una fontana di latte, allora l’estasi è assicurata.


Come sempre, si tratta di piccole cose, semplici gesti, che si tramandano di generazione in generazione, che non richiedono nessuna spesa, nessuna tecnologia: in fondo al bambino basta così poco…


Eppure, sempre più, tutto ciò viene negato in nome della modernità, della frenesia dei ritmi di vita quotidiani, delle esigenze lavorative. Quante mamme cantano ancora ai loro piccoli?


È certo più comodo far ascoltare un nastro al registratore se non addirittura accendere la televisione…


Tocco e parola: ecco la chiave magica per aprire il cuore di ogni bambino.


Chi non ha potuto godere di questo contatto iniziale lo cercherà per il resto della sua vita, perché la fame va saziata, la sete va placata prima o poi e ogni esperienza rimasta in sospeso grida a squarciagola per essere completata.


Le tappe perse vanno recuperate: lungo la scala della propria evoluzione non è consentito saltare gradini…

Consigli di lettura:

  • Leboyer F., Shantala. L’arte del massaggio indiano per far crescere i bambini felici, Bompiani, Milano, 1984

  • McClure V., Massaggio al bambino, messaggio d’amore, Bonomi, Pavia, 2001

Con-tatto

Ci sono tanti modi per entrare in contatto con un bambino, possiamo farlo con il tocco o con la voce e in modalità diverse a seconda della sua età.

Ecco qualche suggerimento pratico:

  • quando è ancora nella pancia è possibile comunicare con il piccolo attraverso la voce, parlandogli e cantando per lui, o attraverso il tocco, accarezzandolo e rispondendo ai suoi movimenti con piccoli colpetti sul ventre
  • quando è neonato, il modo in cui lo teniamo in braccio gli comunicherà ciò che proviamo per lui: se piange proviamo ad avvolgerlo in una copertina e a tenerlo vicino al nostro corpo o a cullarlo dolcemente, se ha doloretti alla pancia teniamolo in posizione prona disteso sul nostro braccio, facciamogli un bagnetto con qualche goccia di latte di lavanda e poi un massaggio delicato al pancino
  • fin dai primi mesi di vita dedichiamo un momento della giornata per massaggiarlo (prima del bagno serale è l’ideale): frequentare un buon corso di massaggio infantile potrà essere di grande aiuto (vedi www.aimionline.it)
  • lasciamo che sia il bambino a cercare il contatto e quando lo richiede offriamoglielo con grande disponibilità ma non pretendiamolo noi da lui: la continua richiesta di baci e dimostrazioni d’affetto da parte degli adulti è una forzatura che nuoce al bambino
  • quando è più grandicello proponiamogli giochi sul corpo e filastrocche mentre lo teniamo seduto sulle nostre ginocchia, come si faceva una volta
  • quando è arrivato il momento del distacco dal corpo materno (dal seno, dalla schiena, dalle braccia, dal letto) lasciamolo andare senza rimpianti ma rassicurandolo che ora può farcela anche da solo. Ricordiamoci che ogni bambino ha comunque i suoi tempi anche per separarsi
  • ricordiamoci che per una carezza, un abbraccio, una coccola, una parola dolce e affettuosa c’è sempre tempo e non c’è età…

Sono qui con te - Seconda edizione
Sono qui con te - Seconda edizione
Elena Balsamo
L’arte del maternage.Uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita perinatale, per affrontare gravidanza, parto e primi mesi con il bambino con serenità e consapevolezza. Elena Balsamo offre uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita prenatale e sulla nascita.Nella prima parte l’autrice mira a esplorare le pratiche di maternage nelle diverse culture, mentre nella seconda offre al lettore un vero e proprio strumento terapeutico per rivedere la propria vita alla luce dell’esperienza intrauterina e del parto.Basato su un’accurata documentazione scientifica, Sono qui con te si rivolge ai genitori, nonché agli operatori socio-sanitari che desiderano comprendere meglio l’universo del maternage. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.