prima parte - capitolo iv

Latte e amore

Non è esagerato affermare che non esiste un alimento universale, fatta salva un’eccezione, che è naturalmente il latte materno. Attualmente il latte materno è, per eccellenza, il trait d’union nutrizionale del genere umano, che collega tra loro 5,7 miliardi di individui, al nord come al sud, all’est come all’ovest. Storicamente è anche un anello vitale di questa catena senza fine che è la famiglia umana, accordandoci un posto nel corteo delle generazioni, in rapporto sia a chi ci ha preceduto sia a chi ci seguirà. …A dire il vero il latte materno trascende le culture e le frontiere geografche, riunendoci tutti in un patrimonio nutrizionale comune.

J. Akré (OMS)

L’esperienza dell’allattamento è l’esperienza centrale della vita del bambino, è l’evento centrale dell’esistenza infantile, il mattone fondamentale su cui, se tutto va bene, il bambino costruirà la sua fiducia in se stesso, nelle persone significative della sua vita e per estensione nel mondo.

B. Bettelheim

Quale più sacra proprietà che il latte materno per il piccolo bambino? Egli può dire come Napoleone imperatore: “Dio me l’ha dato”. Sulla legittimità della proprietà non c’è alcun dubbio: il suo solo capitale, il latte, è venuto al mondo con lui e per lui. Tutta la sua ricchezza è lì: la forza di vivere, di crescere, di acquistare robustezza sta tutta in quel nutrimento. …Il segreto sta tutto in due parole: latte e amore.

M. Montessori

Il primo atto del neonato dopo la nascita è poppare al seno materno.

Dopo nove mesi di nutrizione “parenterale” attraverso il cordone ombelicale, ora il bambino deve conquistarsi il suo cibo. Non è poi così facile. Succhiare il seno per farne uscire latte è un’operazione complessa che richiede il coordinamento di una serie di azioni diverse: il neonato deve contemporaneamente aspirare, deglutire e nel frattempo respirare…


Ma niente paura: se non ci sono stati problemi particolari egli è perfettamente programmato per questo e sa esattamente come fare.


Se la nascita è avvenuta in modo fisiologico e senza interferenze, il latte dei primi giorni contiene quantità significative di endorfine: la fatica del bebè viene così ricompensata dall’effetto di una buona dose di oppiacei… Giusto quello che ci vuole per appassionarsi alla nuova vita!

Menu à la carte

Ma non basta, il dono che Madre Natura ha previsto per il cucciolo d’uomo è veramente speciale: “Il primo alimento è all’immagine di Dio: unico”,[1] insostituibile, inimitabile, semplicemente perfetto. Una vera e propria pozione miracolosa, altamente individualizzata, cioè su misura per le esigenze di ogni singolo neonato. L’acquisizione forse più stupefacente è che il latte materno varia la propria composizione a seconda che il bambino sia nato a termine o prematuro e a seconda della sua età: per esempio il latte di regressione del bambino svezzato è simile al colostro, cioè più ricco di anticorpi per proteggere il seno della madre e il piccolo che si sta staccando da lei.

La composizione del latte varia non solo da un mese all’altro ma anche nel corso della stessa giornata e perfino della stessa poppata: all’inizio esso è composto quasi esclusivamente di acqua e zucchero in modo da placare subito la sete del bambino e compensare l’eventuale disidratazione, alla fine è un concentrato di grassi, così da permettere al bimbo di sentirsi sazio. Dulcis in fundo… Ciò spiega il perché un neonato vispo e magrolino succhi spesso ma per poco tempo mentre uno più cicciottello faccia poppate lunghe ma più distanziate.


Praticamente un “menu” su misura. I cuccioli umani mangiano à la carte.


Solo il latte materno offre al bambino la possibilità di un’autogestione dell’alimentazione, sia per quanto riguarda la quantità che per quanto riguarda la qualità.


Il latte materno è anche uno strumento di educazione al gusto perché il suo sapore varia continuamente a seconda dei cibi mangiati dalla madre: un giorno avrà un leggero retrogusto di aglio, un altro l’aroma del curry o della vaniglia… A differenza del latte artificiale che ha sempre lo stesso identico sapore, il latte di mamma cambia gusto a ogni pasto, così come succedeva per il liquido amniotico ingerito dal feto nell’utero. Nessun bisogno quindi per la nutrice di sottoporsi a faticose rinunce o a diete da ospedale: un’alimentazione ricca e variata produce un latte più saporito…


Nessun timore inoltre che il latte possa non essere più nutriente o addirittura diventare acqua quando il neonato diventa più grandicello: il latte materno è sempre perfetto in quanto si adatta alle esigenze del bambino che cresce. Se il colostro dei primi giorni è una sorta di vero e proprio “vaccino”, in quanto è un concentrato di anticorpi, enzimi e oligoelementi, il latte prodotto per un bimbo di due anni contiene esattamente le quantità di proteine e vitamine di cui necessita un bambino svezzato che mangia ormai alla tavola familiare.


Inoltre ricerche effettuate su madri africane o asiatiche malnutrite hanno dimostrato come anche in queste situazioni il latte prodotto sia idoneo allo sviluppo ottimale del bambino.

A ognuno il suo latte

Oggi come oggi, la fatidica domanda “Qual è il miglior latte per il bebè?” non dovrebbe neanche più essere posta, in quanto, come dice Morris, “biologicamente parlando la questione è ridicola.”[2]

I dati a nostra disposizione ci dicono infatti che il latte materno è l’unico alimento previsto dalla natura per lo sviluppo ottimale del cucciolo d’uomo.


È un alimento altamente specie-specifico, perfettamente calibrato per rispondere alle esigenze e caratteristiche di crescita di ogni singola specie: così per esempio il latte di foche e delfini è ricchissimo di grassi per permettere ai cuccioli di sopravvivere nelle acque freddissime dei mari del nord, mentre il latte degli erbivori contiene un tasso elevato di caseina, proteina a lenta digestione, che concede un prolungato senso di sazietà, consentendo alle madri di assentarsi per lungo tempo alla ricerca di cibo. Il latte di donna, a differenza di quello degli altri mammiferi, è invece molto diluito, poverissimo in proteine e caseina, a medio contenuto di grassi e molto ricco di lattosio. Caratteristiche queste che permettono al piccolo dell’uomo, che nasce fortemente immaturo, di rallentare al massimo l’accrescimento totale della massa corporea, dando tempo al cervello di completare la sua evoluzione. Il latte di mucca, al confronto, contiene quasi dieci volte più calcio e fosforo, minerali necessari all’ossificazione, e tre volte più proteine per assicurare un rapido sviluppo del sistema locomotorio del vitello che appena nato già si regge in piedi.


Le caratteristiche del latte materno, la sua così elevata digeribilità, ci dicono inoltre che il cucciolo d’uomo è stato programmato per avere con la madre un contatto pressoché continuo nei suoi primi momenti di vita, con poppate ravvicinate e frequenti.


Le ricerche scientifiche più recenti e avanzate nell’ambito di varie discipline dimostrano con sempre maggior chiarezza ed efficacia gli straordinari vantaggi dell’allattamento materno sia a breve che a lungo termine.


I benefici effetti dell’allattamento al seno sulla salute globale del bambino e della sua mamma, nonché della comunità e dell’intero pianeta, sono talmente numerosi che sarebbe troppo lungo parlarne approfonditamente in questa sede. Ci limiteremo pertanto a elencarli in modo riassuntivo.

Vantaggi per il bambino a breve termine

Il latte materno, essendo ricchissimo di sostanze antibatteriche e antivirali, ha un’azione antinfettiva: in molte culture gocce di latte materno vengono somministrate negli occhi, nelle orecchie o sulla pelle come terapia di congiuntiviti, otiti ed eczemi. Ormai ben noto è l’effetto preventivo dell’allattamento al seno nei confronti di affezioni otorinolaringoiatriche come le otiti: il rischio di ammalarsi è due volte maggiore nei bambini allattati artificialmente rispetto a quelli allattati al seno. Due sono gli elementi protettivi a questo riguardo: da un lato la presenza di anticorpi nel latte di donna, dall’altro la posizione che il bambino assume al seno materno che consente un’apertura ottimale della tuba di Eustachio, struttura che collega la parte posteriore del naso all’orecchio medio.


I vantaggi dell’allattamento al seno nei confronti delle malattie gastrointestinali sono sicuramente i più conosciuti e meglio documentati. Nei paesi poveri del sud del mondo difficilmente un bambino arriva all’anno di vita in buone condizioni di salute se non è allattato al seno: la mortalità per diarrea e malnutrizione è altissima. Non per nulla in queste realtà il biberon è stato definito un “baby-killer”. Ma anche nei paesi industrializzati i benefici effetti dell’allattamento al seno sulle patologie gastrointestinali si fanno sentire. Minore è il rischio di infezioni intestinali da rotavirus e più breve la durata degli eventuali episodi di diarrea.


Un effetto preventivo di enorme importanza è poi quello svolto dal latte materno nei confronti della terribile enterocolite necrotizzante dei prematuri, il cui tasso è sceso in un ospedale svedese allo 0,1% (rispetto al 10% di un ospedale americano) in seguito alla somministrazione con sondino di latte di donna ai neonati nelle prime ore di vita dopo la nascita.


Anche il rischio di infezioni urinarie è minore nei bambini allattati al seno, così come quello di infezioni delle basse vie respiratorie: secondo una meta-analisi del 2003 il rischio di ospedalizzazione per una polmonite è più che triplicato nei bambini allattati al biberon rispetto a quelli allattati esclusivamente al seno per quattro mesi o più.


Infine va ricordato un effetto preventivo dell’allattamento al seno nei confronti del reflusso gastroesaofageo, della Sindrome della morte improvvisa in culla e dell’anemia: in quest’ultimo caso un allattamento esclusivo al seno per un periodo di 7 mesi o più sembra essere un elemento protettivo nei confronti della carenza di ferro.

L’allattamento al seno produce inoltre un effetto antidolorifico: uno studio del 2002, comparso sulla rivista “Pediatrics”, ha valutato l’impatto dell’allattamento sulla percezione del dolore nel neonato, dimostrando come la frequenza del pianto e delle smorfie di dolore era diminuita rispettivamente del 91% e del 84% nei neonati attaccati al seno durante il prelievo di sangue dal tallone rispetto a quelli lasciati nella culla.[3]

Vantaggi per il bambino a lungo termine

L’allattamento al seno ha dimostrato un effetto preventivo nei confronti dello sviluppo di obesità: una ricerca del 2003 su un campione di 1314 bambini ha messo in evidenza come la prevalenza di obesità fosse due-tre volte superiore nei bambini non allattati o allattati per un periodo di meno di tre mesi.[4]


Per quanto riguarda il diabete insulino-dipendente, si sa che la somministrazione di latte vaccino aumenta il rischio di questa patologia del 63 %. Lo sviluppo di diabete non insulino-dipendente è legato al fattore obesità e quindi la prevenzione di quest’ultima influisce anche sulla comparsa del diabete.


Un effetto preventivo nei confronti dei tumori è stato altresì dimostrato. Un gruppo di ricerca svedese ha scoperto nel 1999 la presenza nel latte materno di una proteina – l’alfalattoalbumina – dotata di un’azione anticancerogena.[5]


L’allattamento presenta vantaggi anche rispetto alla prevenzione di malattie cardiocircolatorie e di patologie allergiche come l’asma e l’eczema atopico, il cui rischio sembra essere ridotto in modo significativo con un allattamento della durata di almeno quattro mesi.


Inoltre studi effettuati in Colombia sui “bambini canguro”, hanno messo in evidenza come l’allattamento per più di sei mesi favorisca il corretto sviluppo del massiccio facciale e riduca quindi il rischio di patologie ortodontiche. Sembra anche verificato un effetto protettivo nei confronti delle carie, il cui sviluppo sarebbe favorito invece dalla somministrazione di latti artificiali.


È ben noto il ruolo dell’allattamento nello sviluppo del sistema immunitario del bambino, che viene messo in grado di costruirsi da solo le proprie difese, forse un po’ meno conosciuto è invece l’effetto del latte materno sullo sviluppo cerebrale. Esistono diversi studi che mettono in evidenza come i bambini allattati al seno presentino all’età di 8 anni un quoziente intellettivo significativamente superiore ai bambini allattati al biberon e ad età successive migliori risultati scolastici.


I risultati di una meta-analisi, pubblicata sull’“American Journal of Clinical Nutrition” nel 1999, dimostrano come l’allattamento può aumentare il QI dei bambini da 3 a 5 punti.[6]

L’effetto sarebbe dovuto in parte ai componenti del latte materno (3%), in parte alla relazione che si instaura tra mamma e bambino con l’allattamento al seno (2%).


Il fattore presente nel latte di donna responsabile del benefico effetto è il DHA (acido docosaexanoico), essenziale per la costruzione del tessuto cerebrale e per la conduzione degli stimoli nervosi.


La semplice aggiunta di tale elemento in un latte artificiale, è stato provato, non ha alcun effetto sulle performance dei bebè: un latte vaccino arricchito non eguaglierà mai il buon latte di mamma…


Va ricordato che gli effetti dell’allattamento al seno sono dose-dipendenti: più latte un bambino riceve, migliori sono le conseguenze sulla sua salute. I bambini allattati in modo esclusivo al seno si ammalano meno di quelli che seguono un allattamento misto. Inoltre, per alcune patologie, l’effetto preventivo dell’allattamento funziona soltanto a condizione che duri per un periodo abbastanza prolungato.

Vantaggi per la mamma

Anche la mamma trae beneficio dall’allattamento e anche per lei l’effetto è tempo-dipendente, ovverossia maggiore quanto più lunga è la durata dell’allattamento.


Significativo a questo proposito un recentissimo studio pubblicato sulla rivista “Lancet” nel 2002, che ha preso in esame i dati relativi a 47 studi epidemiologici su un totale di 150.000 donne in trenta paesi e ha messo in evidenza come il rischio di cancro al seno decresca del 4,3% per ogni anno di allattamento. Sembra che la causa possa essere la presenza nel latte materno di una particolare forma di acido linoleico che ha dimostrato in vitro un effetto anticancerogeno sulle cellule dei tumori mammari.[7]


Anche per il tumore all’ovaio e all’utero è stato dimostrato un benefico effetto dell’allattamento al seno. In particolare per il cancro all’utero si è visto che una durata totale di allattamento di più di 72 mesi riduce il rischio addirittura del 75%, mentre un allattamento di più di un anno per figlio riduce il rischio di più della metà.


L’allattamento al seno protegge inoltre dall’anemia, in quanto allunga il periodo di amenorrea, e se effettuato immediatamente dopo il parto diminuisce il rischio di emorragie. Ha inoltre un effetto benefico nei confronti dell’osteoporosi, dell’artrite reumatoide e dell’endometriosi. Senza contare che le donne che allattano recuperano più facilmente il loro peso forma rispetto a quelle che non allattano.


L’allattamento illustra in modo stupefacente il legame di interdipendenza che esiste tra la mamma e il suo bambino e che li rende una vera e propria coppia che vive all’unisono.


Attraverso il latte la mamma protegge il bambino e il bambino protegge la mamma e insieme conducono una sorta di danza “coreografata dalla natura e dalla cultura, eseguita attraverso i secoli, vitale per il benessere e la salute di entrambi” (Stuart-Macadam).[8]


L’allattamento al seno è pratico, semplice, economico ed ecologico… E allora, perché no?

Fast-food o slow-food?

Ma il latte non è solo cibo per il corpo del cucciolo d’uomo. Il seno non dà solo latte ma, come dice Erich Fromm, può dare “latte e miele”, simbolo quest’ultimo della dolcezza e dell’amore per la vita.


Il seno offre sicurezza, calore umano, occasioni di scambio verbale e di relazione intima con la madre. L’allattamento è il prototipo di ogni relazione umana e sociale. Il seno materno è il luogo dove si impara a stare con l’altro, dove il bambino scopre quanto è bello stare insieme in modo affettuoso, amorevole.


Il primo atto di un neonato, succhiare il seno materno – come sosteneva lo psichiatra Adler – è un atto di cooperazione. Gli attori sono due: la madre e il bambino. Con questo primo gesto inizia lo sviluppo del contatto con l’altro, con una persona che ci dà piacere.

L’allattamento artificiale con il biberon facilmente si presta a divenire un momento di puro soddisfacimento di bisogni nutritivi, una specie di fast-food che lascia il bambino con la pancia piena, sì, ma ancora affamato di relazione. Come dice Mead, “alla prima esperienza fisica, prototipo delle relazioni sessuali, e cioè la relazione complementare tra il corpo della madre e quello del bambino, viene sostituita la relazione tra il bimbo e un oggetto, un oggetto che imita il seno ma che non fa parte né del corpo materno né di quello del bambino. …la madre anziché dare se stessa al figlio, efficientemente provvede al bambino con una bottiglia, sostituendo a una relazione diretta un rapporto mediato da un oggetto.” In questo modo “il bimbo può costruirsi un quadro del mondo in cui gli oggetti sono più importanti delle persone e in cui le relazioni con gli altri sono considerate principalmente come scambio o rapporto reciproco” (M.Mead).[9]

Il fenomeno di un oggetto inanimato usato come sostituto di un’intimità reale con un altro essere umano si ripercuote e si manifesta poi anche in età adulta, secondo Morris, con l’uso di surrogati della tettarella o di ciucciotti mascherati, quali, prima fra tutti, la sigaretta ma anche le caramelle e i cioccolatini, le bottigliette di coca-cola, le tazze di caffè e cioccolata calda, che in realtà hanno poco a che vedere con la sete e la fame, ma rispondono più che altro alla necessità di avere qualcosa tra le labbra da succhiare o assaporare, esperienza calmante come quella assicurata dall’avere in bocca il capezzolo e il dolce latte materno che ne sgorga.


Ci sarebbe da chiedersi se l’atteggiamento tipico delle popolazioni del sud del mondo di privilegiare le relazioni interpersonali, cercando conforto nelle persone anziché negli oggetti, non affondi le sue radici proprio nelle prime esperienze vissute al seno materno.

Il latte che brilla: aspetti energetici

Ciò che forse è invece ancora poco conosciuto è il significato e il valore spirituale dell’allattamento materno. Il latte della mamma non è solo cibo per il corpo, è nutrimento per l’anima. Una sorta di elisir di lunga vita.


Recentissimi studi omeopatici ci offrono a questo proposito suggerimenti particolarmente significativi e importanti, gettando luce su un aspetto a lungo misconosciuto e dimenticato.

Il bisogno di latte materno è uno dei bisogni primordiali del neonato, in quanto esso rappresenta uno strumento ineguagliabile per rendere possibile il processo di “radicamento”. Come scrive l’omeopata olandese Tinus Smits, “il latte materno aiuta il neonato a scendere pian piano sulla Terra”[10] e a mettere radici, quelle radici che permetteranno poi alla giovane pianta di crescere e di resistere alle intemperie della vita.


Il latte materno dà al bambino la forza necessaria per accettare di restare in questo mondo e gli regala la gioia di vivere. Le sperimentazioni del rimedio omeopatico Lac maternum sono la prova e la conferma di queste stupefacenti e innovative affermazioni.


Spesso donne che non sono state allattate al seno allattano a lungo i propri figli, nonostante le pressioni negative dell’ambiente familiare e sociale, attuando in questo modo una sorta di “autoterapia”. Come scrive Hatherly, “per la madre che allatta l’allattamento al seno a volte costituisce una specie di simillimum[11], cioè il rimedio ottimale per lei in quel particolare momento della sua vita.


Anche le ricerche di Eva Reich mettono in evidenza le caratteristiche energetiche del latte materno. Ecco cosa lei stessa racconta dei suoi esperimenti: “Sottoponendolo ad un ingrandimento di seicento volte, nel latte materno diluito si vedevano particelle di grasso completamente azzurre, che ‘danzavano’, ‘splendevano’ e brillavano come diamanti – avevano cioè un ampio campo energetico. Il latte in polvere era invece del tutto morto, vi si vedevano soltanto piccoli puntini neri privi di qualsiasi luminosità. L’esame al microscopio dimostrava che il latte materno… è dotato di una grande carica energetica. Il latte materno deve il suo valore unico all’energia vitale che il bambino riceve bevendolo.”[12]


“L’allattamento – scriveva la Montessori – è il legame che tiene ancora attaccato alla madre l’embrione spirituale ed è un fatto comune a tutte le culture”.[13]


È attraverso il latte materno che il neonato cerca di riconnettersi all’energia vitale della madre dalla quale ha dovuto separarsi.

Allattamento senza frontiere

Nelle culture tradizionali di tutto il mondo l’allattamento è sempre stata una pratica di fondamentale importanza. “Dopo Dio, c’è il seno” dice un proverbio Dogon.


Per una mamma africana, asiatica o sudamericana allattare il proprio bambino è un atto naturale e inderogabile. Nel Maghreb il latte materno è ritenuto “baraka”, una vera e propria benedizione e si sa che “sono la tenerezza e il nutrimento materno che portano alla formazione dell’uomo maturo” (Al-Tabari, x sec.).


In tutti i continenti, del nord e del sud del mondo, nelle realtà rurali, le donne allattano al seno i loro bambini, assecondandone i ritmi e le richieste. Sono loro ad adeguarsi alle necessità del bambino e non viceversa. Il che significa che le poppate possono essere molto numerose e frequenti, sia durante il giorno che durante la notte. Presso i Kung del Kalahari l’intervallo medio tra i pasti è addirittura di 15 minuti! Se questo rappresenta un esempio estremo, è pur tuttavia vero che in tutte le società tradizionali a un bambino è concesso succhiare ogni volta che lo desidera. Il seno della mamma è a completa disposizione del bambino, non solo come fonte di nutrimento ma anche di gioco e di consolazione nei momenti di difficoltà. E quando non c’è la mamma si ricorre a un sostituto materno: un’altra donna che allatta (cosicché i bambini allattati diventano “fratelli di latte” e si stabilisce tra loro un vero e proprio legame di parentela) o perfino una nonna… Si tratta della cosiddetta lactatio agravidica, cioè di una lattazione senza una pregressa gravidanza: fenomeno sorprendente che rappresenta la prova di quanto sia culturale la realtà dell’ipogalattia, causa principale in Occidente di fallimento dell’allattamento al seno nelle prime settimane di vita del neonato.

Il sapere che “la lattazione è un normale processo fisiologico che può essere indotto in ogni mammifero femmina, anche in assenza di una gravidanza” (Helsing)[14] unicamente sulla base di una frequente suzione non può non farci riflettere… L’allattamento segue il principio economico della domanda e dell’offerta: più il bambino succhia e più latte viene prodotto.


Le mamme africane, asiatiche o sudamericane allattano dappertutto, in tutte le posizioni e situazioni possibili e mentre lo fanno cantano e parlano al bambino, perché, come dicono gli anziani in Africa “il cibo senza parole riempie lo stomaco ma non la testa”.


La simbiosi esistente tra un bimbo allattato e sua madre è tale da essere paragonabile a quella esistente tra una donna incinta e il feto che porta nel grembo. I Gusii del Kenya esprimono questa rassomiglianza nei termini “partorire” (ogokonka) e “succhiare” (okogonkia): l’allattamento è il naturale proseguimento della relazione intrauterina tra mamma e bambino.


In tutte le culture tradizionali del mondo le donne allattano a lungo: la durata media dell’allattamento si aggira intorno ai due anni. È anche ciò che consigliano testi sacri come il Corano e la Torah ebraica.


Del resto è quanto succedeva anche nella nostra civiltà contadina di soli 50 anni fa, come ci ricorda questa significativa testimonianza raccolta dalla Leche League:


“Il mio primo bambino da piccolissimo prendeva il mio latte giorno e notte, di frequente, e io l’avevo sempre con me. In casa lo tenevo nello scialle, quando lavoravo nei campi stava in una cesta e di notte nel letto con me… Quando era più grandicello mi ricordo benissimo che noi donne si lavorava e si chiacchierava e lui giocava con i suoi compagni, ogni tanto succhiava un po’ di latte e poi via di corsa con il suo grande sorriso! Avrà avuto già 4-5 anni. A quell’epoca non succhiava quasi più, ma giusto ogni tanto per ricaricarsi un po’…”[15]


Il grande cambiamento avvenuto in fatto di alimentazione infantile si è verificato in seguito al processo di industrializzazione: la pratica dello svezzamento precoce è un’invenzione occidentale e post-industriale. Anche nei paesi del sud del mondo, in seguito all’incontro-scontro con l’Occidente e alla massiccia urbanizzazione, la pratica dell’allattamento al seno a richiesta e prolungato nel tempo sta perdendo vigore e diffusione.


Unica eccezione il Bangladesh, dove ancora oggi la cultura dell’allattamento è fortemente radicata: uno studio di Greiner ha riportato una prevalenza di allattamento al seno del 97% nei bambini di 12-13 mesi e una del 32% nei bambini di 3-4 anni.[16]

Le regole d’oro dell’allattamento ovvero le 4 gambe del tavolo

Ma che cosa ci dicono oggi le più moderne ricerche in fatto di allattamento? Come può regolarsi una mamma tra le tante informazioni diffuse dai mass-media, come districarsi tra i consigli contrastanti di parenti, amici e operatori?


Io credo sia sufficiente tenere a mente queste poche regole d’oro e, come in ogni aspetto della relazione con un bambino, seguire il più possibile il proprio istinto e la saggezza del cuore.


Un buon allattamento poggia su quattro pilastri, dovrebbe essere cioè, come era solito dire Lorenzo Braibanti,

  • precoce
  • esclusivo
  • a richiesta
  • prolungato

Per allattamento precoce si intende un allattamento che si instaura entro le prime due ore di vita. Ancor meglio sarebbe un allattamento immediato, che avviene cioè entro la prima mezz’ora dal parto. Questa misura presenta una serie di vantaggi: la suzione del seno da parte del bambino, stimolando le contrazioni uterine, favorisce il distacco della placenta e diminuisce il rischio di emorragia. Inoltre fornisce al neonato il prezioso colostro, che ha un’azione antinfettiva e lassativa e riduce il rischio di ittero. Se il neonato può attaccarsi al seno entro la prima mezz’ora di vita si è visto poi che la montata lattea avviene 24 ore prima, cioè circa 48 ore dopo il parto.


Ma soprattutto l’allattamento immediato favorisce l’instaurarsi del legame di attaccamento mamma-bambino.


Si sa infatti che nel neonato il riflesso di suzione è fortissimo alla nascita, poi, entro due ore, se non è soddisfatto, decresce per poi riprendere di nuovo senza però mai raggiungere la potenza iniziale. Si tratta di un periodo sensibile, previsto dalla natura, per permettere l’instaurarsi del legame.


Per allattamento esclusivo si intende un allattamento con solo latte materno, senza aggiunte di altro latte, né di acqua e zucchero o camomilla. Il neonato – come sosteneva Braibanti – non dovrebbe mettere in bocca nient’altro al di fuori del seno materno o delle dita della propria mano. La famigerata soluzione glucosata, spesso proposta alle mamme dal personale dei reparti di maternità, serve solo a interferire con il processo dell’allattamento, riducendo l’appetito del neonato e confondendolo riguardo al meccanismo della suzione, che è completamente diverso nel caso di una tettarella di gomma che di un capezzolo materno. In questo modo l’attacco al seno diventa più difficoltoso e meno attraente per il bambino.


Per riuscire bene, l’allattamento dovrebbe poi essere a richiesta del bambino, on cue, come dicono gli anglosassoni, cioè “su segnale”: vale a dire che dovrebbe essere il bambino e non la madre, o tantomeno il pediatra, a stabilire i tempi e i ritmi di suzione.

“I bambini non nascono con una sveglia attaccata al collo con le istruzioni: pasti ogni tre ore. Il bambino non vuole necessariamente mangiare ad intervalli regolari fin dall’inizio; io penso che, in realtà, un lattante si aspetti che il seno sia a portata di mano quando lo desidera e che venga allontanato quando non lo vuole più” scriveva il famoso pediatra inglese Winnicott.[17]

Nelle culture tradizionali, come abbiamo visto, il seno viene offerto non appena il neonato piange e dà segni di irrequietezza: la madre interrompe immediatamente ciò che sta facendo per allattare il piccolo, in qualsiasi posto si trovi, al mercato, a una riunione o perfino per strada. Non è raro infatti vedere donne che allattano addirittura mentre camminano, tenendo il bebè in braccio o dentro una fascia.


A volte la mamma offre il seno al bambino al minimo segnale di interesse, anche quando questo sembra tranquillo, anticipandone la richiesta così che non abbia bisogno di piangere per comunicare le sue necessità. Durante l’allattamento la madre è a completa disposizione del figlio, sia di giorno che di notte, quando il piccolo dorme rannicchiato contro il suo corpo, succhiando il latte secondo una modalità che mi piace definire a “self-service”…


Studi recenti provenienti da diverse discipline hanno messo in evidenza l’importanza e i molteplici vantaggi per la mamma e il suo bambino dell’allattamento a richiesta: aumento di peso del neonato, minor incidenza di iperbilirubinemia, minori problemi ai capezzoli e minore possibilità di ingorgo, aumento della produzione di latte, miglior effetto contraccettivo, miglior attaccamento mamma-bambino e prolungamento del periodo di allattamento. Si è visto infatti che più frequenti sono le poppate e maggiore è lo sviluppo dei recettori per la prolattina, l’ormone del maternage. Ma non solo: succhiando più spesso il latte diventa più nutriente, in quanto la concentrazione di lipidi può essere massimizzata.


C’è però un’altra considerazione importante da fare a proposito della questione dell’allattamento a domanda. Quando il bambino piange, ha fame e la mamma guarda l’orologio, perché il pediatra le ha detto di allattare il bambino ogni tre ore, lei non sta prendendo in considerazione il bambino, eppure lui è l’unico orologio da rispettare.


Il neonato ha bisogno di cibo e conforto proprio in quel momento e se non lo riceve nella sua tela rimarrà un buco. Se la mamma per calmarlo anziché offrigli il seno gli infila in bocca un ciuccio di gomma lo illude, lo inganna, lo distrae e distrugge la sua sensibilità. Non lascia alcuno spazio all’ascolto della saggezza del corpo ma interferisce attraverso la mente. Poi magari quando il bambino sta dormendo un sonno profondo ma l’orologio segna che le tre ore sono finalmente trascorse, ecco che la mamma sveglia il piccolino per dargli da mangiare e di nuovo distrugge il suo ritmo. Facendo così, con il tempo, disturba il suo intero essere: arriverà un momento in cui il bambino avrà perso ogni riferimento rispetto al proprio corpo e non saprà più cosa vuole, se vuole mangiare oppure no, se vuole giocare oppure no…


Un allattamento ottimale è anche prolungato nel tempo, cioè protratto oltre l’anno di età.


In India si riteneva un tempo che quanto più a lungo un bambino avesse preso il latte della madre tanto più a lungo avrebbe vissuto. Senza arrivare agli estremi di certe popolazioni, come gli Inuit e i Nativi americani che un tempo allattavano i propri bambini anche fino a 5-6 anni, credo sia importante oggi come oggi rivalutare i tempi del distacco dal seno.


Quando arriva il momento giusto per farlo? Non arriva così presto come noi comunemente pensiamo.

I principali organismi che si occupano della salute dei bambini si sono pronunciati già da tempo a favore dell’allattamento prolungato: nella Dichiarazione degli Innocenti del 1990 OMS e UNICEF affermano che “i bambini dovrebbero continuare ad essere allattati al seno, ricevendo allo stesso tempo alimenti complementari adeguati, fin oltre i due anni di età”,[18] mentre l’American Academy of Pediatrics nel 1997 raccomandava che l’allattamento continuasse “per almeno i primi dodici mesi e poi per quanto tempo madre e bambino desiderino”.[19] Queste dichiarazioni autorevoli scaturiscono dall’osservazione degli effetti dell’abbandono dell’allattamento al seno sulla salute a livello globale e dalle più recenti acquisizioni sulla complessità del latte materno e sui suoi benefici effetti sullo sviluppo immunitario, neurologico e cognitivo del bambino.

Permettere a ogni cucciolo d’uomo di svezzarsi dal seno nel momento in cui è pronto per farlo (naturalmente senza che interferisca una difficoltà della mamma a staccarsi da lui), così come dargli la possibilità di scegliere la frequenza dei pasti è un grosso aiuto allo sviluppo dell’autonomia e della capacità di operare scelte consapevoli.


Quindi non si tratta, a mio avviso, tanto di chiedersi se è normale che un bambino venga allattato fino a due anni ma piuttosto di interrogarsi sui motivi che portano un numero sempre maggiore di bambini a essere privati dei benefici derivanti da un sistema di nutrizione su misura per loro.


Da quanto detto fin qui emerge chiaramente come l’allattamento sia uno degli elementi fondamentali del “pacchetto” di cure materne, uno dei pilastri del maternage, una delle colonne portanti su cui si costruisce l’intero tempio.


Esso rappresenta la base ottimale per la crescita fisica, mentale e spirituale del cucciolo d’uomo e dovrebbe pertanto essere annoverato tra i diritti del bambino.


Come ci ricorda la Montessori, il latte materno nasce con lui e per lui.

Fargliene conoscere il sapore è uno dei regali più belli che una mamma possa fare al proprio figlio.

E se la mamma non allatta?

Tutte le donne hanno latte, a meno che non insorgano problemi particolari, come intensi traumi emotivi o patologie gravi che possono compromettere l’allattamento, ma non tutte le donne riescono ad allattare il proprio bambino al seno. A volte si tratta di una scelta, a volte di problematiche inconscie su cui occorrerebbe lavorare con l’aiuto di un terapeuta, ma nella maggior parte dei casi è solo la mancanza di un adeguato sostegno post-partum a determinare l’instaurarsi di un allattamento al biberon. I primi giorni di vita del neonato sono cruciali a questo riguardo: la mamma si ritrova il più delle volte a casa da sola, senza l’aiuto di altre donne che possano darle una mano nell’affrontare la grande avventura della vita con un bambino piccolo, senza l’appoggio di operatori adeguatamente formati per permetterle di superare le piccole difficoltà che possono presentarsi in una prima esperienza di allattamento, in assenza di apprendistato femminile. Un seno ingorgato, ragadi molto dolorose, un bambino che fa fatica ad attaccarsi per una scorretta posizione nella suzione, sono tutti motivi per abbandonare l’allattamento al seno e passare al biberon.


Ecco perché l’informazione in gravidanza è così importante: conoscere fin dall’inizio tutto ciò che serve ai fini di un buon allattamento permette di operare scelte consapevoli.


E se proprio l’allattamento non andasse a buon fine, anziché farsi prendere dai sensi di colpa, conviene ricordarsi del famoso esperimento di Harlow con le scimmiette neonate: a una mamma fredda, di metallo, che dava latte, esse dimostrarono di preferire una mamma morbida, coperta di spugna, anche se non era in grado di nutrirle.


Come dire che il contatto e le coccole per un cucciolo sono ancora più importanti del cibo…

Consigli di lettura:

  • L’arte dell’allattamento materno, testo italiano tratto dalla 4° edizione del libro The womanly art of breastfeeding, La Leche League International, Franklin Park, Illinois, 1987 (www.lalecheleagueinternational.com)

  • Negri P., Tutte le mamme hanno il latte, Il leone verde, Torino, 2005

Allattamento: miti e realtà…

La maggior parte delle difficoltà di allattamento nei primi giorni dopo il parto è dovuta a un ingorgo mammario o a una scorretta posizione di attacco del bambino al seno.


Nel primo caso il seno si presenta duro e a volte arrossato: il bambino non riesce a tirare fuori il latte e urla disperato. Se è questo il problema, fatti o fatti fare degli impacchi caldi sul seno (può andar bene un asciugamano bagnato con acqua calda), spremendolo e massaggiandolo dall’alto verso il basso. Una volta svuotato e tornato morbido ecco che il piccolo sarà in grado di succhiare agevolmente.


Assicurati poi che la posizione in cui il bambino si attacca al seno sia corretta: la sua pancia deve essere a contatto con la tua e la sua bocca aperta a mo’ di ventosa sul seno, con le labbra rovesciate verso l’esterno. Varia ogni tanto la posizione in cui attacchi il bambino così da scoprire qual è quella più adatta a voi e da stimolare il seno in tutte le sue parti.


Quando allatti il tuo bambino cerca di farlo in un luogo tranquillo, almeno per i primi tempi, fino a quando non vi siete “rodati” a vicenda. Stacca il telefono, cerca una poltrona comoda, aiutati eventualmente con dei cuscini o uno sgabellino per i piedi, togliti l’orologio e rilassati!

Se hai dei problemi per l’allattamento non esitare a chiedere subito aiuto a una persona esperta in materia: prima si risolvono e meglio è!

Ricordati poi che alcuni “miti” sull’allattamento vanno sfatati:

  • non è vero che ci sono mamme senza latte: tranne alcuni casi molto particolari (mastectomia, intensi traumi emotivi) ogni donna ha latte sufficiente per nutrire il suo bambino, ha solo bisogno di essere aiutata a superare le eventuali piccole difficoltà iniziali.
  • non è vero che chi ha il seno piccolo ha poco latte: la produzione di latte è assolutamente indipendente dalle dimensioni della ghiandola mammaria.
  • non è vero che il latte può essere di scarsa qualità: il latte di ogni mamma è sempre perfetto per il suo bambino.
  • non è vero che quando si allatta bisogna seguire una dieta particolare: si può mangiare di tutto, alimenti aromatici daranno al latte un sapore particolare ma già noto al neonato se la mamma li ha assunti in gravidanza.
  • non è vero che le donne miopi non possono allattare: non è scientificamente provata una diminuzione della vista in allattamento, può solo essere messo in evidenza un difetto precedentemente passato inosservato.
  • non è vero che allattare fa perdere i capelli: la caduta di questi è l’evento finale di uno stress subìto al momento del parto.
  • non è vero che non si possono fare cure odontoiatriche in corso di allattamento: non vi è nessuna controindicazione all’anestesia.
  • non è vero che il bambino allattato al seno ha bisogno di bere anche altri liquidi: se allattato a domanda anche in climi torridi non ha bisogno di bere altro che il latte della mamma.
  • non è vero che se un bambino piange dopo la poppata è perché non ha preso abbastanza latte: i motivi possono essere svariati (coliche gassose, nervosismo da stress ambientale, tensione materna, noia ecc.). Unici criteri per stabilire se vi è una insufficiente produzione di latte sono lo scarso accrescimento corporeo e un’inadeguata diuresi (meno di sei pannolini bagnati al giorno).

E ora: buon allattamento!

Sono qui con te - 2a edizione
Sono qui con te - 2a edizione
Elena Balsamo
L’arte del maternage.Uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita perinatale, per affrontare gravidanza, parto e primi mesi con il bambino con serenità e consapevolezza. Elena Balsamo offre uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita prenatale e sulla nascita.Nella prima parte l’autrice mira a esplorare le pratiche di maternage nelle diverse culture, mentre nella seconda offre al lettore un vero e proprio strumento terapeutico per rivedere la propria vita alla luce dell’esperienza intrauterina e del parto.Basato su un’accurata documentazione scientifica, Sono qui con te si rivolge ai genitori, nonché agli operatori socio-sanitari che desiderano comprendere meglio l’universo del maternage. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.