seconda parte - capitolo ii

Dare alla luce… e poi?

All’inizio, ma proprio all’inizio
il cielo e la terra erano amanti.
L’uno non usciva senza l’altro.
Poi vennero le stelle
sempre più numerose nel cielo
la terra aveva il pancione
gelosa si appartò
per partorire l’orizzonte…

Wiliams Sassine

Ero determinata a non andare in ospedale. Non volevo che un medico bianco mi guardasse tra le gambe. Non volevo che nessun medico bianco mi toccasse. … Il mio bambino l’avrei avuto alla vecchia maniera indiana. Nella tradizione le nostre donne piantavano un bastone di pioppo alto fino alla vita esattamente al centro del tepee. Accovacciate, aggrappandosi a quel bastone, facevano uscire il bambino su una pelle di cervo soffice e conciata. Tagliavano da sole il cordone ombelicale e mettevano polvere di vescia di lupo sull’ombelico del nuovo nato. Frizionavano il bambino con acqua ed erba dolce e poi lo pulivano con grasso di bisonte.
Non pensavo di essere così forte e tradizionalista da farlo in quel modo. E dove avrei trovato il grasso di bisonte?

Mary Crow-Dog

Era accovacciata come in un giaciglio sull’erba, dalla quale si alzava un vapore profumato che le avvolgeva il corpo nudo, insinuandosi nel punto in cui la graduale dilatazione annunciava la nascita imminente. La ragazza si teneva con le mani al grosso ramo che aveva conficcato nel terreno e premeva le braccia sul ventre gonfio, quasi a proteggerlo, mentre col respiro breve e affannoso sembrava accompagnare il ritmo incalzante delle doglie. Era al suo primo parto… Quando stavano per dare alla luce un bambino le donne dovevano sempre avere un punto fermo, la mano di un’altra donna da stringere o un tronco d’albero da accarezzare, ma a lei mancavano sia l’una che l’altro.
…Le doglie si acuirono di nuovo. Eppure, mentre si sforzava di respirare ritmicamente a brevi intervalli per attenuare il dolore, riusciva comunque a pensare. Benvenuto, piccolo mio. Vieni oggi, oggi è un buon giorno per nascere.

Marlo Morgan

Io ho aiutato mia sorella a partorire e anche una delle mie figlie l’ho partorita in casa.

Ai tempi di mia madre si partoriva in casa, assistite da una levatrice, sedute su una specie di sgabello fatto con due pietre che venivano riscaldate e in mezzo alle quali si poneva un vassoio per accogliere il bambino.

Fatima (Iran)

Mia nonna, quando aspettava mia madre, viveva in Abruzzo. A quei tempi le donne andavano a lavorare nei campi e tornavano a casa con il neonato in braccio…


Mia nonna ha partorito in casa, seduta su una sedia a cui era stata tolta l’impagliatura in modo che la levatrice potesse accogliere il bambino da sotto appena sgusciato dal corpo della mamma. Anch’io ho partorito in casa i miei due figli assisitita dall’ostetrica, sebbene ai miei tempi la normalità fosse invece andare in ospedale.

Caterina (Italia)

La donna da noi partorisce in casa propria oppure a casa della sua mamma. Né il marito né i figli sono ammessi durante il parto, solo un’ostetrica locale o una persona anziana che ha esperienza di parti può assistere la donna. Durante il parto si permette alla donna di camminare e di fare il bagno. Al momento della fase espulsiva la donna sta accovacciata o in ginocchio.

Marcheline (Uganda)

Abbiamo paura ad andare alla Maternità, se ci vai ti vietano di mangiare il sale. Ti lasciano sola con le persone che non sanno niente. Anche se il momento del parto non è ancora arrivato ti danno alle donne che ti maneggiano, ti toccano qui, ti toccano là, affondano le mani qui e là, mentre il momento del tuo parto non è ancora arrivato. Poco dopo l’uscita della placenta ficcano le mani nella tua pancia, hanno troppa fretta per aspettare che la placenta esca da sola. Le ostetriche non sono per nulla pazienti. Sono delle ragazzine, alcune di loro non hanno neppure figli, non sanno com’è che si partorisce. Ti fanno partorire su un letto di ferro, quel ferro fa molto male. Fa male anche il vassoio che mettono per raccogliere il sangue, te lo mettono e aspettano a lungo prima di toglierlo, ti viene male ai reni. Non capisco l’utilità di partorire alla Maternità… Se partorisci alla Maternità guardano l’ora in cui nasce il tuo bambino.

Testimonianza raccolta da Lelia Pisani in Mali

Chi partorisce al villaggio si fa aiutare da una donna esperta: si mette accovacciata sul letto tenendosi alla spalliera di ferro, così è più facile spingere. Chi partorisce in città invece di solito va in ospedale e lì la mettono sdraiata su un letto e le tirano fuori il bambino. Però se c’è qualche problema e non si ha la possibilità di comprare le medicine si rischia anche di lasciarci la pelle.

Sussamon (Guinea-Bissau)

Da noi in Nigeria l’uomo non assiste mai al parto della moglie. Per tradizione, tutto ciò che riguarda la nascita è considerato una questione prettamente femminile, un “affare da donne”. Qui in Italia mi sono trovato invece, un po’ per scelta e un po’ per caso, a fare da levatrice a Piera… Lei ci teneva che il suo primo parto avvenisse in casa e dato che per noi africani è una cosa normale partorire in casa, io non ho avuto problemi a dare il mio consenso. Aver partecipato alla nascita di mia figlia è stata un’esperienza indimenticabile.

Shola (Nigeria)

Ho dovuto aspettare la mia terza gravidanza per coronare il mio sogno di partorire in casa… e il divertente è che neanche il mio ginecologo sapeva che lo avrei fatto. È stato bellissimo: la prima parte del travaglio ero sola con il mio primogenito (di soli 23 mesi) che mi seguiva mentre camminavo per casa e quando ho iniziato a vocalizzare per accompagnare i dolori mi ha chiesto “Mamma, fai?” Gli ho risposto che cantavo; “Pue io” mi ha detto e si è unito a me. Poi sono arrivati mio marito, mia sorella per occuparsi di Leonardo e le ostetriche. È stato molto intenso, tutto si è svolto in un’atmosfera incredibile: molto “primitiva” (nel senso più nobile del termine), mi sono aggrappata al collo di mio marito ed accucciandomi è nata Margherita.


Ho ripetuto l’esperienza per la mia quarta gravidanza: il parto è stato più impegnativo, un parto sacrale. Però l’atmosfera altrettanto intensa e magica. Dopo aver partorito, oltre a mio marito e le ostetriche, sono arrivate l’osteopata che ha fatto un trattamento a me e uno alla piccola Marta, e il pediatra per il certificato e la visita di rito. Tutte persone care e che si conoscono tra loro, è stata una vera festa.

Cristina (Italia)

Io sono ostetrica. Ho partorito i miei primi tre figli in casa in Pakistan. Noi abitavamo in un paese lontano dalla città e lì è normale che i bambini nascano in casa assistiti da una levatrice. È una donna che deve assistere la donna che partorisce.


Qui in Italia invece è tutto diverso. Mio figlio più piccolo è nato in ospedale. Ma è andato tutto bene.

Riffat (Pakistan)

Mio figlio Leonardo è nato in America.

Io sono stata ben felice quando ho saputo che lì dopo 24 ore dal parto ti mandano a casa. Io avrei voluto partorire in casa ma l’assicurazione non mi avrebbe coperto le spese, così sono dovuta andare in ospedale. Al parto potevano assistere tre persone (“Che c’è un party?” ho chiesto quando me lo hanno detto): mia sorella che veniva dall’Italia appositamente, ovviamente c’era mio marito e poi la mia amica ferrarese Natasha, la mia coperta di Linus in America… Perché io ero molto preoccupata che in un momento del genere il mio inglese potesse non essere sufficiente. In realtà, a parte mio marito, eravamo tutte donne. L’ostetrica e la ginecologa sono state molto discrete, si affacciavano ogni tanto, in genere per propormi antidolorifici ed io, tra una contrazione e l’altra… ma anche durante, rispondevo gentilmente “No grazie”. Alla fine gliel’ho anche urlato.


Nel complesso è stata una bella esperienza ma quanto capisco le straniere che partoriscono in Italia!

Cristina (Italia)

Del parto di Livia ricordo che stavo in ospedale e non mi dilatavo. Tutti erano andati a casa. Era tardi. L’ostetrica dell’ospedale mi aveva controllato in un modo come dire “non ce la farai”. Mi sentivo tesa e sola. Mio marito mi ha chiamato per darmi la buonanotte e ho pianto un po’. Per fortuna poi è arrivata la mia ostetrica. Vedendo lei, il travaglio è iniziato. Lei aveva intuito che avevo bisogno di lei. Avevo troppo paura in ospedale, era il mio primo parto… Quante donne hanno bisogno come ho avuto io, ma non arriva nessuno?

Susan (Stati Uniti)

La gravidanza è stata splendida e il parto meraviglioso. Io ho partorito qui in Italia. Ho partorito in casa. Sono riuscita a trovare proprio quello che volevo: l’aiuto di un’ostetrica che per me era diventata come un’amica. È stato tutto molto rapido: quando l’ostetrica è arrivata si stava già quasi per vedere la testa del bambino…

Beatriz (Angola)

Io sono nata in casa, tutti i miei 6 figli invece sono nati in ospedale perché avevo paura di partorire senza l’assistenza di un medico. Quando sentivo che il momento del parto si avvicinava prendevo la mia borsa e con l’autobus me ne andavo in ospedale da sola.


Dopo il parto mi portavano il bambino ogni tre ore per allattarlo ma io non avevo latte, così tutti e 6 i miei figli sono cresciuti con il biberon, anche se il latte artificiale costava molto. Quando, dopo due giorni, tornavo a casa dall’ospedale dovevo fare tutto da sola perché mia mamma abitava lontano e non poteva venire a darmi una mano. Per fortuna mi riprendevo in fretta e ho sempre avuto molto coraggio...

Helen (Filippine)

Sono riuscita a realizzare il mio sogno di partorire in casa con il terzo figlio, anche se ormai ci avevo rinunciato… Il primo parto era stato un taglio cesareo d’urgenza, con il secondo ho scelto di farmi seguire dall’ostetrica in una clinica privata dove ho potuto trascorrere parte del travaglio in acqua, con l’ultimo finalmente ho potuto vivere la bellissima esperienza del parto in casa. Noah è nato nella nostra camera da letto! Sebbene il travaglio sia stato molto doloroso, il post-partum è stato sereno e rilassante: tutta un’altra cosa rispetto all’ospedale! I fratelli hanno potuto vedere subito il nuovo arrivato, abbiamo cenato normalmente con i nonni, brindato al neonato e la prima notte l’abbiamo trascorsa tutti insieme. Io non facevo altro che contemplare questo bambino: mi sembrava un miracolo.

Se tutto va bene, secondo me, è così che si dovrebbe nascere e partorire.

Elena (Italia)

Dopo un travaglio di 24 ore, dolorosissimo per via delle flebo di ossitocina, mi sono ritrovata sfinita con il mio bambino davanti: “Piacere! – gli ho detto – Io sono la mamma. D’ora in avanti dovremo cercare di intenderci noi due”. Ma in realtà non sapevo da che parte incominciare. Avevo solo una gran fame e tanto bisogno di riposare.

Franca (Italia)

Da noi la donna che ha partorito è una principessa. Non fa niente, riposa tutto il tempo e viene coccolata da tutti. È per questo che le donne in Africa vogliono fare tanti bambini!


Mio marito, dopo che ho partorito, ha preso quindici giorni di ferie per aiutarmi. Faceva tutto lui in casa, non voleva che mi stancassi, mi diceva sempre “Tu devi riposare”. Mi ha finanche fatto i massaggi alla schiena perchè qui in Italia non avevo mia mamma o mia sorella.

Fatma (Senegal)

La prima volta che ho visto David, mi stavo risvegliando dall’anestesia, lui era dentro una termoculla: mi sembrava un’acquario… È passato accanto a me diretto chissà dove. “Guardi, signora, il suo bambino!” mi hanno detto. Io l’ho guardato: era grinzoso come una scimmietta!


Urlava come un forsennato, tutto teso e rosso per la rabbia. Allora ho detto: “Datemi il mio bambino!” Ero debole e confusa e, sdraiata in quella barella, non potevo prendermelo da sola.


Per fortuna dopo un po’ me l’hanno portato, io l’ho appoggiato sopra di me e lui ha cominciato ad annusare, ad occhi chiusi, come un gattino. Allora ho capito, ho aperto la camicia da notte e lui si è buttato sul capezzolo!

Chiara (Italia)

La prima notte abbiamo fatto rooming in e per fortuna mio marito è rimasto con noi: non riuscivo a stare seduta e prendere il bambino sarebbe stato un problema. Leonardo è stato attaccato al seno quasi tutta la notte. L’infermiera la mattina mi ha sgridato quando glielo ho detto. Ci sono rimasta male: io avevo fatto quello che sentivo. Fortunatamente la pediatra che avevo scelto mi ha rassicurata e mi ha detto che avevo fatto benissimo così.

Cristina (Italia)

I primi cinque giorni dopo il parto sono stati terribili. Avevamo noleggiato una bilancia in farmacia per pesare il bambino ma non sapevamo come farla funzionare. Pesare il bambino era una fonte di stress e tensione incredibile.

Sabrina (Italia)

Quando ho partorito in Pakistan sono stata a letto per 40 giorni, bevevo, mangiavo e mi riposavo. Le altre donne della famiglia pensavano a tutto. Qui il riposo dopo il parto è durato solo due giorni in ospedale… Ho dovuto fare e imparare tutto da sola.

Jasmin (Pakistan)

Dopo che è nato il bambino è iniziato il dramma perchè mi è crollato tutto addosso. Per la prima volta mi sono sentita completamente sola. Poi è morta mia mamma. È stato il momento più difficile da quando sono qui in Italia. Mio marito è stato a casa con me dodici giorni per aiutarmi ma lui non mi bastava. Non conoscevo nessuno perchè erano solo due mesi che mi trovavo nella casa in cui abito, non avevo amiche. Da noi quando una donna partorisce è una festa, tutti la coccolano e le stanno vicino. Qui il sistema è diverso: le mie cognate sono venute a trovarmi un pomeriggio per vedere il bambino, una di loro si è presentata addirittura dopo un mese! È stato proprio dopo il parto che mi sono resa conto della diversità tra una cultura e l’altra.


Avrei tanto voluto avere vicino mia mamma o mia zia ma non è stato possibile. Mi sono sentita veramente molto sola. Da noi dopo il parto le donne della famiglia ti aiutano in tutto e si prendono cura di te. Ti fanno tutta una serie di trattamenti per farti tornare in forma com’eri prima del parto. Per esempio ti fanno delle spugnature su tutto il corpo con un’erba profumata speciale che si chiama Capin de Deus, che fanno bollire. Per quindici giorni bisogna lavarsi con quell’infuso che fa andare via tutto il gonfiore della gravidanza. Poi con lo stesso infuso si fa un lavaggio vaginale per chiudere la vagina e disinfettarla. Per far ciò si ricorre anche a degli infusi di vapore, ci si siede sopra un braciere e si sente proprio che tutto si restringe e si chiude.


Poi ti premono forte la pancia e te la fasciano molto stretta per circa un mese. Dopo tutti questi trattamenti ci si sente una meraviglia: non sembra neanche di aver partorito!


Si riconosce la pancia di chi ha fatto il trattamento. Io non sono riuscita a fare tutto questo ma se avrò un altro figlio lo farò sicuramente.

Beatriz (Angola)

Quando sono tornata a casa dopo il parto mi sono sentita persa. “E adesso cosa faccio?” mi sono detta. Se avessi potuto sarei tornata in ospedale, dove almeno c’erano il pediatra e le infermiere. A casa invece ero sola con il bambino. Avrei avuto bisogno di una persona a cui telefonare in caso di necessità, a cui poter parlare dei miei dubbi e delle mie difficoltà. Invece non c’era nessuno.

Annalisa (Italia)

Quando siamo tornati a casa dall’ospedale il 3° giorno era notte, Livia piangeva e io non sapevo casa fare. Mi avevano detto di farle bere la camomilla per calmarla. Mi ricordo che ho fatto cascare la zuccheriera di vetro e ho cominciato a piangere. Non sapevo proprio cosa fare. Non mi sentivo una brava mamma. Mi ricordo però che sentivo un fortissimo istinto di protezione nei suoi confronti: avrei potuto difenderla da qualsiasi pericolo, proprio come fanno le femmine degli animali con i loro cuccioli.


Mi avevano detto di pesarla prima e dopo ogni poppata: l’ho fatto per un paio di giorni poi ho detto basta. Che cosa stressante! Per fortuna mio padre è venuto a trovarmi dall’America dopo il parto, è rimasto con noi per un mese e mi ha aiutato tantissimo: stirava, puliva e cucinava.

Susan (Stati Uniti)

Vivere la gravidanza in un paese straniero come gli Stati Uniti non è stato un problema, però dopo che è nato Leonardo, soprattutto dopo la partenza di mia sorella, quando lui aveva 15 giorni, è stata molto dura. Mi sono sentita un po’ sola: avrei voluto avere le mie amiche a cui chieder consiglio, conforto. Mi ha aiutato pensare a mia madre, che ho perso quand’ero giovanissima, e immaginare cosa avrebbe fatto lei.

Cristina (Italia)

In Pakistan dopo che è nato il bambino, la levatrice, che è considerata come la prima mamma del neonato, per una settimana almeno va ogni giorno a casa della puerpera per controllare che tutto proceda bene e per pulire l’ombelico del neonato con acqua bollita e salata. La levatrice aiuta anche le donne della famiglia a preparare un dolce speciale per la neomamma.


Ce ne sono di tre tipi diversi: uno a base di carote e tantissimo latte, uno a base di zucca verde e uno a base di dal (lenticchie) e ghee (burro). Servono tutti per aiutare la donna a riprendere le forze e a produrre tanto latte.


Un trattamento speciale viene fatto nella camera dove stanno la mamma e il neonato per disinfettarla e tenere lontani gli insetti: si scaldano in un vaso una resina di un albero insieme a delle erbe secche e si sparge nella stanza, dopo aver chiuso porta e finestre, il fumo profumato che sprigiona dal vaso.

Rehana (Pakistan)

Da noi in Senegal, la donna dopo aver partorito va a stare da sua madre per quaranta giorni, in modo da essere assistita e da stare lontana dal marito con cui non può avere rapporti sessuali in questo periodo. Le vengono fatti bagni di vapore a base di erbe e tutti i giorni viene massaggiata con burro di karitè da sua mamma o da sua nonna.


La cognata, appena saputo della nascita, le regala due litri di olio di palma, perchè per 40 giorni dovrà mangiare cibi conditi con questo tipo di olio. Almeno una volta al giorno inoltre deve mangiare una specie di polentina fatta con miglio, yogurt, zucchero e olio di palma. Tutto questo per riprendere le forze e produrre tanto latte.

Binta (Senegal)

In Cina dopo il parto la donna è una regina: la mamma o la suocera le preparano da mangiare e lei non deve fare niente. Per un mese non può uscire, non può fare il bagno ma solo lavarsi con pezzuole bagnate, non deve prendere freddo, specialmente in fronte. Deve bere molto brodo di pollo, a cui vengono aggiunte erbe medicinali, per recuperare energia. Per produrre più latte le preparano invece un brodo con zampe di maiale, zenzero e arachidi crude.


Il periodo dopo il parto è molto importante, si chiama tzo yue zi, che vuol dire “stare seduta per un mese”. Serve a recuperare l’energia consumata durante il parto e a prevenire sucessivi malanni. Insomma è una prevenzione per il futuro.

Judy Wen (Taiwan)

La donna che ha appena partorito mangia un po’ di tutto, specialmente la farina di miglio mescolata con burro di arachidi o sesamo che serve per aumentare la montata lattea.

La assiste una persona anziana oppure sua madre.

Marcheline (Uganda)

In Iran, quando nasce un bambino, per dieci giorni la mamma deve stare a casa a letto con lui. Deve riposarsi e pensare solo al neonato. Altre persone l’aiutano in casa e le preparano cibi speciali, molto nutrienti. Per esempio un dolce a base di grasso d’agnello che la puerpera deve mangiare tutte le mattine per dieci giorni. La mamma deve inoltre vestirsi pesante per non prendere freddo e deve fasciarsi la pancia per farla tornare com’era prima del parto.

Fatima (Iran)

Per i primi quaranta giorni mamma e bambino devono stare in casa. Al 40° giorno la mamma fa un bagno speciale di purificazione e può riprendere a pregare e a dormire insieme al marito.

Emi (Bangladesh)

Sono qui con te - Seconda edizione
Sono qui con te - Seconda edizione
Elena Balsamo
L’arte del maternage.Uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita perinatale, per affrontare gravidanza, parto e primi mesi con il bambino con serenità e consapevolezza. Elena Balsamo offre uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita prenatale e sulla nascita.Nella prima parte l’autrice mira a esplorare le pratiche di maternage nelle diverse culture, mentre nella seconda offre al lettore un vero e proprio strumento terapeutico per rivedere la propria vita alla luce dell’esperienza intrauterina e del parto.Basato su un’accurata documentazione scientifica, Sono qui con te si rivolge ai genitori, nonché agli operatori socio-sanitari che desiderano comprendere meglio l’universo del maternage. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.