prima parte - la voce del bambino

Prologo ovvero
Alla scoperta del bambino:
un viaggio in 4x4...

Il Bambino è essenza.

G.I.Gurdjeff

Il bambino viene dal mistero. E sa.

F. Leboyer

Occorre che l’adulto trovi in sé l’errore ancora ignoto che gli impedisce di vedere il bambino.

M. Montessori

Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli.

Vangelo di Luca 18,17

Tutti i genitori – io credo – si pongono prima o poi la fatidica domanda: “che cosa possiamo fare per aiutare nostro figlio a crescere bene?”

La mia personale esperienza di pediatra, nonché madre di tre bambini, mi porta ad affermare che il primo passo da compiere è senza dubbio cercare di conoscere chi è questo essere straordinario che sta per venire al mondo o che ci sta di fronte e quali sono i suoi bisogni e le sue necessità.


Per far questo occorre partire per un lungo viaggio, munirsi di una bussola e di una mappa dettagliata. Il presente libro ha proprio lo scopo di fornirvi questi strumenti. Il resto però dovrete mettercelo voi. Fate vostro l’atteggiamento degli esploratori e disponetevi con grande umiltà a mettervi all’ascolto del bambino: è lui che vi parlerà attraverso queste righe per dirvi ciò che più gli sta a cuore. È la sua voce che udirete, a volte sussurrata, a volte gridata con forza. È la voce del bambino che è dentro ognuno di noi, una voce spesso soffocata, ignorata, malcompresa, una voce che reclama di essere ascoltata.


Se avrete il coraggio di farlo fino in fondo, grandi saranno i doni che riceverete.


Il bambino vi ricompenserà offrendovi ciò che di più prezioso porta con sé: la sua semplicità, la sua spontaneità, la sua vitalità, il suo entusiasmo.


L’entusiasmo è una dimensione divina: essere entusiasti significa “essere in Dio” (en theòs) e il bambino è sicuramente la creatura più vicina al Grande Spirito.


“Il Bambino è essenza”. È slancio, potenzialità pura.

È come un seme che contiene il germe di centinaia, di migliaia di altre future piante. Per farlo crescere e sbocciare occorre fornirgli ciò che serve ai fiori: un buon terreno in cui affondare le proprie radici, spazio per non soffocare, aria, luce e nutrimento.


I bisogni dei bambini sono semplici ma spesso misconosciuti.

I miei studi, le mie ricerche, ma soprattutto la mia personale esperienza di vita, mi hanno portato a ritenere che i bisogni dei bambini, e conseguentemente le pratiche che li soddisfano, possono essere rappresentati con un sistema in base quattro.


Quattro sono gli elementi archetipici: aria, acqua, terra e fuoco.

Quattro sono gli elementi che compongono la materia: carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Quattro sono i punti cardinali: nord, sud, est, ovest. Quattro le stagioni che scandiscono il trascorrere dell’anno e quattro le età della vita: infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia.


Non per nulla il numero 4 è ritenuto sacro in molte culture, specialmente quelle nativo-americane. In numerologia lo si considera il numero della stabilità, della struttura solida, della costruzione, dell’equilibrio.


Esattamente come un tavolo, dunque, che per essere stabile ha bisogno di quattro gambe, così anche la salute del bambino, intesa come stato di benessere fisico-psichico e io aggiungerei spirituale, come ci insegnano le medicine tradizionali di tutti i popoli, poggia su quattro pilastri fondamentali:

  • Una buona vita prenatale

  • Una buona nascita

  • Un buon maternage

  • Una buona educazione

Ognuno di questi elementi, a sua volta, rappresenta un “tavolo” con quattro gambe.


Così una vita prenatale ottimale significa:

  • Sintonia ovvero comunicazione empatica mamma-bambino

  • Stile di vita sano

  • Contenimento

  • Consapevolezza

Sintonia tra mamma e bambino, perché per nove mesi si vive in tandem; armonia nell’ambiente intra ed extrauterino; contenimento della mamma da parte del partner cosicché lei sia in grado di contenere il bambino; consapevolezza di sé della donna a cui si presenta la grande opportunità di esplorare il suo passato in modo da trarne esperienze preziose per trasformare il presente e rinascere insieme a suo figlio.


Una buona nascita vuol dire:

  • Intimità

  • Non interferenza

  • Cooperazione

  • Accoglienza

Una atmosfera di intimità è ciò che occorre per l’espletamento ottimale del parto; un atteggiamento di non interferenza da parte degli operatori è essenziale per non disturbare il delicato processo del nascere; una stretta ed efficace collaborazione tra mamma e bambino è importante perché tutto si svolga nel migliore dei modi e perché il piccolo che sta per venire al mondo si senta sostenuto e protetto; una degna accoglienza al neonato è ciò che lo invoglia a restare tra noi.


Un buon maternage, come sono solita ricordare ai genitori e agli operatori, poggia su 4 pilastri:

  • Allattamento

  • Massaggio

  • Baby-carryng

  • Co-sleeping

Queste pratiche di maternage sono diffuse, come avremo modo di vedere, in tutte le società tradizionali del nord e del sud del mondo e rappresentano una sorta di “pacchetto di cure materne”, un care-taking package come lo chiamano gli anglosassoni. Si tratta di un insieme di attenzioni, tutte correlate tra loro, inscindibili l’una dall’altra, in quanto parte di un continuum che è la vita stessa del bambino. Tali pratiche di maternage mirano a soddisfare i bisogni del neonato e del lattante nei primi due anni di vita, quando è ancora un tutt’uno con la mamma. Questo approccio al bambino improntato su un “alto contatto” è quello che ha caratterizzato tutta la storia dell’uomo fin dagli albori della sua evoluzione. È lo stile di accudimento tipico dei mammiferi e quindi quello più fisiologico e adatto alla crescita anche del cucciolo d’uomo. Soltanto in seguito alla rivoluzione industriale, negli ultimi cento anni della nostra storia, questo modello a “contatto prossimale” è stato soppiantato da uno a “basso contatto”, caratterizzato cioè da una distanza fisica tra il corpo della mamma e quello del bambino e da una relazione tra i due basata prevalentemente sul contatto visivo e uditivo anziché tattile. Sembra un paradosso eppure proprio in questi ultimi decenni, quando in Occidente si stanno riscoprendo modalità di accudimento tipiche di altre culture e la scienza ne convalida l’efficacia, queste stesse culture stanno abbandonando gli stili parentali tradizionali in nome della modernità e di una equivocata visione dell’emancipazione femminile.


Una buona educazione, infine, significa un’educazione secondo natura, che rispetti cioè le leggi fisiologiche dello sviluppo infantile, i suoi tempi e i suoi ritmi.


Anch’essa poggia, a mio avviso, su quattro pilastri:

  • Amore incondizionato

  • Fiducia

  • Libertà

  • Rispetto

L’amore condizionato (“ti voglio bene se…”) non è amore. L’amore vero, quello che tutti affannosamente cerchiamo nel corso della nostra esistenza e solo raramente troviamo, è incondizionato: ti amo comunque tu sia. Per un bambino è fondamentale sentirsi amato così, accettato nella totalità del suo essere, con tutti i suoi difetti, i suoi problemi e le sue peculiarità. Amato per il solo fatto di esistere, di essere lì con noi. Solo se un bambino conosce l’amore, lo sperimenta dentro di sé, potrà poi donarlo anche agli altri: giacchè si può dare solo ciò che si possiede.


L’amore richiede fiducia, piena fiducia nell’essere amato. Un bambino ha bisogno di sapere che ce la farà, qualunque siano le prove che la vita gli offre.


Un bambino ha bisogno di libertà, di poter agire e sperimentare nel mondo che lo circonda, senza essere soffocato, come una piantina, da erbe infestanti.


E sempre e comunque ha bisogno di essere rispettato nella sua individualità, nei suoi tempi, nei suoi ritmi.


Questo è ciò che in realtà ci chiedono i nostri figli, piccoli o grandi che siano.

Queste sono le solide fondamenta su cui possono costruire la loro casa.


Un bambino veramente in buona salute, nel senso più ampio del termine, è dunque anche un bambino felice, ben inserito nell’ambiente in cui vive, che si sente amato e quindi, a sua volta, ama. Un bambino che viaggia nel mondo, su qualsiasi terreno, in 4x4…

I bambini sono specchi

I bambini sono anche degli specchi, particolarmente limpidi, visto che sono appena arrivati dal mondo della Luce. Riflettono molto chiaramente la nostra immagine e ciò che più amiamo o detestiamo in loro è in genere qualcosa che appartiene a noi. Essi non fanno altro che mostrarcelo per indurci a prenderne atto, a riconoscere le nostre zone d’ombra, i lati del nostro carattere o gli aspetti problematici del nostro io che non vorremmo vedere.


È come se volessero dirci “Guàrdati in me e riconosciti: tu sei così!”

Ecco perché i bambini sono nostri maestri se solo abbiamo l’umiltà di ascoltarli e di comprenderli.


Essi si portano spesso sulle spalle un “fagottino”, che a volte è proprio un pesante fardello, rappresentato dall’eredità familiare, non intesa in senso semplicemente genetico ma anche psicologico.


Oggi gli studi di psicogenealogia ci danno indicazioni preziose a questo riguardo, ricordandoci che l’eredità familiare si inscrive nelle nostre cellule fin dal momento del concepimento con conseguenze a lungo termine importanti e significative. Il carico di situazioni irrisolte e ripetitive (per esempio lutti non elaborati, segreti di famiglia, incidenti ecc.) si trasmette inconsapevolmente di generazione in generazione fino a che un membro familiare riesce, attraverso un’analisi introspettiva e un impegnativo lavoro, a spezzare la catena, liberando così da un peso opprimente se stesso e i suoi discendenti.

Il disagio che il bambino si porta dentro si esprime attraverso il linguaggio del corpo: otiti, eczemi, tonsilliti, broncopolmoniti non sono altro che una manifestazione della sua rabbia, della sua solitudine, del suo malessere nei confronti della vita stessa. Come ci ricorda l’omeopata Didier Grandgeorge, in francese il termine maux (mali) si pronuncia esattamente allo stesso modo del termine mots (parole) a indicare che i sintomi non sono altro che messaggi che il nostro corpo vuole trasmetterci. Significativo come anche il termine “malattia” in francese (maladie) suoni in modo identico a mal a dit cioè “il male ha detto”. Compito dell’adulto è quindi mettersi all’ascolto del bambino per comprendere ciò che egli cerca di dirgli in modo più o meno diretto, più o meno mascherato. Con molta umiltà e senza idee preconcette.


E ora, se siete pronti, possiamo partire per il nostro viaggio alla scoperta del bambino nel mondo. In 4x4…

Sono qui con te - 2a edizione
Sono qui con te - 2a edizione
Elena Balsamo
L’arte del maternage.Uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita perinatale, per affrontare gravidanza, parto e primi mesi con il bambino con serenità e consapevolezza. Elena Balsamo offre uno sguardo nuovo e rivoluzionario sulla vita prenatale e sulla nascita.Nella prima parte l’autrice mira a esplorare le pratiche di maternage nelle diverse culture, mentre nella seconda offre al lettore un vero e proprio strumento terapeutico per rivedere la propria vita alla luce dell’esperienza intrauterina e del parto.Basato su un’accurata documentazione scientifica, Sono qui con te si rivolge ai genitori, nonché agli operatori socio-sanitari che desiderano comprendere meglio l’universo del maternage. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.