capitolo iv

Da sei mesi a due anni e oltre,
in pratica

Affrontiamo in questo capitolo gli aspetti concreti dell’allattamento oltre i primi mesi, suddivisi in tematiche inerenti la vita di tutti i giorni, con lo scopo di offrire spunti e strategie per affrontare situazioni che potrebbero essere vissute come problemi.

1 - ALLATTAMENTO E PAPPE

Mamma io mangio tanta pappa e prendo anche tanta tetta, perché voglio diventare grande così…

Leonardo, 30 mesi


Ancora oggi sono diffusi pregiudizi infondati sull’allattamento e sull’introduzione di cibi complementari; ad esempio si pensa che se non si limita al bambino l’accesso al seno, non mangerà i cibi “veri”, preferendo il latte della mamma, e che quest’ultimo a un certo punto non sia più nutriente, ovvero che perda di sostanza con il passare dei mesi. Questo è falso, e tali credenze derivano forse dal fatto che fino a poco tempo fa si proponevano cibi solidi troppo presto, e in alternativa al latte materno invece che in aggiunta, come si dovrebbe fare.


Coerentemente con l’esperienza e le evidenze scientifiche, quando il bambino inizia a mostrare interesse per cibi solidi (di solito intorno a sei mesi) per qualche mese l’assaggiare cibi diversi dal latte sarà soprattutto un gioco. Ci vorrà un po’ di tempo prima che i cibi solidi possano sostituire il latte materno nel suo ruolo di cibo e bevanda, e questo passaggio graduale potrà avvenire senza forzature, in modo spontaneo, solo se si continua ad allattare esattamente come prima, mentre si offrono in più cibi solidi. Per la maggior parte dei bambini, il latte materno continua a essere l’alimento e bevanda principale per tutto il primo anno di vita, e può continuare anche dopo a costituire una parte importante della dieta. È sano e nutriente, dissetante e contiene calorie, vitamine e proteine di qualità.


Ho iniziato ad allattare Alice subito dopo la sua nascita, quando l’ho presa fra le braccia. Da allora, ha ricevuto solo il mio latte fino a circa sei mesi, quando ha iniziato a fare i primi assaggi dai nostri piatti. Da quel momento, ho iniziato a proporle qualche pappa preparata apposta per lei con i cereali e la verdura, oppure frutta cotta passata, ma non è mai apparsa interessata più di tanto, mentre ha continuato a prelevare bocconcini con le dita dal mio piatto e da quello di mio marito. Questo è proseguito fino a quando aveva circa un anno, poi ha iniziato a fare dei veri pasti. Durante tutto questo periodo, ho sempre allattato a richiesta e la bambina poppava abbastanza spesso nella giornata e di notte.

Silvia, mamma di Alice di 3 anni e mezzo e di Giacomo di 11 mesi

Questa modalità favorisce una maggiore autonomia del bambino, che potrà affrontare la tappa della diversificazione della dieta con tranquillità e imparando naturalmente ad auto-regolarsi e a fidarsi dei messaggi del proprio corpo.


È normale, come in altri aspetti della crescita, che il passaggio da una alimentazione interamente lattea a una in prevalenza a base di cibi solidi avvenga per piccoli passi avanti, soste e anche alcuni “ripensamenti”, ovvero può accadere che un bambino di 8-9 mesi, ma anche di 1-2 anni, possa volere all’improvviso pochissimo cibo e aumentare invece la richiesta di latte materno. I bambini che vengono allattati a richiesta durante la fase dell’introduzione dei cibi solidi, anche se al principio effettivamente potrebbero “mangiare di meno”, alla lunga possono diventare più intraprendenti nell’assaggiare cibi nuovi, autonomi nel mangiare da soli, e soprattutto vivranno senza ansia il percorso di diversificazione della dieta. Non sono forse questi gli obiettivi importanti da raggiungere, specialmente alla luce dei sempre più diffusi e gravi problemi legati a disordini alimentari, presenti già fin dall’infanzia?

Qualche suggerimento pratico

  • Da quando vedete che vostro figlio mostra interesse ai cibi solidi, cosa che in genere avviene intorno al sesto mese di vita, potete proporgli qualche assaggio direttamente dal vostro piatto o preparato apposta per lui. Si può fare quando anche il resto della famiglia si siede a tavola, perché la voglia di imitare gli altri potrebbe rendere il bambino più curioso, ma qualsiasi altro momento può andare bene. In alcuni casi non sono le madri a proporre qualcosa da mangiare ai bambini, ma sono questi ultimi che prendono da soli l’iniziativa, afferrando il cibo dalla mano o dal piatto del genitore che sta mangiando.

  • Di solito, almeno per qualche mese, si suggerisce di allattare il bambino prima degli assaggi, in modo che non sia troppo affamato per dedicarsi con concentrazione a questa nuova esperienza. È vero però che alcuni bambini più intraprendenti, se vedono il resto della famiglia mangiare, non avranno voglia di poppare ma di partecipare al pranzo!

  • La maggior parte dei bambini, durante i primi mesi di alimentazione complementare, poppa esattamente come prima e limita l’introduzione di cibi solidi a veri e propri mini-assaggi, vivendo i pasti più come un gioco e una scoperta di consistenze, sapori, odori nuovi, e come esercizio delle loro abilità motorie e di coordinazione. Non c’è bisogno di fare niente, se non di continuare ad allattare a domanda, come si è sempre fatto, e lasciare che i bambini imparino giocando; ci sarà bisogno di grembiulini, giornali per terra, e un po’ di pazienza…

  • Alcuni bambini iniziano molto presto a mangiare con gusto in quantità considerevole, e in questo caso forse diraderanno spontaneamente le poppate oppure ne abbrevieranno la durata. Per sopperire a eventuali richieste improvvise di cibo, è utile portarsi sempre dietro un frutto, un pezzo di pane o qualcosa da poter offrire al bambino quando si esce, oltre a continuare ad allattare a richiesta.

  • Altri bambini non mostrano interesse per i cibi solidi fino a 8-9 mesi o anche fino all’anno di vita. Niente panico! Il vostro latte continua a fornire tutto il necessario e vedrete che poi vi sorprenderanno quando, gradualmente o all’improvviso, inizieranno a mangiare dal piatto. L’importante è offrire sempre al bambino l’occasione di poter provare e assaggiare, anche dai piatti dei familiari.

  • I bambini che continuano a poppare a richiesta non hanno bisogno di bere acqua nei primi mesi di introduzione dei cibi solidi. Forse però vorranno imitare voi ed eventuali fratellini… Offrite acqua dal bicchiere, e vedrete che anche questo entrerà a far parte del nuovo gioco: impareranno da soli prima di quanto vi aspettavate.

  • In genere, i bambini dall’anno in poi possono mangiare da soli tutto quello che mangia il resto della famiglia o quasi: dipende effettivamente dal numero di denti! È poi una questione di gusto personale preferire cibi a pezzettini oppure in purè.

  • Se ritenete necessario imboccare il vostro bambino, ricordate che per lui è utile anche manipolare il cibo e provare a fare da solo: gli serve per imparare e per appagare la sua curiosità. Imboccare potrebbe essere pratico ma non dovrebbe mai diventare un pretesto per alimentare i bambini con la forza o con l’inganno. Di solito però, e per fortuna, sono molto espliciti nel comunicare quando non vogliono un determinato cibo o quando sono stufi di mangiare.

  • Se accade che vostro figlio di oltre l’anno rifiuti all’improvviso il cibo per qualche giorno, tornando a una dieta totalmente o prevalentemente lattea, assecondate il suo desiderio e lasciatelo fare senza insistere con le pappe. Questo comportamento è normale, oppure a volte può essere sintomo di un malessere, una indigestione o altro, e non c’è migliore modo del ritorno alla dieta lattea dal seno per curarlo…

  • C’è chi dice che quando i bambini vengono allattati a richiesta e alimentati con cibi normali (ovvero non industriali) sarà più probabile che poi mangeranno di tutto. Come mamma e come consulente, ho visto bambini praticamente onnivori, e altri che ricercano una dieta monotona, e questo a prescindere dalle modalità di allattamento. A volte si incontrano bambini che fino a due-tre anni mangiano di tutto e poi di sorpresa passano a volere solo pasta in bianco, riso in bianco, cereali sconditi, poche verdure e sempre le stesse, bimbi che scansano con cura pezzetti di verdura o carne o altro cibo diverso dal solito quando viene messo nel loro piatto… non occorre forzarli a mangiare di tutto; potrebbe sortire l’effetto opposto anche perché, di solito, a un certo punto (anche a 9-10 anni o dopo) questi bambini inizieranno a mangiare come tutti gli altri o quasi. Ci sono poi bambini che sono riluttanti ad assaggiare cose nuove e altri sempre pronti a buttarsi sulle novità. Anche i cambiamenti repentini di gusti sono normali, ad esempio con frutta e verdura stagionali, che possono venir rifiutati un anno ma accettati più che volentieri quello successivo, o viceversa. Ho maturato quindi la personale convinzione che la curiosità e l’attitudine a mangiare “di tutto” dipendono molto dall’indole del bambino, e che l’importante ruolo della famiglia nel favorire sane abitudini alimentari si concretizza in primo luogo nel dare un buon esempio di alimentazione variata e naturale, all’interno della quale anche i più piccoli sceglieranno quello che preferiscono.

2 - ALLATTAMENTO E SONNO

Dopo i primi mesi di vita del bambino, le aspettative irrealistiche sul fatto che inizi a dormire tutta la notte sono per molte mamme e papà fonte di grandi ansie e preoccupazioni. I ritmi di sonno-veglia di un bambino sono diversi rispetto a quelli di un adulto. Un bambino ha molte più fasi di sonno leggero (rem) rispetto a un adulto e questo gli serve per sviluppare in modo sano le funzioni cerebrali e cognitive. Conoscere questi aspetti della fisiologia del sonno dei bambini piccoli, come anche comprendere l’importanza e il senso del loro bisogno di contatto e di poppate notturne, aiuta molto a ridimensionare le aspettative e ad avvicinarle a quello che sarà poi la realtà, permettendo di vivere questo aspetto con maggiore serenità. Ciò non toglie che comunque, specialmente per chi ha un lavoro fuori casa, ma non solo, i risvegli notturni possano risultare faticosi e il fatto che questi siano legati alle poppate possa indurre molte madri a porsi delle domande in proposito, e chiedersi se non sia venuto il momento di svezzare i loro figli, sia che abbiano 7-8 mesi o 18-24, o più.

Fabio (due anni) si sveglia ogni 2 ore e non accetta altro che il seno come consolazione. Abbiamo provato a far intervenire mio marito ma non funziona, ho provato a parlargli e a dirgli di salutare il suo Tittipò e che l’avrebbe rivisto col sole. Niente… Il problema è che rimane attaccato per 10…15…20 minuti, si muove in continuazione, mi sale sulla pancia. Certo non tutte le notti, però succede spesso e alcune volte proprio non ce la faccio e perdo un po’ la pazienza.

L’argomento è estremamente complesso e allo stesso tempo di grande attualità: la mancanza di sonno fra i neo-genitori è un dato di fatto, e tuttavia non si riconosce ancora che è normale dormire poco quando si hanno bimbi piccoli e quindi il problema viene vissuto con frustrazione ancora maggiore. A riprova di quanto esteso sia questo problema, ricordiamo il crescente numero di pubblicazioni sull’argomento, e purtroppo anche l’uso in costante aumento di prodotti farmaceutici (sonniferi) per bambini anche molto piccoli.

Le teorie sul sonno dei bambini (e i conseguenti metodi per farli dormire)

Semplificando, possiamo raggruppare le varie teorie sul sonno dei bambini piccoli in due filoni, a cui corrispondono due schieramenti opposti: da una parte coloro che, ritenendo sacrosanto il diritto dei genitori di dormire ininterrottamente durante la notte, sostengono che per il benessere della famiglia è necessario insegnare più precocemente possibile ai bambini ad addormentarsi da soli, dormire da soli e consolarsi da soli se si svegliano durante la notte. I metodi proposti si basano sull’estinzione graduale del pianto, ovvero sul lasciar piangere i bambini per tempi progressivamente più lunghi prima di accorrere. Questi metodi sono rigidi e standard per tutti i bambini, e i loro sostenitori affermano che applicarli sarà forse dura all’inizio ma poi, se si ha costanza e si resiste a pianti e suppliche, i bambini a un certo punto si adeguano e alla fine i genitori riusciranno a dormire senza essere disturbati. Se il sistema non funziona, si dà la responsabilità ai genitori che non sono stati abbastanza rigidi e perseveranti nell’applicarlo. Come si può ben immaginare, è previsto il ricorso a ogni sorta di oggetti transizionali in grande quantità: si arriva a suggerire di mettere anche 4 o 5 ciucci o anche più nel lettino, così che se il bimbo perde quello che ha in bocca, non avrà scuse per chiamare i genitori! Il rappresentante più autorevole e famoso del filone è sicuramente il pediatra spagnolo Eduard Estivill, il cui famoso Fate la nanna ha raggiunto i vertici delle classifiche di vendita1.


All’opposto, altri rifiutano le modalità descritte sopra definendole antifisiologiche, cioè innaturali, crudeli e potenzialmente pericolose per possibili effetti sulla psiche del bambino, specialmente a lungo termine. Essi sostengono invece che i bambini piccoli hanno fisiologicamente bisogno di contatto fisico e di svegliarsi durante la notte, e quindi dovrebbero avere la possibilità di dormire insieme ai genitori e ricevere ascolto e consolazione ogni volta che chiamano. Sarà solo con la crescita che il bambino spontaneamente inizierà in modo autonomo a dormire tutta la notte, ad addormentarsi da solo e a rimanere nel proprio letto e nella propria camera. Queste saranno quindi tappe che il bambino conquista da solo, secondo tempi e modalità proprie. I promotori più famosi di questa teoria sono forse il dottor William Sears2, e il collega e connazionale di Estivill, dottor Carlos Gonzalez3.

Oggi, per rispondere alle esigenze di tanti genitori di educare i figli a dormire, senza per questo applicare metodi “alla Estivill”, stanno fiorendo proposte alternative alle due precedenti: ovvero, preso atto che le modalità autoritarie e rigide sono da rifiutare, si offrono ai genitori dei metodi più “dolci” per insegnare ai bambini piccoli a dormire da soli e a fare a meno delle poppate notturne… metodi che prevedono ad esempio l’accurata registrazione delle abitudini serali e dei risvegli e la messa in atto di varie regole e prassi serali e notturne.


Dalle conoscenze sulla fisiologia del sonno dei bambini e dall’esperienza, personalmente considero le teorie alla base dei metodi a estinzione graduale da evitare per motivi umani ed etici, anche perché prive di basi scientifiche (non a caso il libro di Estivill è praticamente privo di bibliografia scientifica di riferimento). È evidente come tali metodi si basino sulla totale e impersonale negazione dei segnali del bambino, che sono poi il mezzo di cui l’ha fornito la natura per comunicare con noi e garantire il soddisfacimento dei suoi bisogni, mentre l’unico bisogno che viene preso in considerazione è quello dei genitori di non venire disturbati durante la notte.


Per quanto riguarda gli altri metodi “dolci”, per alcune famiglie questi risultano talmente complicati da mettere in pratica che è necessaria davvero una grande forza di volontà per seguirli con costanza; d’altra parte potrebbero offrire spunti e suggerimenti nuovi che forse potrebbe valere la pena provare… consideriamoli una possibile fonte di ispirazione quando si è a tal punto esausti che si proverebbe qualsiasi cosa pur di dormire.


Per quanto concerne la mia esperienza, ritengo che in special modo dovrebbe far riflettere il fatto che si debba ricorrere a un metodo per insegnare una funzione fisiologica dell’organismo, quale il dormire. Sarebbe forse il caso innanzi tutto di riconoscere con onestà che questi metodi rispondono più a necessità dei genitori che dei bambini piccoli, i quali a mio parere non hanno bisogno di essere educati al sonno, allo stesso modo in cui non hanno bisogno che si insegni loro a mangiare o a camminare o a giocare… la natura li ha dotati di spiccate abilità di imitazione e hanno tutte le potenzialità per cavarsela egregiamente.


Forse tutto ciò di cui avrebbero bisogno i bambini (e che di fatto, per come è organizzata la vita oggi, non sempre è facile offrire loro) sono giornate scandite da ritmi costanti, di un’alimentazione sana fatta più il possibile di cibi semplici e soprattutto freschi, di tempo trascorso all’aria aperta, gioco non organizzato, e possibilmente di una vita senza la TV, almeno nei primi anni di vita. Trascorrere le giornate altrimenti potrebbe diventare faticoso sia per loro che per chi se ne occupa, come si è sperimentato un po’ tutti, chi più chi meno.

Fatta questa premessa teorica, passiamo ad affrontare l’argomento nella pratica!

Sonno condiviso

Lettone o cullina? Altro tema assai spinoso… Quale neo-mamma non si è mai sentita elencare in tono di minaccia tutti i rischi a cui potrebbe andare incontro se mai permettesse anche solo una volta al figlio di dormire nel lettone? I pericoli più gettonati sono l’eventuale soffocamento del bambino, la perdita della privacy, rischi derivanti da presunti motivi igienici, nonché l’instaurarsi di brutte abitudini che poi sarà difficilissimo estirpare…


Eppure il sonno condiviso (o cosleeping) è associato all’allattamento al seno, nel senso che statisticamente è più diffuso fra le madri che allattano e fra quelle che proseguono l’allattamento oltre i primi mesi, ovvero è tipico di chi allatta a lungo i figli. C’è forse da meravigliarsi? Il sonno condiviso promuove il contatto fisico e le cure prossimali anche durante la notte, e l’allattamento d’altra parte promuove il sonno condiviso perché… beh, perché è dura svegliarsi varie volte per notte e alzarsi per allattare. Si può fare per un mese, per due, forse per quattro o cinque… ma poi, come si fa a continuare così? Allora la maggior parte delle madri smette di allattare oppure inizia a dormire con il bambino vicino, per tutta o per parte della notte.


Io credo sinceramente che valga la pena fermarsi a riflettere su questo aspetto, cercando di usare un po’ di buon senso, poi ognuno arriverà alle proprie conclusioni. Per quanto riguarda il mio caso, l’esperienza mi ha portato a concludere che è normale per un bambino desiderare di dormire vicino alla mamma, o comunque non da solo, e che il posto normale in cui un bambino piccolo dovrebbe dormire è vicino ai genitori. Infatti:

  • la grande maggioranza dei bambini, fin da neonati, mostra chiaramente di preferire la compagnia della mamma e/o del papà anche durante il sonno notturno, e questo spesso per tutta la prima infanzia.

  • Per convincere i bambini a rimanere senza far storie in culle e letti il più delle volte è necessaria tanta pazienza, ed evidentemente non deve essere facile, se sull’argomento sono stati scritti interi libri di istruzioni. Dovremmo chiederci perché è così difficile che i bambini dormano da soli senza protestare.

  • Il sonno condiviso fra genitori e figli piccoli è la più diffusa modalità, e lo è stata anche nella nostra cultura fino a pochi decenni orsono, basta chiedere alle nonne – o alle bisnonne.

  • Ormai lo dice anche l’OMS che l’allattamento è una pratica naturale che dovrebbe proseguire almeno fino a due anni di vita, e se anche gli studi scientifici dimostrano che allattamento e sonno condiviso vanno di pari passo, allora la logica conseguenza è che anche il sonno condiviso è naturale.

  • Per tutti questi motivi, il cosleeping fra genitori e figli è (o dovrebbe essere) normale.

Questo non significa certo che ogni genitore dovrebbe sentirsi obbligato a tenere per forza i figli nel lettone, o in colpa se non lo fa! Credo però che l’atteggiamento di molti, così come il loro vissuto in merito al sonno notturno proprio e dei figli, cambierebbe se considerassero legittimo il desiderio di questi ultimi di passare la notte insieme a loro: quando si decide di “educarli” a dormire da soli, si dovrebbe essere consapevoli che lo si fa soprattutto per rispondere a una esigenza personale. Quindi, come è saggio prendere in seria considerazione le proprie necessità personali e agire di conseguenza, con la stessa consapevolezza si dovrebbe riconoscere che il dormire da solo non corrisponde alle aspettative biologiche del cucciolo d’uomo; ecco perché ci vuole così tanta pazienza e i metodi cosiddetti “soft” possono essere tanto complicati e lenti, mentre quelli più rigidi provocano nei bambini reazioni di così grande disperazione!


Detto questo, conoscendo tante mamme ho potuto ascoltare le soluzioni più svariate in merito all’organizzazione del sonno: ovvero, fra tenere sempre i figli nel proprio letto oppure tenerli sempre nel loro, ci sono infinite vie di mezzo! Si tratta di soluzioni individuali che se funzionano per una famiglia potrebbero essere valide anche per qualche altra, e quindi vale sempre la pena condividerle. Molte madri lasciano che i figli si addormentino nel lettone per poi spostarli quando dormono, oppure addormentano i figli nel loro lettino ma lasciano che di notte questi possano trasferirsi con i genitori, se lo desiderano. Altre addormentano il bebè in un letto matrimoniale o singolo, dove ritornano durante la notte per allattare. In questi casi, ovviamente, o si mette il materasso direttamente sul pavimento (su un tappeto o circondato da bassi cuscini) oppure si tiene il letto alla parete e lo si correda di una o più spondine mobili. Collaudatissimo è ormai il cosiddetto “sidecar”, in cui il lettino viene fissato al lettone e la mamma può spostarsi per allattare senza doversi alzare o dover spostare il bambino. Idem l’idea di spostare i materassi direttamente sul pavimento, in modo da creare un’ampia “zona riposo” in cui ognuno trovi posto senza rischi di farsi male cadendo. Sicuramente da prendere in considerazione anche l’idea di cambiare letto, ovvero di acquistarne o farsene fare uno di misura più grande. È un acquisto impegnativo ma i cui vantaggi saranno a lungo termine, specialmente se si prevedono altri figli: la qualità del riposo è importante!


Qualunque sia la soluzione che adotterete, non lasciatevi intimidire dai giudizi altrui: se per la vostra famiglia funziona, e tutti sono sereni, allora sicuramente va bene!


Dormire vicine vuol dire per me stare tranquilla perché se tu hai freddo, oppure caldo, o se ti sei bagnata io sono lì vicino a te. Se dovessi piangere, ti potrei consolare subito, se hai fame o sete il seno è lì e non mi devo alzare. Dopo una giornata passata insieme, sarebbe impensabile per me separarci nel momento più dolce. Quando invece ci siamo dovute separare per qualche motivo, il dormire vicine per me è come rifare il pieno di te e rassicurarti che sono tornata. Dopo che ti sei addormentata succhiando il latte dal mio seno, posso alzarmi se voglio oppure leggo un po’, il tuo respiro e il tuo odore di bambina mi fanno sentire bene, non potrei dormire lontana da te! Soprattutto mi piace dormire insieme perché è bello stare sotto le coperte e sentire il contatto con la tua pelle profumata, le tue gambette, le tue braccia, la tua schiena liscia. So che prima o poi andrai a dormire nel tuo letto, come hanno fatto i fratelli più grandi di te, ma ora mi godo questo periodo così bello in cui possiamo dormire insieme.

Una mamma alla sua bambina di due anni e mezzo

Addormento Ester nel suo lettino in camera nostra, poi di notte la prendo su quando mi cerca per poppare e a quel punto la porto con noi nel lettone, dove rimane per il resto della nottata e quindi per tutte le poppate successive.

Giusi, mamma di Ester, 9 mesi

Il mio bambino ha dormito nel lettone praticamente fino a 4 anni di vita ed è stato allattato fino a due e mezzo. I risvegli notturni sono cessati spontaneamente quando aveva circa 18 mesi, senza che io abbia fatto niente. Devo dire che per me le poppate notturne non sono mai state un problema, allattavo quasi senza svegliarmi completamente e al mattino non sapevo dire quante volte avesse poppato. Da quando ha circa 4 anni dorme nel suo lettino, capita che durante la notte venga nel nostro letto e si riaddormenti, spesso ce ne accorgiamo soltanto quando ci risvegliamo la mattina dopo. Quando le mie amiche si sfogano e raccontano di pianti notturni, passeggiate su e giù nel corridoio con i bimbi in braccio, che magari si risvegliano subito non appena vengono rimessi nel loro letto, mi sento fortunata e non posso pensare a come sarebbe stato senza tetta o senza lettone…

Nel bilancio, accogliere nel lettone i miei due bambini dalla nascita fino ai primi anni forse ha reso il nostro lavoro di genitori più semplice e meno faticoso. Non so immaginarmi un altro modo, per la nostra famiglia. A volte ci troviamo ancora tutti insieme, stretti stretti, ed è divertente stare così per un po’.

Elena, mamma di Ornella e Gioele, di 8 e 6 anni

Quando è nato Angelo, ho provato a tenerlo nel lettone, ma non riuscivo a riposare, avevo paura di schiacciarlo. Lo abbiamo messo in una culla vicino al letto, di notte piangeva e io lo prendevo su per allattarlo, poi lo rimettevo giù. Per un po’ abbiamo continuato così, poi lui si risvegliava ogni volta che lo rimettevo giù, allora abbiamo iniziato a tenerlo con noi. Alla fine, abbiamo allargato il letto mettendo vicino un letto singolo della stessa altezza, con una spondina mobile dall’altro lato. Questa soluzione ha funzionato per diversi mesi, ora Angelo si addormenta dalla sua parte, ma poi, durante la notte si sposta verso di me e, se io non mi sveglio per rimetterlo al suo posto, la mattina ci risvegliamo tutti appiccicati…

Gloria, mamma di Angelo, 19 mesi

Tenevo Demetra in un lettino accanto a me, alla stessa altezza del lettone (in un negozio di animali avevo trovato una grossa brandina che serviva per i cani grandi). Non riuscivo a dormire altrimenti.

…Ma poi rimarranno per sempre nel lettone?

Come madre di 4 figli, di cui due oltre i 10 anni, mi sento pronta a scommettere tutto quello che possiedo che di sicuro, prima o poi, i vostri figli se ne andranno spontaneamente dal lettone. Questo avverrà anche se voi non farete proprio niente, allo stesso modo in cui prima o poi smetteranno di svegliarsi la notte, farsi la pipì addosso, aver bisogno della fiaba della buonanotte… Se aspettare questo momento diventa insostenibile, perché non riuscite a riposare bene (magari nel frattempo i piccoli ospiti sono diventati due…), parlare con il bambino diventa sempre più facile via via che cresce, e anche cambiare le postazioni notturne. Potete sempre attirare vostro figlio in un allettante lettino nuovo, creando insieme a lui un accogliente angolino tutto suo, con una piccola lampada, dei cuscini…

Se non si addormenta ancora da solo

Se il vostro bambino, sia che abbia 8-9 mesi, 2-3 anni o anche qualcuno di più, non si addormenta da solo, sappiate che ciò è perfettamente nella norma. Il delicato momento dell’addormentamento richiede infatti per la maggior parte dei bambini piccoli la rassicurante presenza di un adulto (di solito la mamma). Se tuttavia ritenete importante e necessario insegnare al vostro bambino ad addormentarsi da solo, ovvero se riconoscete che questo per voi è un bisogno davvero impellente, allora potete provarci, possibilmente con metodi rispettosi e non rigidi, che però non vengono trattati in questa sede. D’altra parte, pur di rimanere in prossimità dei genitori, alcuni bimbi si addormentano facilmente quando non ce la fanno più, ovunque si trovino…


Se anche voi appartenete al gruppo di mamme che non hanno mai provato a insegnare ai figli ad addormentarsi da soli e, per pigrizia, per piacere, o senza nemmeno chiedersi perché, trovano normale addormentarli al seno, o in braccio, o addosso, o sdraiandosi accanto ad essi, o in un altro modo ancora, se questo per voi funziona e vi trovate bene, perché rinunciarvi? Anche in questo caso, a un certo momento avverrà spontaneamente che i vostri bambini non ne avranno più bisogno…

Da 6 mesi a due anni e oltre: quanti risvegli?

Abbiamo già detto che è normale per i bambini piccoli svegliarsi la notte, ma nessuno sa dire quanti risvegli dovremmo aspettarci; in effetti non c’è risposta in quanto ogni bambino è un caso a sé. Ci sono bambini che si svegliano due-quattro volte in media, dalla nascita e fino all’anno o anche oltre. Il ritmo non è sempre uguale, ma variabile e probabilmente i risvegli saranno più numerosi in corrispondenza dello spuntare di un dente, di un raffreddore, durante un periodo particolarmente intenso o pieno di cambiamenti, in occasione dell’inserimento all’asilo nido o quando il bambino viene lasciato ad altre persone diverse dalla mamma… Se i risvegli sono più numerosi, occorre forse chiedersi se il bambino non sia troppo coperto, o non abbia qualche altro disagio che gli impedisca di riposare. Anche una vita troppo ricca di stimoli e la mancanza di ritmi regolari potrebbero influenzare la qualità e la quantità del sonno dei bambini, proprio come avviene per molti di noi adulti.


Alcuni bambini, fin da piccoli, dormono praticamente attaccati al seno della mamma e si risvegliano se lo perdono. Questa modalità per alcune madri va bene, mentre per molte altre alla lunga risulta faticosa a causa delle posizioni che si trovano ad assumere, con conseguenti dolori alla schiena o intorpidimenti, oppure anche a causa di possibili danni al capezzolo, che durante il sonno potrebbe spostarsi nella bocca del bambino e quindi venire abraso o compresso a causa di una presa scorretta.


Verso i tre anni la maggior parte dei bambini inizia a dormire più o meno ininterrottamente durante la notte, anche se continua a essere allattata. Molti bambini cominciano a dormire tutta la notte anche molto prima. Affermo questo non sulla base di dati scientifici documentati, ma in virtù dell’esperienza e dell’osservazione diretta.


Contrariamente alle previsioni di tutti, adesso Isabella dorme nel suo lettino vicino al nostro senza più svegliarsi durante la notte… fino ad un anno fa, le cose andavano ancora diversamente, e a volte non ce la facevo più e pensavo che non avrebbe mai smesso di svegliarsi per poppare. La mattina non mi sentivo riposata e avevo mal di schiena. La mia consulente in allattamento mi ha suggerito di provare a toglierle il seno la notte, ma io desideravo tanto che fosse lei da sola a farlo… e quando non ci credevo più, il momento è arrivato. Adesso dorme tutta la notte e si attacca al seno sporadicamente, a volte anche dopo giorni che non lo cercava.

Carla, mamma di Isabella, 4 anni

Per la Marta e Zac era rimasta solo la poppata a metà notte: si svegliavano nel loro lettino, si trasferivano autonomamente nel nostro letto, poi una poppata veloce e finivano per riaddormentarsi lì. Durante il giorno non sembrava neanche che se ne ricordassero, poi invece la notte eccoli puntuali. Per Sam l’ultima poppata è stata invece quella della sera per addormentarsi.

Il lato positivo: pochi minuti di poppa serale o notturna per veder dormire pacificamente un bambino fino al mattino mi sono sempre sembrati una fortuna. Considerato che il dormire nel lettone è sempre stato ammesso (e infatti anche adesso Sam, 5 anni, sfrutta abbondantemente questa possibilità), mi è successo varie volte di arrivare al mattino con un bimbo accanto che aveva anche preso la poppa, senza che me ne fossi accorta.

Il lato negativo: tanto mal di schiena per le posizioni assurde nel dare la poppa a letto ad un bimbo grande e sonno, tanto sonno, complice anche il fatto che la mattina ci alziamo prima delle 7.

Cecilia, mamma di Marta, Zaccaria e Samuele di 11, 8 e 5 anni

Riassumendo, qualche suggerimento pratico per notti serene

  • Nei primi mesi e anni di vita è normale che i bambini si sveglino di notte; sono biologicamente programmati per avere un sonno leggero e per cercare un contatto fisico frequente e prolungato con chi si prende cura di loro. Le poppate notturne sono importanti come minimo fino a quando il bambino non si nutre a sufficienza di cibi solidi, per molti bambini almeno fino all’anno di vita e anche oltre.

  • Per minimizzare il disagio delle poppate notturne, molte madri tengono i figli nel lettone, altre attaccano il lettino al lettone, facendo ben attenzione che non vi siano spazi in mezzo in cui il bambino potrebbe cadere. Altre famiglie mettono direttamente i materassi per terra. Alcune madri fanno dormire il bambino piccolo in un lettino singolo o più grande, dove possono anche loro sdraiarsi per allattarli e poi rialzarsi senza dover spostare il bambino, col rischio che si risvegli.

  • Ai bambini piccoli piace molto anche dormire insieme, nel senso di più fratellini nello stesso letto. Questo è possibile a partire dall’età in cui i bambini diventano abbastanza autonomi nel movimento e riescono a girarsi, scendere dal letto, scoprirsi…

  • Molte mamme hanno notato che se i bimbi consumano alimenti contenenti cioccolato e/o zucchero bianco nel tardo pomeriggio o alla sera, hanno poi molta più difficoltà a prendere sonno e a dormire tranquilli.

Quando vi sembra di non farcela più

Per molte madri gestire i risvegli notturni è facile e comodo con il seno, specialmente se ospitano il bambino nel lettone: riescono ad allattare sdraiate senza svegliarsi del tutto e infatti, al mattino, non ricordano neppure il numero di volte che il bambino ha poppato!


Tuttavia non sempre è tutto rose e fiori… gestire un bambino piccolo, la casa, un lavoro e magari altri figli è un compito molto impegnativo. Talvolta, quando le notti passate in bianco o quasi si susseguono una dopo l’altra, ci si alza al mattino già esauste e ci si potrebbe sentire come prigioniere in un tunnel di cui non si vede l’uscita. Alla grande stanchezza fisica e mentale poi potrebbero aggiungersi mal di schiena o crampi dovuti alle posizioni assunte durante la nottata. È in momenti come questi che tutte le buone intenzioni di rispondere ai bisogni dei nostri bimbi piccoli potrebbero vacillare, soffocate da un senso di sopraffazione dovuto alla fatica e alla mancanza di riposo.


Questo è di sicuro il momento di prendere in seria considerazione la cosa, e dedicarvi un po’ a voi, proprio perché il vostro benessere è la condizione che vi permetterà di prendervi cura al meglio della famiglia e del piccolino.


La cosa più importante che potete dire alla vostra immagine assonnata, riflessa nello specchio, è “Complimenti!”. Infatti state facendo del vostro meglio come madri e come donne: è normale sentirsi stanche e non dormire notti intere quando si hanno bimbi piccoli ed è giustificato provare sentimenti di sconforto o di rabbia.


In momenti così molte madri trovano assai utile sfogarsi con altre madri o con la consulente in allattamento di fiducia: spesso parlare ed essere ascoltate senza venire interrotte e criticate o giudicate è di grande aiuto, a volte superiore alle aspettative. La possibilità di confidarsi in libertà fa scattare sovente quella molla che permetterà di vedere la situazione con maggiore lucidità e di riuscire a fare chiarezza dentro di sé: sarà più facile così trovare la propria personale strada per sbloccare la situazione e acquisire nuove risorse ed energie per affrontarla.


Se vi trovate dunque nella situazione di “non poterne più”, potrebbe essere un’ottima idea quella di cercare ascolto e aiuto (vedi anche oltre, in Appendice, “Risorse utili in Rete”), e nel frattempo magari prendervi un attimo di tempo per esaminare la situazione nel suo complesso, anche seguendo gli spunti che seguono:


RITMI DEL BAMBINO - Voi e lui avete sufficiente tempo da passare insieme? Come sono scandite le sue giornate? A che ora va a letto la sera? La maggior parte dei bimbi non dorme bene se va a letto tardi, oltre le 9-9.30, mentre curiosamente se vanno a letto presto, è più probabile che dormano meglio.


ALIMENTAZIONE DEL BAMBINO (E DI TUTTA LA FAMIGLIA) - C’è consumo frequente di cibi confezionati? Bevande zuccherate? Dolciumi? Queste abitudini, specialmente nel pomeriggio e alla sera, potrebbero non favorire un sonno tranquillo.


RITI SERALI - Molte mamme trovano che un rito serale prima della nanna aiuta a conciliare il sonno, come ad esempio un bagno caldo, una canzoncina, sempre quella, l’accensione di una piccola candela e – per i più grandicelli – una piccola tazza di tisana, il racconto di una fiaba tranquilla…


DISTURBI FISICI - Forse i risvegli frequenti sono dovuti a un dente che sta spuntando, oppure a un raffreddore, alla presenza di vermi intestinali o altro malessere? Ha iniziato a svegliarsi di più dopo una vaccinazione? Se il bambino è ammalato, le poppate possono aiutarlo a ritrovare la quiete e a combattere eventuali infezioni o infiammazioni, oltre che a mantenerlo idratato.


STATE VIVENDO UN PERIODO PARTICOLARMENTE INTENSO? - Cambiamenti nei ritmi usuali, come la partenza o il ritorno dalle vacanze, oppure il rientro di mamma a lavoro con il conseguente inserimento al nido o il passare delle ore con una persona diversa, potrebbero essere fonte di nottate più agitate.


RECUPERA DI NOTTE? - Accade spesso che i bambini che durante il giorno devono adeguarsi a stare lontani dalla mamma cerchino di “rifarsi” di notte.


Sara ha quasi 13 mesi e siamo ancora in pieno allattamento, nel senso che quando sono al lavoro, ciuccia tutta la notte fino alle 6.30 e un paio di volte tra il pomeriggio e la sera.

Maria Cristina, madre di Anna 3 anni e mezzo, e di Sara

Questo avviene specialmente con i secondi (terzi, quarti, …!) figli, che cercano durante la notte quelle attenzioni personalizzate e il contatto che è più difficile ottenere durante il giorno, quando ci sono anche i fratellini.

E per voi…

La cosa migliore da fare è parlarne con qualcuno che vi capisca e non vi sommerga di consigli e raccomandazioni, ma soprattutto qualcuno che sappia ascoltarvi senza esprimere giudizi. Abbiamo già parlato dei gruppi di auto-aiuto per l’allattamento e della consulente professionale IBCLC. Prima e oltre a queste risorse, l’appoggio e un aiuto pratico da parte del partner in questi casi possono fare una grande differenza, come quello degli altri familiari a voi più vicini e delle amiche care. Purtroppo, a volte è proprio con queste persone che non ci si può sfogare.


Dopo che vi siete rilassate, provate a riconsiderare con distacco tutta la situazione: è veramente così pesante per voi? Quali piccoli cambiamenti che vi farebbero stare meglio potreste introdurre da subito? È forse il caso di rivedere tutto quello che state facendo attualmente, e stabilire una scala di priorità, eliminando o alleggerendo qualche impegno? Di nuovo, parlarne con il vostro partner o con la consulente in allattamento o con una cara amica, potrebbe forse essere un modo per aiutarvi a fare chiarezza.


Esaminate accuratamente il calendario della settimana e cercate i momenti in cui potete concedervi un po’ di riposo. Forse vostra madre potrebbe tenere il bambino un pomeriggio per permettervi di recuperare un po’ di sonno, oppure stasera potreste andare a letto presto con il bambino e lasciare che i piatti li lavi il papà, o rimandarli a domani?


Prendete in esame l’idea di cercare aiuto pratico per le faccende domestiche, e/o di suddividere e condividere con le amiche e/o con il papà compiti quali la spesa, il portare-riprendere i bimbi da scuola o dalle attività pomeridiane.


Prendete in seria considerazione l’idea di concedervi una o più possibilità di ricarica, di rigenerazione delle vostre energie, di gratificazione: la visita da sole a uno dei vostri musei preferiti, un cinema, un giro in centro città per negozi, il parrucchiere, un massaggio rilassante, una tonificante nuotata in piscina, iscrivervi a un corso di yoga… quello che fate per migliorare il vostro equilibrio ed essere più serene si ripercuoterà sul benessere di tutta la famiglia!


Provate a ripercorrere mentalmente tutta la vostra maternità, dalla gravidanza a oggi: ci sono stati tanti momenti difficili e altri più facili, tutti sono stati momenti di crescita e a ogni piccola crisi è seguito un nuovo equilibrio… probabilmente sarà così anche questa volta!


Potete inserire anche per voi un piccolissimo rito serale, che può essere una tisana calda, una musica rilassante, una doccia profumata…


Alcune volte può essere utile per voi un rimedio erboristico in tintura madre, come ad esempio il tiglio o il biancospino, soprattutto se avete difficoltà a riaddormentarvi dopo la poppata. Fatevi consigliare dal vostro erborista di fiducia.


Comunque, nutrite la vostra autostima pensando a quante cose state facendo, tra cui quella importantissima di crescere dei figli… un periodo di stanchezza è possibile e comprensibile, no?

Domande frequenti su allattamento oltre i primi mesi e sonno

  • È vero che i bambini allattati al seno continuano più a lungo a svegliarsi durante la notte?
    Anche se esistono numerose eccezioni, la maggior parte delle volte effettivamente è così: sembra che i nostri buongustai non vogliano perdersi il privilegio e il gusto di una ciucciatina di latte dal seno della mamma e così continuano a svegliarsi più a lungo di quelli non allattati… e questo è vero a maggior ragione se si condivide il letto.

  • È vero che se si insegna presto (nei primi mesi) ai bambini a dormire da soli, poi non verranno mai più nel lettone?
    No, non è detto che sia così, anzi pare che sia più vero il contrario. Molti bambini che da neonati dormono nella culla o nella carrozzina, poi passati i primi mesi reclamano la compagnia e il contatto con mamma e papà. Il dormire vicino all’adulto è per molti bambini un vero e proprio bisogno che può manifestarsi anche in epoche successive.

  • Si può insegnare ai bambini a non poppare durante la notte?
    Quasi sempre sì, purché il bambino non sia troppo piccolo: per alcuni bimbi già verso l’anno di vita o poco oltre. Durante il giorno, iniziate a dire al vostro bambino che la notte la tetta fa la nanna, mentre continuate ad allattarlo come al solito fino al momento prima di andare a letto. La notte potrete consolarlo e riaddormentarlo in altro modo: cullandolo, carezzandolo, prendendolo in braccio e passeggiando, cantando una dolce ninna nanna, raccontando una storiella sotto voce e – magari – facendovi aiutare dal papà. Se funziona, dopo qualche sera vedrete che i risvegli diminuiranno fino a cessare; se invece il bambino piange disperato e continua a farlo, evidentemente non è pronto per questo passo oppure non è un periodo buono per proporre cambiamenti così importanti. Allora si può rimandare e riprovare dopo qualche settimana o dopo qualche mese. Molte mamme aspettano le ferie o comunque un periodo di tranquillità. Talvolta funziona limitare la durata della poppata notturna, ovvero dire al bambino che si conta fino a 10 o a 20 e poi si dovrà staccare… questo potrebbe portare in breve tempo alla cessazione delle richieste notturne. Funziona soprattutto con i grandicelli (oltre due anni) e il cambiamento deve essere annunciato prima, ovvero durante il giorno o prima di andare a letto, e non quando il bambino sta poppando mezzo addormentato.


    Ci vuole pazienza e soprattutto perseveranza; se si è veramente convinte e si mostra sicurezza, il bambino lo percepirà e si adeguerà in tempi più o meno brevi. Ottimo, in questo periodo, aumentare le gratificazioni per il bambino ed eventualmente inserire nuovi riti, come ad esempio il racconto o la lettura di una fiaba, dedicare durante il giorno più tempo alle attività condivise ecc.

    Anche in questo caso, è bene sempre osservare come reagisce il bambino e agire di conseguenza: pianti disperati e inconsolabili indicano evidentemente che non è ancora pronto, o che bisogna cambiare strategia. Al solito, utile o talvolta indispensabile il confronto con altre mamme e magari una telefonata o un incontro con la propria consulente professionale in allattamento.

  • E se devo trascorrere una notte (o più) fuori casa?
    Per molte madri portare sempre con sé i figli piccoli è normale, quando si spostano per lavoro o per altri motivi. A volte però, si può stabilire che è troppo complicato e quindi decidere di rinunciare al viaggio oppure di lasciare i piccoli a casa. In questi casi, come fare con l’allattamento? Dipende molto dall’età del bambino: finché il latte materno rappresenta una parte importante della sua dieta, sarebbe meglio (se possibile) evitare o limitare al massimo la separazione notturna, o magari lasciare a chi si occupa del bambino una scorta sufficiente di latte spremuto, da conservare in frigorifero o nel congelatore. Per bambini più grandi, se ritenete di poterli lasciare a qualcuno la notte, probabilmente le cose andranno bene. Sta a voi decidere se lasciare oppure no una piccola scorta di latte spremuto, per facilitare il compito di chi si occuperà del bambino. Per evitare eventuali ingorghi, ricordatevi di spremere manualmente un po’ di latte, non appena avvertite una sensazione di pesantezza e turgore al seno. Potete, se il bambino è abbastanza grande, spiegargli qualche giorno prima che dovrete recarvi nel tal posto, o che lui si recherà al mare con la nonna, e che non ci sarà la tetta per un po’, ma che potrà averla al vostro ritorno. L’allattamento può e dovrebbe continuare, e di per sé non impedisce di trascorrere una o più notti separate dal bambino, anche se di fatto può rendere le cose più complicate e il distacco più difficile. Al momento del ricongiungimento, una poppata sarà la migliore ricompensa per voi e soprattutto per il bambino. Alcune mamme approfittano invece proprio di un distacco notturno per smettere di allattare; dipende anche in questo caso dalla situazione personale: se il bambino è grande (oltre i 2-3 anni) e già poppa soltanto sporadicamente, potrebbe essere lui stesso a non chiedervi più il seno.

Al ritorno, sia che la notte di separazione sia andata bene oppure no, cercate per quanto possibile di offrire tante coccole e tempo supplementare a disposizione del bambino.


È utile anche imparare a rispettare e ad accettare la sua (e ovviamente la vostra) estrema difficoltà e riluttanza a dormire separati: non solo diversi bambini ma anche molte madri non si sentono pronte a questo passo per diversi anni. Non è possessività ma piuttosto normale e sano attaccamento che non pregiudica certo il fatto che i figli diventino indipendenti, quando sarà il momento (vedi oltre al paragrafo Bisogni della madre).

3 - ALLATTARE IN PUBBLICO

Allattare in pubblico è una pratica che si sta diffondendo sempre di più, ma attorno alla quale ci sono ancora sentimenti di diffidenza, sia da parte delle madri che allattano che delle persone che assistono alla scena. Ovviamente, tanto maggiore è la diffidenza quanto più grandicello è il bambino… come regolarsi?


Come sempre, non esistono regole fisse o generalizzazioni, piuttosto ci sono tante modalità quante sono le madri, e tutte vanno bene se rendono l’allattamento piacevole per voi e per i bambini. È chiaro che quanto più un bimbo è piccolino, tanto meno sarà in grado di aspettare quando manifesta il bisogno di poppare. Crescendo, le cose cambiano: i bambini richiedono meno di poppare e contemporaneamente imparano a tollerare delle regole. Spesso però questi cambiamenti avvengono con più lentezza di quanto si sarebbe portate a credere. Infatti i bambini allattati a richiesta si abituano a questa modalità (che del resto è quella normale) e non sempre accettano di buon grado di dover rinunciare ad attaccarsi al seno quando vogliono, perché non ne comprendono la ragione.


Il fatto di allattare in pubblico implica il grande vantaggio di rendere più facile muoversi ovunque insieme al bambino, sia che abbia un anno, due o più. Questo è vero innanzitutto quando si hanno più figli: sapere che il piccolino starà tranquillo e a suo agio ovunque lo si porti può essere molto rassicurante e rendere la vita più facile non solo durante le passeggiate e le gite, in traghetto o visitando monumenti e musei, ma anche in situazioni come le recite dei fratellini più grandi, le riunioni a scuola, quando si accompagnano gli altri in piscina o in palestra ecc. In spiaggia è comodo allattare: il bimbo che gioca nella sabbia può contare su una bevanda ricca di vitamine e sali minerali e priva di ingredienti indesiderati, in contenitori puliti e senza il rischio che tutto si rovesci per terra!


Usiamo ancora la fascia porta-bebè ad amaca, e per me è molto comoda quando il mio bambino (20 mesi) è stanco di camminare. Anche quando siamo fuori e lui vuole poppare, con l’abbigliamento giusto e la fascia posso allattarlo praticamente ovunque e nessuno se ne accorge.
Per me allattare è un modo semplice e veloce di rispondere ai bisogni di Giorgia di fame, sete, contatto, riposo… lo era quando Giorgia era neonata e lo è ancora oggi che ha 14 mesi. Non mi interessa se a volte mi guardano in modo strano, io continuo ad allattare ovunque, è capitato durante un concerto, al supermercato ed è capitato persino in chiesa, quando siamo andati alla messa di mezzanotte. La mia bambina così è tranquilla e collaborativa, e insieme possiamo andare ovunque, tutti mi fanno i complimenti per quanto è brava ed io penso che è anche merito della fascia porta-bebè e dell’allattamento.
Mi trovavo sul traghetto che ci stava portando in Sardegna per le vacanze estive. Non avevamo una cabina, il viaggio era lungo e la mia bambina di quasi 3 anni dava evidenti segni di stanchezza… cercando di coprirmi un po’ con la felpa di mio marito (sia per l’imbarazzo, vista l’età della bambina, che per la fastidiosa aria condizionata), mi sono messa ad allattarla al tavolo dell’affollatissimo ristorante self-service dove stavamo pranzando, con gli altri tre figli. C’era una signora seduta poco lontano con il marito e i figli, con la quale ci scambiavamo occhiate di simpatia da un po’ di tempo, visto che anche lei aveva 4 bambini che scorrazzavano per il ristorante… dopo un po’ ha iniziato anche lei ad allattare l’ultimo della famiglia, che ad occhio mi sembrava anche più grande della mia Giulia… allora ci siamo sorrise e lei mi ha detto: “Non osavo farlo, ma visto che lo fai anche tu…” poi ci siamo messe a parlare di figli e di allattamento, e anche lei come me aveva allattato tutti e 4 i figli per anni. È stato molto piacevole per una volta non sentirsi una “mosca bianca”!

Quindi, se da un lato è chiaro che avverrà senza forzature che il vostro bambino diminuisca a poco a poco le richieste di poppare fuori casa, su quando questo succederà possono però esserci delle grandi differenze: alcuni bambini dopo i 12-18 mesi poppano poco di giorno, altri ancora a due anni o più cercano il seno della mamma ogni volta che questa si siede, ciucciano e si staccano subito, quasi a cercare una rassicurazione o una ricarica. La maggior parte si comporta in modo intermedio, ovvero alternando giorni in cui chiede poco ad altri in cui non si staccherebbe mai, oppure richiede il seno solo in situazioni particolari come in caso di noia, stanchezza, rabbia, piccoli incidenti…


Può accadere, e di fatto accade, che a volte la madre sia infastidita dalla richiesta di poppare fuori casa del suo bambino, specialmente se si trova in un contesto in cui si sente esposta a commenti negativi e giudizi…


Adesso che ha tre anni, non mi va più di allattare Elena in pubblico, se non in ambienti in cui sono sicura di non ricevere commenti indesiderati. Mi secca proprio il fatto di suscitare interesse e critiche, e siccome mi conosco e so che mi arrabbio facilmente, preferisco evitare le discussioni. Elena ha capito e di solito non fa storie, sa che potrà poppare dopo a casa oppure in macchina.
Quando Tommaso (21 mesi) mi chiede di poppare fuori ed io non voglio, inizia a fare i capricci e a piangere così forte che a volte mi sento costretta ad accontentarlo, per farlo tacere, ma dentro di me sento che sto sbagliando e che non dovrei dargliele tutte vinte… tutti mi dicono che dovrei smettere di allattare, ma a me sarebbe piaciuto continuare finché lui smetterà da solo, non so cosa fare…
Sto ancora allattando mia figlia Emma che ha 27 mesi. La cosa è abbastanza piacevole, anche se non avendo mai posto regole di orario e luogo, adesso comincio un po’ a scocciarmi quando la richiesta avviene in luoghi pieni di gente (e non per la cosa in sé, quanto per gli immancabili commenti), comunque se non riesco a convincere mia figlia a rimandare un poco cerco di fare il tutto con disinvoltura, ma in modo discreto, come ho sempre fatto.

Alessia


O che non siano i giudizi a infastidire, quanto la scomodità…


Durante il giorno non mi pesa allattare se non quando mi chiede posizioni strambe fuori casa, ma abbiamo raggiunto un accordo e in piedi sulla panchina proprio non si può.

Più i bambini crescono e più diventa facile per loro comprendere e accettare delle regole, e rispettare i bisogni altrui, sempre che le proposte siano realistiche rispetto alla loro età, formulate nel modo appropriato e motivate chiaramente. Se è quasi impossibile quando un bambino sta piangendo disperatamente fargli capire che in quel momento proprio non si può poppare, sarà più facile parlargli in un altro momento, quando è tranquillo e più disponibile ad ascoltarvi.


Capita che siamo in giro e chiede: “Mamma, tetta” poi mi guarda e dice “Noo, tetta noo!” ma arriviamo alla macchina e lì se la gode appieno.

Greta, mamma di Matilde 17 mesi e mezzo


Potrete allora spiegargli che fuori casa (oppure nel tal posto) non si può proprio più allattare, perché la mamma non vuole essere guardata, o perché è fastidioso per lei doversi scoprire, o perché per lei è scomodo… Sarà utile tenere in borsa qualche piccolo dolcetto o uno spuntino, acqua da bere e un giocattolo, o qualche altra piccola distrazione da offrire quando il bambino vi chiederà il seno.


Come in tutti gli altri aspetti dell’essere genitore, saranno necessari da parte vostra tanta pazienza e amore, fermezza ma anche flessibilità, ovvero la capacità di saper valutare i risultati delle proprie decisioni e, se non funziona, essere anche pronti ad ammettere che forse è il caso di rivederle.

Suggerimenti pratici per un felice allattamento in pubblico

  • Allattare in pubblico può essere molto meno imbarazzante di quanto la maggior parte della gente possa pensare, e questo è valido anche per il bambino grandicello. Ogni merendina confezionata o bevanda zuccherata è meno sana del vostro latte, per non parlare di caramelle e altri dolciumi.

  • La chiave per un’esperienza soddisfacente è l’abbigliamento giusto, ovvero tale da consentire al bambino di poppare comodamente senza che voi dobbiate fare lo spogliarello o rimanere strangolate da parti di indumenti… l’ideale è un body o una canotta dallo scollo profondo sotto, e poi sopra camicie e maglioncini abbottonati davanti, oppure incrociati e i cosiddetti “scaldacuore”. Ovviamente, adattissime le magliette da allattamento, da quelle acquistabili nei negozi appositi o su internet alle fantasiose varianti casalinghe.

  • Se il problema per voi è l’imbarazzo di scoprire il seno o di far vedere che il bambino sta ciucciando, sappiate che con un po’ di pratica si può allattare un bambino anche grandicello senza che nessuno se ne accorga… Oltre a indossare abiti comodi, esistono altri espedienti; ad esempio molte madri trovano molto utile tenere in borsa un cappellino con la tesa per il bambino, e magari un foulard, uno scialle o una sciarpa leggera da potersi accomodare sulle spalle. Anche l’uso della fascia porta-bebè può rendere le poppate fuori casa molto più facili e praticamente invisibili, se si tira su il lembo della fascia in modo da avvolgere seno e testa del bambino (verificando che respiri bene).

  • In occasioni come recite, riunioni, concerti o spettacoli all’aperto, cene di gruppo… l’allattamento può essere un valido aiuto per tenere il bambino sereno e permettere a voi di godere appieno dell’evento, sedute come tutti gli altri, senza per questo dover lasciare a casa il più piccino. Se avete in programma qualcosa del genere, scegliete con cura l’abbigliamento e ricordate di portare con voi giocattoli o spuntini da offrire all’occorrenza.

  • Allattare un bambino grandicello fuori casa per molte madri significa trovarsi a dover ricoprire subito il seno senza poterlo lasciare asciugare all’aria, e magari attaccare al seno un bambino che ha appena mangiato qualcosa o bevuto bevande zuccherate… questo talvolta potrebbe favorire l’insorgere di arrossamenti, eventuali reazioni allergiche fino alla possibilità di eczema, un disturbo che può diventare molto fastidioso. Se avvertite i primi sintomi (arrossamento, prurito, fastidio) cercate di indossare abbigliamento di puro cotone, meglio se bianco, e di far lavare bene la bocca con acqua al bambino se ha mangiato, e una volta a casa tenete il seno all’aria. Lo stesso può avvenire al mare, con il costume umido, e in piscina: in questi casi, si consiglia di cambiare il costume o toglierlo per un po’ di tempo, indossando invece una maglietta bianca di cotone, possibilmente senza reggiseno.

  • Alcune mamme tengono sempre in borsa una bottiglietta d’acqua e dei fazzoletti di carta. Effettivamente, un fazzolettino inumidito è il mezzo più semplice ed ecologico per pulire mani e visi sporchi, anche quando i bimbi vogliono poppare, e può rivelarsi utile al cambio del pannolino. Può servire anche per dissetare voi stesse durante la poppata oppure il bambino, se desidera dell’acqua. Quando l’acqua finisce, si può riempire la bottiglietta a qualche fontana oppure farsela riempire in un bar. Economico ed ecologico insieme!

Infine, vorrei invitarvi a riflettere sul grande valore culturale del semplice gesto di allattare un bambino in pubblico: state mostrando qualcosa di bellissimo a chi ha la fortuna di vedervi! I bambini potranno imparare dal vivo uno stile genitoriale sano e gli adulti potranno apprezzare una bella scena d’amore e, comunque, approfittare dell’occasione per riflettere sulla normalità della pratica dell’allattamento.

4 - BISOGNI DELLA MADRE E BISOGNI DEL BAMBINO CHE CRESCE

Allattamento, dipendenza e indipendenza

Uno degli ostacoli al protrarsi dell’allattamento oltre i primi sei mesi è – ancora una volta – la mancanza di aspettative realistiche, ovvero molte madri pensano (perché viene loro fatto credere) che, nel momento in cui il bambino inizia a mangiare, finirà quel rapporto così stretto fatto di poppate ravvicinate giorno e notte. Questo immancabilmente non accade, e allora si dà spesso la colpa all’allattamento e le madri vengono convinte a svezzare anche per recidere il cordone ombelicale una volta per tutte e recuperare così la tanto agognata indipendenza, insegnando al contempo al figlio a essere lui stesso più indipendente. Ma siamo sicuri che questo passaggio rappresenti davvero una necessità improcrastinabile, quando si ha un bimbo di qualche mese? Cosa significa recuperare la propria indipendenza, finché i figli sono piccoli? Abbiamo già detto che la spinta all’indipendenza definita come capacità del bambino di stare senza la sua mamma, e della mamma di condurre esattamente la vita che faceva prima del bambino, senza rinunciare a niente, è attualmente parte del nostro sistema culturale (vedi capitolo 3). A mio parere questa è una visione distorta del termine.


Ci viene rinfacciato di continuo che allattando oltre i primi mesi stiamo crescendo un esercito di mammoni, mentre invece nessuno o quasi ci dice che non solo è normale ma anche sano il fatto che fra mamma e bambino vi sia una mutua dipendenza, e che questa sia favorita dall’allattamento naturale, per i primi anni di vita del bambino. Questo non impedisce di crescere figli che sapranno rendersi indipendenti dai genitori al momento opportuno, e che di fatto ce lo dimostrano ogni giorno, quando assistiamo con orgoglio ai loro tentativi di imitarci e fare le cose da soli.

Cure prossimali, allattamento e ormoni

È risaputo che gli ormoni che presiedono all’allattamento, ovvero la prolattina (indispensabile affinché avvenga la produzione di latte) e l’ossitocina (responsabile della discesa e della fuoriuscita del latte) hanno anche effetti sul comportamento della madre e del bambino. Mentre la prolattina favorisce il relax ed è l’ormone del senso materno per eccellenza, l’ossitocina è conosciuta con il nome di “ormone dell’amore”: viene secreta e rilasciata in grandi quantità nel nostro organismo durante il parto e subito dopo, quando provoca la contrazione dell’utero, e poi durante l’allattamento, a ogni poppata. L’ossitocina è inoltre implicata nella vita sessuale, in quanto viene rilasciata anche durante l’eccitazione amorosa e soprattutto l’orgasmo. Oggi sappiamo che, oltre a far contrarre gli organi-bersaglio (utero e ghiandole alveolari del seno), l’ossitocina influenza anche gli stati mentali, favorendo la creazione di legami emotivi forti, l’attitudine alla socializzazione e promuovendo il benessere della persona: sembra infatti che abbia effetti positivi sulla regolazione della temperatura corporea, sulla pressione e sulle difese immunitarie. Questo ormone quindi facilita il legame di coppia e quello madre-bambino ma non solo: il suo rilascio è infatti collegato a tutti i momenti di condivisione, altruismo e amore verso il prossimo.


Subito dopo il parto, il ruolo dell’ossitocina è importantissimo, infatti normalmente sia nella madre che nel neonato questo ormone raggiunge un picco talmente alto da avere effetti a lungo termine nel favorire la creazione di un forte legame affettivo e di dipendenza reciproca; ma affinché questo picco si verifichi, è necessario che ai due sia permesso di rimanere a contatto senza essere disturbati, e che il parto sia meno medicalizzato possibile: infusioni di ossitocina sintetica e l’uso di analgesici possono infatti impedire il normale rilascio di ossitocina nella madre. Il fatto che il contatto pelle-a-pelle subito dopo il parto e l’inizio entro le prime due ore dell’allattamento al seno siano importanti anche a lungo termine, per la formazione del legame madre-bambino e per la buona riuscita dell’allattamento, è provato da numerosi studi. Questi dimostrano che, statisticamente, le madri che hanno avuto questa possibilità allattano più facilmente e più a lungo, e l’avvio immediato (entro 2 ore dal parto) dell’allattamento è diventato parte delle raccomandazioni OMS per favorire il successo dell’allattamento e fanno parte dei “10 passi” dell’Iniziativa OMS-UNICEF Ospedali Amici dei Bambini.


Un’informazione importante è che durante l’allattamento, se questo avviene in modo esclusivo e a richiesta per i primi sei mesi, i livelli di prolattina nella madre, pur abbassandosi nel tempo, rimangono più alti rispetto a quando non sta allattando. Quelli di ossitocina tendono addirittura a crescere, e questo effetto continuerà per tutta la durata dell’allattamento, ovvero anche per anni. Questo significa che durante l’allattamento, e in virtù di questo, la madre è ormonalmente predisposta a prendersi cura del bambino, a tenerlo vicino, cullarlo e offrirgli attenzioni fatte di contatto fisico frequente e prolungato. Analogamente, alti livelli di ossitocina rendono per mamma e bambino dolorosi il distacco e la lontananza. Le conseguenze sono che l’allattamento favorisce le cure prossimali, cioè che prevedono la ricerca di un contatto continuo e ravvicinato, anche durante il sonno. Ma non è tutto: oltre a predisporre naturalmente la donna a prendersi cura del bambino nel modo migliore, lo stato ormonale collegato all’allattamento favorisce anche una maggiore resistenza della madre agli sforzi fisici e agli stress psicologici, proteggendola dagli stati depressivi e di ansia.

Questo ha delle implicazioni non soltanto a livello di singola diade madre-figlio, ma, potenzialmente, anche a livello molto più ampio: come asserisce Michel Odent,

Nella misura in cui le caratteristiche di un determinato gruppo culturale sono indotte dagli equilibri ormonali medi della popolazione, dovremmo chiederci quali siano le peculiarità della nostra società all’inizio del ventunesimo secolo. Una caratteristica degna di nota è il fatto che facciamo pochi figli. Un’altra è la brevità del periodo dell’allattamento, che solitamente si conclude in alcuni mesi, mentre nella maggioranza delle altre culture continua per degli anni. In altre parole, le donne di oggi rilasciano alti livelli di prolattina per un periodo molto breve della loro vita. Forse il profilo ormonale femminile si sta mascolinizzando?4


Uscire da sole

Quando nasce un bambino, il suo habitat naturale continua a essere il corpo della madre e di fatto è comodo tenerlo sempre vicino a sé, giorno e notte. È facile uscire con un piccolo bebè nella fascia, specialmente se si allatta, e i suoi ritmi di sonno-veglia non risentono del fatto di essere in giro piuttosto che a casa, se può stare vicino alla sua mamma. Dopo i primi sei mesi di vita del bambino, più o meno quando inizia con i cibi solidi, potrebbe diventare più difficile portarsi il bambino dappertutto e a qualsiasi ora, ma allontanarsi da casa senza il bambino potrebbe risultare a poco a poco più facile per la madre, soprattutto in caso di uscite brevi. In realtà, mentre molte madri continuano a vivere quasi in simbiosi con il bambino limitando al massimo i momenti di separazione, per molte altre qualche ora di lontananza diventa inevitabile in quanto devono tornare a lavoro.


Per quanto riguarda le attività extra (sport o svaghi) il fatto di allattare non è un impedimento a praticarle, anche se, per tutto quanto detto sopra, potrebbe essere più difficile lasciare il bambino a qualcuno. D’altra parte, a volte portarlo con sé potrebbe rivelarsi una buona idea…


Portarsi il figlio in palestra? Io portavo con me Demetra a 2 mesi e la allattavo tra un esercizio e l’altro. È stata un’esperienza molto bella perché ho condiviso con tante ragazzine diciottenni la naturalità dell’allattamento. Mi davano un posto speciale, sollevato da terra per appoggiarvi Demetra con l’ovetto. Per me era importante per il recupero della funzionalità piena delle vene.


Non è impossibile uscire la sera, ma – che si allatti o meno – quando si hanno bambini piccoli potrebbe diventare difficile e, a volte, quasi improponibile: prima di tutto si è stanche, e poi di fatto la sera ci sono tante cose da fare, i bambini sono stanchi e nervosi e per chiudere la giornata c’è bisogno di tranquillità e intimità. Molte madri riferiscono di non desiderare affatto uscire la sera, o di non riuscire a farlo, e rimandano quindi di qualche mese (o anche anno) le serate fuori in compagnia, riconoscendo che tutto sommato in quel momento ci sono delle priorità più importanti. Questo può essere ancora più vero quando si è ripreso a lavorare fuori casa e il bambino frequenta già l’asilo nido oppure sta con i nonni: non solo la sera si è forse più stanche, ma i momenti in cui si può stare insieme ai figli diventano ancora più preziosi e importanti.


Per altre mamme, invece, è essenziale concedersi un’uscita senza figli di tanto in tanto, e riescono a organizzarsi con i nonni oppure con la baby-sitter. Si può uscire dopo che si è addormentato il bambino, sempre che sia abituato a farlo presto. Se questo è il vostro caso, perché no? L’importante è affrontare le cose via via che si presentano, senza preconcetti o troppe aspettative, e soprattutto senza costringersi a prendere decisioni se non si vivono con serenità e soddisfazione, ma chiedendosi se derivano da reali bisogni personali o piuttosto da pressioni di tipo sociale.


Quando Viola aveva circa 1 anno, Tommy 4 e Valentina 6, dopo molte insistenze ho convinto mio marito a frequentare insieme un corso di danze popolari, che si svolgeva dopo cena una volta alla settimana per circa 10 incontri. Allora, quella sera preparavo la cena presto, tutti i bambini erano già in pigiama, e poi li portavo a nanna velocemente mentre lui lavava i piatti. Mi ricordo che Tommy non si addormentava mai prima che arrivasse la baby-sitter, ed era un po’ difficile uscire puntuali per le nove… Tornavamo verso le 11.30, giusto in tempo per la prima poppata notturna di Viola. È stato molto divertente, la prima cosa che abbiamo fatto insieme da soli dopo anni e anni… ne è valsa la pena anche se effettivamente poi era dura recuperare il sonno perduto e poi fra corso e baby-sitter alla fine è stato un bell’impegno economico. Normalmente, per tutti questi motivi, le nostre uscite serali a due sono rare, forse due-tre all’anno, ma per noi va bene così.

Sofia, mamma di Valentina, Tommaso e Viola di 9, 7 e 4 anni


La maternità può rappresentare l’occasione di crearsi un giro di interessi e amicizie nuove per cui diventa piacevole uscire con il bambino per motivi più disparati; un esempio sono i gruppi di auto-aiuto per l’allattamento e di dopo-parto, in cui a volte si creano amicizie che rimangono tali anche una volta che i bambini crescono. È divertente stare in compagnia con altre famiglie con bambini, e a volte il grado di amicizia può spingersi fino a condividere le vacanze; può risultare tutto meno faticoso quando si è in due o più famiglie: provare per credere!


In conclusione, è probabile che l’allattamento possa ritardare il momento in cui uscirete di casa a cuor leggero senza il bambino, sia di giorno che di sera. Questo potrebbe non rispecchiare i vostri piani o le vostre aspettative, o magari quelle di vostro marito o di chi vi circonda e si meraviglia di quanto sia per voi ancora difficile separarvi dal bambino anche per poche ore… Credo che anche in questo caso sia utile provare a cambiare prospettiva, considerando le cose da un punto di vista differente, ovvero non è “colpa” dell’allattamento se voi e vostro figlio siete legati a tal punto da rendere doloroso ogni distacco, ma è naturale che sia così, e probabilmente lo sarà finché è piccolino. È anche vero che dovrebbe essere normale proseguire la propria vita sociale coinvolgendovi i propri bambini piccoli (allattati o meno), anche se questa è forse una modalità oggi non tanto comune, al pari dell’allattamento oltre i primi mesi, e come questo da riscoprire. Anche perché le cose cambiano per gradi e con naturalezza con il passare degli anni, ovvero avverrà spontaneamente che i vostri bambini conducano una vita sociale sempre più separata dalla vostra.

Poppa “troppo”?

Può accadere, e di fatto accade spesso, che vi siano giornate in cui il vostro bambino vi richiede più di quanto voi siete disposte a dare: più pazienza, più attenzioni, più capacità di auto-controllo, …e fra qualche anno, sicuramente, ci saranno giornate in cui vi chiederà ancora più pazienza e poi forse anche più televisione, più dolciumi, più tempo per seguirlo nei compiti scolastici… beh, cosa c’è allora di strano se a volte adesso vi sembra che vi richieda più poppate di quante voi vorreste offrire?!?


Premesso questo, se vi trovate in questa situazione, occorre innanzi tutto rivalutarla con occhi realistici, e possibilmente non durante momenti di grande stanchezza. È quindi molto utile chiedersi se le richieste sono davvero troppe tenendo conto di alcuni fattori: l’età del bambino, il reale numero di poppate giornaliere e il momento contingente. Spesso non è il bambino che poppa troppo, ma la madre che vorrebbe poppasse di meno! Riconoscere questo potrebbe essere un gesto di chiarezza con se stesse, e non significa che non sia giusto o possibile mettere delle regole, se ciò avrà delle ricadute positive sul proprio vissuto rispetto all’allattamento e sulla qualità del rapporto con il bambino.


Se proprio vi pare che le richieste di poppare siano tante, rispetto all’età, occorre cercare di capire cosa vi sta chiedendo il bambino: vuole comunicarvi qualche disagio con la continua richiesta di poppare? Si annoia? È stanco? È ammalato? È agitato?


Viceversa, potrebbe accadere che il bambino di due o più anni poppi troppo non perché è lui a chiederlo, ma perché voi trovate l’allattamento così comodo da proporre il seno nelle più svariate occasioni, per sopperire a richieste di vario genere come fame, sete, noia o altro. Può capitare, e credo che sia capitato quasi a tutte, di abusare della comodità del seno per calmare un bambino quel tanto da lasciarvi terminare in pace la cena, o una telefonata, o per convincerlo a restare calmo in braccio mentre si guarda uno spettacolo… questo modo di fare è diverso dall’offrire oggetti o cibi consolatori: si sta infatti proponendo al bambino una gratificazione che è contatto fisico e il nostro abbraccio, tenendolo vicino a sé senza che però si debba concentrare l’attenzione sulla poppata e su di lui. Questo per dire che non sarà certo in questo libro che troverete dissenso se state sfruttando oltremisura la praticità e il sicuro effetto della poppata non solo a domanda, ma anche a offerta! Va detto però per completezza che i bambini capiscono bene il gioco e quindi maggiore sarà il ricorso alle poppate per propria comodità e più difficile risulterà poi rifiutare il seno quando sarà il bambino a chiederlo in un momento in cui voi non ne avete voglia…


Bisognerebbe inoltre ricordare che i primi anni di vita del bambino sono tanto intensi che quando si vivono sembrano durare per l’eternità, mentre passano più in fretta di quanto si possa pensare. Sarà inevitabile che, con un processo lento e graduale, il tipo di risposta che si dà di volta in volta cambi a seconda del genere di richiesta del bambino e del momento contingente, e che nel tempo la poppata perda quindi la sua “efficacia strategica”!


D’altra parte, viviamo in un mondo dove capita spesso in ogni famiglia che i bambini di 3-5 anni o più (ma a volte anche meno) vengano lasciati davanti a uno schermo quando gli adulti hanno bisogno di un po’ di pace per sbrigare le proprie faccende, e nessuno trova da ridire per questo. Anzi, talvolta ci si trova a “cedere”, ovvero a concedere più di quanto si vorrebbe, proprio per comodità, con la conseguenza di risultare poco fedeli ai propri princìpi educativi… lo stesso dicasi con l’offerta di snack, merendine o bevande a tutte le ore. Se proprio non si esagera, nessuno ci biasimerà, perché tutti fanno la stessa cosa anche se in misura diversa.


Quindi a maggior ragione non si dovrebbe venir criticate se si sfrutta la comodità del seno in situazioni di emergenza, in quanto il gesto comporta pur sempre un’offerta di attenzione, ed è un’interazione fra due persone. Certo, quando il bambino non è più neonato il seno non dovrebbe rimanere la principale risposta a ogni tipo di richiesta; e a maggior ragione se è oltre l’anno, anche se potrebbe accadere che…

“Non appena mi siedo da qualsiasi parte, mi chiede la tetta, e se protesto si arrabbia, è normale?”

Se i bambini continuano a essere allattati più o meno a domanda, è frequente che arrivi un periodo in cui le richieste di poppare si intensificano, e ritornano a ritmi tipici dei primi tempi. Questo può avvenire sia che le madri passino tutta la giornata con i bambini sia che abbiano ripreso il lavoro, anche in assenza di eventi importanti che possano motivare un maggior bisogno di contatto e di suzione (come ad esempio cambiamenti nella routine, malattie ecc). Inoltre si verifica più spesso intorno ai due anni di vita. Perché accade? Può essere che a questa età, via via che i bimbi acquisiscono maggiori competenze e consapevolezza, abbiano bisogno di rassicurazione continua e non riuscendo a verbalizzare ansie, timori e disagi cerchino di calmarsi nel modo più semplice che conoscono. È anche possibile che percepiscano una certa riluttanza da parte della madre ad allattarli ogni qual volta lo chiedono, ovunque si trovino… e reagiscano a questa proprio con una maggiore richiesta. Occorre fare qualcosa per impedire questo comportamento? Di solito, questo è un periodo che passa in qualche mese, ma se la cosa vi infastidisce forse potrebbe essere il momento di mettere delle piccole regole. È utile comunque valutare se si è tranquille quando si è con il bambino, in quanto i bimbi piccoli percepiscono molto bene lo stato d’animo di chi hanno vicino e quindi assimilano una eventuale agitazione, impazienza, nervosismo, o altro. La reazione normale è proprio quella di intensificare le richieste di attenzione e di rassicurazioni, ovvero, nel caso dei bambini allattati, di poppare! Alle volte occorre soltanto cercare di migliorare la qualità del tempo che si trascorre con i bambini piccoli, semplicemente lavorando sul proprio stato d’animo e offrendo loro, insieme a varie possibilità di distrazione e svago, la propria attenzione. Questo si può fare anche mentre si sfaccenda, non è indispensabile mollare tutto e mettersi a giocare insieme a loro.

Quando si vuole diminuire il numero delle poppate

Avrete ormai capito che la maggior parte delle motivazioni che vi vengono portate per convincervi a smettere di allattare non hanno basi biologiche, né pedagogiche né scientifiche. L’allattamento può e dovrebbe continuare finché voi e il bambino lo desiderate e comunque fino al secondo anno di vita e anche oltre. Potrebbe comunque capitare che, complice un bambino ad alta richiesta, o un periodo in cui vi sentite più stanche del solito, una nuova gravidanza o altro, desideriate diminuire il numero di poppate e siate alla ricerca di strategie per farlo. Limitare il numero delle poppate è anche il primo passo da fare quando si sente il desiderio di interrompere l’allattamento; questa progressione per gradi è utile infatti sia a prevenire ingorghi e infezioni sia a rendere il passaggio meno difficile per il bambino, oltre che lasciarvi maggiori possibilità di ripensamento. Oltre ai suggerimenti già visti, riguardo le poppate in pubblico e quelle notturne, ecco qui di seguito ulteriori spunti di carattere generale. Prima di cercare di ridurre il numero di poppate del vostro bambino grandicello, provate a rispondere alle seguenti domande:

  • quante poppate sta facendo? Sono davvero cosìtante al giorno? Qual è la sua età? Forse la difficoltà è mia, perché sono io veramente stufa?

  • Limitare il numero di poppate sarà veramente di aiuto per me?

  • Perché il mio bambino mi sta chiedendo di poppare “ancora” così tanto? Cosa mi sta chiedendo veramente? Ha bisogno del mio latte, della mia attenzione, di coccole e abbracci?

  • Quanto tempo passiamo insieme? Sta frequentando il nido? Stiamo separati per molte ore?

  • Com’è l’ambiente in cui vive il bambino? Riceve continue pressioni (stai buono, non toccare, sei grande per poppare ancora, ecc.)? Ha sufficiente tempo e possibilità di giocare in libertà all’aria aperta, scorrazzare e sporcarsi, come è normale per i bambini piccoli? Gli si chiede spesso di stare zitto e fermo in situazioni e ambienti poco adatti a lui? Si annoia, o viceversa riceve troppi stimoli, o stimoli che sarebbero adatti a bambini di età maggiore?


    Le risposte che vi darete potrebbero aiutarvi a comprendere e motivare il bisogno di vostro figlio di attaccarsi al vostro seno più spesso di quanto voi lo desideriate, in quanto forse poppare rappresenta per lui il “pronto soccorso” a va

    Di solito, è più semplice prevenire le richieste di poppare piuttosto che rifiutarle, e questo a maggior ragione se il bimbo è grande. Quindi, tenere pronti spuntini, bevande, giochi piacevoli, libri da leggere insieme, essere pronte a una eventuale passeggiata o gioco all’aria aperta, mettere un disco di musica divertente oppure cantare insieme (ci sono filastrocche e girotondi molto carini), proporre di partecipare a qualche attività interessante come ad esempio la pittura, la cucina, vuotare un cassetto alla sua altezza, o un cestino pieno di cose “interessanti”…

  • Anche in questo caso, il papà può essere di grande aiuto, quando il bambino chiede di poppare.

    So che in macchina mi chiederà di poppare, allora a volte chiedo a mio marito di stare lui dietro con la bambina e io guido.

  • Se invece le richieste avvengono più che altro quando si è sole con il bambino, occorre procedere a un dialogo aperto e sincero, in un momento in cui il bambino è tranquillo e disponibile all’ascolto. Si può spiegare che la poppata viene soltanto rimandata, perché ora la mamma desidera così.

  • È poi da tenere presente che di solito i bambini abituati a essere allattati a domanda sono di solito molto fiduciosi in se stessi e nella fondatezza delle proprie richieste, quindi non esitano a far sentire le loro ragioni qualora ritengano che non si tenga giusto conto delle loro esigenze. Questo significa che sanno bene di cosa hanno bisogno e quindi si rassegnano con maggiore difficoltà al dovervi rinunciare: caratteristiche che potrebbero rendervi la vita più difficile, ma che sono da considerarsi positive conferme sull’autostima di vostro figlio e sul fatto che state facendo un buon lavoro!

  • Al solito, potrà quindi essere un processo più o meno facile e veloce, ma se siete costanti, pazienti e soprattutto decise (e vi mostrate tali) riuscirete nell’intento.

Se vi dà fastidio il tocco del bambino durante la poppata

“Se non fosse per il fatto che mentre ciuccia vuole toccarmi l’altro seno sarebbe tutto perfetto!” è una frase abbastanza frequente quando la mamma allatta un bimbo grandicello. Quando un bambino di un anno o più si accoccola tra le braccia della mamma e si attacca al seno è facile che si muova molto e cerchi con le mani il contatto del viso, dei capelli, delle orecchie, dell’altro seno e capezzolo della madre. Se ciò può non disturbare alcune mamme, altre ne possono venire alquanto infastidite, specialmente se la cosa si protrae. In quest’ultimo caso potreste preoccuparvi e vivere la poppata con nervosismo, non vedendo l’ora che finisca. Potreste provare persino il desiderio di svezzare con grande senso di colpa.


Se si desidera evitare frustrazioni e rabbia rispetto a queste modalità si possono mettere in campo delle strategie per fare in modo che il tocco non dia fastidio: i capelli possono essere legati, l’altro seno può rimanere coperto dal reggiseno. Alcune mamme trovano utile fabbricarsi o acquistare una maglia apposita per l’allattamento che ha delle aperture laterali all’altezza del seno, lasciando il resto del torace coperto. O ancora può essere un buon compromesso quello di scegliere assieme al bambino un oggetto speciale, colorato, di consistenza morbida, che lui possa tenere tra le mani durante la poppata. Questo metodo si può rivelare utile anche per le mamme che allattano in gravidanza, il cui fastidio ai capezzoli potrebbe aumentare. Alcune mamme usano mettere al collo collane voluminose con cui il bambino possa giocare mentre poppa, fatte con palline di legno, di lana cotta o anche vetro: vanno bene tutti i tipi se piacciono al bambino, purché non si rompano facilmente.


È comunque importante accompagnare strategie e regole con il dialogo. Il motivo del disagio della mamma va spiegato con parole semplici, prive di rabbia ed espresse in modo che possano essere comprese alla sua età.


Alcune mamme riportano una sensazione spiacevole quando il bambino “succhia a vuoto” ovvero prosegue a tirare con forza e a lungo anche quando non esce più latte, oppure si gira a guardare da un’altra parte senza mollare la presa, ma anzi stringendo e tirando il capezzolo come se non fosse attaccato al resto! Questi sono comportamenti frequenti soprattutto intorno ai due anni di vita e oltre e possono essere dolorosi e/o provocare insofferenza. Si può spiegare al bambino che la mamma sente dolore o fastidio, e chiedergli di ciucciare più piano oppure iniziare a contare quando si sente male, chiedendogli di staccarsi quando si arriva a contare tre.


Richieste e spiegazioni vanno ripetute più volte se il bambino è riluttante, anche in momenti diversi dalla poppata, quando vi pare più aperto all’ascolto: alla fine lo speciale rapporto di comunicazione che si mantiene proprio grazie all’allattamento e alla disponibilità rende il bambino molto comprensivo e disposto ad aiutare la mamma.

Può l’allattamento diventare un ostacolo?

L’allattamento è relazione, ma non può certo rimanere la principale modalità di rapporto via via che gli anni passano, né di solito questo accade.


Può però rare volte capitare di assistere a un vero e proprio eccesso di zelo nell’allattare, ovvero che qualche madre continui a usare il seno come prima risposta a ogni richiesta del bambino (si sta parlando di bambini grandicelli, ben oltre l’anno di vita). In questi casi, sembra a volte che la relazione non progredisca, ma tenda a rimanere concentrata innanzitutto su questo aspetto, come se la madre rispondesse sempre allo stesso modo. Vorrei ribadire che qui si sta parlando di qualcosa di diverso dal comune e ovvio allattamento a richiesta, o offerta in particolari situazioni, di cui si è parlato poco sopra.


Per la verità, secondo la mia esperienza, casi simili si verificano raramente, perché di solito l’allattamento favorisce una sana interazione e comprensione reciproca, compreso il superamento dei normali conflitti. Inoltre, per poppare il bambino deve necessariamente collaborare, non basta che sia la madre a offrire: molti bambini rifiutano la poppata se non ne hanno voglia, o si staccano subito e insistono con la richiesta di qualcos’altro.


Cosa potrebbe spingere una madre a considerare l’allattamento il principale tipo di relazione e di risposta per il suo bambino, non più neonato? È difficile sviscerare una questione così complessa senza rischiare delle generalizzazioni. Di sicuro i bambini, crescendo, maturano ed esprimono richieste e bisogni diversi che potrebbero mettere in crisi alcune madri, abituate al neonato che si calma attaccandolo al seno. Si potrebbe quindi vivere l’allattamento con tanto entusiasmo e gioia da desiderare che il figlio rimanga sempre piccolino, oppure sentirsi sopraffatte dalla costante richiesta di attenzioni e cure da parte del bambino e cercare quindi di rimediare con un allattamento “a oltranza”. Oppure alcune madri si sentono in difficoltà nel gestire eventuali resistenze o conflitti, e allattando di continuo pensano di superarli nel modo più semplice. O altro ancora… In casi simili, si dovrebbe riesaminare la situazione e chiedersi se la relazione di allattamento non rappresenti un impedimento allo sviluppo di altre modalità. I bambini sono limpidi e chiari e, anche se sanno parlare poco, hanno però una gamma molto ampia di mezzi a disposizione per manifestare un eventuale loro disagio, qualsiasi esso sia, compreso quindi quello di un allattamento forzatamente intenso. Sta ai genitori cogliere questi segnali e, nel dubbio, cercare un confronto prima di tutto dentro di sé e poi anche con il partner ed eventualmente nei gruppi di sostegno per l’allattamento o con una consulente professionale.

Allattamento e sensi di colpa

Quando in merito all’allattamento si vivono sentimenti contrastanti e magari si desidera smettere, è probabile sentirsi in colpa. Uno degli scopi di questo libro, almeno nelle intenzioni, è invece proprio quello di aumentare la sicurezza e l’autostima delle madri. D’altra parte, le madri sono bravissime a trovare ragioni per cui sentirsi in colpa, e l’allattamento da solo ne può offrire svariate: basti pensare a tutte coloro che si sentono in colpa perché allattano troppo, per non parlare dei sentimenti che provano coloro per cui l’allattamento è andato diversamente da come immaginavano, e magari è finito anzitempo oppure non è neppure iniziato, o coloro che sono riuscite ad allattare solo dopo una o più esperienze insoddisfacenti.


A volte ci sono ragioni gravi che costringono a interrompere anzitempo l’allattamento, e mi riferisco a motivi di salute materna o altri eventi imponderabili. Altre volte invece l’interruzione è dovuta a un gesto impulsivo, forse dovuto a mancanza di sostegno o di informazioni corrette, e magari derivante da insistenti pressioni da parte dei familiari oppure del pediatra, o comunque da un ambiente circostante che spingeva in questa direzione. In questi casi, specie se l’allattamento non può riprendere, è più frequente che il vissuto della madre sia negativo e che quindi necessiti di tempo per essere elaborato. Altre volte ancora, invece, la madre decide che è arrivato il momento e interrompe l’allattamento: in questi casi, molte madri sentono che per loro e per i loro figli l’esperienza allattamento è ormai completata, e vivono il passo con serenità, mentre altre provano sensi di colpa, forse a causa dei sentimenti contrastanti che provano ancora e delle reazioni dei bambini, specie se sono di grandi pianti. Quando si hanno esperienze precedenti di allattamento, probabilmente le cose saranno più semplici perché si comprende interiormente quando è venuto il momento. C’è anche maggiore capacità di “capire al volo” il bambino, come è fatto, quello che vuole.


Se vi riconoscete in uno di questi casi, e se vi sentite in colpa, quello che potete ricordare a voi stesse è che l’allattamento è un mezzo e non un fine, ovvero una preziosa chiave nel mazzo di chiavi che abbiamo come madri per costruire una relazione di amore con i nostri figli. Un bambino può ricevere tutto il calore, il contatto, l’ascolto e l’amore di cui ha bisogno anche se non può più contare sul caldo seno.

Se volete smettere di allattare

A volte ci si può trovare a decidere di smettere di allattare in modo consapevole, perché si sente di non poter più dare con questa modalità e che continuare vorrebbe dire farlo controvoglia, caricando ogni poppata con sentimenti negativi e insofferenza. Questo può accadere ad esempio quando le richieste di poppare del bambino grandicello sono particolarmente insistenti, di giorno o di notte (come abbiamo visto può accadere specie verso i due anni di vita), o in un periodo in cui ci si stanca troppo, quando i bambini allattati sono più di uno (tandem oppure gemelli), quando ci si accorge di essere di nuovo in attesa. Che fare allora? C’è una grande differenza a seconda dell’età del bambino, poiché il latte e la suzione dal seno non sono necessari allo stesso modo per un lattante di pochi mesi, un frugoletto di un anno o un bimbetto di due anni o più. In ogni caso, in situazioni simili credo che la priorità per la madre sia quella di prendersi il tempo e la calma necessari per poter valutare la situazione in modo oggettivo, considerando tutti i pro e i contro e cercando soprattutto di far luce nei propri sentimenti. Se questo risulta difficile, proprio per il possibile manifestarsi di emozioni contrastanti, si può ricorrere alla propria rete di sostegno (vedi paragrafo 7) per cercare quell’ascolto empatico e non giudicante che possa permettere di esprimere tutto quello che si pensa e si prova, in libertà, senza sentirsi dare consigli o dire cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare. Se avvertite che la vostra consulente non è in grado di supportarvi in una decisione che lei non condivide, non esitate a cercare aiuto altrove. Qualsiasi decisione prendiate, infatti, nessuno ha il diritto di esprimere un giudizio perché nessuno conosce, come voi, la situazione e ha in mano tutti gli elementi per prendere la migliore strada possibile, per voi e il vostro bambino, in questo momento.


Sul come fare in pratica, è difficile dare indicazioni generalizzate perché dipende molto dall’età del bambino, da quanto sta attualmente poppando, da qual è il vostro ménage abituale. Di solito si suggerisce di iniziare con il ridurre il numero delle poppate per smettere di allattare in modo graduale (vedi paragrafo a pag. 84): questo consente anche di prendere tempo in caso di eventuali ripensamenti e di saggiare le reazioni del bambino, senza considerare che se le poppate sono ancora numerose il procedere per gradi vi eviterà possibili inconvenienti spiacevoli, come ingorghi e infiammazioni al seno. Molte madri quindi iniziano con il togliere le poppate notturne oppure quelle meno “importanti” per il bambino, lasciando che si attacchi soltanto in momenti particolari come ad esempio prima di addormentarsi, al risveglio e/o al rientro da lavoro. Altre preferiscono invece smettere di colpo: se ritenete, una volta soppesata la situazione, che anche per il vostro caso questa sia la soluzione migliore, perché no? Di solito, più i bambini sono grandi, e meno poppano, più diventa facile interrompere di colpo: la cosa si potrebbe risolvere con poco stress sia vostro che del bambino.


Per le possibili strategie, fondamentale quella già citata di cercare di prevenire le richieste, come anche quella di raddoppiare le attenzioni e le coccole, di coinvolgere il papà, di scegliere un periodo tranquillo. Potrebbe essere utile offrire al bambino qualche gratificazione come una gita speciale, un dono, un nuovo rito per la nanna che preveda qualcosa di divertente. Comunque sia, è necessario fornire al bambino spiegazioni plausibili e convincenti che lo rassicurino del fatto che, se anche la mamma non è più disponibile con il suo seno, è con lui in molti altri modi e soprattutto che non è colpa sua, o di qualcosa che ha fatto, se la mamma non può più allattarlo.

5 - I PAPÀ E L’ALLATTAMENTO

Un sostegno importante…

I papà rappresentano il legame del bambino con il mondo esterno, e non avendo un caldo seno da offrire al bambino devono necessariamente inventare modalità e strategie diverse per affrontare momenti come la stanchezza, il bisogno di coccole e abbracci e altro. Questo arricchisce il bagaglio di esperienze del bambino e gli offre il confronto con un calore e un rapporto diverso da quello della mamma ma non meno importante e gratificante, fin dalla nascita e a maggior ragione dopo i primi sei mesi.


Spesso, per fortuna, i papà sono i maggiori sostenitori dell’allattamento oltre i primi mesi e anni di vita del bambino: sono infatti i primi, dopo la mamma, ad apprezzarne i lati positivi, mentre non vengono di solito svegliati più di tanto dalle poppate notturne o dai trasferimenti nel lettone…


Il marito non si è mai lamentato troppo a causa delle incursioni notturne per la poppa, soprattutto perché non lo hanno mai svegliato…

Cecilia, mamma di Marta, Zaccaria e Samuele di 11, 8 e 5 anni

Mio marito apprezza molto il potere calmante dell’allattamento sul nostro bambino di 18 mesi, specialmente durante i lunghi viaggi in auto.

Per molti papà l’essere coinvolti nelle cure al bambino piccolo comprende il compito non secondario di tutelare la coppia allattante dalle eventuali critiche che possono piovere circa il fatto che state ancora allattando… chissà perché, le argomentazioni portate dai padri hanno di solito un impatto maggiore e possono fare la differenza, nel senso che le persone si zittiscono subito e smettono di criticare. Quello che è certo, è che i papà possono veramente fare molto per sostenere l’allattamento e far sì che questo possa fare il suo naturale corso invece di finire prematuramente: è quello che fanno ogni volta che offrono alle compagne aiuto pratico o ascolto comprensivo e sostegno morale. Per molte madri è importante, se non la convinzione del marito, tutto il rispetto che può manifestare verso la scelta di proseguire l’allattamento.

Il mio compagno non ha mai detto niente a proposito dell’allattamento, nonostante abbia allattato i nostri tre figli in tutto circa 8 anni, questo mi è sembrato positivo, ovvero come se per lui fosse tutto normale così.

…anche dopo i primi mesi!

A volte accade però che il papà, dopo aver appoggiato con orgoglio la mamma durante i primi mesi di allattamento, inizi poi a perdere l’entusiasmo intorno alla pratica e, da atteggiamenti di approvazione e sostegno incondizionato, passi a manifestare completa indifferenza o addirittura insofferenza. Comportamenti simili potrebbero suscitare in molte madri un senso di abbandono: “Ma come, fino a pochi mesi fa era orgoglioso del fatto che allattassi, mi difendeva, e ora?!”, ci si potrebbe chiedere. Bisogna pensare che, in linea generale, più delle madri i padri sono portati a seguire il filone della cultura dominante e ad avere minori conoscenze su questioni di bambini piccoli come lo è l’allattamento. In ogni caso sono privati di quello speciale contatto fisico, della tempesta ormonale e di tutto quello che accompagna la poppata, pertanto l’elaborazione dell’esperienza dell’allattamento passa negli uomini essenzialmente attraverso la mente.


Per tutti questi motivi, potrebbe quindi essere utile, e spesso lo è, un chiarimento su quello che è importante per voi e sulla vostra sensibilità, in modo da poter avviare un confronto e comunicargli che il suo aiuto pratico e psicologico per l’allattamento sono ancora importanti, o lo sono ancora di più. Anche il partecipare insieme agli incontri sull’allattamento, e non solo adesso ma possibilmente averlo fatto già in gravidanza o comunque nei primi mesi di vita del bambino, potrebbe essere sufficiente a far assumere al partner un atteggiamento di maggiore coinvolgimento e approvazione.

Quando il papà disapprova

Se viceversa per voi il partner è fonte di critiche più o meno manifeste, nonostante abbiate provato ad affrontare con lui l’argomento, allora continuare ad allattare vi fa ancora più onore. Cercare di comprendere le sue motivazioni e i suoi punti di vista potrebbe essere utile a voi in primo luogo, per capire qual è il problema e se può essere affrontato. Potreste trarre ancora maggiore giovamento dalla condivisione con altre mamme, prendendo magari spunto dalle loro esperienze, e con la consulente in allattamento.


A volte capita che le donne si sentano così lacerate e combattute tra il desiderio di continuare a percorrere il rapporto naturale dell’allattamento e quello di ricevere approvazione/sostegno da parte del proprio compagno di vita che alla fine, cedendo esauste alla dicotomia, prendano la decisione di interrompere l’allattamento. Questo è del tutto comprensibile, soprattutto se sono mancati sostegno e possibilità di esternare i timori e di elaborare, integrandole nel quotidiano, le difficoltà legate al rapporto di coppia. Cosa teme davvero il compagno? Quali sono le situazioni in cui sente di aver perso qualcosa? Magari si sente escluso? Si è confrontato con i luoghi comuni in merito all’allattamento? Queste alcune domande. Prima di intraprendere qualsiasi genere di scelta, varrebbe forse la pena, se ci si trova in una situazione di conflitto interiore e di coppia, di comprendere a fondo le sue motivazioni e di spiegare a lui le vostre e quelle del bambino. Magari poi si scopre che al partner bastava davvero poco per proseguire con maggiore carica accanto a voi, ad esempio leggere un articolo sull’allattamento oltre l’anno, o accordare qualche piccolo compromesso. Spesso è proprio da un confronto approfondito che emergono i punti in comune da cui ripartire per trovare la strada da percorrere insieme, in modo che siano rispettate le esigenze di entrambi, o meglio, di tutta la famiglia.

6 - ALLATTAMENTO E SESSUALITÀ

Se nei primi mesi dopo il parto la maggior parte delle coppie sperimenta una minore frequenza nei rapporti sessuali, dovuta alla ripresa dal parto e al fatto che il bambino assorbe quasi tutte le energie disponibili, in seguito la maggior parte delle madri che allattano ha una vita di coppia non molto diversa da quella delle altre. Avere rapporti sessuali soddisfacenti contribuisce a mantenere bassi i livelli di stress, favorisce il buon umore e il benessere generale, e in questo senso può aiutare la madre nell’impegnativo compito di prendersi cura di un bimbo piccolo, compreso l’allattarlo. Sicuramente ha effetti positivi anche sull’umore del papà: se i genitori hanno una vita sessuale felice, il clima familiare potrebbe essere più disteso e sereno, e quindi ne beneficiano anche i bambini.


Non solo una vita sessuale appagante può aiutare la madre a vivere con piacere l’allattamento, ma anche il contrario può essere vero. Allattare è di per sé un’esperienza sessuale e viverla con gioia e consapevolezza può favorire una maggiore presa di coscienza di sé e del proprio corpo, accrescere la disponibilità a lasciarsi andare e la propria autostima come donna. Non a caso l’ossitocina, ormone della sessualità, è il medesimo che provoca l’emissione del latte. Molte donne riferiscono di vivere la loro sessualità in modo più pieno proprio dopo l’esperienza della maternità.


D’altra parte, raccomandazioni e divieti circa i rapporti sessuali durante l’allattamento sono esistiti già nel passato in molte culture, compresa la nostra, ad esempio, nel Medio Evo in Europa si riteneva che il seme maschile avrebbe contaminato il latte. E quindi è ancora relativamente diffusa la convinzione che se la madre continua ad allattare oltre i primi mesi questo potrebbe impedirle di condurre una normale vita sessuale, e di fatto questo rappresenta l’ennesima ingiustificata barriera alla normale durata dell’allattamento. Esistono certo fattori legati all’allattamento che possono influenzare la vita sessuale, gli aspetti ormonali e quelli legati alle cure prossimali del bambino, ma non è detto che rappresentino un ostacolo, mentre è proprio la mancanza di conoscenze e di esperienza che potrebbe creare confusione. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza sui punti principali.

Allattamento e desiderio femminile

Mentre la maggior parte delle madri nota dopo il parto un calo del desiderio sessuale, collegato non solo alle importanti variazioni ormonali ma anche al vissuto intorno a questo evento e a eventuali interventi subiti, dopo i primi mesi di vita del bambino di solito tutto torna normale. Di fatto però l’allattamento può ritardare il ritorno del ciclo mensile anche per oltre un anno e, durante questo periodo di amenorrea, il basso tasso di estrogeni legato al fatto di non ovulare potrebbe modificare il desiderio sessuale femminile, attenuandolo. Questo fattore, sommato alla fatica dovuta al prendersi cura del bambino giorno e notte e magari al lavoro fuori casa, potrebbe rendere alcune donne meno entusiaste alle avances del partner… se questo è il vostro caso, sappiate che tutto tornerà come prima (o anche molto meglio) non appena il ciclo mensile farà la sua ricomparsa. Ma nel frattempo, se i mesi passano e niente sembra cambiare, che fare? Non perdete la fiducia, perché sono veramente tanti i fattori che influiscono sul desiderio sessuale femminile, ricco di sfaccettature e possibilità diverse e quindi variabile, e influenzabile anche da una semplice frase, gesto o sguardo particolare. È difficile dare indicazioni precise, anche perché ogni donna vive questo aspetto in modo personale, ma insieme a un dialogo aperto e sincero con il compagno, cercare di prolungare, o modificare, le coccole preliminari al rapporto potrebbe fare la differenza.


Molte donne allattano per molti anni di fila, due, tre o più figli anche durante la gravidanza e poi in tandem (ovvero più figli contemporaneamente). Spesso per loro le mestruazioni sono un lontano ricordo o un intermezzo sporadico fra una gravidanza e quella successiva. Da esperienze dirette come queste emerge che il più delle volte il desiderio sessuale (o la sua mancanza) non è costante, ma attraversa periodi di alti e bassi, come del resto accade durante il mese quando si ha il ciclo.

Secchezza vaginale

Specialmente se si è ancora in amenorrea, il basso tasso di estrogeni collegato alle poppate frequenti potrebbe in alcuni casi causare secchezza vaginale e/o rendere più sottile e fragile la mucosa vaginale, con conseguente difficoltà durante i rapporti. Il condizionale è d’obbligo in quanto la sensibilità al numero di poppate varia da donna a donna, e c’è chi allatta addirittura due figli nel contempo senza notare assolutamente niente. Qualora il problema si verificasse e persistesse oltre i primi mesi di allattamento, l’uso di un semplice lubrificante vaginale, possibilmente a base acquosa e senza ormoni, è spesso di grande aiuto.

Sensibilità del seno, fuoriuscita di latte durante il rapporto

Il possibile fastidio rispetto all’essere toccate sul seno e sul capezzolo, che potrebbe essersi manifestato durante i primi mesi di allattamento, di solito va a diminuire e a scomparire nel tempo. Questo almeno è quanto avviene nella grande maggioranza dei casi. Nel caso raro che perdurasse, potrebbe essere dovuto non tanto all’allattamento in sé quanto alla ripresa del ciclo mensile, in cui un fastidio potrebbe manifestarsi nei giorni in cui avviene l’ovulazione o in quelli precedenti alle mestruazioni.


Analogamente, il latte potrebbe uscire dal seno durante il rapporto sessuale o i preliminari. Ciò accade in virtù del fatto che l’eccitazione sessuale, come del resto la stimolazione del capezzolo da parte del bambino che succhia, provocano un rilascio nel sangue dell’ormone ossitocina, che ha appunto l’effetto di provocare la fuoriuscita di latte. Per la verità, dopo i primi mesi di allattamento il fenomeno tende a ridursi o a scomparire del tutto e contemporaneamente si tende ad abituarvisi e quindi non ci si fa più caso!

La stanchezza potrebbe rappresentare un problema

Tenere il bambino nel lettone e le cure prossimali in genere, implicando molto contatto fisico giorno e notte, potrebbero rendere la donna desiderosa di momenti di solitudine, in cui non ha voglia di essere accarezzata o toccata da nessuno, e quindi potrebbe talvolta capitare che reagisca con insofferenza alle richieste del compagno. Anche questa situazione è di gran lunga più comune nei primi mesi di vita del bambino, o anche quando i bambini piccoli sono più di uno.


Il problema principale in realtà è la grande stanchezza, fenomeno abbastanza frequente quando ci sono in casa bimbi piccoli, siano essi allattati o meno. Questo è un motivo in più per cercare aiuto pratico, anche chiedendolo al partner, quando rientra dal lavoro e nei fine-settimana, oppure per prendere in seria considerazione la possibilità di pagare qualcuno perché dia un aiuto a tenere pulita la casa.


Oltre a ciò, potrebbe essere utile ricordare ai mariti che la pazienza è d’obbligo, e che in questa fase occorre un po’ di tenerezza in più, tenendo a mente che la sessualità femminile è complessa e fatta di infinite componenti e modalità diverse: per le donne le premure e la dolcezza sono ingredienti importanti del rapporto di coppia. Qualche piccola attenzione supplementare, semplici gesti di affetto, un abbraccio a sorpresa, un dono inatteso, una frase gentile di apprezzamento al momento giusto… sono esempi di comportamenti che possono contribuire a mitigare lo stress e rimuovere eventuali blocchi, facendo scattare la molla del desiderio. Se non si arriva a destinazione perché l’autostrada è bloccata, esistono tanti percorsi alternativi, basta saperli cercare!


È utile ricordare che eventuali difficoltà rappresentano occasioni di dialogo per una maggiore comprensione e conoscenza reciproche, come anche stimoli a rinnovare e arricchire il proprio rapporto di coppia, con il risultato che ci si può poi sentire ancora più soddisfatti e uniti.

Presenza di uno (o più) figli nel lettone

Anche il fatto che il bambino sia comunque presente lì vicino, nel suo letto o in quello dei genitori, potrebbe disturbare la coppia e impedire a qualche genitore di lasciarsi andare completamente. Questo è tanto più probabile quando i figli presenti in camera sono più di uno. Molte coppie risolvono il problema spostandosi in un’altra stanza, in salotto oppure nella cameretta in cui dovrebbe dormire la prole. Altri preferiscono spostare i figli dal letto quando ormai sono ben addormentati. Una possibilità è quella di tenere un materassino a portata di mano, da collocare sul pavimento, su cui spostare i bambini o trasferirsi. Va detto che molti genitori non ritengono un ostacolo la presenza di un bambino addormentato nel letto.

Il doppio ruolo del seno

La maggior parte dei padri apprezza l’aspetto più florido che il seno della partner assume durante l’allattamento. Alcuni potrebbero invece sentirsi a disagio, ovvero, potrebbero non gradire il fatto che la compagna stia “ancora” allattando un bimbo non più bebè ritenendo che dopo qualche mese il seno della compagna dovrebbe tornare alla sola funzione di attrattiva sessuale. D’altra parte, se l’immaginario collettivo distorto intorno al ruolo della donna e il mancato riconoscimento della normale funzione del seno generano confusione e conflitti interiori nelle madri, a maggior ragione questo può avvenire nei papà, e probabilmente rimarremo soggetti a influenze di questo tipo finché non sarà ritenuto normale allattare i bambini per anni.


In questi casi, è forse una fortuna che si presenti l’occasione di discutere a viso aperto di questi aspetti. Affrontarli significa accettare un confronto che può richiedere pazienza, amore, fiducia e tempo.


Ma se le cose sotto le lenzuola non vanno sempre come ci si aspetterebbe, è lecito dare la colpa al fatto che il bimbo ancora sta poppando? Senz’altro potrebbe essere utile e forse doveroso riconsiderare la cosa alla luce del buon senso, ovvero dare il giusto peso all’allattamento. È infatti probabile che dal momento in cui in famiglia c’è un bambino, e ancora di più via via che il numero di figli aumenta, diventi un po’ meno semplice trovare tutto il tempo, le energie, luogo e momenti opportuni per guardarsi negli occhi e scambiarsi appassionate tenerezze ed effusioni. Forse è inevitabile e normale, e non ha senso dare la colpa ai bambini o al fatto che siano allattati o che desiderino dormire con noi. Non ha a che vedere con l’allattamento o con il cosleeping o con un modello di cure prossimali, quanto con il fatto che non si è più soli. È probabile che sia così in ogni parte del mondo e lo sia sempre stato, ma non significa certo che si debba rinunciare ad una vita sessuale soddisfacente. D’altra parte sarebbe interessante sapere se, statisticamente, le coppie senza figli conducono una vita sessuale più intensa e gioiosa, o se questo accade alle coppie i cui figli sono stati allattati poco o punto.

Allattamento e ciclo mestruale

  • L’amenorrea lattazionale

Un allattamento frequente di giorno e di notte (e specialmente di notte) può ritardare di molti mesi e anche di alcuni anni la ricomparsa del ciclo mestruale; questo permette alle donne di risparmiare le proprie riserve di ferro e impedisce l’insorgere di gravidanze ravvicinate, favorendo la salute di madre e bambino. Periodi lunghi di amenorrea durante l’allattamento sono fisiologici e non comportano conseguenze negative per la salute materna, o per la sua fertilità futura.


  • Usare l’allattamento come metodo anti-concezionale: è possibile oltre il sesto mese di vita del bambino?

Il LAM (Metodo dell’Amenorrea Lattazionale) per impedire nuove gravidanze viene considerato sicuro al 98% se sono rispettate contemporaneamente le tre condizioni seguenti:

  1. alla madre non è tornato il ciclo mestruale.

  2. L’allattamento è esclusivo o pieno (ovvero con eventuali, sporadiche aggiunte di liquidi non nutritivi), e il bambino è allattato a domanda, con pause fra le poppate non superiori a 4 ore durante il giorno e 6 ore durante la notte.

  3. Il bambino ha meno di 6 mesi di vita.

L’importanza delle tre condizioni è decrescente, ovvero la prima è più importante e l’ultima lo è di meno. Questo significa che se il ciclo compare, nonostante la frequenza delle poppate, è necessario ricorrere ad altri metodi anticoncezionali. Di fatto però non è insolito che alcune madri che allattano rivedano il ciclo dopo più di un anno dal parto, o anche dopo più di due, e che durante questo periodo continuino a non essere fertili. Il LAM continua quindi ad avere una certa validità anche oltre il sesto mese di vita purché siano rispettati i primi due criteri, ovvero innanzi tutto che non sia tornato il ciclo mestruale e poi che il bambino, anche se assume cibi solidi, continui a poppare con frequenza elevata giorno e notte. In questo caso però è bene ricordare che la sicurezza del metodo non è più garantita al 98%, sebbene alcuni studi indichino che sia comunque al di sopra del 90% per bambini fra 6 e 12 mesi di vita. Non esistendo ancora sull’argomento evidenze scientifiche sufficienti, le raccomandazioni suggeriscono di adottare insieme al LAM anche altri metodi contraccettivi dopo il sesto mese di vita del bambino. L’esperienza pratica di molte donne indica comunque che, finché il ciclo non ritorna, è molto difficile rimanere incinta se il bambino continua a poppare frequentemente giorno e notte; lo conferma il fatto che, in culture dove l’allattamento frequente è la norma, le nascite sono naturalmente distanziate di 3-4 anni, cosa che era nota anche alle nostre bisnonne che usavano l’allattamento frequente e prolungato come anticoncezionale. Occorre fare attenzione in questo caso a bruschi cambiamenti nel ritmo delle poppate, nel senso che intervalli più lunghi potrebbero favorire il ritorno della fertilità. Analogamente, più grande è il bambino e più è probabile che una ovulazione completa preceda il ritorno del ciclo; quindi occorre prestare attenzione a non rimanere gravide prima ancora della ricomparsa delle mestruazioni, evento non frequente finché l’allattamento prosegue a ritmi intensi, ma comunque possibile.


  • Quando tornerà il ciclo mestruale?

È probabile che la comparsa del ciclo ritardi finché le poppate sono frequenti, ovvero finché l’allattamento prosegue a richiesta, costituisce il mezzo normale per consolare il bambino e addormentarlo, e prosegue anche durante la notte. In questi casi, è possibile che la ricomparsa del ciclo avvenga quando le poppate diminuiscono, soprattutto dopo cambiamenti bruschi, ad esempio dopo che il bambino inizia a dormire tutta la notte o quasi, oppure improvvisamente non chiede più durante il giorno.


Le cose potrebbero però andare anche in maniera molto diversa: per alcune madri infatti il ciclo mensile riappare dopo qualche mese dal parto, e questo nonostante l’allattamento esclusivo: è impossibile anche in questo caso fornire informazioni valide universalmente, in quanto la sensibilità alle variazioni ormonali prodotte dall’allattamento è molto variabile da donna a donna e a volte, nella stessa donna, varia da figlio a figlio. In genere, se il ciclo compare nei primi mesi non è accompagnato da ovulazione, almeno le prime volte, ma in questo caso l’allattamento non costituisce più un valido mezzo anticoncezionale e bisogna provvedere altrimenti.


È possibile infine che il ciclo mestruale faccia la sua comparsa per poi sparire di nuovo per un mese o più, secondo i ritmi di allattamento del bambino: dipende dalla sensibilità individuale della madre. È importante anche in questo caso adottare metodi anticoncezionali alternativi, dopo la prima ricomparsa delle mestruazioni.


  • E se desidero un’altra gravidanza?

Abbiamo detto che la ricomparsa delle mestruazioni quando si allatta dipende sia dallo stile di allattamento (ovvero dal numero delle poppate, specialmente quelle notturne), sia dalla predisposizione individuale, ed è assai variabile da donna a donna. Potrebbe capitare anche a voi di desiderare un altro figlio ma essere ancora in paziente attesa del ritorno del vostro ciclo mensile, anche se il vostro bambino ha un anno o due… Se vi trovate in questa situazione, una possibile soluzione è quella di diminuire il numero delle poppate, e un cambiamento repentino sembra più efficace allo scopo di uno graduale. Potrebbe forse essere il caso di provare, magari coinvolgendo il partner, a togliere le poppate notturne, o almeno qualcuna di esse. Mentre di solito non è impossibile rimanere incinta pur continuando ad allattare, è successo ad alcune donne di non riuscire ad avere una nuova gravidanza, durante l’allattamento, nonostante la ricomparsa del ciclo.

7 - CREARSI UNA RETE DI SOSTEGNO

L’importanza della rete di sostegno intorno alla madre che allatta è sicuramente fondamentale, e se lo è durante i primi tempi, quando a causa della novità dell’esperienza può capitare di doversi confrontare con imprevisti e difficoltà, a maggior ragione lo è dopo i primi sei mesi di vita del bambino, proprio perché potrebbe capitare allora di essere rimaste le uniche nel giro di amiche ad allattare, oppure di doversi confrontare con critiche e giudizi, o ancora con una realtà diversa da quello che ci si aspettava… Di sicuro la prima persona che può sostenere la madre durante tutto il periodo dell’allattamento è proprio il papà, seguito dalle amiche; però potrebbe essere molto utile mantenere i contatti con il gruppo di sostegno che magari si era frequentato all’inizio: le madri che stanno vivendo le nostre stesse esperienze, o che ci sono già passate, ci ascolteranno con attenzione e interesse, mostrandoci comprensione forse maggiore di quella che possiamo trovare altrove.


Durante gli incontri di gruppo ho sempre imparato tante cose e trascorso ore in piacevole compagnia, in un ambiente in cui mi sentivo a mio agio anche se il bambino sporcava o giocava in modo rumoroso. E poi non avevo timore a tirare fuori i miei dubbi o a fare domande che mi sembrava fuori luogo porre al pediatra…


L’altra importante figura di riferimento per ogni madre in qualsiasi periodo dell’allattamento, e per qualsiasi problema o dubbio è il o la consulente IBCLC. Infatti ogni consulente professionale in allattamento materno con diploma IBCLC (da International Board Certified Lactation Consultant) ha una preparazione specifica per il sostegno e la consulenza in tutti i casi di allattamento, e quindi anche quando questo si protrae per anni, in caso di allattamento di gemelli, durante la gravidanza, in tandem, in caso di malattie croniche o acute, ecc…


Se si ha un rapporto di grande fiducia, potrebbe essere utile anche l’appoggio di un sanitario, come ad esempio un pediatra oppure un’ostetrica, sempre che siano accertati sia il suo atteggiamento positivo e rispettoso verso le scelte altrui sia le conoscenze in merito all’allattamento oltre i primi mesi e anni, il che purtroppo non è sempre scontato.

Infine, come non citare l’inesauribile fonte di informazioni e anche di possibilità di condivisione che è oggi internet! Le madri che cercano notizie sull’allattamento potranno trovare, oltre ai soliti luoghi comuni sui siti più commerciali, anche forum di discussione, con la possibilità di fare domande a consulenti in allattamento e di condividere gioie e dolori del maternato, nonché numerosi articoli scientifici e quindi una documentazione seria e aggiornata5.

L’allattamento nelle parole e nei gesti dei bambini

Finché sono piccolini, i bambini ci dimostrano tutto l’entusiasmo e la soddisfazione del ciucciare al seno con i loro tenerissimi sguardi, quando si staccano ridendo con la bocca piena di latte e poi si riattaccano felici, quando li vediamo scivolare nel sonno, e i loro lineamenti si ammorbidiscono e compare sul loro visino quell’espressione di appagamento totale prima di lasciare il seno addormentati… Via via che crescono, e imparano a parlare, potrebbero sorprenderci con i loro inaspettati commenti e con gesti legati al fatto di essere “ancora” allattati che ci fanno sorridere…


…e poi tocca le poppe a tutte! Qualche tempo fa, ad un matrimonio, nel salutare la sposa, le ha infilato la mano dentro lo scollo!!!


In questo momento allattare mi piace ancora tanto e se si vuole è anche più divertente perchè parlando piuttosto bene mia figlia verbalizza molto. Alle volte si stacca dal capezzolo dicendomi “È finito! Posso ciucciare di là per favore?” e se le chiedo di che sa mi dice con aria innamorata: “Ma sa di mamma!”. Come recita una celebre pubblicità ci sono cose che non hanno prezzo e questa è di sicuro una di quelle!


Mi ricordo di Penelope, quando andammo al mare e lei aveva due anni: guardava con aria di piacevole stupore tutte le signore in bikini, e quelle in topless la lasciavano addirittura a bocca aperta, non riusciva a distogliere lo sguardo… io e mio marito ci guardavamo negli occhi e ci veniva tanto da ridere!


Serena (due anni e mezzo) viene da me e mi dice “tetta!” e quando sente di aver finito “altra tetta per piacere!” a me fa ridere e mi diverto a vedere le facce stupite della gente…


Simone da piccolo amava sfogliare quei cataloghi di vendita di abbigliamento per corrispondenza, si soffermava sulle pagine della biancheria intima, in cui apparivano foto di modelle in reggiseno, e le guardava estasiato, ci faceva così ridere!


…tempo fa eravamo in giardino, passò un merlo e io le dissi: “Vedi Emma va dai suoi bimbi” e lei: “va a dargli il latte?”.


Arturo (4 anni) stava giocando con un amichetto in salotto, e durante un feroce combattimento con armi molto tecnologiche lui fa: “…E poi io gli dò un biberon con il latte della nestlè e lui AAAGH casca in terra stecchito!”.


Eravamo in spiaggia, stavamo facendo uno spuntino. Tommaso (quasi due anni) aveva in una mano una fetta di melone e nell’altra un pezzo di parmigiano, si è avvicinato e ha iniziato a poppare, poi si è staccato e ha ripreso a mordere melone e parmigiano, come se fosse la cosa più naturale del mondo… le persone all’ombrellone vicino sono scoppiate a ridere, e anche a noi è sembrato molto buffo!


Demetra rimane turbata quando vede le donne in topless in spiaggia: le chiama “tette-pupine”. Quando invece voleva allattare in pubblico ed era “grande” avevamo concordato di non chiamarle tette altrimenti avremmo fatto girare mezza platea alla sua richiesta di seno e allora mi diceva: “Mamma, dovrei parlare un attimo con coniglietto (seno sinistro) e carotina (seno destro)!”.


Nella vasca da bagno: “esci dall’acqua” “no” “dài, esci, si va a cena” “no” “via, su esci” “no” “vuoi un po’ di tetta?” “eccomi mamma”.

Ricapitolando:

“dalla nascita in poi, l’allattamento secondo i diretti interessati”

Cara Mamma, oggi finalmente non lo diciamo soltanto io e i miei colleghi bambini, ma lo confermano anche gli adulti competenti di allattamento: l’allattamento naturale deve avvenire a richiesta di noi bambini! Noi lo sapevamo già ed è da tanto tempo che cerchiamo di farvelo capire, quindi siamo contenti che adesso lo dicano anche tanti adulti importanti, così finalmente tu mamma ti sentirai a tuo agio a rispondere alle mie richieste di poppare, sapendo che possono essere anche molto frequenti senza che per questo mi si rovini la digestione!


– Tanto per evitare equivoci e malintesi, allattamento a richiesta vuol dire allattare secondo i ritmi propri di noi bambini, e non quelli del pediatra, dell’opuscoletto, della rivista… noi di solito chiediamo il seno molto più spesso di 5-6 volte al giorno e questo non solo nei primi mesi, ma anche dopo. Se stiamo vicini, non sarà difficile per te, vedrai e io ti ripagherò con tutta la mia riconoscenza e il mio amore.


– Durante i primi mesi della mia vita, non tentare di diradare le poppate offrendomi il succhiotto; potrei prendere brutte abitudini o addirittura venire ingannato e dimenticare di ciucciare dal tuo seno quando ho bisogno di latte!


– Di solito, dopo i primi mesi, divento sempre più abile e veloce e probabilmente le poppate dureranno di meno (almeno alcune).


– Allattami a richiesta almeno fino a quando non riuscirò a saziarmi mangiando altri cibi, di solito circa per tutto il primo anno di vita e forse anche dopo.


– Se per te mamma va bene, continua anche dopo ad allattarmi a richiesta: è il sistema naturale di prendersi cura di me! Sappi comunque che dopo l’anno diventerà più facile per me imparare a rispettare alcune regole e riuscire a sopportare pause più lunghe fra una poppata e l’altra. Vedrai, man mano che cresco potrò adattarmi sempre meglio alle esigenze della vita familiare.


– Potrei smettere prematuramente di allattare se vengo abituato a fare uso frequente e prolungato di biberon e ciuccio a discapito delle poppate: sarebbe un vero peccato perché questi non contengono sostanze benefiche per la mia salute e poi non potranno mai sostituire il tuo profumo e il calore del tuo corpo!


– Dopo l’anno potrei spontaneamente diradare le poppate, e questo può avvenire in vari momenti e circostanze, oppure potrei alternare periodi in cui ti chiedo di poppare poco ad altri in cui te lo chiedo spesso: sappi che sono tutti comportamenti normali.


– Ricorda che questi primi anni per me sono densi di avvenimenti: sto crescendo così in fretta come mai più farò, mi stanno spuntando tanti dentini, divento sempre più cosciente del mondo che mi circonda e forse dovrò anche affrontare sfide come separarmi da te per alcune ore al giorno… è normale che a volte ti richieda più attenzioni e più poppate!


– Se dobbiamo separarci perché tu vai al lavoro, approfitta delle poppate quando torniamo a casa per concederti un breve relax insieme a me! È un modo per riposarti e nello stesso tempo permettermi di riabbracciarti, e di ritrovare il contatto interrotto.


– Il mio cervello cresce tanto nei primi due anni di vita, e proprio per questo motivo ho il sonno leggero e sono portato a svegliarmi durante la notte: il tuo latte e il contatto prolungato con il tuo corpo mi servono per crescere bene e per rassicurarmi che sei vicina, il latte contiene anche tante sostanze utili per il mio normale sviluppo intellettivo.


– Dormire vicino a te e a papà mi fa sembrare la notte meno buia. Tutti i cuccioli dormono con la loro mamma!


– Verso i due anni, forse potrei improvvisamente poppare di più, e tu mamma potresti spaventarti e pensare che non smetterò mai, o che sto poppando più spesso di quando ero neonato. Questo comportamento è comune e il più delle volte è seguito da una fase in cui ti chiederò di poppare molto meno, o smetterò addirittura… abbi fiducia e dammi tempo.


– Anch’io voglio crescere e diventare una persona indipendente da te e da papà. Lo vedete bene che mi piace fare le cose che fate voi: voglio mangiare da solo, lavarmi le mani da solo, mi piace aiutarvi nelle cose di casa e ogni giorno conquisto nuove abilità… non è forse indipendenza, questa? Ma finché sono piccolo ho tanto bisogno di stare con voi e di sentire la vostra presenza e contatto fisico. Quanto più forte è la base di fiducia in questi primi anni, tanto più sarà spontanea e naturale la mia conquista dell’autosufficienza.

– Se ascolti il tuo cuore, mamma, lo sai che prima o poi smetterò di poppare, perché è nella mia natura… tutti i cuccioli lo fanno e non conosciamo ancora nessuno che poppava quando andava al liceo! Ma se tu mamma sei stanca di allattarmi, e desideri smettere prima che lo faccia io, ti prego se possibile di procedere gradualmente e con rispetto nei miei confronti e vedrai che, se sono pronto, io capirò e troveremo tanti altri modi bellissimi per stare insieme…


– “Nell’allattamento c’è molto di più del latte materno” dice sempre un mio grande amico6; ecco, vorrei dirti mamma che lo penso pure io: nell’allattamento c’è tanto di più del fatto che tu mi alimenti e mi disseti con il latte più dolce che c’è!


– Indipendentemente da quanto tempo mi allatterai o mi hai allattato, giorni, mesi o anni, grazie per questo preziosissimo dono che mi hai fatto, nutrendomi con il tuo corpo.


Firmato:

il tuo bambino

Sapore di mamma
Sapore di mamma
Paola Negri
Allattare dopo i primi mesi.Perché è importante allattare ben oltre i primi sei mesi canonici. La meravigliosa esperienza di proseguire per molti mesi, come consiglia anche l’OMS. Sapore di mamma parla di allattamento prolungato, una pratica che si sta diffondendo grazie a iniziative e interventi per la sua promozione. Sono infatti sempre di più le donne che allattano secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero fino e anche oltre ai due anni di vita del bambino. C’è una bella differenza però fra allattare un neonato e allattare un bambino di uno, due o più anni, e non sempre le mamme riescono a trovare informazioni specifiche, coerenti e aggiornate su questo argomento.Come se non bastasse, le donne che decidono di continuare ad allattare il bambino dopo il primo anno si sentono spesso isolate e non trovano occasioni in cui scambiare opinioni ed esperienze con altre mamme. Anzi, spesso si scontrano con l’ignoranza e la disapprovazione del prossimo (il compagno, i parenti, il proprio ginecologo o il proprio pediatra), intrisa di luoghi comuni. Chi ha il diritto di decidere sulla sua durata?Su quali basi può deciderlo?Cosa vuol dire, oggi, allattare fino all’anno e oltre?Cosa comporta questo per la madre, il padre e il bambino?È vero che l’allattamento prolungato rende le madri succubi dei figli, e questi ultimi viziati, dipendenti e mammoni?Ma soprattutto, perché molte persone si sentono in diritto di dire alla madre quello che deve fare riguardo all’allattamento, in tante situazioni così diverse l’una dall’altra e senza che venga richiesta la loro opinione in merito? In questo libro, Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, offre tutte le informazioni affinché ogni madre trovi le proprie personali risposte a queste domande, ragionando sul valore dell’allattamento come forma normale di accudimento anche quando i bambini non sono più neonati, unitamente a spunti di riflessione sui vari aspetti di questa pratica, che vanno ben oltre quello puramente nutritivo.Gli operatori sanitari e le figure che si trovano a lavorare con mamme e bambini piccoli troveranno una chiave per entrare con maggiore rispetto nel delicato mondo della coppia madre-bambino, comprendendone meglio vissuti, bisogni e sentimenti, in modo da offrire un’assistenza più rispettosa, mirata, consapevole ed efficace. Il libro è inoltre arricchito da numerose testimonianze di mamme che hanno scelto di continuare a nutrire al seno il proprio bambino per consolarlo nei momenti difficili e addormentarlo con dolcezza. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.