capitolo v

Allattamento in gravidanza e in tandem

di Tiziana Catanzani

Allattare in gravidanza… ma è possibile?

Se può suscitare commenti vedere una madre allattare la sua creatura già grandicella, figuriamoci quando la madre in questione esibisce un bel pancione!


L’eventualità è talmente rara che molte madri, quando decidono di avere un altro figlio o si accorgono di essere di nuovo in attesa, si pongono con preoccupazione la domanda se continuare ad allattare il loro bambino sia possibile oppure se possa creare problemi al bebè in pancia, come ad esempio sottrargli sostanze nutritive oppure avviare contrazioni che inneschino il travaglio e un parto prematuro.


Alcune madri desiderano svezzare il bambino per potersi concentrare esclusivamente sulla gravidanza, mentre altre, specialmente se il primo bambino è piccolo (uno-due anni di vita) desiderano invece proseguire con l’allattamento, magari provando sentimenti contrastanti. Ebbene, gli studi e le esperienze a oggi disponibili dimostrano che, in generale, non esistono controindicazioni all’allattamento in gravidanza o dopo il parto, con due bambini contemporaneamente. L’allattamento in gravidanza è controindicato solo in circostanze specifiche ovvero quando si verifica nella madre una perdita di peso importante; è infatti normale non acquistare peso durante i primissimi mesi, o addirittura perdere anche un chilo se si hanno molte nausee. Altre possibili controindicazioni potrebbero essere eventuali perdite ematiche, il rischio riconosciuto di parto prematuro e l’essere in attesa di gemelli.


Cercheremo qui di offrire le informazioni di base, tenendo presente che a volte rispondere alle preoccupazioni e alle domande rappresenta una sfida in quanto le casistiche di allattamento durante la gravidanza sono molto basse e relativamente recenti.

Allattamento e contrazioni

Durante la poppata, la stimolazione del capezzolo provoca il rilascio dell’ormone ossitocina nel sangue, ormone che ha il compito di favorire la fuoriuscita del latte. Oltre ad agire sul tessuto ghiandolare del seno, l’ossitocina esercita la sua azione in molte altre parti del corpo, dove si trovano i suoi recettori. Come sappiamo, essa provoca anche delle contrazioni all’utero, che in alcuni casi vengono avvertite distintamente, ad esempio, nei primi giorni dopo il parto, ogni volta che il bambino si attacca al seno. Molte madri si chiedono dunque se sussiste un rischio quando si allatta e si aspetta un bambino; le attuali evidenze indicano tuttavia che le contrazioni provocate dalla suzione del bambino sono del tutto fisiologiche e dello stesso tipo di quelle provocate dai rapporti sessuali. Le poppate quindi non provocano di norma contrazioni pericolose, e per comprenderne il motivo è importante capire il meccanismo della contrazione uterina. Per avviare la contrazione dell’utero, l’ossitocina deve poter esercitare la sua azione su questo organo; ciò è possibile proprio perché si “aggancia” a speciali proteine dette “siti recettori dell’ossitocina”. Questi recettori però sono sensibili all’ossitocina solo durante il travaglio e appena dopo il parto, quando le contrazioni forti dell’utero servono per far nascere il bambino e prevenire l’emorragia post partum.Sembra infatti che, prima della trentottesima settimana circa, questi recettori siano pochissimi e meno attivi, con il risultato che l’utero è messo in condizioni di non subire gli effetti dell’ossitocina, anche se questo ormone circola nel sangue in alta concentrazione.


Svezzare se si aspetta un bambino, dunque, non è necessario se la gravidanza è fisiologica e non sono presenti minacce d’aborto.

Hilary Flower, autrice di Adventures in Tandem Nursing, ritiene che rispetto a questo argomento si dovrebbe mantenere un approccio equilibrato e afferma che:
Solo la ricerca diretta può dirci definitivamente se l’allattamento aumenta il rischio di parto pretermine o di aborto, ma come potete vedere, gli studi a disposizione oggi ci forniscono valide ragioni per dubitare che l’allattamento possa scatenare il travaglio prima che il corpo sia pronto per farlo(…). Le gravidanze difficili talvolta richiedono decisioni difficili (…). Puoi stabilire assieme al tuo medico un piano di procedimento che ti permetta di continuare tenendo gli occhi aperti. Come per ogni gravidanza, devi essere attenta ai segnali di parto prematuro. Ogni madre che sente contrazioni preoccupanti deve interrompere la poppata e aspettare che conseguentemente le contrazioni cessino. Alcuni operatori sanitari reputano questo procedimento utile per osservare gli effetti dell’allattamento sulla contrattilità uterina, sul battito cardiaco fetale e sullo stato della cervice.1

Continuare ad allattare

  • Il latte cambia in quantità e qualità

Il latte durante la gravidanza cambia la sua composizione, infatti cala il contenuto di zuccheri e aumenta quello di sodio e proteine: questo comporta senza dubbio anche un cambiamento del suo sapore che diventa più salato. Alcuni bambini lo notano e possono anche cambiare ritmi e modalità, ad esempio diminuire il numero di poppate e/o la loro durata; altri, invece, sembrano non essere a disagio di fronte a tali cambiamenti e continuano a comportarsi come sempre.


Attorno alla quattordicesima settimana di gestazione, ma talvolta anche prima, si può notare poi una diminuzione della quantità del latte prodotto, che avviene nella maggior parte delle donne. Il latte diminuisce quindi in quantità e cambia in qualità, diventando a poco a poco più simile al colostro. Questa diminuzione è del tutto naturale ed è provocata dall’aumento dei livelli di progesterone prodotto dalla placenta durante la gravidanza; dipende non tanto dalla “legge della domanda e dell’offerta”, quanto piuttosto dalle normali variazioni ormonali.


Il bambino reagisce in vari modi a questa diminuzione: facendo più poppate, facendo meno poppate, richiedendo una quantità maggiore di cibi supplementari. Se il bambino cresce bene e continua a fare 3-4 poppate al giorno, di solito non c’è bisogno di inserire altro latte nella sua dieta. Un’attenzione particolare va posta se il bambino non ha ancora un anno di vita, in quanto il latte materno continua ad essere la sua principale fonte di sostentamento.


Il fatto che il latte si stia trasformando in colostro potrebbe potenziarne l’effetto lassativo, con la conseguenza che il bambino allattato si scarichi più frequentemente o con feci liquide.


  • La cura della mamma che allatta in gravidanza

Quando si è in attesa e si sta ancora allattando, si ha bisogno di nutrirsi in modo adeguato, variando i cibi e privilegiando quelli sani e nutrienti. Sarebbe opportuno riposare a sufficienza, soprattutto se il bambino che si allatta è ancora piccolo e fa molte poppate durante la giornata.


Una domanda che spesso viene rivolta alle consulenti in allattamento riguarda il fatto se il bambino nella pancia riceva nutrimento a sufficienza quando si allatta: la risposta è sì.


È sufficiente seguire quelle regole di buon senso che caratterizzano la gravidanza stessa ovvero: seguire il proprio appetito (che non significa mangiare per due o addirittura per tre!) e alimentarsi possibilmente in modo vario preferendo cibi di stagione e sani. L’aumento di peso caratteristico della gravidanza segue gli stessi parametri di quello di madri che non allattano. È il corpo, con la sua intelligenza, a mandare segnali e a regolarsi.


A parte rare eccezioni, la mamma in gravidanza non sta allattando esclusivamente un bambino di meno di sei mesi di vita; l’introduzione di cibi solidi in un bambino più grande può calmare l’eventuale ansia derivante dal dover provvedere completamente ai suoi bisogni nutrizionali con il proprio latte.

  • Fastidi e infiammazione ai capezzoli

Le mamme in attesa che allattano parlano a volte di un vero e proprio fastidio quando il bambino si attacca. Altre dopo le poppate provano sensazioni di agitazione oppure aumento della nausea nei primi mesi.


È poi possibile che si presentino irritazione, arrossamento, infiammazione ai capezzoli. Persino il tocco delle mani del bambino sulla pelle del seno può diventare fastidioso e rendere la mamma meno disponibile per lunghe poppate. Ciò è dovuto sia alle variazioni ormonali che accompagnano la gravidanza che alla diminuzione della quantità di latte, con il conseguente aumento della pressione negativa durante la suzione. Ogni madre che continua ad allattare ha elaborato una propria strategia che le permette di affrontare questi fastidi. Eccone alcune raccolte direttamente dalle mamme:


PREPARARSI ALLA POPPATA

  • Chiudere gli occhi e visualizzare un luogo piacevole, a voi caro, rilassante.

  • Fare due-tre respirazioni profonde, seguite da un momento di rilassamento mentre ci si ripete che il bambino ha bisogno del proprio latte.

  • Attrezzare un angolo confortevole e rilassante con cuscini e/o coperte, con luci basse se lo si desidera, per allattare comodamente con la possibilità di cambiare posizione.

  • Procurarsi un libro particolarmente interessante o divertente, da tenere pronto per leggere durante la poppata.

DURANTE LA POPPATA

  • Ascoltare una buona musica.

  • Cantare una ninnananna o qualsiasi altra melodia ripetitiva.

  • Guardare un programma in TV.

  • Sgranocchiare carote o altre verdure crude, o masticare chewing-gum per scaricare la tensione. I crakers sono particolarmente utili quando c’è la nausea.

  • Chiedere al bambino di tenere in mano un gioco durante la poppata se le mani che si muovono sul seno rappresentano un problema.

  • Chiedere al bambino di succhiare con meno forza.

  • Chiedergli di aprire bene la bocca per favorire da subito un attacco corretto evitando lo sfregamento.

  • Smettere di allattare

Durante la gravidanza, diverse donne prendono in considerazione la possibilità di svezzare il proprio bambino cercando altre modalità di rapporto con lui. Questo sarà tanto più facile quanto più grande è il bambino. Fra i fattori che potrebbero influenzare il desiderio della madre di svezzare, oltre all’intensità del fastidio che sta provando durante le poppate, potrebbero esserci la stanchezza e forse richieste di poppare da parte del bambino più numerose di quelle che lei è disponibile a offrire in quel momento. Piuttosto che interrompere di botto l’allattamento, potrebbe essere il momento di stabilire delle regole per le poppate… Questo potrebbe essere un primo passo e darvi tempo e modo di affrontare con calma la situazione, osservando le reazioni del bambino.

Quando ho scoperto di essere in attesa per la terza volta, stavo ancora allattando spesso sia di giorno che di notte la mia seconda bimba, Penelope, di due anni di età. In verità ho avuto il ciclo mestruale una sola volta prima di accorgermi di essere di nuovo incinta! I primi mesi di gravidanza è stata dura, mi sentivo stanchissima, sempre assonnata e mi chiedevo dove avrei trovato l’energia per prendermi cura dei due bambini e del terzo che stava arrivando… Le giornate erano lunghe e intense, e alla sera mi coricavo esausta, pensando già ai numerosi risvegli che avrei avuto: quelli per andare in bagno a fare la pipì e quelli per le poppate di Penelope. Con la gravidanza, in effetti, le numerose poppate di Penelope (forse 10 o più al giorno) erano diventate per me ancora più faticose e mi rendevo conto che provavo frustrazione e rabbia verso di lei… d’altra parte, Penelope poppava così spesso che smettere di colpo l’allattamento mi sembrava improponibile, mi sembrava di chiederle troppo, proprio ora che un nuovo esserino stava arrivando a contendere a lei e Cosmo le attenzioni della mamma…


Combattuta fra la stanchezza e il desiderio di rispondere ai bisogni dei miei bambini, ho deciso di mettere delle regole e ho iniziato ad allattare Penelope un po’ meno spesso di giorno, non senza fatica, pianti e ripensamenti. Questo è stato sufficiente per un po’, poi, alla fine, ho ammesso con me stessa che avrei voluto eliminare anche le poppate notturne, ma come? Ho tentato qualche volta ma gli strilli di Penelope mi facevano subito desistere, e continuare così sembrava forse alla fine più semplice anche per me… Poi, intorno al mio quarto mese di gravidanza, mio marito ha dovuto subire un intervento chirurgico al fegato; quando è tornato dall’ospedale abbiamo capito che il lettone familiare in cui dormivamo tutti e quattro sarebbe stato pericoloso per lui, con i bambini che rigirandosi avrebbero potuto colpire la sua ferita… Abbiamo quindi inizialmente pensato che lui avrebbe potuto dormire per qualche tempo in un altro letto, poi però ci siamo guardati negli occhi e ci è venuta la stessa idea: invece del papà, si sarebbero potuti spostare i bambini… allora abbiamo disteso per loro e insieme a loro un grande futon nella stanza vicina alla nostra camera (troppo stretta per ospitare due materassi matrimoniali), rendendolo accogliente con cuscini, e cose carine intorno – ad esempio, i miei bambini hanno sempre adorato i giochi a vento da appendere al soffitto. La sera io mi sono sdraiata lì con loro, fiaba per Cosmo e tetta per Penelope, e una volta addormentati sono tornata in camera nel mio letto. Per diverse notti, Penelope ha continuato a svegliarsi e mi chiamava, io mi alzavo, andavo nell’altra stanza ad allattarla, e poi tornavo nel mio letto: per me, ancora peggio di prima! Allora mi sono data un termine: se entro la fine del mese le cose non fossero cambiate, saremmo tornati al lettone di famiglia o mi sarei trasferita con i bambini nel futon… invece come per miracolo, Penelope ha iniziato a dormire tutta la notte intera, nel lettone con il fratellino, con grande soddisfazione mia e da allora dormono di là, salvo incubi o altri piccoli imprevisti notturni!


Elisabetta, mamma di Cosmo 9 anni, Penelope 7 anni e Arturo 4 anni

Quando ormai mancava poco meno di un mese alla nascita di Gioele, Ornella poppava ancora la sera prima di addormentarsi e qualche volta durante la giornata. La pancia era grossissima, i capezzoli sensibili e quando Ornella si avvicinava provavo insofferenza; forse lei lo sentiva e reagiva attaccandosi ancora più forte, e rimanendo al seno per quello che mi sembrava un tempo interminabile… per farla poppare dovevo mettermi in posizioni strane e faticose, con la pancia appoggiata a dei cuscini. Volevo smettere, ma mi dispiaceva un po’, insomma, ero combattuta. Ad un certo punto però mi sono decisa: le ho detto che mi faceva tanto male ed era scomodo (il che era vero) e che avrebbe potuto poppare di nuovo dopo pochissimo tempo, infatti il fratellino stava per nascere. Lei ha accettato, con mia sorpresa. Allora, per coccolarci, ci abbracciavamo e lei mi toccava la mano e me la sfregava con le sue dita e così ci addormentavamo… Smettere di allattare in quel momento è stato come una liberazione, l’ho fatto convinta e mi ha consentito di prepararmi psicologicamente all’arrivo di un nuovo bebè bisognoso di contatto 24 ore su 24 dopo quasi 2 anni di allattamento. Quando è nato Gioele, Ornella si è attaccata ma ho visto che ha fatto una faccia strana e alla mia richiesta: “Non ti piace più?” ha risposto “noo, mamma, è buono!” ma poi di fatto non ha voluto più poppare!


Elena, mamma di Ornella e Gioele, di 8 e 6 anni

Quando ho scoperto di essere di nuovo in attesa, Alice aveva circa due anni e poppava ancora a domanda, ovvero diciamo con una frequenza piuttosto intensa, non tanto differente da quando aveva pochi mesi. Continuare ad allattarla con quei ritmi effettivamente stava diventando faticoso, allora ho iniziato ad allattarla ad orari fissi: al mattino, dopo pranzo per il pisolino, la sera prima della nanna. C’è voluto un po’ di tempo per farle capire e accettare che la mamma non era più così disponibile come prima, e che ora non poteva più poppare quante volte voleva durante il giorno e soprattutto la notte. È stata una prova per tutte e due, ma io sapevo che non ce l’avrei fatta a continuare in quel modo, e piuttosto che smettere di allattare ho preferito dare delle regole. L’allattamento di Alice è continuato così fino a poche settimane prima della nascita del fratellino. Alla fine sono stata io ad accelerare questa tappa, e un po’ mi dispiace. I capezzoli mi facevano male e la pancia grossissima mi rendeva scomode le poppate, gliel’ho spiegato e le ho detto che avrebbe potuto poppare di nuovo quando sarebbe nato il bebè, cosa che lei ha capito e accettato abbastanza di buon grado. Quando Giacomo è nato, Alice ha provato subito a riattaccarsi al seno, ma sembrava che il colostro non fosse di suo gradimento… ci ha provato ancora qualche volta nei giorni e nei mesi successivi, ma di fatto non ha più ripreso a poppare regolarmente. Adesso l’allattamento prosegue con Giacomo, che ha quasi un anno e ovviamente oltre a mangiare tante cose ama ancora molto la tetta della mamma.


Silvia, mamma di Alice di 3 anni e mezzo e di Giacomo di 11 mesi

Va anche detto che a volte l’abbandono del seno avviene spontaneamente da parte del bambino prima della nascita del fratellino o della sorellina, questo potrebbe avvenire più spesso durante il secondo trimestre di gravidanza, ovvero quando avviene il passaggio da latte a colostro con la conseguente diminuzione della quantità.

Sono una mamma di un bambino che ha due anni e mezzo. Il mio James non è arrivato subito, abbiamo fatto abbastanza fatica. L’allattamento non è partito benissimo, e ho lottato con le unghie con diversi problemi per allattarlo esclusivamente al seno. Ho vinto la battaglia dopo tre lunghi mesi di tiralatte e poppate, ingorghi, e due biberon serali perché lui era insoddisfatto del seno dalle 17.00 in poi. Soltanto con il senno di poi, e dopo aver frequentato un corso sull’allattamento (nonostante mi fossi preparata con i corsi pro allattamento di un’ottima associazione), come madre alle prime armi ho capito che cosa era andato storto e ho potuto interpretare la mia storia di allattamento. Detto questo, vista la lotta che ho fatto per l’allattamento, vista la difficoltà che ho avuto a rimanere incinta, sapevo di volere allattare il mio bambino lungamente, almeno due anni come dice l’OMS se non di più e man mano che andavo avanti, non disdegnavo neanche l’idea di continuare ad allattare in gravidanza e in tandem. Inoltre, non sicura di potere nuovamente rimanere gravida, mai per nulla avrei interrotto l’allattamento e cercato un altro bambino che forse non sarebbe mai arrivato, perché forse il mio James sarebbe stato il mio unico cucciolo, e in quest’ottica, volevo lasciarlo svezzare naturalmente, godermi ogni momento, ogni giorno di allattamento e della sua crescita. Ho vissuto i suoi primi due anni in modo molto intenso, dedicandomi totalmente a lui e mettendolo davanti a tutto, proprio per non perdermi nulla e ho seguito lo stile genitoriale con attaccamento in tutto e per tutto. Arrivata alla soglia dei due anni, e contenta di esserci arrivata con queste modalità, io e mio marito abbiamo deciso di aprirci all’idea di un altro bambino e tra me e me mi dicevo, “chissà quanto ci vorrà, ma essendo ormai 35enne non mi posso permettere di aspettare troppo”, volevo solo essere certa che ci fossero almeno 2 anni e mezzo di allattamento assicurati per James e almeno tre anni di distanza tra i fratelli. Fosse stato per me, avrei aspettato ancora un po’ forse, ma sapendo quanto mi ci sarebbe voluto, sempre che questo bambino arrivasse, mi sono detta, va bene, tanto non arriverà subito e James si farà altri mesi di latte, più almeno i primi tre di un’eventuale gravidanza. Il fato, il Signore e tutti i Santi sono stati estremamente generosi, e dopo solo quattro mesi mi hanno mandato un altro bambino. Quando ho scoperto di essere incinta, avevo qualche sospetto, i capezzoli mi facevano un male tremendo, ma anche il mese prima, che era stato particolarmente irregolare (45 giorni di ciclo), avevo avuto lo stesso male prima che arrivasse il ciclo. Fatto il test, chiusa in bagno da sola mentre il mio James appena sveglio la mattina strillava “mammaaaa tittooooo”, guardavo il test ed ero incredula e non sapevo se essere felice o preoccupata. Avevo una stretta allo stomaco e sentivo un fortissimo senso di colpa nei confronti del mio bambino, mi sembrava di avere come tradito il mio innamorato con un’altra creatura. Mi chiedevo subito, come farò a volere bene a due angeli nello stesso modo? Soffrirà James? Come sarà la mia realtà con un’altra creatura? Non riuscivo neanche a immaginarmelo. Allo stesso tempo avevo immensi sensi di colpa per il nascituro che percepiva il mio stato e non la mia pura felicità, e altrettanto per i Santi e il Creatore che mi avevano fatto questo regalo, mi sentivo un’ingrata e non meritevole della grazia. I primi due mesi sono stati caratterizzati da un’agonia, una costante preoccupazione per James, il terrore di perdere il latte, o di vederlo svezzarsi da un giorno all’altro lasciandomi senza parole e impreparata, o di dirlo anche solo ai miei genitori per timore che dicessero frasi a James quali “adesso vedrai quando arriva il fratellino o la sorellina” (volevo essere io a dirglielo nel modo più naturale e positivo possibile e non volevo che gli altri gli proiettassero sensazioni o visioni negative della cosa). Così, me ne sono rimasta in silenzio per quasi tre mesi, fatta eccezione per qualche amica esperta di allattamento e bambini che è riuscita a calmarmi e a darmi le risposte giuste in un momento probabilmente di tempesta ormonale. Questo era quello che io stavo vivendo, e James, da parte sua, assorbiva come una spugna il mio stato. Era regredito allo stato di un neonato, voleva il “titto” in continuazione, con mio totale nervosismo e irrequietezza, nonché imbarazzo quando venivano mamme in visita con neonati che poppavano meno di lui…, non voleva mai staccarsi da me e persino al centro giochi, che adorava, se mentre giocava non mi vedeva per due minuti, andava nel panico più totale con pianti esasperati. Grazie a queste amiche esperte, ho capito che dovevo essere serena, che nove mesi sono nove, se non dieci per un motivo o due, tra cui, l’adattamento della mamma al nascituro e l’adattamento di eventuali fratelli all’arrivo di altri, e ho imparato a confidare nella natura e nella sua saggezza e a pensare che sicuramente essa vede e provvede e James avrebbe trovato una sua dimensione nuova e positiva e non necessariamente sarebbe diventato un bambino geloso e infelice. Da quando ho iniziato a pensare in questa direzione, gradualmente James si è rasserenato, è tornato gradatamente ad essere più indipendente e ha trovato un suo nuovo equilibrio. Nei primi tre mesi il dolore ai capezzoli è stato forte, ma sopportabile, più forte all’inizio che in seguito devo dire, e la regola d’oro era, in particolare nel primo periodo, allattare spesso, senza lasciare troppe ore tra una poppata e l’altra perché più spesso il capezzolo veniva utilizzato, meno dolore faceva alla poppata successiva. Inoltre, chiedere al bambino di aprire bene la bocca aiutava un sacco a ridurre il dolore intorno al capezzolo. Il dolore in genere, anzi, sempre e tutt’ora (sono attualmente alla 17esima settimana), svanisce dopo i primi secondi. Quindi per ora posso dire che il dolore ai capezzoli in gravidanza è totalmente gestibile per chi è determinato a portare avanti l’allattamento, e forse è inferiore a quello delle poppate di un neonato che si attacca male, ma non so quanto si possa fare affidamento sui propri ricordi dei primi periodi. Per quanto riguarda la quantità di latte (al momento in cui scrivo sono di 17 settimane e mezzo), posso dire che per circa due mesi e mezzo ho avuto latte in normale quantità, forse fino a prima dei due mesi riuscivo anche a spremerlo e vedere i getti, e a giocare con mio figlio bagnandogli la faccia, ma dalla fine del terzo mese non si vedeva più. James comunque non disdegna la poppata, trova sempre conforto, non mi dice frasi del tipo, il latte è finito, o non ce n’è, tutt’al più mi dice “mamma altra tetta per favore!”. Vorrei aggiungere una nota circa la mia irritabilità: da quando sono in attesa, sono decisamente irritabile se lui cerca di giocare con il seno durante le poppate e non lo permetto più, l’essere toccata come faceva prima mi innervosisce molto. Soprattutto se gioca e mi pizzica, poi per quanto riguarda i capezzoli, vista la sensibilità, sono assolutamente fuori questione, e lo sa benissimo, è quasi un gioco, una sfida, ci prova, ma sa che arrivo subito con la mano a distoglierlo. Ci sono anche momenti in cui non ho pazienza quando si deve addormentare ed è irrequieto e ci vuole più del solito. Sicuramente le energie fisiche richieste dal nascituro, aggiunte a tutto il resto, fanno sì che ogni tanto sia poco paziente, tuttavia l’allattamento produce sempre un grande affetto e non manco mai di coprirlo di bacini o di accarezzarlo mentre lo allatto. Ho come il presentimento che, per il bambino che è (a cui non è mai stato limitato il latte e il contatto con il seno, se non in questo ultimo periodo, perché è più grande e capisco quando lo chiede per noia piuttosto che per bisogno), probabilmente non abbandonerà il seno, perché ha svolto un ruolo forte sino ad oggi ed è ancora l’unica cosa che lo calma quando si fa male o fa un capriccio, quindi faccio fatica a pensare che lo elimini rapidamente, perché è parte integrante del suo modo di essere e del suo vissuto. Inoltre, volevo aggiungere che adesso che sono quasi alla 18esima settimana sento che anche se lui dovesse svezzarsi durante la gravidanza non lo vivrei come una tragedia, certo, da un certo punto di vista, preferirei che rimanesse attaccato, soprattutto pensando al dopo, e alla praticità di addormentarne due in un colpo o di coccolarne due alla volta, o semplicemente alla possibilità che siano fratelli di latte e possano condividere il seno insieme, un modo per fare accettare di più il nuovo arrivato, ma sento che ora James non ha più una necessità vitale del seno come anche solo 6, 8 mesi fa, sta crescendo e ha risorse che prima non aveva, quindi mi sento più tranquilla in questo senso. Vorrei inoltre aggiungere che James ha capito che aspettavo un bimbo/a senza che noi dicessimo nulla. Credo ci sia una comunicazione tra il nascituro e i fratelli, e la vicinanza alla mamma, al seno, alla pancia, forse lascia percepire qualcosa. Una sera a tavola, mentre io ero in un’altra stanza e non potevo sentire, ha chiesto a suo padre: “daddy?, Mummy baby?” Mio marito è rimasto senza parole e spiazzato non ha saputo dire altro che “Ask mummy”. Tra l’altro, lo ha chiesto con un viso sereno, da adulto, col sorriso e lo sguardo di sfida, come per dire, prova a dirmi di no, guarda che ho capito tutto….Quando dopo i tre mesi abbiamo annunciato il fratellino o la sorellina a James, è stato molto bello. Era Pasqua, quindi c’era anche una bella simbologia, gli avevo messo un cestino con un uovo decorato e dei pulcini sulla tavola della colazione e gli avevo spiegato che i pulcini nascevano dall’uovo, (mi ha chiesto se prendevano il titto, ma non gli ho potuto dire di sì), poi gli abbiamo messo le manine sulla mia pancina e gli abbiamo detto che lì dentro c’era un/a bimbo/a, e che era una cosa molto bella, un regalo per lui, un compagno di giochi, portandogli ad esempio i fratellini e le sorelline di suoi amici (il concetto di fratello e sorella non era ancora molto chiaro per lui). Avevamo il sorriso sulle labbra ed eravamo gioiosi. Ha reagito benissimo, col sorriso e ha chiesto quando sarebbe arrivato e se lo poteva vedere! Nelle settimane successive, è stato ed è tutt’ora molto affettuoso e carino, mi bacia il pancino, mi chiede dov’è il bambino per dargli delle carezze sulla pancia, mi chiede se è con noi quando siamo al parco. Cerco di coinvolgerlo dicendogli che mi dovrà aiutare quando arriva e lui che è un esperto di “titto” dovrà fargli vedere come ci si attacca, e come si deve aprire la bocca, allora lui tutto contento mentre prende il suo “titto” ogni tanto si stacca, mi guarda, spalanca la bocca e si riattacca farfugliando, “faccio vedere bimbo”, oppure mentre lo vesto sul fasciatoio mi tocca il seno e dice, “questa è mia e questa è del bimbo”! Alla fine credo che il buon senso, il modo in cui si interagisce con i bambini e si presentano loro le cose, l’avere fiducia nelle loro capacità siano gli ingredienti per preparare in modo sereno un bambino all’arrivo di un fratellino o di una sorellina. Credo inoltre che il fatto che James sia stato allattato ad oggi per due anni e mezzo, sia stato sempre con la mamma che ha lavorato saltuariamente da casa compatibilmente con le sue esigenze, abbia sicuramente contribuito ad arricchirlo di risorse che potrà eventualmente usare quando avrà un fratellino o una sorellina.

Allattamento in tandem

Se l’allattamento è proseguito per tutta la gravidanza, allattare in “tandem”, ovvero due bambini contemporaneamente, può essere il passo successivo.


Come nel caso dell’allattamento oltre i primi mesi e forse più, non esistono nella nostra cultura modelli di riferimento; al punto che l’allattamento in tandem è una pratica “sommersa”, ovvero si conosce soltanto attraverso le esperienze dirette e gli scambi di opinioni fra madri e consulenti in allattamento, mentre non se ne parla mai o quasi in altri ambiti e persino la maggior parte di operatori sanitari (compresi pediatri e psicologi) ignora totalmente che esista. Inoltre, si può ben immaginare la pressione che deve sopportare colei che allatta addirittura due bambini contemporaneamente!


Perciò se state allattando due (o più) bambini non coetanei, potreste avere ancora più bisogno di:

  • sostegno emotivo per la vostra decisione

  • sostegno alle vostre motivazioni

  • informazioni corrette, complete e aggiornate

  • aiuto pratico per la gestione della casa e della famiglia

  • riposo e possibilità di dedicarvi all’allattamento e all’accudimento dei vostri bambini

Quando è nato Tommaso, Valentina aveva quasi due anni e ancora poppava prima della nanna e se si svegliava di notte. I primi tempi, ha continuato a ciucciare più o meno come prima, più qualche piccolo assaggio quando vedeva che Tommaso stava poppando: prendeva un panchettino e si metteva a ciucciare all’altra tetta! Queste poppate “in stereo” erano un po’ fastidiose, ma apprezzavo molto il fatto che Valentina ciucciasse ancora, questo rendeva l’addormentamento dopo pranzo e alla sera facile e meno faticoso. Mi ricordo che ci coricavamo tutti e tre nel lettone e poi, ciuccia qua, ciuccia là, cadevamo tutti addormentati.


Sofia, mamma di Valentina, Tommaso e Viola di 9, 7 e 4 anni

Allattare in tandem può dare sensazioni molto diverse da donna a donna e quando nei gruppi di auto aiuto ci si trova a parlare di questo argomento le motivazioni e le descrizioni degli aspetti fisici ed emotivi sono i più disparati.


La suzione di un bambino grande è più intensa e vigorosa rispetto a quella di un neonato e per questo motivo alcune mamme preferiscono non allattare contemporaneamente ma dedicare tempo esclusivo a ciascun bambino. Ciò dà loro modo di personalizzare il rapporto con ciascun figlio, gestire meglio le sensazioni se sono contrastanti e rimanere in contatto valorizzando le piccole richieste di attenzione di ciascun bambino. Non è inoltre sempre detto che entrambi i bambini chiedano il seno insieme, persino per i gemelli non è così.


Come è ovvio, questo richiede maggiore disponibilità di tempo ma le mamme che allattano in tandem considerano questo un aspetto molto positivo perché, paradossalmente, possono concedersi momenti in più per riposare e decomprimersi dalle routine domestiche. L’occasione di sdraiarsi sul divano oppure sul letto per allattare durante la giornata concede delle ricariche anche in vista del momento serale.


Tante altre mamme, invece, allattano i loro bambini contemporaneamente, oppure capita loro di farlo ma anche questo è un momento speciale, che viene descritto con tenerezza perché è come “chiudere un cerchio”, sentire che i propri tesori sono tutti lì contemporaneamente in una simultaneità ineguagliabile.


Continuare ad allattare il bimbo più grande durante la gravidanza ha portato i benefici di non interrompere un legame ancora così importante per noi e di instaurarne uno nuovo con il fratellino. Mio figlio accarezzava la mia pancia mentre ciucciava e quando è nato il piccolino ha semplicemente continuato ad accarezzare lui mentre poppavano assieme con gli occhi uno nell’altro. La prima volta che li ho allattati contemporaneamente, a poche ore dal parto, ho vissuto un’emozione che ricorderò per sempre.


Quando si allatta in tandem si rende disponibile in un minor lasso di tempo una maggiore quantità di latte perché il modo differente dei due bambini di succhiare il seno fa in modo di avvicinare il momento della montata lattea. Alcune mamme avvertono questo momento come un passaggio naturale e senza gli “effetti collaterali” quali gonfiore, calore, sensazione di pienezza. Ed è così che, specie nei primi giorni, un succhiatore vigoroso può prevenire o risolvere i fastidi di un ingorgo o una mastite in modo più semplice che non una spremitura o un tiralatte professionale! Anche nei mesi successivi è più semplice affrontare queste difficoltà se c’è un bambino grande che interviene.

Càpita che nei primi giorni dopo la nascita i capezzoli si infiammino un po’. Anche questo è fisiologico ma è importante essere attente ad attacco e posizione corretti.


Nei primi giorni di vita del neonato può accadere che il grande chieda di poppare con più frequenza. L’aumento della produzione di latte con il parto è infatti per lui un vero motivo di gioia che celebra la rinnovata abbondanza attaccandosi spesso. A volte però, quando la stessa frequenza delle richieste è pari a quella del neonato, o di più, la mamma può essere messa a dura prova e chiedersi cosa le riservi il futuro. Non sarà sempre così e questo, alla luce delle esperienze di tante e tante donne, di solito è un momento transitorio di riadattamento. Se, tuttavia, non è possibile gestire il menage si può di nuovo inserire qualche piccola regola.

Allattare entrambi può aiutare ad affrontare la novità

La disponibilità della mamma ad allattare un bambino grande facilita le “relazioni diplomatiche” con il nuovo arrivato. Si sente dire che l’allattamento in tandem renda più semplice l’accettazione del fratellino o della sorellina. Di certo rappresenta un modo naturale di accudire e di essere genitori. A volte una poppata rasserena più di mille parole districando i nodi di momenti difficili.


La relazione tra fratelli ha poi un proprio ritmo di legame e lotta, “odio e amore”, utile per l’adattamento: allattare entrambi offre la possibilità di accompagnare il ritmo e di scorgere anche gli aspetti più sottili del rapporto tra fratelli e del legame con i genitori. La mamma coglie immediatamente i segnali e il tempo le permette di essere creativa e immediata nel superamento delle piccole difficoltà.

Domande frequenti

Anche “in tandem” sono molti i miti che caratterizzano le raccomandazioni alle mamme che si avventurano in questo percorso. Cerchiamo perciò di rispondere a qualche domanda, tra quelle più comuni.


  • Nei primi giorni di vita bisogna allattare prima il bebè e poi il bambino “grande”?

Il seno risponde al meccanismo della domanda e dell’offerta per produrre latte. Questo significa che più i bambini si attaccano, più il seno produce. In questa fase, la suzione vigorosa del bambino grande aiuterà ad anticipare i tempi della montata lattea; tuttavia, prima che questa arrivi (quindi nel primo-secondo giorno di vita), la precedenza si può dare al bebè per assicurargli le preziosissime gocce di colostro, vero concentrato di salute.


Dopo l’arrivo della montata lattea, quando c’è sensazione di pienezza del seno e la produzione di latte eccede il fabbisogno e il consumo del bebè, la suzione del grande può essere di sollievo ed aiuto per alleviare il disagio e per mantenere una buona produzione.


Per questa abbondante disponibilità di latte potrebbe presentarsi un forte riflesso di emissione, ovvero di latte che all’inizio della poppata esca così velocemente da creare difficoltà di deglutizione e di gestione del flusso per il bebè. In questo caso un bambino grande che succhia è risolutivo. La strategia di allattare per primo il grande consente a lui di fare la desiderata poppata succhiando il latte che fuoriesce con un flusso veloce, “a schizzo”, e al piccolo di poter proseguire la poppata sfruttando un flusso di latte più lento e, per giunta, ricco di grassi.


A riprova del fatto che il latte viene allattando, la preoccupazione di una mamma che allatta due bambini in tandem di solito non riguarda una scarsa produzione ma una sovrapproduzione.


  • Allattare due bambini è pericoloso per la trasmissione di germi?

Non c’è bisogno di prendere precauzioni particolari perché i germi con cui il neonato viene a contatto sono quelli familiari: la normale igiene quotidiana è la pratica più appropriata. Potrebbe essere una buona idea lavare le mani del bimbo grande, se queste sono sporche e se la poppata avviene in contemporanea: tale precauzione è motivata dal fatto che potrebbe accarezzare il fratello/sorella appena nati sulla faccia o sulle mani. Va anche detto, però, che durante la giornata e con poppate frequenti e in momenti particolari questo non è sempre possibile o di realistica realizzazione. E quindi anche delle mani “colorate e condite”, entro i limiti della normalità, possono contribuire a creare un buono scudo di anticorpi.


Per quanto riguarda le comuni malattie virali (es. influenza, raffreddore o altro), entrambi i bambini sono comunque esposti in casa, sia che prendano il seno oppure no. L’unica eccezione è costituita dalla presenza di infezione da candida: in questo caso è necessario il trattamento di mamma e bambini per evitare di trasmettersi l’infezione o di reinfettarsi. Alcuni studi spiegano che l’allattamento in tandem velocizza il processo di produzione di anticorpi nel latte. Il seno inizia la produzione di anticorpi appena viene esposto alla malattia attraverso l’allattamento del bambino. Se un bambino grande che non viene allattato si ammala, il seno non produrrà anticorpi fino al momento in cui la madre viene esposta alla malattia indipendentemente oppure attraverso la bocca del bambino che allatta, se è ammalato. Lavare il seno riduce il numero di batteri sulla sua superficie ma, contemporaneamente, la sua efficienza nel produrre anticorpi.


  • È meglio allattare i bambini contemporaneamente oppure uno per volta?

Non esistono regole. Alcune mamme preferiscono allattare in contemporanea, altre invece preferiscono dedicarsi a ognuno in maniera esclusiva. Allattare contemporaneamente consente di incrementare la produzione nella metà del tempo, mentre un allattamento che si sussegue permette di drenare il seno completamente; infatti specialmente nelle prime settimane, quando la produzione di latte non si assesta sul ritmo della richiesta, la mamma può sentire il seno non del tutto morbido dopo la poppata. Entrambe le modalità riescono ad aumentare la produzione di latte in modo da soddisfare le richieste di entrambi con facilità. Dunque: doppio tiraggio, più latte! Nei casi di ingorgo o, addirittura, di mastite, un bambino grande, con la sua suzione vigorosa e costante, può essere una risoluzione veloce, oltre che piacevole.


Può accadere comunque che ci si senta preoccupate per la crescita del neonato anche dopo che la produzione di latte si è stabilizzata. Alcune mamme sentono la necessità di avere alcuni punti di riferimento, come abitudini che le rassicurino sull’adeguato apporto di latte per la crescita del piccolo e quindi desiderano in qualche modo regolare l’accesso del maggiore. Perciò, ad esempio, si accordano con il loro grande perché prenda il latte da un solo seno lasciando l’altro al fratello e, se il neonato sembra non essere sazio, lo passano poi al seno del grande. Altre madri hanno trovato utile chiedere al bambino più grande di fare poppate solo in determinate ore della giornata o in luoghi stabiliti, ad esempio a letto prima della nanna notturna oppure al risveglio o dopo pranzo in una sedia particolare.


  • Allattare in tandem rende più facile l’adattamento del bambino grande alla nuova situazione?

Si pensa che continuare ad allattare il bambino grande gli assicuri un passaggio più facile per l’accettazione del piccolo fratello o sorella e una facilitazione ad adattarsi alla nuova “forma” della famiglia. Questo può accadere talvolta ma non è sempre così.


Il bambino grande passa attraverso una miriade di sensazioni contrastanti tra loro che possono comprendere la paura di perdere l’amore di mamma e papà, oppure rabbia verso il bebè o verso la mamma o, ancora, smarrimento. Può persino accadere che, specialmente nei primi tempi, chieda di poppare agli stessi ritmi del neonato sorprendendo la mamma con questo genere di richiesta, soprattutto se il bambino è grande e se succhiava solo di tanto in tanto. Tutto questo è normale e il confronto con altre mamme nella stessa condizione può confermarlo.


Se la mamma lo desidera può, in questo momento, assecondare i bisogni del grande per rispondere al suo desiderio di rassicurazione. Di solito questa “emergenza” rientra in pochissimo tempo.


Frequentare un gruppo di auto aiuto affrontando il tema specifico oppure parlare con una consulente professionale aiuta a coltivare aspettative realistiche in merito. Inoltre sono ingredienti essenziali tanto amore di mamma, coccole, attenzioni particolari, dare la possibilità al bimbo di esprimersi apertamente e con tutte le sue emozioni e, perché no? senso dell’umorismo!


  • Come faccio ad affrontare i risvegli notturni di due bambini che chiedono il seno?

Il risveglio notturno di due bambini, di cui uno neonato, che chiedono di essere allattati può far sentire la mamma davvero esausta. Affrontare questa situazione non è sempre facile anche per il fatto che il bambino “grande” potrebbe non esserlo abbastanza da capire che la mamma è stanca e vorrebbe riposare più a lungo. Alcune mamme dicono di sentirsi risentite verso il bambino grande perché non ha più necessità di succhiare di notte per vivere, mentre loro si barcamenano con il bisogno di dormire.


È importante avere la possibilità di riposare durante il giorno per affrontare i risvegli notturni. Anche in questo caso l’aiuto per i lavori domestici e per la preparazione dei pasti può fare la differenza rispetto alla serenità degli atteggiamenti della mamma. Quando la stanchezza incombe, infatti, è molto difficile fare analisi lucide della situazione, capire cosa si desideri davvero e prendere decisioni libere.


Alcune mamme si attrezzano con molti cuscini nel letto in modo da poter velocemente trovare una posizione comoda per allattare e, insieme, per continuare a dormire o rimanere in uno stato di quiete riposante. Se entrambi i bambini sono in camera con i genitori e hanno un lettino alla stessa altezza del letto matrimoniale diventa molto più facile girarsi di lato, accogliere il bambino e offrire il seno senza nemmeno accendere la luce. Per i genitori i cui figli dormono in un’altra stanza questo può essere più faticoso. Una soluzione in questo caso potrebbe essere quella di collocare un futon o un materasso a terra e sdraiarsi di notte per allattare in modo da proseguire lì il sonno.


Quando il risveglio notturno del bambino grande, invece, diventa per la mamma una difficoltà per lei troppo pesante da gestire forse è il caso di affrontare lo svezzamento dalla poppata notturna (vedi capitolo 4). Spesso accade che, quando la mamma riesce a riposare un poco di più, è più disponibile a proseguire l’esperienza del tandem.


  • Stabilire delle regole

Allattare in pubblico due bambini può essere imbarazzante per alcune mamme. Non sempre si è disposti a sopportare gli sguardi curiosi delle persone o addirittura appunti e rimbrotti. Ci si può accordare allattando in casa ma non in pubblico. La relazione di reciproco rispetto instaurata e il dialogo faciliteranno il contrattare delle regole assieme. I bambini i cui bisogni sono soddisfatti sono incredibilmente empatici e in cuor loro sentono bene quando la loro mamma si trova in difficoltà e sono felici di aiutarla. Si procede per tentativi ed errori fino a quando non si sarà trovato un accordo soddisfacente per entrambi. Per esempio può esserci un gioco speciale o un libretto magico con cui il grande può giocare mentre il neonato prende il seno della mamma in pubblico.


Frequentare gruppi di auto aiuto, confrontarsi con una consulente professionale in allattamento nel caso dell’allattamento in tandem si rivela essere di fondamentale importanza proprio per la mancanza di una cultura di supporto. Nei gruppi le madri parlano delle loro personali soluzioni, sistemazioni, delle situazioni più ricorrenti e, in questo modo, rafforzano le motivazioni delle loro scelte o sono stimolate a sperimentare altri percorsi. In un parola ad aver fiducia nelle proprie competenze di donne e di madri capaci.

Sapore di mamma
Sapore di mamma
Paola Negri
Allattare dopo i primi mesi.Perché è importante allattare ben oltre i primi sei mesi canonici. La meravigliosa esperienza di proseguire per molti mesi, come consiglia anche l’OMS. Sapore di mamma parla di allattamento prolungato, una pratica che si sta diffondendo grazie a iniziative e interventi per la sua promozione. Sono infatti sempre di più le donne che allattano secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero fino e anche oltre ai due anni di vita del bambino. C’è una bella differenza però fra allattare un neonato e allattare un bambino di uno, due o più anni, e non sempre le mamme riescono a trovare informazioni specifiche, coerenti e aggiornate su questo argomento.Come se non bastasse, le donne che decidono di continuare ad allattare il bambino dopo il primo anno si sentono spesso isolate e non trovano occasioni in cui scambiare opinioni ed esperienze con altre mamme. Anzi, spesso si scontrano con l’ignoranza e la disapprovazione del prossimo (il compagno, i parenti, il proprio ginecologo o il proprio pediatra), intrisa di luoghi comuni. Chi ha il diritto di decidere sulla sua durata?Su quali basi può deciderlo?Cosa vuol dire, oggi, allattare fino all’anno e oltre?Cosa comporta questo per la madre, il padre e il bambino?È vero che l’allattamento prolungato rende le madri succubi dei figli, e questi ultimi viziati, dipendenti e mammoni?Ma soprattutto, perché molte persone si sentono in diritto di dire alla madre quello che deve fare riguardo all’allattamento, in tante situazioni così diverse l’una dall’altra e senza che venga richiesta la loro opinione in merito? In questo libro, Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, offre tutte le informazioni affinché ogni madre trovi le proprie personali risposte a queste domande, ragionando sul valore dell’allattamento come forma normale di accudimento anche quando i bambini non sono più neonati, unitamente a spunti di riflessione sui vari aspetti di questa pratica, che vanno ben oltre quello puramente nutritivo.Gli operatori sanitari e le figure che si trovano a lavorare con mamme e bambini piccoli troveranno una chiave per entrare con maggiore rispetto nel delicato mondo della coppia madre-bambino, comprendendone meglio vissuti, bisogni e sentimenti, in modo da offrire un’assistenza più rispettosa, mirata, consapevole ed efficace. Il libro è inoltre arricchito da numerose testimonianze di mamme che hanno scelto di continuare a nutrire al seno il proprio bambino per consolarlo nei momenti difficili e addormentarlo con dolcezza. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.