prima parte - capitolo vii

La morte perinatale

A noi genitori è assegnato un compito veramente grande e per certi aspetti difficile da capire: accompagnare i figli che ci vengono dati per un certo tempo. E per quanto questo tempo possa essere breve o faticoso, è un tempo donato e possiamo solo essere grati per questo dono.

Cristina

Perdere il proprio bambino quando mancava tanto poco per abbracciarlo. Dopo aver comunicato con lui nei lunghi mesi dell’attesa con le parole, le emozioni, le carezze al pancione. Dopo aver gioito per le sue capriole, riconosciuto il suo profilo nell’ecografia, indovinato il suo temperamento dalla frequenza dei movimenti, scelto il suo nome e preparato con amore il suo corredo… Credo sia evidente che non esistono parole per descrivere il dolore di una mamma e di un papà costretti ad affrontare un simile lutto. Pronti ad assaporare la gioia più grande, eccoli colpiti da una sofferenza per cui non esiste preparazione, poiché si verifica nel momento in cui tutte le energie fisiche e mentali sono concentrate e predisposte per accogliere la vita e prendersene cura.

Ogni anno, in Italia, circa due gravidanze su cento terminano con una morte perinatale,1 ovvero con la perdita di un bimbo negli ultimi mesi dell’attesa e nei primi giorni successivi alla nascita.

Nella maggior parte dei casi, il lutto si manifesta in modo improvviso, la mamma si accorge di non sentire i movimenti del bambino da diverse ore e si reca al Pronto Soccorso o dal ginecologo di fiducia, dove riceve la conferma ai suoi timori; oppure è in occasione di un controllo ecografico di routine o di un monitoraggio del battito fetale che si scopre che il bimbo si è spento nel grembo materno.


Lo shock causato da questa diagnosi è indescrivibile e travolge i genitori con violenza.


Una volta scoperta la morte del bimbo, gli eventi sembrano accelerare, non c’è quasi tempo per rendersi conto di quanto sta accadendo: nell’arco di poche ore la donna viene ricoverata e viene indotto il parto.

Costruire ricordi di lui e ‘con lui’

Le mie lacrime hanno bagnato la tua guancia. Sei la miniatura di tuo padre: tanti capelli neri, un nasino perfetto e due labbra sottili e delicate.
Di mio hai il taglio degli occhi. Un mix vincente per essere il bimbo più bello del mondo. Ad occhi chiusi come i tuoi ho dato tanti baci sulla tua guancia. Ho assaporato la tua pelle, rosa e gentile.
Quei pochi secondi voglio ricordarli per sempre.

Micaela

Il momento tanto atteso, quello della nascita e quindi dell’incontro con il bambino si trasforma nel momento più drammatico: i genitori accolgono il loro piccino, ma sono anche costretti a dirgli addio. Il ricovero, i preparativi, la sala parto o la sala operatoria in caso di cesareo, vengono vissuti, nella maggior parte dei casi, come qualcosa di irreale, poiché la coppia è in stato di shock a causa del trauma emotivo dovuto alla diagnosi della morte del bambino. La situazione è talmente dolorosa che è quasi impossibile riuscire a ‘rendersi conto’ di quanto sta accadendo. Il bimbo viene fatto nascere, inducendo il travaglio o intervenendo con un cesareo.


La donna può avvertire la sensazione di rompersi in mille pezzi, scrive Piera Maghella a proposito di questi momenti, il dolore fisico non ha più senso, è senza significato.2


È molto importante che, dopo la nascita del piccolo, ai genitori venga offerta la possibilità di trascorrere del tempo con lui.


Se la madre, che è provata emotivamente ma anche fisicamente in seguito al parto, fatica ad accettare l’idea di vedere il suo bambino, è necessario lasciarle del tempo per decidere.


A volte rifiutare questo incontro è un modo per difendersi, si ha paura di non poter sostenere la vista del proprio piccino, si teme che il cuore davvero possa spezzarsi.


Perché la sensazione è proprio quella: la disperazione, la rabbia, l’incredulità sono tali che sembra di non poter sopravvivere a tanto dolore.


A volte, semplicemente, si è tanto sconvolti da non riuscire neppure a decidere, ci si affida agli altri, si delega agli operatori sanitari o al partner questa scelta, non sapendo come comportarsi.


Naturalmente non c’è una scelta ‘giusta’, valida per tutti, ma gli esperti sono unanimi nell’affermare che il fatto di poter vedere il proprio bambino, poterlo toccare, stringerlo tra le braccia, ‘creare ricordi di lui’ e di ‘loro con lui’ possa essere di grande aiuto ai genitori nel percorso di elaborazione del lutto.


È un tempo davvero troppo breve quello che la coppia ha a disposizione per stare con il proprio bambino, ma è un tempo prezioso. Per imprimere i suoi tratti nella memoria, per esprimere a parole e con la tenerezza dei gesti il proprio amore, per congedarsi da lui. Il fatto di aver conosciuto il suo viso, eviterà poi alla coppia di elaborare fantasie che non corrispondono alla realtà (spesso quella che si crea, non avendo visto il piccolo, è l’immagine inquietante di bimbo malato o che ‘aveva qualcosa che non va’).


Seppur nella sofferenza, si stanno creando ricordi che accompagneranno i genitori nell’accettazione della perdita e, in generale, nel loro percorso di vita.


Ci sono coppie che hanno sentito l’esigenza di coinvolgere altri membri della famiglia e/o gli amici più cari, per avere poi la possibilità di parlare con loro dell’accaduto, dell’aspetto del loro bambino, dei sentimenti che vederlo e accarezzarlo hanno suscitato in loro. Condividere questi momenti è anche un modo per custodire la memoria di questo bambino all’interno della cerchia famigliare, per renderlo più ‘reale’ anche agli occhi del mondo, poiché come scrive Piera Maghella: “quando un bambino nasce morto o muore poco dopo, rimane solo il vuoto. Il mondo non lo ricorda3. E i genitori hanno bisogno che il mondo ricordi…

Quando il bimbo muore dopo la nascita

Ci sono bimbi che vengono alla luce, aprono i loro occhi profondi su questo mondo, incontrano lo sguardo colmo d’amore dei genitori, ma poi volano via.

Alcune volte il bimbo soffre di una patologia incompatibile con la vita, nasce e resta con loro per pochi minuti, ore o giorni e poi si spegne.


Altre volte il bimbo nasce prematuro, lotta per sopravvivere, ma nonostante l’assistenza medica e le cure all’avanguardia che oggi vengono garantite ai piccoli venuti alla luce prima del termine, non ce la fa.


Comunque sia avvenuta la perdita, quello che accomuna tutte queste esperienze è il vuoto: il vuoto spaventoso della madre che non ha più il pancione, ma non ha il suo bambino. Il vuoto tra le sue braccia che erano pronte a contenere, cullare, coccolare. Il vuoto nella casa che era vestita a festa per accogliere quel piccino, la culla, gli abitini, il corredino…


Quando muore un bambino non si tratta solo di una perdita fisica, sottolinea Piera Maghella, “ma si perde anche la potenzialità di avere una vita con quel particolare bambino che nessuno potrà mai sostituire.” Inoltre, questa perdita “destabilizza le certezze e l’ordine del ciclo della vita e degli eventi.


Secondo gli esperti, il più doloroso dei lutti è proprio quello che vede un genitore perdere il proprio figlio. “La sofferenza per la perdita di un bambino – conclude Maghella – è molto intensa perché è innaturale: i genitori sopravvivono ai figli; si tratta di un rovesciamento dell’ordine naturale degli eventi. Il ciclo della vita non prevede che essa finisca prima di cominciare.4


I giorni successivi al parto

Nei giorni immediatamente successivi alla perdita, gli eventi continuano a succedersi a ritmo serrato e la mente dei genitori è, in qualche modo, impegnata nei preparativi: la donna viene dimessa e lascia l’ospedale, vengono organizzati i riti funebri, viene celebrato il funerale.


Ma quando il piccolo viene sepolto, improvvisamente, il tempo sembra fermarsi. E resta il vuoto. La desolazione. Il dolore. Un dolore reso forse ancora più acuto dalle trasformazioni del corpo materno che – inconsapevole della morte del cucciolo – produce il latte necessario per il suo nutrimento, dal particolare assetto ormonale del dopo parto, dalla stanchezza per il parto (o in caso di cesareo dai postumi dell’intervento chirurgico).

Il dolore in famiglia

Mentre quella di un aborto spontaneo è un’esperienza che colpisce più la donna ed è, spesso, meno ‘sentita’ dal partner, la perdita di un bambino al termine della gravidanza causa un turbamento profondo in tutti i membri della famiglia.


Nel corso della gravidanza, infatti, i futuri genitori, ma anche i nonni, i parenti, eventuali fratellini, hanno progettato, sognato, immaginato la loro vita e la loro relazione con il bambino che stava per nascere.


Il fatto che ci sia stato più tempo a disposizione, poiché l’attesa non si è interrotta precocemente, ha permesso anche al padre di iniziare a creare un legame con il bimbo. Si dice che la maternità della donna abbia inizio con la consapevolezza di essere incinta, mentre per l’uomo il fatto che ci sia un bambino in arrivo diventa più ‘reale’ quando le trasformazioni nel corpo della compagna si fanno evidenti, quando vede il proprio piccino nell’ecografia e sente i suoi movimenti posando la mano sul pancione.


Perdere un bimbo al termine dell’attesa o subito dopo la nascita è dunque un evento sconvolgente anche per il padre e quanto detto nei capitoli precedenti sulla necessità di sostenere e dimostrare empatia nei suoi confronti diventa ancora più indispensabile in questa situazione.


Se in famiglia ci sono dei bambini, la perdita del fratellino rappresenta per loro un momento particolarmente difficile e doloroso: alla loro delusione si assommano il disagio dei genitori, i dubbi e le incertezze sulle motivazioni di questo evento inatteso (se per i bambini è il primo confronto con la morte potrebbero chiedersi se loro stessi rischiano di morire, oppure sentirsi in colpa o in qualche modo responsabili degli eventi). In questa situazione è fondamentale rassicurare il fratellino, sia che si tratti di un bimbo molto piccolo (che comunque percepisce perfettamente il disagio e il dolore dei famigliari), sia se si tratta di un ragazzino. Il bambino deve sapere che nonostante la tristezza di questi momenti, lui è sempre nel cuore dei genitori ed è al sicuro. Ha bisogno di sapere che ora la mamma, il papà e lui stesso stanno soffrendo, ma che questa sofferenza pian piano passerà e tornerà la serenità.


È importante non escludere i figli da questa esperienza, ma informarli con schiettezza e semplicità dell’accaduto, rispondere a ogni domanda, mostrarsi disponibili a chiarire i loro dubbi, ma anche a parlare di questo dolore, esprimendo i propri sentimenti (che sarebbe comunque inutile e controproducente negare) e accogliendo i loro.


Per elaborare la perdita, per i bambini può essere d’aiuto scrivere dei pensierini sul fratellino, inventare una poesia o una preghiera, fare un disegno che lo rappresenti (o che rappresenti le situazioni vissute dal bambino, il funerale, o altri particolari che lo hanno colpito).

La consolazione degli affetti

Cosa mai potrà essere d’aiuto per una donna che ha perso il proprio bambino? Cosa potrà salvarla dall’abisso della disperazione? Io credo che la risposta sia l’amore. L’amore del partner, l’amore dei suoi bambini (se ci sono dei fratellini), l’amore dei parenti e degli amici più cari. Solo gli affetti potranno impedirle di annegare nel mare del dolore. Aggrapparsi all’amore di quanti la circondano è l’unica via.


La madre (ma anche il padre) ha bisogno di essere ascoltata, deve poter parlare del suo bambino, raccontare di lui, rivivere i momenti del parto, esprimere quello che sta provando, con le parole e con le lacrime.


Ma c’è bisogno anche di aiuto pratico. Nei giorni successivi alle dimissioni al disagio emotivo si aggiungono il disagio fisico (dolore post parto o post cesareo, tensione al seno per la montata lattea,5 ecc.) e la stanchezza. La donna non dovrà essere lasciata sola: servirà qualcuno che si occupi delle faccende domestiche e che l’aiuti nell’eventuale gestione di altri figli.


Se la prima condivisione nel momento del dolore è quella domestica, che avviene all’interno della famiglia e della cerchia delle amicizie più care, una condivisione che nel tempo si rivela preziosa per affrontare questo vissuto ed elaborare la perdita, recuperando con il trascorrere delle settimane e dei mesi la serenità, è quella con chi ha vissuto la stessa esperienza.


Il sostegno che può offrire un genitore che ha provato in prima persona questo dolore è unico e fondamentale: il suggerimento è quindi quello di contattare un gruppo di auto aiuto nella propria zona o (se questo non è possibile a causa della distanza) tramite internet, grazie ai forum dedicati allo scambio di esperienza e al mutuo aiuto tra coppie che hanno perso un figlio nell’attesa o subito dopo la nascita.


Se nonostante il supporto di quanti circondano la coppia e la condivisione con altri genitori, il dolore non allenta la sua morsa, ma compaiono e/o si accentuano sintomi depressivi e ansiosi o, ancora, se la coppia si trova ad attraversare un momento di intensa crisi può essere risolutivo l’intervento di una figura esperta (psicologo, psicoterapeuta). A questo proposito Piera Maghella spiega: “incontrare uno psicologo può aiutare le coppie a verbalizzare le difficoltà della relazione e a trovare risorse e strategie perché il processo del lutto possa diventare un’opportunità di crescita e di reale sostegno reciproco.6

La consolazione dei rituali

Nel percorso di elaborazione del lutto, un ruolo importante lo rivestono i rituali della memoria. I ricordi del bambino, della sua breve vita nel grembo materno, del tempo che i genitori hanno potuto trascorrere con lui dopo la nascita, dei gesti che hanno avuto la possibilità di compiere in ospedale (accarezzarlo, scegliere i suoi vestitini, salutarlo) o durante la cerimonia funebre sono il punto di partenza nel processo di elaborazione della perdita. Quando si perde un bimbo alla nascita, questi ricordi sono necessariamente molto limitati, e forse per questo ancora più preziosi.


Con il trascorrere delle settimane, con l’avvicendarsi della varie fasi del lutto e delle emozioni a esse collegate (incredulità, rabbia, senso di colpa, consapevolezza e disperazione), i rituali aiutano i genitori a ‘proteggere’ il ricordo del loro bambino, a rendergli omaggio, a ricordare la sua esistenza al mondo.


Ogni genitore troverà il suo modo di ricordare e celebrare la memoria: alcune mamme hanno scritto la loro storia o hanno dedicato una lettera, una poesia, una preghiera al loro bambino, altre custodiscono con cura il diario della gravidanza, la cartella medica, le immagini dell’ecografia. Anche i gesti di fede (qualunque sia la religione della famiglia) permettono di ricordare il bambino perso: i fiori portati al cimitero, la celebrazione di una Santa Messa (o altro rito a seconda del credo religioso) nella ricorrenza della nascita, l’adozione di un bimbo a distanza o un contributo offerto annualmente a un’associazione solidale in nome del proprio bambino.


E ancora, in ricordo di quel bambino speciale, se e quando se la sente, la coppia potrà offrire il proprio sostegno ad altri genitori che stanno vivendo un’esperienza di perdita partecipando ai gruppi e/o ai forum dedicati.

La consolazione del tempo

Nella teoria dell’attaccamento del noto psicoanalista britannico John Bowlby (1907-1990), che riconosce i legami affettivi come fenomeno centrale dello sviluppo umano, troviamo una valida chiave di lettura del dolore del lutto: nel costante processo di costruzione dei legami affettivi gli individui costruiscono la propria immagine, l’identità e il senso di continuità personale e questo spiega il vissuto di acuta sofferenza che caratterizza la perdita di una persona amata7.


La morte delle persone care è l’esperienza più angosciante e destabilizzante che un essere umano si trova ad affrontare nel suo percorso di vita. Ma non è un punto d’arrivo, non è la fine. Per quanto assurdo e improbabile possa sembrare quando si è nel vivo del dolore, anche la perdita può trasformarsi in occasione di crescita.


Sempre secondo la teoria di Bowlby, dopo il lutto si innesca un lavoro di riorganizzazione e ristrutturazione del senso di sé e dell’identità personale. Riorganizzare la nostra vita senza quel bambino tanto atteso, riorganizzarla fuori e dentro di noi. Ricostruire noi stessi, partendo dal dolore.


Giuseppe Sacco, psicologo e psicoterapeuta, a proposito dell’elaborazione del lutto, scrive: “perdersi nel dolore, ritrovarsi nella compassione, nella comprensione e nella ricostruzione di sé e di nuovi legami affettivi.8

Perdersi per ritrovarsi. Mi ha colpito molto questa espressione. L’ho trovata davvero consolante. Perché perdere una persona cara è straziante, il cuore si spezza nel petto e si ha l’impressione di morire (a volte si desidera la morte!). Ma se si trova il modo di stringersi più forte a coloro che amiamo, se ci si tiene per mano nella tempesta, si sopravvive alla disperazione e al dolore.


Trascorrono le settimane, trascorrono i mesi. E il dolore si trasforma. Ogni ora, ogni giorno, senza che ce ne rendiamo conto, il nostro dolore diventa qualcosa di diverso da quello che è stato il giorno precedente. Ma anche noi diventiamo qualcosa di diverso da quello che eravamo. Perché il dolore ci forgia, ci mette alla prova e allo stesso tempo ci fa scoprire e maturare nuove e spesso inattese risorse personali. In una parola, fa di noi delle persone migliori.


Forse è questo il dono che i bambini speciali fanno alle loro mamme.

Forse è per questo che i bambini speciali hanno delle mamme speciali…


Quando l'attesa si interrompe
Quando l'attesa si interrompe
Giorgia Cozza
Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale.La perdita di un bambino durante la gravidanza è sempre una tragedia, vissuta spesso da sole e senza l’adeguata vicinanza emotiva. Ma si può superare. Quando si perde un bambino non si può dimenticare lo smarrimento, la solitudine e l’angoscia che una donna prova. Un aborto spontaneo è un dolore grande, è una promessa di gioia senza fine che si infrange all’improvviso, lasciando nel cuore amarezza, delusione, incredulità. I dati clinici sono allarmanti: il 15-25% circa delle gravidanze si interrompe spontaneamente nel primo trimestre, e ogni anno in Italia circa 2 gravidanze su 100 si concludono con una morte perinatale. Perché mai è successo?Capiterà ancora?Ce la farò a diventare madre?Dovrei fare ulteriori controlli e accertamenti?Perché gli altri non capiscono questo dolore?E il futuro padre? Cosa prova un uomo che perde un figlio?Molte domande, poche risposte. Esistono centinaia di titoli su gravidanza, nascita, accudimento dei figli, ma mancava un libro che parlasse dell’aborto spontaneo, un’esperienza che, purtroppo, riguarda tante donne.Perché parlarne è un modo di riconoscerne l’importanza. Raccontare la propria storia, rivivere certi momenti per alcune donne è difficile e doloroso, mentre per altre è un’opportunità per comprendere meglio le proprie emozioni e riconciliarsi col passato. Quando l’attesa si interrompe si propone di offrire una risposta agli interrogativi più comuni quando si perde un bimbo nell’attesa o subito dopo la nascita. È difficile parlare di questo dolore, perché al dispiacere si aggiunge anche la devastante consapevolezza di non essere comprese. Uscire dal silenzio che molto spesso avvolge questi argomenti, rendendoli quasi dei tabù, può essere di grande aiuto non solo per la donna, ma anche per chi le sta accanto (partner, familiari, amici, operatori sanitari) e vorrebbe offrirle il proprio sostegno emotivo. Grazie ai contributi di numerosi esperti (ostetriche, psicologi, ginecologi, neonatologi) l’autrice Giorgia Cozza offre una chiave di lettura delle reazioni fisiche ed emotive della donna (e della coppia), riflettendo sulle tappe e sui tempi di elaborazione del lutto.Le testimonianze, intense e commoventi, di tanti genitori che hanno perso il proprio figlio vogliono essere una mano tesa verso ogni donna che sta soffrendo e ha bisogno di sapere che non è sola. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.