di Piera Maghella

Prefazione

Se hai comprato o se ti è stato regalato questo libro, probabilmente stai vivendo o hai vissuto la perdita di un bimbo, oppure sei un operatore che vorrebbe sostenere le donne e le coppie che vivono questa pesante esperienza. Questo libro è prezioso e alquanto raro.


Anch’io sono tra le tante mamme che ha perso una bambina che stava crescendo in utero e quando è successo mi sono sentita drammaticamente sola; ho tanto cercato fonti, testi che descrivessero, che spiegassero, che riportassero anche esperienze dirette per riconoscere le mie emozioni. Quella bimba, nata a 24 settimane di gravidanza, ha un nome, Francesca, e un suo posto in famiglia. Ho potuto guardarla, toccarla e tenerla. Questo mi ha molto aiutata.


I genitori che perdono il loro bambino sono proiettati a costruirci una vita insieme, hanno fatto tanti sogni, previsioni e in molti casi non rimane alcuna memoria tangibile. Il mondo non ricorda.


Quando un bimbo muore in ospedale, nel tentativo di alleviare la sofferenza, tutte le evidenze della sua esistenza vengono rimosse velocemente, nulla è lasciato per confermare la realtà: “tutto è successo così rapidamente… Era già tutto fatto… Solo dopo ho realizzato che avrei voluto vederla, toccarla…” ma anche a casa: “nulla deve ricordare… nessuno ne vuole parlare… tutti evitano”.


C’è la perdita fisica, reale e si perde anche la potenzialità di avere una vita con quel particolare bimbo che nessuno potrà mai sostituire e questo destabilizza le certezze e l’ordine del ciclo della vita e degli eventi. Nell’ordine delle cose i figli sopravvivono ai loro genitori. Quando la corsa è per la vita non c’è la minima preparazione all’evento luttuoso e per molte coppie può essere il primo confronto con la morte.


Si attraversano, come un turbine, tante emozioni. Si può vivere una sospensione della realtà, un congelamento emotivo “tutto mi passava davanti… non c’ero…”. Dopo la realizzazione dell’evento si può sentire un senso di colpa, di vergogna, di fallimento, di ingiustizia, di rabbia “andava tutto bene, perché a me?”. C’è un disperato bisogno di trovare la causa, la responsabilità, di aver risposte chiare.


Nelle settimane o nei mesi successivi la solitudine e la tristezza possono essere così forti da non riuscire a trovare la forza per reagire. Ci sono madri che temono di perdere i ricordi, le sensazioni della gravidanza, l’aspetto del bimbo e mantenere la sofferenza diventa per loro la modalità per trattenere la breve esistenza di quel bambino. A volte si fanno scelte forti, di rottura, come cambiare lavoro, tornare a studiare, cambiare casa o fare un lungo viaggio per concentrarsi, per misurarsi, per cambiare pagina.


Creare memorie, ricordi tangibili e rituali può offrire conforto nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire. Più memorie si hanno meno complicata potrà essere l’elaborazione della perdita del proprio bambino. Condividere apertamente emozioni, pensieri e difficoltà può aiutare a superare l’isolamento e a collocare l’esperienza nella propria storia per trovare una rinnovata apertura alla vita.


Questo libro, così completo, è prezioso per tutti.


Piera Maghella

Educatrice perinatale

Fondatrice del MIPA Centro Studi

Co-autrice di “La Perdita”

Quando l'attesa si interrompe
Quando l'attesa si interrompe
Giorgia Cozza
Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale.La perdita di un bambino durante la gravidanza è sempre una tragedia, vissuta spesso da sole e senza l’adeguata vicinanza emotiva. Ma si può superare. Quando si perde un bambino non si può dimenticare lo smarrimento, la solitudine e l’angoscia che una donna prova. Un aborto spontaneo è un dolore grande, è una promessa di gioia senza fine che si infrange all’improvviso, lasciando nel cuore amarezza, delusione, incredulità. I dati clinici sono allarmanti: il 15-25% circa delle gravidanze si interrompe spontaneamente nel primo trimestre, e ogni anno in Italia circa 2 gravidanze su 100 si concludono con una morte perinatale. Perché mai è successo?Capiterà ancora?Ce la farò a diventare madre?Dovrei fare ulteriori controlli e accertamenti?Perché gli altri non capiscono questo dolore?E il futuro padre? Cosa prova un uomo che perde un figlio?Molte domande, poche risposte. Esistono centinaia di titoli su gravidanza, nascita, accudimento dei figli, ma mancava un libro che parlasse dell’aborto spontaneo, un’esperienza che, purtroppo, riguarda tante donne.Perché parlarne è un modo di riconoscerne l’importanza. Raccontare la propria storia, rivivere certi momenti per alcune donne è difficile e doloroso, mentre per altre è un’opportunità per comprendere meglio le proprie emozioni e riconciliarsi col passato. Quando l’attesa si interrompe si propone di offrire una risposta agli interrogativi più comuni quando si perde un bimbo nell’attesa o subito dopo la nascita. È difficile parlare di questo dolore, perché al dispiacere si aggiunge anche la devastante consapevolezza di non essere comprese. Uscire dal silenzio che molto spesso avvolge questi argomenti, rendendoli quasi dei tabù, può essere di grande aiuto non solo per la donna, ma anche per chi le sta accanto (partner, familiari, amici, operatori sanitari) e vorrebbe offrirle il proprio sostegno emotivo. Grazie ai contributi di numerosi esperti (ostetriche, psicologi, ginecologi, neonatologi) l’autrice Giorgia Cozza offre una chiave di lettura delle reazioni fisiche ed emotive della donna (e della coppia), riflettendo sulle tappe e sui tempi di elaborazione del lutto.Le testimonianze, intense e commoventi, di tanti genitori che hanno perso il proprio figlio vogliono essere una mano tesa verso ogni donna che sta soffrendo e ha bisogno di sapere che non è sola. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.