terza parte

I gruppi di auto aiuto:
la forza della condivisione

C’è un silenzio del cielo prima del temporale, delle foreste prima che si levi il vento, del mare calmo della sera, di quelli che si amano, della nostra anima, poi c’è un silenzio che chiede soltanto di essere ascoltato.

R. Battaglia

Quando si chiede ai genitori che hanno perso un figlio durante la gravidanza o dopo il parto cosa ricordano in particolare di quel tragico evento, è esperienza comune il peso schiacciante del silenzio.


C’è silenzio dopo la diagnosi di morte o di grave patologia, c’è silenzio dopo quelle nascite, ferme e perfette, c’è silenzio nei giorni a seguire. È un silenzio avvolgente, drammatico e isolante nella sua totalità. Si crea una barriera, netta, tra il prima e il dopo, tra vita e morte. Caratteristica saliente dei giorni a seguire, il silenzio disperato. Non ci sono parole che colmino quel vuoto, non ci sono parole che cancellino l’assenza. Ed è attraverso il silenzio, nei primi tempi del lutto, che molti genitori esprimono il loro dolore.


Descrivere le sensazioni dei genitori merita particolare attenzione e rispetto, dal momento che ogni essere umano ha il suo particolare sentire, il suo particolare vissuto e la sua propria modalità di reazione agli eventi; pur tuttavia, la mia esperienza di terapeuta e di madre colpita da morte in utero mi ha permesso di approfondire e di riflettere sull’esperienza del lutto perinatale, e sulle risorse utili per sostenere le famiglie colpite.


Dopo la morte di mio figlio Lapo avvenuta in utero a fine gravidanza nel marzo del 2006, il silenzio interiore (non ci sono parole, la mente non trova vie d’uscita al lutto) e il silenzio degli altri (divisi tra paura, dolore, rispetto, moltissimi preferiscono NON parlare della morte di quel bambino mai visto, ma tanto amato e indimenticabile per i genitori) mi ha schiacciato per mesi. Cercavo risposte, cercavo supporto, ovunque, e non trovavo nulla che potesse almeno un po’ lenire il peso del dolore.


Le mie ricerche notturne, sul web e sulle banche dati internazionali di medicina e psicologia, mi hanno permesso a poco a poco di scoprire un mondo altro dal silenzio e dal vuoto. Ho iniziato a scrivere sui forum di associazioni inglesi e americane, ho iniziato a sentire la vicinanza di altri genitori che, lontani migliaia di chilometri, sapevano perfettamente come mi sentivo, sapevano dare voce e ascolto a ogni mia emozione e pensiero. Ero accolta in una grande comunità, in cui Lapo non solo veniva chiamato per nome, ma aveva il suo piccolo grande spazio nella mia vita. Ero trattata come una persona, come una madre che aveva perduto un figlio, e sentivo che anche il mio piccolo bambino era rispettato come tale. Non c’era paura o rifiuto, ma disponibilità e condivisione.


Da quei lontani giorni, era aprile del 2006, il mio lutto ha fatto tanta strada, la mia famiglia ha camminato e lavorato duramente per non soccombere sotto il peso di quella tragedia, e oggi Lapo è un meraviglioso ricordo d’amore, che fa parte della mia vita e che mi ha permesso di crescere come persona. Non c’è più il silenzio a fare da contenitore per le mille emozioni negative della morte, c’è condivisione, supporto e mutuo-aiuto.


Mi piace pensare che il mio secondo figlio sia “passato” dalla mia vita per insegnarmi qualcosa in più rispetto a tutto quello che avevo imparato fino ad allora. Dalla morte di Lapo è nata un’associazione tutta italiana, con tanti partner internazionali che ci appoggiano e ci sostengono con le loro esperienze, che accompagna i genitori che perdono un figlio in gravidanza o dopo il parto e che aiuta gli operatori a prendersi cura delle famiglie.


Dal mio sollievo nato via web semplicemente scrivendo con altri genitori in lutto, io e mio marito abbiamo costruito giorno dopo giorno una comunità di genitori e per genitori, con l’obiettivo di rompere il silenzio, l’isolamento, il vuoto assistenziale. CiaoLapo è una onlus che riunisce circa mille tra genitori e professionisti, ha molti volontari che donano tempo e risorse al supporto al lutto perinatale e una vita sociale molto attiva. Incontriamo genitori di persona, li incontriamo sul web (www.ciaolapo.it), li incontriamo nei gruppi di auto-aiuto che abbiamo organizzato sulla chatroom del sito e in alcune città italiane.


Ci accostiamo ai genitori con il rispetto e l’ascolto che i genitori meritano, li prendiamo per mano, come a suo tempo io sono stata presa per mano, senza mai dare consigli e senza prevaricare con giudizi o interpretazioni. Sappiamo che il lutto non è una malattia e che molti vissuti sono assolutamente comuni e tipici del lutto normale, ma sappiamo anche che il lutto può trasformarsi in depressione, ansia o disturbi del comportamento. È in quest’ottica che utilizziamo l’auto-aiuto, come strumento di supporto primario e di prevenzione del disagio psichico secondario al lutto (lutto complicato).


L’associazione CiaoLapo propone il gruppo di auto-aiuto on-line, che si riunisce circa tre volte al mese allo scopo di facilitare lo scambio di esperienze e l’elaborazione del trauma tra i partecipanti. Il gruppo è un gruppo aperto, a cui partecipano genitori (mamme e papà) che hanno perso uno o più figli durante la gravidanza o dopo la nascita e facilitatori appositamente formati sul lutto perinatale.


Come tutti i lutti, la perdita di un figlio lascia un vuoto pieno di emozioni e pensieri diversi, confusione, rabbia, paura, malinconia, disperazione, tristezza, nostalgia, sbigottimento e catapulta i genitori in un nuovo percorso esistenziale. In quel percorso bisogna imparare, nostro malgrado, a convivere con la nuova realtà, bisogna entrare in contatto con il dolore e cercare di passare attraverso questa nuova esperienza (l’inizio di una nuova vita, come dicono molti genitori) senza dimenticare quel bambino e senza negare la realtà. Accettare e lasciare andare può essere molto difficile, richiedere molta energia e molto tempo. Pur essendo un percorso personale, in cui ognuno deve camminare senza cercare scorciatoie, in realtà l’elaborazione del lutto è più lieve se condivisa con persone che hanno provato la stessa esperienza.


L’esperienza di gruppo on-line è attiva dal luglio 2007, e ha visto l’avvicendarsi di più genitori, ognuno con la propria esperienza di perdita, ognuno con il proprio corso biografico alle spalle, ognuno a un punto diverso del percorso di lutto.


Il rispetto di regole semplici, come l’ascolto non giudicante delle esperienze altrui e la condivisione costruttiva dello spazio del gruppo, permette al gruppo di crescere, di produrre forza e di promuovere l’elaborazione, ognuno coi suoi tempi e coi suoi modi.


Nella nostra esperienza, la condivisione ha permesso a molti genitori di imparare a essere protagonisti attivi del proprio lutto, e di maturare consapevolezza interiore tale da poter affrontare il presente e il futuro (in primis successive gravidanze, cambiamenti nel proprio percorso di vita, adozioni, etc) con una discreta serenità psicologica.


Perché, come dice il motto di CiaoLapo,


Non è possibile curare la Morte, ma è possibile prendersi cura del dolore che resta.


Claudia Ravaldi,

psichiatra e psicoterapeuta,

presidente dell’Associazione CiaoLapo Onlus

Quando l'attesa si interrompe
Quando l'attesa si interrompe
Giorgia Cozza
Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale.La perdita di un bambino durante la gravidanza è sempre una tragedia, vissuta spesso da sole e senza l’adeguata vicinanza emotiva. Ma si può superare. Quando si perde un bambino non si può dimenticare lo smarrimento, la solitudine e l’angoscia che una donna prova. Un aborto spontaneo è un dolore grande, è una promessa di gioia senza fine che si infrange all’improvviso, lasciando nel cuore amarezza, delusione, incredulità. I dati clinici sono allarmanti: il 15-25% circa delle gravidanze si interrompe spontaneamente nel primo trimestre, e ogni anno in Italia circa 2 gravidanze su 100 si concludono con una morte perinatale. Perché mai è successo?Capiterà ancora?Ce la farò a diventare madre?Dovrei fare ulteriori controlli e accertamenti?Perché gli altri non capiscono questo dolore?E il futuro padre? Cosa prova un uomo che perde un figlio?Molte domande, poche risposte. Esistono centinaia di titoli su gravidanza, nascita, accudimento dei figli, ma mancava un libro che parlasse dell’aborto spontaneo, un’esperienza che, purtroppo, riguarda tante donne.Perché parlarne è un modo di riconoscerne l’importanza. Raccontare la propria storia, rivivere certi momenti per alcune donne è difficile e doloroso, mentre per altre è un’opportunità per comprendere meglio le proprie emozioni e riconciliarsi col passato. Quando l’attesa si interrompe si propone di offrire una risposta agli interrogativi più comuni quando si perde un bimbo nell’attesa o subito dopo la nascita. È difficile parlare di questo dolore, perché al dispiacere si aggiunge anche la devastante consapevolezza di non essere comprese. Uscire dal silenzio che molto spesso avvolge questi argomenti, rendendoli quasi dei tabù, può essere di grande aiuto non solo per la donna, ma anche per chi le sta accanto (partner, familiari, amici, operatori sanitari) e vorrebbe offrirle il proprio sostegno emotivo. Grazie ai contributi di numerosi esperti (ostetriche, psicologi, ginecologi, neonatologi) l’autrice Giorgia Cozza offre una chiave di lettura delle reazioni fisiche ed emotive della donna (e della coppia), riflettendo sulle tappe e sui tempi di elaborazione del lutto.Le testimonianze, intense e commoventi, di tanti genitori che hanno perso il proprio figlio vogliono essere una mano tesa verso ogni donna che sta soffrendo e ha bisogno di sapere che non è sola. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.