PRIMA PARTE - Perderlo prima che nasca - I

Cos'è l'aborto spontaneo?

Ho perso tre bimbi, tutti e tre nelle prime settimane di gravidanza, e anche se erano solo delle piccole macchioline scure nell’ecografia, nel mio cuore rimangono i miei bimbi che non ho mai conosciuto.

Anna

Sei nato dentro di me e dentro di me sei morto. Sono stata il tuo Universo, e ora vivi affacciato ai miei occhi, tutt’uno con me, in ogni mio respiro.

Daniela

Il fatto che tu non sia mai fisicamente nato non ci impedisce di considerarti un membro della nostra famiglia, sei nostro figlio, frutto del nostro amore come lo sono i tuoi fratelli, e attendo il giorno in cui potremo di nuovo essere riuniti tutti insieme.

Alessia

L’aborto spontaneo è la più frequente complicazione della gravidanza1. Con questo termine ci si riferisce comunemente all’interruzione spontanea dell’attesa che si verifica prima del sesto mese (180 giorni di gestazione)2.


La possibilità che una gravidanza si interrompa è più elevata di quanto si possa pensare. Si ritiene, infatti, che il 15-25% delle gravidanze si concluda con una perdita: nell’80% dei casi l’interruzione avviene nel primo trimestre, ovvero entro le prime dodici settimane di gestazione.


Molte sono, inoltre, le attese che si concludono in un’epoca precocissima (entro le prime cinque settimane), ancor prima che la donna stessa si accorga di essere incinta o che ne abbia avuto la conferma clinica. Si calcola che gli aborti spontanei in questa fase raggiungano il 60%3.


Il rischio di perdere un bimbo diminuisce rapidamente con il procedere dell’età gestazionale: tanto più la gravidanza procede, tanto più è probabile che giunga a termine.


Ma perché tanti bimbi restano con la loro mamma per un periodo così breve? Studi e ricerche riconducono un’alta percentuale - tra il 50 e il 70% - degli aborti spontanei che avvengono nel primo trimestre a un difetto genetico del piccino che ha appena iniziato a crescere nel grembo materno. Un difetto genetico incompatibile con la vita stessa, che ne impedisce il normale sviluppo e fa sì che la gravidanza si interrompa.


In alcuni casi, invece, qualcosa non ‘funziona’ nei delicati processi che portano all’impianto della cellula uovo, fecondata dallo spermatozoo maschile, nell’utero. Più di rado la gravidanza non può evolversi felicemente per un problema di salute della mamma.

Sintomi e diagnosi, i segni e la conferma della perdita

Perdite di sangue, crampi più o meno intensi alla pancia, un dolore alla parte bassa della schiena, una sorta di pressione nella zona pelvica. Si può manifestare così, con uno di questi sintomi piuttosto generici, la perdita di un piccino all’inizio della gravidanza. E davanti a questi sintomi, subito scatta la paura, l’incertezza, il timore che stia succedendo qualcosa. Naturalmente il verificarsi di perdite ematiche non corrisponde per forza a un’interruzione di gravidanza, ma il pensiero che questo sintomo, soprattutto se accompagnato da crampi, possa segnalare la fine dell’attesa si affaccia subito con prepotenza alla mente e al cuore della futura madre. La sensazione descritta da molte donne che hanno vissuto questa situazione è che il corpo le stia tradendo, che non sia capace di custodire il loro piccino. E di impotenza, di impossibilità di cambiare il corso degli eventi. In queste situazioni il verdetto è affidato a un controllo ecografico che stabilirà se i sintomi corrispondono a una minaccia d’aborto o a un’effettiva interruzione dell’attesa.


A volte, invece, la futura mamma non avverte alcun disagio, non ha perdite, né dolori. Eppure, anche se lei ancora non lo sa, l’attesa si è interrotta.


Quando l’aborto è asintomatico, la donna scopre di aver perso il suo bambino in occasione di un normale controllo ginecologico o durante la prima ecografia. “Non c’è battito, l’attesa si è interrotta”, questa la sentenza inappellabile che ha messo fine, in modo del tutto inaspettato, al sogno di felicità di tante future mamme.


Se le dimensioni dell’utero o dell’embrione non corrispondono alla settimana di gestazione, o il medico non riesce a ‘trovare’, ovvero a rilevare ecograficamente, il battito cardiaco del piccino, in genere, viene prescritto un ulteriore controllo ecografico a qualche giorno (in genere una settimana) di distanza. Se la situazione non si evolve, la diagnosi di aborto interno (o ritenuto) viene confermata. Una diagnosi che si rivela difficile da accettare, quando non ci sono sintomi e il corpo sembra ignaro di quanto è accaduto e ‘continua a essere incinta’ (spesso nausea e tensione al seno, che per alcune donne sono i segni rivelatori di una gravidanza, persistono per diversi giorni dopo che la vita si è spenta nel grembo della mamma).

Nella maggior parte dei casi l’esame clinico e l’ecografia sono sufficienti a chiarire la diagnosi. Quando, però, nelle fasi più precoci della gravidanza, sussiste qualche dubbio, il medico può prescrivere un prelievo del sangue per dosare la beta-HCG presente nell’organismo materno: il valore di questo ormone cresce velocemente dopo il concepimento e, se tutto procede bene, continua ad aumentare fino al terzo mese4.

- Se la gravidanza si interrompe nel secondo trimestre


Le attese che si interrompono tra la 13a e la 20a settimana sono circa il 3%. Quando si perde un bimbo nel secondo trimestre l’aborto può avvenire in due modi:


– in alcuni casi si verifica una dilatazione della cervice, ovvero del collo dell’utero, in assenza di contrazioni: il bambino nasce con un parto indolore, ma è troppo piccino per sopravvivere al di fuori del grembo materno;


– più spesso il cuore del bimbo, ancora cullato nel corpo della madre, cessa di battere e la diagnosi avviene in occasione di una visita o di un controllo ecografico. In questa situazione, in genere, il travaglio non si avvia spontaneamente e il parto deve essere indotto.

Cause e fattori di rischio

Perché è accaduto? Questa è una domanda che la maggior parte delle donne che hanno perso un bimbo si pone. Cosa è successo? Perché la gravidanza si è interrotta? Qual è il motivo di tanto dolore?


Le anomalie genetiche del bimbo che si stava formando nel grembo materno rappresentano la principale causa di aborto occasionale5 del primo trimestre (mentre sono sempre meno frequenti dopo le dieci settimane di età gestazionale).

In pratica, qualcosa non ‘funziona’ proprio all’inizio dell’attesa, e il piccino non ha fisicamente le potenzialità per continuare a crescere e svilupparsi. In alcuni casi la gravidanza si interrompe ancor prima che si sia formato il cuore; in altri, il bimbo si spegne successivamente e il suo minuscolo cuore cessa di battere.


I difetti genetici sono responsabili di circa il 50-60% delle interruzioni di gravidanza nel primo trimestre, le alterazioni cromosomiche più frequenti sono anomalie nel numero dei cromosomi (86% dei casi) e anomalie della loro struttura (6% dei casi).


Anomalie cromosomiche possono essere all’origine anche di quelle situazioni indicate come gravidanze ‘anembrioniche’ o più comunemente “uovo cieco o uovo chiaro”, dall’inglese blighted ovum, ovvero quei casi in cui la camera gestazionale c’è ed è ben impiantata nell’utero, ma è vuota, poiché l’embrione non si è formato, o si è formato, ma poi non si è sviluppato e le sue dimensioni sono regredite.

Nel rimanente 10-20% dei casi, all’origine della perdita c’è invece un problema di salute della futura mamma. I più comuni sono i seguenti:

  • anomalie del sistema riproduttivo (difetti uterini congeniti come l’utero setto, oppure acquisiti, quali aderenze intrauterine, miomi, incontinenza cervicale)6;

  • patologie congenite o croniche (malattie cardiache, renali, diabete mellito non controllato, ipertensione grave, patologie autoimmuni, ecc.), fattori immunologici, trombofilie;

  • complicazioni acute: infezioni quali rosolia, citomegalovirus, toxoplasma, infezioni vaginali batteriche, ecc.

Ci sono, infine, alcuni fattori che possono aumentare il rischio di aborto spontaneo.

  • Fattori esterni, quali abuso di alcol, sostanze stupefacenti, fumo7.

  • Età materna: il rischio di aborto spontaneo è più elevato prima dei 20 anni e dopo i 35.

  • Storia Ostetrica: dopo due o più aborti consecutivi, aumenta il rischio di un’ulteriore perdita.

  • Assunzione di particolari farmaci: alcuni medicinali (sia medicinali per cui serve una prescrizione medica, sia da banco) sono stati collegati a un aumento del rischio di aborto spontaneo. Esposizione a tossine ambientali, quali sostanze chimiche, piombo, arsenico, ecc.

- Nel secondo trimestre

Le cause più frequenti di aborto nel secondo trimestre sono riconducibili a patologie infettive, anomalie genetiche, anomalie uterine, in particolare anomalie cervicali (incompetenza cervicale).


C’è però una percentuale non indifferente di casi in cui non è possibile risalire a una causa e che vengono quindi definiti, per esclusione, aborti idiopatici. Secondo uno studio condotto in Gran Bretagna, su un campione di 636 madri che hanno perso il proprio bimbo nel secondo trimestre, una causa reale per questo evento può essere riconosciuta solo nella metà dei casi8.

Sensi di colpa che non hanno ragione d’essere

Quando si perde un bimbo all’inizio dell’attesa, alla delusione e all’amarezza, spesso, si accompagnano numerosi interrogativi. Si cerca una ragione, una spiegazione per quello che è accaduto. Per un evento che sappiamo essere frequente, ma che non si pensa mai possa davvero capitare proprio a noi. In questa situazione l’insidia dei sensi di colpa è in agguato e può spingerci a passare in rassegna le nostre giornate cercando quel gesto, quello sforzo, quell’abitudine che potrebbe aver danneggiato la nostra gravidanza. Forse quel giorno in cui abbiamo portato fino a casa i sacchetti della spesa? O quando abbiamo pulito i vetri di tutte le finestre? O, ancora, il fatto di aver continuato ad allattare il nostro primogenito…

A questo proposito la psicologa Carole Méhan, scrive: “molte donne hanno sensi di colpa, rimproverano se stesse e si chiedono se la perdita del loro bambino sia imputabile a qualcosa di preciso che avrebbero dovuto o non dovuto fare.”9


In realtà, questi dubbi non hanno ragione di essere, davvero. E rendono più difficile una situazione già dolorosa. Gli esperti ci rassicurano in questo senso: non sono cause di aborto l’attività sessuale, una normale attività fisica, il lavoro fuori casa o le faccende domestiche10.


Allattare nell’attesa, infine, non interferisce con il buon proseguimento della nuova gravidanza: le poppate devono essere sospese solo nei casi in cui l’attesa non sia fisiologica, ovvero in presenza di complicazioni per cui la gravidanza viene definita ‘a rischio’. A questo proposito l’Accademia Americana dei Medici di famiglia, nel 2002, ha affermato: “Se la gravidanza è normale e la mamma è sana, allattare nell’attesa è una decisione che spetta alla madre”11.


Non colpevolizziamoci. Noi non abbiamo sbagliato niente. Non è a causa di un nostro comportamento che abbiamo perso il nostro piccino.


Alcuni termini tecnici

Riportiamo di seguito alcuni termini tecnici, definizioni che, in genere, vengono utilizzate dagli operatori sanitari nel compilare referti e cartelle mediche.

  • Se la gravidanza si interrompe tra la 5a e la 9a settimana si parla di aborto embrionale, mentre a partire dalla 10a settimana dell’attesa, si parla di aborto fetale. La perdita di un bimbo tra la 13a e la 20a-22a settimana circa di gravidanza, viene indicata con il termine aborto tardivo o aborto del secondo trimestre12.

  • L’aborto spontaneo è definito completo, quando si verifica spontaneamente l’espulsione dell’embrione e del sacco vitellino, sotto forma di perdite ematiche, a volte accompagnate da dolore al basso ventre o alla zona lombo-sacrale. Questa situazione è più frequente nelle primissime settimane dell’attesa e, in genere, si conclude senza necessità di trattamenti medici. Entro alcuni giorni emorragia e dolore regrediscono fino a cessare del tutto. Se la donna non si era ancora accorta di essere in dolce attesa, l’aborto può essere scambiato per un ciclo mestruale più abbondante.

  • Se l’aborto spontaneo è incompleto, si verificano delle perdite ematiche ma l’ecografia rivela che l’utero non si è liberato del tutto. In questa situazione il dolore e le perdite, di entità variabile, potrebbero persistere poiché l’utero continua a contrarsi.

  • Aborto in atto, questo è il termine che spesso viene usato dal medico, quando constata che le perdite ematiche e gli eventuali crampi sono il segnale di un aborto in corso.

  • In caso di aborto interno o ritenuto, lo sviluppo dell’embrione si ferma e quindi la gravidanza si interrompe senza che si verifichi alcun sintomo. Anche i comuni sintomi della gravidanza, ad esempio la nausea o la tensione del seno, possono persistere per diversi giorni dopo la morte del piccino.

  • Gravidanza aembrionale (blighted ovum), così si definisce un’attesa in cui l’embrione non si sviluppa: il controllo ecografico evidenzia la presenza di una camera gestazionale vuota.

  • Si parla di aborto spontaneo ripetuto quando si verificano due aborti consecutivi, e se la gravidanza si interrompe tre o più volte consecutive si usa la definizione aborto spontaneo ricorrente.


Quando l'attesa si interrompe
Quando l'attesa si interrompe
Giorgia Cozza
Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale.La perdita di un bambino durante la gravidanza è sempre una tragedia, vissuta spesso da sole e senza l’adeguata vicinanza emotiva. Ma si può superare. Quando si perde un bambino non si può dimenticare lo smarrimento, la solitudine e l’angoscia che una donna prova. Un aborto spontaneo è un dolore grande, è una promessa di gioia senza fine che si infrange all’improvviso, lasciando nel cuore amarezza, delusione, incredulità. I dati clinici sono allarmanti: il 15-25% circa delle gravidanze si interrompe spontaneamente nel primo trimestre, e ogni anno in Italia circa 2 gravidanze su 100 si concludono con una morte perinatale. Perché mai è successo?Capiterà ancora?Ce la farò a diventare madre?Dovrei fare ulteriori controlli e accertamenti?Perché gli altri non capiscono questo dolore?E il futuro padre? Cosa prova un uomo che perde un figlio?Molte domande, poche risposte. Esistono centinaia di titoli su gravidanza, nascita, accudimento dei figli, ma mancava un libro che parlasse dell’aborto spontaneo, un’esperienza che, purtroppo, riguarda tante donne.Perché parlarne è un modo di riconoscerne l’importanza. Raccontare la propria storia, rivivere certi momenti per alcune donne è difficile e doloroso, mentre per altre è un’opportunità per comprendere meglio le proprie emozioni e riconciliarsi col passato. Quando l’attesa si interrompe si propone di offrire una risposta agli interrogativi più comuni quando si perde un bimbo nell’attesa o subito dopo la nascita. È difficile parlare di questo dolore, perché al dispiacere si aggiunge anche la devastante consapevolezza di non essere comprese. Uscire dal silenzio che molto spesso avvolge questi argomenti, rendendoli quasi dei tabù, può essere di grande aiuto non solo per la donna, ma anche per chi le sta accanto (partner, familiari, amici, operatori sanitari) e vorrebbe offrirle il proprio sostegno emotivo. Grazie ai contributi di numerosi esperti (ostetriche, psicologi, ginecologi, neonatologi) l’autrice Giorgia Cozza offre una chiave di lettura delle reazioni fisiche ed emotive della donna (e della coppia), riflettendo sulle tappe e sui tempi di elaborazione del lutto.Le testimonianze, intense e commoventi, di tanti genitori che hanno perso il proprio figlio vogliono essere una mano tesa verso ogni donna che sta soffrendo e ha bisogno di sapere che non è sola. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.