di Chiaretta Busconi

Prefazione

Ho conosciuto Esther Weber ad un corso di formazione sulla clinica della prima infanzia, a Verona nella primavera del 2011. Alla fine del corso Esther mi ha fatto dono del suo libro Portare i piccoli, anzi, lo ha regalato al centro per i disturbi affettivo relazionali della prima infanzia, in cui lavoro.


La lettura di questo testo mi ha aperto altre finestre, prima chiuse, o solo intraviste. I concetti di “portare” e di “spazio portato” sono stati spunto di ripetute riflessioni e di emozioni vive.


Il libro di Esther è oggi un forte richiamo all’ascolto della prima infanzia, che ci parla linguaggi propri, non verbali, lingue vicine a bisogni di contenimento di angosce, solitudini, tremiti, cui solo la relazione empatica, calda, accogliente e attenta può corrispondere. Rispondere e corrispondere ai bisogni di sicurezza, accoglimento e accettazione del neonato, che si esprime col pianto o con la quiete della pace, secondo ritmi e tempi di una sua musicalità interna, significa dargli quel senso di onnipotenza narcisistica da cui si staccherà gradualmente attraverso il processo di separazione e le frustrazioni ottimali. Quel senso di onnipotenza primaria servirà ( a lui, anello più debole della catena umana) da fluido vitale per affrontare le difficoltà, il senso di abbandono e di impotenza, che gli presenteranno i conti della vita.


Servirà nel contempo alla madre, per soddisfare e rinforzare il suo bisogno di unicità ed esclusività che, oggi più che mai, le viene anche richiesto dall’organizzazione sociale, sempre più orientata alle famiglie nucleari, isolate e spaventate. Favorire il senso di onnipotenza neonatale non può essere frainteso con il concetto del “viziare”. Viziare, a mio parere, non è una modalità di calmare il pianto del bambino decodificandone il significato profondo, il bisogno vitale sottostante, viziare è placare il pianto del bambino con modalità che attengono al mondo degli adulti, al mondo degli oggetti, dei consumi, dell’avidità che nutre se stessa attraverso il soddisfacimento compulsivo di false necessità o di bisogni indotti.


Ma cosa si intende veramente per bisogno di contenimento nel bambino piccolo? Essere tenuto dentro, al caldo empatico e al riparo dai pericoli di sovraesposizione sensoriale, di eccitazioni insopportabili, provenienti sia dal mondo interno che da quello esterno, potrebbe essere una prima risposta.


La fascia è uno strumento che favorisce e permette sia il legame, trasmettendo un senso di continuità con lo stato gestazionale, sia il passaggio graduale verso il mondo esterno. Favorisce uno sguardo sul mondo da una posizione di sicurezza: è bella la metafora del mondo visto dalla groppa della madre! Rafforza il legame, ma offre nel contempo un forte slancio verso l’autonomia: la dipendenza si tramuta in quell’energia che permette il distacco verso l’autonomia di una vita unica ed esclusiva: tanto il legame primario sarà stato armonico e sintonico, quanto il futuro adulto saprà concedersi al mondo degli oggetti e delle relazioni, saprà amare e coinvolgersi nel bene comune, per il bene comune.


“Portare” nella mente, nel pensiero, un’altra mente, alla quale far germinare pensieri: è esperienza riconosciuta oggi dalle neuroscienze, dall’infant research, oltre che dalla psicanalisi, che una mente ha bisogno di un’altra mente per farsi e sentirsi viva. Così come un corpo ha bisogno di un altro corpo per sentirsi esistere: l’abbraccio della madre al suo bambino fonde la mente con il corpo e gli rimanda il pieno senso di essere vivo. Se togliamo l’abbraccio al bambino è come se lo privassimo di una parte di mente.


Il portare dentro va oltre il confine dei primi anni di vita, si evolve in noi adulti nel concetto-idea di essere portati e nel contempo portare, funzioni che si alternano fino a fondersi, in un gioco di continui e magici rispecchiamenti.


Mi ha infine teneramente commosso la testimonianza di una nonna alla fine del libro. La linea di continuità che lega tre generazioni di donne si fonde con quella fascia: altra metafora del filo che unisce le menti attraverso lo spazio, il tempo, l’amore e avvicina al mistero dell’infinito.


Grazie Esther!!


Chiaretta Busconi

Psicologa psicoterapeuta presso la Neuropsichiatria dell’AUSL Piacenza e per il Centro di secondo livello per i disturbi affettiva relazionali nella prima infanzia.

Docente all’Università di Parma e alla Fondazione Bonaccorsi di Milano.

Portare i piccoli - Seconda edizione
Portare i piccoli - Seconda edizione
Esther Weber
Un modo antico, moderno e… comodo per stare insieme.Tecniche, consigli e suggerimenti per portare i bimbi in fascia o nel marsupio, per stare insieme e rafforzare il legame con i piccoli fin dalla nascita. Da diversi anni, la modalità di portare i bambini addosso è un fenomeno in crescita anche nel nostro Paese.L’autrice Esther Weber, svizzera e madre di due bambine, è socia fondatrice e presidente dell’associazione Portare i piccoli, che promuove in Italia la cultura del portare attraverso l’informazione e la formazione ad operatori della prima infanzia.Il libro Portare i piccoli chiarisce che portare, oltre a essere una pratica antica tuttora presente in molte parti del mondo, è una modalità rispettosa e adatta alla relazione tra genitori e figli anche nella realtà occidentale, e lo fa rispondendo in maniera pronta e sicura ai molti quesiti pratici di chi porta, offrendo una disamina oggettiva sia sui supporti ausiliari reperibili (fasce porta bebè, marsupi, zaini porta-bambini), sia sulle tecniche più semplici che le neomamme e i neopapà possono adottare. Conosci l’autore Esther Weber, svizzera tedesca, è madre di due bambine e vive in Italia dal 1995.Dal 2001, anno della nascita della prima figlia, si dedica al tema del "portare i piccoli". Ha progettato e realizzato interamente il sito indipendente di informazione www.portareipiccoli.it.È socia fondatrice dell’associazione “Portare i piccoli”, che promuove in Italia la cultura del portare attraverso l'informazione accurata e indipendente e una formazione di qualità. Tiene incontri informativi e corsi per genitori. È consulente per la formazione al portare a operatori della prima infanzia.