capitolo v

Conclusione:
Per una cultura occidentale del portare…

L’ottimale diffusione delle conoscenze attorno al tema del portare potrebbe cambiare la coscienza della società. Significherebbe che i bambini piccolissimi vengono accettati come esseri sociali e che la vita insieme, integrata, inizia con la nascita. I bambini non sarebbero più esclusi dalla società e bambini piccolissimi si troverebbero in tutte le situazioni della vita sociale. Un bambino non significherebbe più un sacrificio, un impedimento della propria libertà e neanche la perdita di qualità della propria vita. Le restrizioni a cui sono sottoposti i genitori con bambini non sono naturali ma imposte artificialmente dalla nostra società.


Nelle società tradizionali che hanno una vera cultura del portare la vita con i bambini e la loro perfetta integrazione nella vita sociale sono normali e naturali. Dobbiamo reimparare a stare con i nostri bambini, come dobbiamo imparare a portarli.1

Per reimparare a stare con i nostri bambini è indispensabile che facciamo i conti con i nostri vissuti primari, con il prezzo che abbiamo pagato e che hanno pagato i nostri genitori alla società industrializzata di alta tecnologia e di consumi sofisticati. Dobbiamo fare i conti con la nostra nascita medicalizzata e la separazione precoce subita. Dobbiamo fare i conti con le conseguenze, i propri vuoti emotivi e sensoriali, mai colmati e colmabili attraverso ciò che si acquista. Solo in questo modo, probabilmente, andiamo alla ricerca dei nostri veri bisogni e scopriamo la necessità di risposte semplici a bisogni veri.


Bisogna ripartire dal conoscere e riconoscere i bisogni umani veri e fondamentali, ricordando che ciò che ci rende umani (e ci distingue dagli animali mammiferi) è la libertà di scelta. E proprio in Occidente, più che in ogni altra parte del mondo, abbiamo la grandissima opportunità e fortuna di poter scegliere: possiamo scegliere che genitori vogliamo essere, possiamo scegliere un approccio a contatto con i nostri bambini, possiamo scegliere di portarli. Non è una scelta comoda, tutt’altro. È tremendamente faticoso essere un genitore occidentale presente fisicamente, psichicamente, a contatto con i propri figli. È faticoso rispondere ai bisogni del bambino, andargli incontro invece di “metterlo subito al suo posto”, rispettare i suoi ritmi e i suoi tempi, essere disponibili veramente. Non è ancora un approccio scontato accogliere questa fatica come un’opportunità di crescere e di guarire.

Per concludere vorrei aggiungere il messaggio di Hiroshi Nishida, neonatologo di fama mondiale e direttore dell’Unità materna infantile dell’Università di Tokyo, che nel 2003 ha intrapreso la prima parte di un singolare progetto, quello di percorrere oltre 10.000 km in tre mesi, proprio lungo la via della seta che univa Pechino al Mar mediterraneo, proponendo un messaggio di educazione alla pace che si fonda sulla relazione di amore tra madre e nascituro e poi tra madre e neonato, dicendo:

La pace nel mondo può dipendere dal rapporto che ogni mamma ha e avrà con il suo bambino. Mi preme affermare l’importanza che i contatti nutrizionali e affettivi hanno nei primi tre anni di vita del bambino, una fase importante e densa di esperienze, in cui si formano le radici emotive della persona. Questo periodo è fondamentale per la sua crescita, non solo fisica ma anche psicologica; è infatti in questi anni che si modellano i suoi sentimenti verso orientamenti di pace. Le prime cure affettuose della mamma verso il bambino sono il primo passo per creargli una disposizione d’animo pacifico. Il bambino non si deve mai sentire abbandonato.2

Portare, nel senso della fisiologia del portare, significa una speranza concreta che i bambini portati saranno adulti meno frustrati, meno dipendenti da vizi vari, più interi emotivamente.


Significa anche non avere certezze, perché portare in Occidente oggi significa ancora rompere gli schemi e le tradizioni di maternage, significa esporsi a nuove esperienze senza poterne prevedere le conseguenze.


Quindi, al di là delle prospettive future, portare può essere certo considerata semplicemente una scelta, che permette di vivere nel “qui e ora” meglio e più intensamente i primi anni con i figli, che permette di mettersi in ascolto delle loro esigenze e dei loro bisogni veri, che fa avvicinare alla salute, propria, loro e dell’ambiente, aiutando a vivere l’esperienza di essere genitore oggi con maggiore gioia, orgoglio e serenità.


Quando una mamma dice “portare mia figlia mi ha cambiato la vita”, credo abbia toccato l’essenza del portare, che semplifica, alleggerisce, libera, ma fa anche crescere, cambiare e diventare più veri. Il resto è speranza. Siamo solo all’inizio e sarà il tempo che ci confermerà (o meno) che portare è una modalità estremamente adatta e rispettosa, oggi in Occidente, per costruire un mondo più umano, più pacifico, più felice.

Portare i piccoli - Seconda edizione
Portare i piccoli - Seconda edizione
Esther Weber
Un modo antico, moderno e… comodo per stare insieme.Tecniche, consigli e suggerimenti per portare i bimbi in fascia o nel marsupio, per stare insieme e rafforzare il legame con i piccoli fin dalla nascita. Da diversi anni, la modalità di portare i bambini addosso è un fenomeno in crescita anche nel nostro Paese.L’autrice Esther Weber, svizzera e madre di due bambine, è socia fondatrice e presidente dell’associazione Portare i piccoli, che promuove in Italia la cultura del portare attraverso l’informazione e la formazione ad operatori della prima infanzia.Il libro Portare i piccoli chiarisce che portare, oltre a essere una pratica antica tuttora presente in molte parti del mondo, è una modalità rispettosa e adatta alla relazione tra genitori e figli anche nella realtà occidentale, e lo fa rispondendo in maniera pronta e sicura ai molti quesiti pratici di chi porta, offrendo una disamina oggettiva sia sui supporti ausiliari reperibili (fasce porta bebè, marsupi, zaini porta-bambini), sia sulle tecniche più semplici che le neomamme e i neopapà possono adottare. Conosci l’autore Esther Weber, svizzera tedesca, è madre di due bambine e vive in Italia dal 1995.Dal 2001, anno della nascita della prima figlia, si dedica al tema del "portare i piccoli". Ha progettato e realizzato interamente il sito indipendente di informazione www.portareipiccoli.it.È socia fondatrice dell’associazione “Portare i piccoli”, che promuove in Italia la cultura del portare attraverso l'informazione accurata e indipendente e una formazione di qualità. Tiene incontri informativi e corsi per genitori. È consulente per la formazione al portare a operatori della prima infanzia.