Condivisione del letto e sicurezza
Nel mondo sviluppato la SIDS è la causa di morte più diffusa tra i bambini di età compresa fra un mese e un anno, con un picco tra il secondo e il quarto mese. Negli ultimi decenni i ricercatori hanno indagato su numerosi fattori che determinerebbero l’aumento o la riduzione dei rischi legati alla SIDS, tra cui le pratiche di sonno infantile; determinante l’individuazione del sonno in posizione prona (pancia in giù) quale principale fattore di rischio. Le campagne informative mondiali sul sonno in posizione supina hanno ridotto in maniera drastica l’incidenza della sindrome della morte in culla, specie nei Paesi occidentalizzati dove essa risultava elevata. Studi più recenti, che fra poco esamineremo in dettaglio, hanno osservato le relazioni tra SIDS e condivisione del letto e, sebbene le conclusioni restino controverse, è stata fatta qualche luce sul problema.
Gran parte dei ricercatori impegnati sulla SIDS ricorrono a tecniche di caso-controllo, per cui i fattori ricollegabili alla sindrome vengono confrontati con i morti di SIDS (caso) e un numero maggiore di bambini sani (controllo). Se, per esempio, il 90 per cento dei casi di sindrome di morte in culla venisse trovato in posizione prona, ma soltanto il 10 per cento dei controlli, concluderemmo che la posizione prona potrebbe costituire fattore di rischio. Si ricorre quindi ad analisi più sofisticate (multivariate) per individuare influenze diverse e stimare i rischi numerici dei fattori individuali.
Ricerche che si limitino a descrivere il numero di casi escludendo i gruppi di controllo non sono né utili, né precise al fine della stima dei rischi. Tra queste gli studi di alto profilo che hanno utilizzato i dati della Consumer Product Safety Commission e di organismi analoghi (in cui si fa un elenco dei bambini morti nel letto degli adulti senza alcuna cifra comparativa) per sconsigliare la condivisione del letto31,32.
Altri studi hanno utilizzato, in maniera imprecisa, valori ridotti di condivisione del letto nei gruppi di confronto, determinando una forte sovrastima dei rischi. Per esempio uno studio statunitense fondò le proprie conclusioni estreme sui rischi di soffocamento infantile nel letto degli adulti su una percentuale di condivisione del letto del 9 per cento33, mentre le indagini citate in precedenza rilevarono che quasi metà dei piccoli americani dorme saltuariamente nel lettone34 (dato aumentato del 40 per cento circa nei primi anni Novanta35 e che potrebbe essere, come già riferito, sottostimato)36.
Ampi studi caso-controllo di eccellenza hanno preso in considerazione il rapporto tra condivisione del letto e SIDS, prendendo in esame molti altri fattori, noti per essere coinvolti nei rischi della sindrome. In un vasto e approfondito studio britannico Blair e colleghi riscontrarono che la condivisione del letto non costituiva fattore di rischio SIDS, alla luce di considerazioni statistiche riguardo il consumo materno di alcol, il fumo, l’utilizzo di coperte pesanti (piumoni, trapunte), estrema stanchezza dei genitori, casa sovraffollata. Si tratta di elementi di particolare rilevanza per i bambini sotto le quattordici settimane di vita37. In modo analogo un ampio studio neozelandese rilevò che la condivisione del letto costituiva fattore di rischio SIDS solo nel caso in cui la madre fosse fumatrice o avesse fumato in gravidanza38. Uno studio condotto nella città di Chicago non riscontrò rischi maggiori per i bambini che condividevano il letto con i soli genitori (non fumatori)39.
Diversi studi hanno suggerito che condividere il letto sarebbe rischioso per i bambini più piccoli, ma non per i grandicelli. Due ricerche mostrarono un lieve rischio aggiuntivo di SIDS per i bimbi che dormivano nel lettone, di età inferiore alle otto40 e quattordici41 settimane, sebbene nel secondo studio, quando veniva preso in considerazione il fumo materno, il rischio non risultava significativo42. Un recente studio scozzese è l’unico ad aver individuato un considerevole aumento del rischio SIDS nei bambini di qualsiasi età (in questo caso, solo bimbi di età inferiore alle undici settimane) che condividevano il letto con madri non fumatrici43.
Ulteriori limiti degli studi su SIDS e condivisione del letto consistono nell’assenza di distinzione tra condivisione del letto abituale e reattiva44. Per esempio un bimbo portato nel letto dei genitori perché malato o turbato sarà già a maggior rischio di SIDS poiché una lieve indisposizione è un fattore di rischio. In questo modo la condivisione del letto verrebbe erroneamente associata a un maggior rischio di SIDS. L’unico studio ad aver preso in esame la condivisione del letto abituale/reattiva non riscontrò legami tra tale pratica e la sindrome della morte in culla45.
Altri ricercatori hanno notato che la condivisione del letto nei casi di SIDS pare coincidere con altri fattori di rischio quali maternità in adolescenza, povertà, essere di razza nera, posizione prona durante il sonno, pericoli presenti sulla superficie adibita al sonno – guanciali che rischiano di coprire il bimbo o altri bambini presenti nel letto –, dormire sul divano o su altre superfici poco sicure46. Gli studi caso-controllo che hanno rivelato un aumentato rischio di SIDS nei bambini che dormivano nel lettone in genere non hanno tenuto conto di tutti questi elementi, specie i pericoli presenti sulla superficie adibita al sonno.
Uno studio, limitato ma approfondito, condotto in Alaska dove, negli ultimi anni, la sindrome della morte in culla ha registrato un calo con un aumento della condivisione del letto47, scoprì che solo uno su quaranta bambini morti di SIDS che dormivano nel lettone era deceduto in assenza di fattori di rischio quali il sonno in posizione prona, i genitori sotto gli effetti dell’alcol, oppure il dormire su materassi ad acqua o sul divano48.
C’è altresì la probabilità, come vedremo, che le pratiche di condivisione del letto unite all’allattamento al seno risultino diverse, e forse più sicure, rispetto a quelle che si accompagnano all’alimentazione con latte formulato. Si tratta di un aspetto poco indagato: in molti studi di ampio raggio non viene menzionato il tipo di alimentazione.
Nonostante le controversie e la grave mancanza di dati attendibili, l’Accademia Americana di Pediatria (AAP), nel 2005, pubblicò una dichiarazione in cui si raccomandava di non praticare la condivisione del letto49. Una politica che rischia di produrre più danni che benefici, visto il forte legame tra condivisione del letto e allattamento al seno, e i ben noti vantaggi di quest’ultimo. Condivisione del letto e altre forme di sonno condiviso stanno, per di più, acquisendo popolarità, il che rende ancor più necessario informare i genitori su come farlo in maniera sicura. Un approccio sostenuto da organizzazioni quali l’UNICEF50, l’Academy of Breastfeeding Medicine51, e il Royal Australasian College of Physician and Surgeons, Pediatrics and Child Health Division52.