CAPITOLO VII

L'epidurale

Timori e rischi per la madre e per il bambino

Negli ultimi anni si è andato sempre più diffondendo il ricorso all’analgesia epidurale nel mondo occidentalizzato, accettata ormai come elemento quasi routinario della moderna assistenza al travaglio in molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti. Tuttavia l’epidurale implica rischi seri, e spesso non riconosciuti, oltre a effetti collaterali sia per la madre sia per il bambino, con ripercussioni possibili a lungo termine sull’allattamento e sulla relazione madre-figlio. In questo capitolo saranno illustrati i risultati dell’attuale ricerca medica, utili affinché le donne compiano scelte informate, per sé e per i propri figli, sull’uso dell’epidurale.


Il primo ricorso all’epidurale di cui si abbia menzione risale al 1885, quando un neurologo newyorkese, J. Leonard Corning, iniettò cocaina nella schiena di un paziente affetto da “debolezza spinale e incontinenza seminale”1. Oltre un secolo dopo l’epidurale è diventata il sistema per alleviare il dolore (analgesia) più diffuso nelle sale parto statunitensi. Nell’indagine Listening to Mothers II (pubblicata nel 2006) più dei tre quarti delle donne riferirono di aver ricevuto l’epidurale, compreso il 71 per cento di coloro che avevano partorito per via vaginale2. Nel 2005-2006 il 53,7 per cento delle donne canadesi che avevano avuto un parto vaginale era ricorso all’epidurale, con profonde differenze tra zone e province3, mentre in Inghilterra, negli stessi anni, il 22 per cento in totale di partorienti aveva ricevuto l’epidurale prima o durante il parto4.


Essa consiste nell’iniezione in loco di anestetico (derivato dalla cocaina) nello spazio epidurale – l’area intorno (epi) al rivestimento duro (dura) a protezione del midollo spinale. L’epidurale convenzionale blocca i segnali nervosi, trasmessi sia dai nervi sensori che da quelli motori, non appena fuoriescono dalla spina dorsale. Essa procura un efficace sollievo dal dolore del travaglio (blocco sensoriale) ma rende la paziente impossibilitata a muovere la parte inferiore del corpo a causa del blocco motorio. Nel corso degli ultimi cinque-dieci anni l’epidurale è stata perfezionata riducendo le concentrazioni di anestetico locale, e combinando anestetici locali con oppiacei (farmaci simili a morfina e meperidina) per ridurre il blocco motorio e produrre una cosiddetta epidurale “deambulatoria”.


L’analgesia spinale (abbreviata in “spinale”) ha anch’essa trovato crescente utilizzo per recare sollievo dai dolori del travaglio riducendo il blocco motorio così da consentire alla partoriente di muoversi. La spinale consiste nell’iniezione di farmaci attraverso la dura madre direttamente nello spazio spinale (intratecale), che produce un effetto analgesico di breve termine, veloce ed efficace. Al fine di prolungare il sollievo dai dolori del travaglio, oggi si somministra l’epidurale insieme alla spinale, come spinale/ epidurale combinata (CSE).


Epidurale e spinale, entrambe conosciute come analgesia locale o neuroassiale, offrono il miglior effetto analgesico durante il travaglio. Le pazienti che vi sono ricorse dichiarano un elevato grado di soddisfazione rispetto ai risultati ottenuti. La soddisfazione dal punto di vista del sollievo dal dolore, tuttavia, non riflette automaticamente soddisfazione per il parto5, e all’epidurale sono ricollegabili le principali interferenze con i processi del parto. Tali interferenze rischiano di compromettere in modo definitivo la gioia, e la soddisfazione, per il proprio vissuto di travaglio, oltre a minacciare la sicurezza del parto e il benessere di madre e bambino.

L’epidurale e gli ormoni del travaglio

L’epidurale interferisce in modo significativo con alcuni dei principali ormoni del travaglio e del parto (descritti in dettaglio al capitolo VI), il che ne spiegherebbe le ripercussioni negative sui relativi processi. Come commenta l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità “L’analgesia epidurale è tra gli esempi più eclatanti della medicalizzazione del parto normale, che trasforma un evento fisiologico in una procedura medica”6.


L’ossitocina, ad esempio, descritta al capitolo VI come ormone dell’amore, è anche un uterotonico naturale – sostanza che, nella donna, determina la contrazione dell’utero durante il travaglio. L’epidurale, come da analisi ematiche7, riduce la produzione materna di ossitocina, o ne arresta il normale aumento nel corso del travaglio8. L’effetto della spinale sul rilascio di ossitocina è ancora più marcato. L’epidurale poi elimina il picco di ossitocina materna che si verifica al momento della nascita9,10 – probabilmente la maggior attività ossitocinica nella vita di una donna – e che catalizza le forti contrazioni finali del travaglio, fornendo tempestivamente sostegno ormonale alle spinte con cui la madre espelle il bambino. L’ossitocina viene rilasciata anche nel cervello della neomamma, aiutandola a innamorarsi di suo figlio al primo incontro. Ricorrere all’epidurale durante il travaglio inibisce anche il rilascio dell’ossitocina cerebrale, come evidenziato dagli studi su animali11. Con l’utilizzo dell’epidurale si riduce anche un ulteriore importante uterotonico, le prostaglandine F2 alfa12.


Le beta-endorfine sono gli ormoni dello stress che, nel travaglio naturale, aumentano progressivamente per aiutare la donna a trascendere il dolore. Esse sono, oltre a ciò, ricollegabili allo stato alterato di coscienza tipico del travaglio. Sentirsi “su un altro pianeta”, come dicono alcune, contribuisce affinché la futura mamma operi in maniera istintiva con il corpo e con il bambino, spesso ricorrendo al movimento e ai suoni. L’epidurale riduce in modo drastico il rilascio di beta-endorfine nella partoriente13,14, i cui livelli nell’immediato post parto rischiano di ridursi a un quinto rispetto alla norma, in seguito al ricorso all’epidurale durante il travaglio15. Può darsi che l’impiego diffuso dell’epidurale sia indice della nostra ignoranza riguardo l’importanza dei mutamenti ormonali descritti, la difficoltà di portare sostegno alle donne in preda allo stato alterato di cui sopra e la preferenza verso partorienti tranquille e collaborative.


Epinefrina e norepinefrina (adrenalina e noradrenalina) – note entrambe come ormoni di attacco-o-fuga o catecolamine (CA) – vengono secrete in condizioni di stress, con livelli che aumentano nel corso del travaglio normale16. Al termine di un travaglio indisturbato, un picco naturale di questi ormoni garantisce alla madre un surplus di energia per espellere il bambino, rendendola entusiasta e pienamente vigile al primo incontro con suo figlio.


Tuttavia, l’inizio del travaglio viene inibito da elevati livelli di CA17, prodotti ad esempio quando la partoriente ha fame, freddo, paura, oppure quando non si sente al sicuro. Ciò ha un senso dal punto di vista fisiologico: se la madre percepisce un pericolo oppure non ha energia a sufficienza perché abbia inizio il travaglio, gli ormoni di attacco o fuga lo rallenteranno, o lo interromperanno, per concederle il tempo di correre a cercare un luogo più sicuro dove partorire, oppure per nutrirsi (il ruolo di questi ormoni nel parto verrà approfondito al capitolo VI).


L’epidurale riduce il rilascio di epinefrina nella partoriente dall’inizio della somministrazione fino al momento del parto. Ciò potrebbe risultare favorevole nel caso in cui lo stress inibisca le prime fasi del travaglio. Tuttavia al termine dello stesso e al momento della nascita un calo del picco di CA potrebbe essere svantaggioso. Secondo uno studio le donne sottoposte a epidurale presentavano livelli di epinefrina al momento del parto del 75 per cento inferiori a quelli delle partorienti che erano ricorse a forme diverse di analgesia durante il travaglio18. La riduzione del picco di CA al termine del travaglio può contribuire alle difficoltà che la partoriente sottoposta a epidurale rischia di incontrare nell’espulsione del bambino, oltre che al maggior rischio di parto strumentale (con forcipe e ventosa) ricollegabile all’impiego dell’epidurale, come vedremo nella prossima sezione.


Gli effetti dell’epidurale sulla norepinefrina sono assai più contenuti19,20, responsabili di una modifica del rapporto epinefrina-norepinefrina che rischia di creare uno squilibrio degli ormoni catecolamine, provocando, come vedremo, iperstimolazione dell’utero in travaglio.

Effetti sui processi del travaglio

L’epidurale rallenta il travaglio, probabilmente a causa degli effetti, appena descritti, sul rilascio dell’ossitocina da parte della partoriente; tuttavia esistono pure evidenze, da studi su animali, secondo cui gli anestetici locali utilizzati per l’epidurale inibirebbero le contrazioni mediante effetto diretto sul muscolo uterino21. Uno studio ha ventilato che l’ingente quantità di soluzione salina utilizzata come precarico dell’epidurale potrebbe, anch’essa, ridurre l’attività uterina durante il travaglio attivo22.


Nelle donne che fanno ricorso all’epidurale la prima fase del travaglio risulta prolungata in media di ventisei minuti e la seconda fase (quella delle spinte) di quindici23. È probabile che la perdita del picco ossitocinico finale contribuisca altresì a raddoppiare il rischio di parto strumentale – ventosa o forcipe – nelle donne sotto epidurale24, per quanto possano essere coinvolti altri meccanismi.


Un’epidurale, ad esempio, non paralizza soltanto la parte inferiore del corpo della partoriente, ma pure i muscoli del pavimento pelvico, determinanti nell’indirizzare il capo del bambino verso la giusta posizione per il parto. Alcuni ricercatori hanno scoperto che, in analgesia epidurale, il feto ha una probabilità fino a quattro volte superiore di presentarsi posteriore persistente (POP, ossia faccia in su) nelle ultime fasi del travaglio: il 13 per cento, secondo uno studio, contro il 3 per cento delle donne non sottoposte a epidurale25. La posizione posteriore persistente riduce le probabilità di parto vaginale spontaneo; secondo una ricerca solo il 26 per cento delle primipare (e il 57 per cento delle multipare) con bambini POP ebbero un parto vaginale spontaneo. Le restanti madri ebbero un parto strumentale (con forcipe o ventosa), oppure un cesareo26. Secondo un altro studio il rischio di lesioni allo sfintere anale risulta sette volte maggiore nelle donne che partoriscono bambini POP che non nelle madri di bimbi in posizione normale, il che implica una maggior necessità di assistenza strumentale27.


Gli anestesisti speravano che dosi contenute di epidurale o CSE aumentassero le probabilità di un parto vaginale spontaneo, tuttavia il miglioramento appare modesto. Da un ampio studio randomizzato condotto nel Regno Unito (noto come COMET – Conventional Obstetric Mobile Epidural Trial) il 37 per cento delle donne sottoposte a epidurale convenzionale subì un parto strumentale, contro il 29 per cento di partorienti a cui furono somministrate dosi modeste di epidurale in infusione e il 28 per cento di quelle che ricevettero una CSE28 (secondo questo studio, un numero superiore di bambini appartenenti al gruppo dell’epidurale a basso dosaggio ebbe bisogno di essere rianimato, forse a causa dell’esposizione al farmaco Fentanyl, di cui parleremo più avanti).


Altre strutture hanno cercato di incrementare il tasso di parti vaginali spontanei facendo in modo che gli effetti dell’epidurale svanissero nelle ultime fasi del travaglio. In una recente revisione si concluse che questa è una prassi che comporta maggior dolore (probabilmente perché la donna in travaglio non ha prodotto i livelli utili di beta-endorfine) e che non esistono sufficienti evidenze a sostegno della sua utilità nell’evitare il parto strumentale29.


Le conseguenze di un parto strumentale sono pesanti sia per la madre, sia per il bambino. Nella prima esso aumenta il rischio di episiotomia e di lacerazioni della vagina e del perineo, oltre che di lesioni più gravi a carico dello sfintere anale, responsabili di incontinenza intestinale. Due studi hanno dimostrato che, dopo un’epidurale, gravi lacerazioni perineali risultano del doppio più diffuse30,31. A seguito di un parto strumentale le donne riportano maggiori problemi sessuali, dolore perineale e incontinenza urinaria, rispetto a quelle che hanno avuto un parto spontaneo32,33,34. Per esempio un’indagine demoscopica australiana condotta su madri a sei-sette mesi dal parto rivelò che, rispetto alle donne che avevano vissuto un parto vaginale spontaneo, coloro che avevano subìto un parto strumentale presentavano un rischio quattro volte maggiore di dolore perineale, due volte superiore di incorrere in disturbi sessuali, e quasi due volte maggiore di soffrire di incontinenza urinaria35.


Nel bambino il parto strumentale può far aumentare i rischi a breve termine di contusione, traumi facciali, spostamento delle ossa del cranio e cefaloematoma (coaugulo di sangue in un osso del cranio)36. Da uno studio risultò che il rischi di emorragia intracranica (perdita di sangue nel cervello) aumentavano di oltre quattro volte nei bambini nati con forcipe rispetto ai partoriti spontaneamente37, per quanto due ricerche non abbiano rilevato differenze evidenti nello sviluppo dei piccoli nati con il forcipe all’età di cinque anni38,39.


Un’ulteriore ricerca mostrò che, in caso di utilizzo del forcipe nella donna sottoposta a epidurale, la forza esercitata dal medico per far nascere il bambino era quasi doppia rispetto a quella impiegata in assenza di epidurale40.


Oltre ai rischi di cui sopra, l’epidurale determina altresì un maggior ricorso alla ossitocina (Syntocina) per aumentare il travaglio, forse a causa del rallentamento di cui abbiamo parlato poc’anzi. Le donne che si sottopongono a epidurale durante il travaglio hanno una probabilità fino a tre volte maggiore di ricevere ossitocina41. La combinazione di epidurale e ossitocina, entrambe responsabili di anomalie del battito cardiaco (BCF) e di sofferenza fetali (dovuti all’assenza critica di sangue e ossigeno) aggrava in maniera netta i rischi di parto strumentale (con forcipe, ventosa o cesareo). Da un’indagine australiana risultò che fino a due terzi delle primipare a cui era stata somministrata sia l’epidurale che l’ossitocina avevano subìto un parto strumentale42.


L’epidurale accresce le probabilità di disturbi del pavimento pelvico43, il che rifletterebbe i maggiori rischi riconducibili agli interventi e agli effetti legati all’epidurale, tra cui l’utilizzo di ossitocina, il ricorso al parto strumentale e all’episiotomia44, il prolungamento della seconda fase (delle spinte) del travaglio45,46,47, e il coached pushing [le spinte “a comando”, N.d.T.]48.


L’influenza dell’epidurale sul rischio di cesareo è controversa. Una recente revisione suggerisce che non vi siano maggiori probabilità49, un’altra parla di un rischio aggravato del 50 per cento50. Una lettura critica della ricerca suggerisce che l’epidurale, in combinazione con regimi di accelerazione mediante ossitocina a basso dosaggio – molto diffusi in Nord America – probabilmente aumenta il rischio di cesareo, mentre regimi più aggressivi che prevedono alti dosaggi – diffusi nella ricerca ma non nella pratica – eviterebbero il passaggio dall’epidurale al cesareo51. Nella pratica ciò significa che le donne che accettano l’epidurale in contesti in cui vigono regimi a basso dosaggio di ossitocina sono, probabilmente, più esposte al rischio di incorrere in un cesareo. Le primipare che accettino l’epidurale in tali contesti sarebbero fino a tre volte più a rischio di incorrere in un cesareo.


Si noti che molti degli studi che hanno portato a tali conclusioni sono studi controllati randomizzati (RCT), in cui chi decide di partecipare viene sottoposto a caso ad analgesia epidurale o non epidurale. Quest’ultima comprende, di solito, oppioidi quali la meperidina (petidina), in grado da sola di condizionare travaglio e parto in modo significativo sia per la madre, sia per il bambino. Molti di questi studi danno pure risultati falsati dall’alto tasso di crossover – donne destinate a ricevere analgesia non epidurale ma che alla fine si sono sottoposte a epidurale, e viceversa. Si noti poi che la maggioranza degli studi non ha un vero e proprio riferimento di controllo – ossia donne che non ricorrono ad alcuna forma di analgesia – e che, quindi, da tali ricerche è impossibile evincere l’influenza dell’epidurale sulle madri e sui bambini rispetto ai parti senza farmaci analgesici.

Tecniche epidurali ed effetti collaterali

I farmaci utilizzati durante il travaglio per l’epidurale sono forti abbastanza da addormentare e, di solito, paralizzare la parte inferiore del corpo della madre. Nessuna meraviglia, quindi, che essi siano in grado di produrre effetti collaterali importanti sia per la mamma, sia per il bebè. Le conseguenze possono variare da una minima entità a una messa a rischio della vita e dipendono, in certa misura, dal particolare farmaco utilizzato. Gli anestetici locali (in genere lidocaina, bupivacaina oppure ropivacaina) deprimono la conduzione elettrica degli impulsi nervosi, provocando l’addormentamento del sito di iniezione. Questi farmaci sono di uso comune anche negli interventi dentali e in quelli di minore entità. Somministrati per via epidurale, essi mirano ai nervi sensori che fuoriescono, come spiegato in precedenza, dal midollo spinale attraverso lo spazio epidurale. Gli oppioidi (in genere morfina, fentanil/Sublimaze, o sufentanil) iniettati all’interno dello spazio epidurale danno effetto analgesico agendo sui recettori oppioidi del midollo spinale, come avviene con il rilascio naturale di beta-endorfine nella donna in travaglio.


Tuttavia qualsiasi farmaco iniettato nello spazio epidurale entrerà nel circolo materno in pochi minuti, producendo possibili effetti sull’intero organismo (sistemici). I farmaci epidurali, oltre tutto, attraversano la placenta, provocando possibili effetti collaterali nel feto. Come sottolinea Golub: “Forse l’esposizione più ampia agli agenti attivi del sistema nervoso centrale da parte del cervello in fase di sviluppo si ha al momento della nascita”52.


Gli oppioidi somministrati per via “spinale” agiscono anch’essi sui recettori del midollo spinale ed è stato dimostrato che, attraverso il liquido cerebrospinale, essi salgono rapidamente verso il tronco encefalico (la parte inferiore del cervello), dove rischiano di provocare disturbi respiratori deprimendo i centri respiratori ivi situati53.


Molti degli effetti indesiderati dell’epidurale che analizzeremo di qui a breve non vengono ovviati attraverso dosaggi limitati o epidurali deambulatorie, dal momento che le donne sottoposte a queste tecniche riceverebbero comunque una dose totale di anestetico locale consistente, specie nel caso di dosi controllati dalla paziente (quantità massicce ripetute) o di somministrazione protratta per molte ore54. L’aggiunta di oppioidi nell’epidurale o nella CSE può aggiungere ulteriori rischi, quali prurito e, come visto in precedenza, depressione respiratoria.


Inoltre l’effettiva capacità di camminare nelle donne sottoposte a epidurale deambulatoria verrà compromessa dalla presenza di flebo e monitor; dalla necessità, durante la deambulazione, del sostegno costante da parte di una figura fissa, e probabilmente dal timore di responsabilità legali. Alcuni studi mostrano come le donne che ricorrono all’epidurale deambulatoria o alla CSE presentino equilibrio instabile55 e pressione bassa56, il che potrebbe pure influire sulle capacità deambulatorie.

Effetti collaterali per la madre

Il più comune effetto collaterale dell’epidurale è un calo della pressione. Si tratta di una conseguenza pressoché universale, di solito contrastata dalla somministrazione via endovena di fluidi prima dell’epidurale. Nonostante il precarico, fino al cinquanta per cento delle donne che partoriscono con epidurale presentano episodi significativi di abbassamento di pressione (ipotensione)57,58, specie nei minuti successivi alla somministrazione della dose di farmaco. L’ipotensione può dare complicazioni che vanno dalla sensazione di svenimento all’arresto cardiaco59, oltre a compromettere, come vedremo, l’afflusso di sangue al bambino. Si può ovviare a questo disturbo con ulteriori liquidi in endovena oppure, nei casi più gravi, con iniezioni di epinefrina (adrenalina).


Alcuni ricercatori ritengono che l’effetto ipotensivo dell’epidurale e della spinale sia dovuto all’improvviso sollievo dal dolore, che compromette l’equilibrio degli ormoni CA (epinefrina e norepinefrina) nella donna in travaglio. Essi contribuiscono a mantenere e a bilanciare la pressione sanguigna e il battito cardiaco materni, oltre a influire sulla forza delle contrazioni. Una variazione delle catecolamine rischia, inoltre, di produrre contrazioni uterine troppo violente (iperstimolazione), come abbiamo visto in precedenza, riducendo l’apporto di sangue e di ossigeno al bambino, con il rischio di sofferenza fetale.


Ulteriori effetti indesiderati comuni legati all’epidurale sono l’incapacità di urinare o di trattenere l’urina (con conseguente ricorso a un catetere urinario), per i due terzi delle donne60; il prurito per due terzi delle partorienti cui siano stati somministrati oppioidi per via epidurale61,62; tremore per una donna su tre63, forse, come vedremo, a causa di anomalie nella regolazione termica; sedazione per circa una donna su cinque64; infine nausea e vomito per una donna su venti65.


L’epidurale rischia di provocare un rialzo della temperatura della donna in travaglio: la febbre oltre i 38°C risulta essere cinque volte più probabile nelle partorienti in fase di travaglio a cui venga somministrata66. Questo fenomeno è più diffuso tra le madri al primo bambino, e più marcato nel caso di esposizione prolungata all’epidurale67,68. In uno studio, ad esempio, il 7 per cento delle primipare che stavano partorendo con epidurale dopo sei ore era febbricitante, dato che saliva al 36 per cento dopo diciotto ore69. Tale effetto appare prevedibile: in un altro studio il 22 per cento delle primipare che, più tardi, presentavano febbre, mostravano un lieve rialzo febbrile un’ora dopo la somministrazione dell’epidurale70.


La causa di questa febbre non è nota, per quanto siano state avanzate diverse ipotesi, tra cui: un effetto diretto sul sistema termoregolatore della donna; un’infiammazione o infezione a livello uterino e delle membrane (corioamnionite); una falsa pista, poiché la maggior parte degli studi clinici mette a confronto le donne sottoposte a epidurale con quelle a cui vengono somministrati oppioidi (non per via epidurale) che riducono la temperatura71. La febbre della madre può avere, come vedremo, significative ripercussioni sul bambino.


I farmaci oppioidi, specie se somministrati per via spinale e CSE, rischiano di provocare improvvise difficoltà respiratorie, che la madre può avvertire dopo ore dal parto e che possono sfociare in arresto respiratorio. Ecco il commento di De Balli: “La depressione respiratoria rimane una delle complicanze più temute e meno prevedibili degli oppioidi intratecali [spinali]”72. I farmaci con minor liposolubilità, quali la morfina, sono ad azione più lenta e hanno una maggior probabilità di provocare una depressione respiratoria ritardata rispetto a farmaci, come il fentanil, ad oggi di uso più comune.


Numerosi studi osservazionali hanno scoperto una relazione tra l’utilizzo dell’epidurale e il sanguinamento post nascita (emorragia post partum, EPP)73,74,75,76,77,78. Da uno studio britannico, ad esempio, risultò che le donne sottoposte a epidurale durante il travaglio avevano una probabilità doppia di andare incontro a emorragia post partum79. Ciò sarebbe imputabile all’aumento dei parti strumentali e dei traumi perineali (che provocano sanguinamento), o sarebbe il riflesso delle interferenze ormonali che possono impedire all’utero della neomamma di contrarsi in modo efficace dopo il parto (per saperne di più di EPP e ormoni vai al capitolo VIII).


Un’epidurale produce un insufficiente sollievo dal dolore, inclusi effetti parziali, nel 10-15 per cento circa delle donne80, e il catetere epidurale deve essere reinserito nel 5 per cento dei casi81. Nell’1 per cento circa delle donne l’ago punge la dura madre (puntura durale), provocando una grave cefalea che richiede diversi giorni di riposo assoluto a letto e che, in genere, viene curata con iniezioni nello spazio epidurale82,83.


Effetti collaterali più gravi risultano rari. Se inavvertitamente i farmaci epidurali vengono iniettati in circolo, gli anestetici locali possono provocare intossicazioni con disturbi quali difficoltà di parola, sonnolenza e, a dosi massicce, convulsioni. Ciò avviene in circa una su duemilaottocento inserzioni epidurali84. In tutto le reazioni potenzialmente letali si presentano in circa una su quattromila donne85,86,87,88. La morte ricollegabile a epidurale ostetrica è assai rara89, tuttavia può essere provocata da arresto cardiaco o respiratorio, oppure da ascesso epidurale sviluppatosi nei giorni o nelle settimane successive.


Complicanze tardive come astenia e torpore riguardano dalle quattro alle diciotto donne su diecimila, e nella maggioranza dei casi si risolvono entro tre mesi90,91,92,93,94. La lesione di un nervo durante l’inserzione dell’epidurale può dar luogo a disturbi più a lungo termine, o permanenti, così come ascessi o ematomi (coaguli di sangue) che rischiano di comprimere il midollo spinale, e reazioni tossiche del rivestimento midollare, che possono sfociare in paraplegia95.


Una recente revisione rilevò alcune evidenze secondo cui le donne ricorse a epidurale avevano maggior probabilità di soffrire di ritenzione urinaria durante la degenza ospedaliera, e di incontinenza urinaria da stress nel corso del primo anno dopo il parto. Ciò sarebbe imputabile al travaglio più lungo e alla percentuale più alta di parto strumentale riconducibili all’epidurale96.

Effetti collaterali per il bambino

Alcuni dei principali, e dei più documentati, effetti collaterali per il nascituro e per il neonato derivano dalle conseguenze sulla madre. Si tratta, come visto in precedenza, di ripercussioni a carico del cocktail ormonale, della pressione sanguigna e della regolazione termica materni. Oltre a ciò, i farmaci epidurali possono provocare, in modo diretto, intossicazioni del feto e del neonato, per i quali i livelli di farmaco sarebbero ancor più elevati che per la madre97.

Alterazioni del battito cardiaco fetale

L’epidurale può provocare alterazioni del battito cardiaco fetale (BCF), indice che il nascituro è esposto a una mancanza di sangue e ossigeno (sofferenza fetale). Si tratta di un effetto ampiamente riconosciuto della somministrazione dell’epidurale, che in genere si presenta entro la prima mezz’ora. Esso può protrarsi per venti minuti e si verifica con maggior probabilità dopo l’utilizzo di oppioidi somministrati per via epidurale e spinale. In tali circostanze il battito cardiaco fetale rischia di precipitare a livelli bassissimi (bradicardia fetale).


Questo fenomeno (così come le altre alterazioni del BCF) sarebbe riconducibile al calo improvviso delle catecolamine materne, che rischia di provocare, come visto in precedenza, ipotensione e iperstimolazione uterina98. La somministrazione combinata di epidurale e stimolanti uterini, tra cui ossitocina e prostaglandine, aumenterebbe ulteriormente i rischi di iperstimolazione99. Il ricorso alla spinale, anche nella CSE, comporta un rischio ancor più elevato di provocare bradicardia fetale100,101, molto probabilmente in ragione del fatto che gli oppioidi spinali provocano una maggiore iperstimolazione rispetto all’epidurale102.


Anche la tossicità del farmaco rischia di influire sulle conseguenze a carico del battito cardiaco fetale: Capogna sottolinea come le anomalie del BCF e i livelli di farmaco materni raggiungano l’apice nello stesso momento103, mentre Hill e altri propongono che dosi massicce di anestetici locali provocherebbero spasmi delle arterie uterine, compromettendo l’apporto di sangue all’utero e al feto e generando sofferenza fetale.


Da notare che anche l’utilizzo di meperidina (Demerol, petidina) come analgesico in travaglio può causare anomalie del battito cardiaco fetale. Ciò rende difficile individuare le effettive ripercussioni dell’epidurale sul BCF, poiché negli studi clinici randomizzati l’epidurale viene in genere messa a confronto con la meperidina e altri oppioidi.


Negli studi sulle anomalie del battito cardiaco fetale a seguito della somministrazione di oppioidi per via spinale è stato evidenziato che il 10-15 per cento dei piccoli presenta alterazioni del BCF104, e uno su ventotto sviluppa una significativa bradicardia (battito cardiaco rallentato)105. Uno studio clinico controllato randomizzato suggeriva una doserisposta, con un maggior numero di anomalie del battito cardiaco fetale per maggiori dosi di sufentanil per via spinale106. Di solito le alterazioni del BCF si risolvono spontaneamente cambiando posizione; è più raro che esse richiedano un trattamento farmacologico107. Alterazioni più gravi, e la sofferenza fetale che ne sta alla base, possono richiedere un cesareo d’urgenza.


Capogna fa notare che, quando è in atto un’epidurale, la posizione supina (distesi sulla schiena) contribuirebbe in modo significativo all’ipotensione e all’alterazione del battito cardiaco fetale108: un ricercatore scoprì che alla posizione supina (associata a epidurale) era riconducibile un drastico calo dell’ossigenazione cerebrale fetale109. La posizione su un fianco potrebbe essere più sicura.

Effetti della febbre materna

Un aumento della temperatura nella madre in travaglio, dovuta alla somministrazione dell’epidurale, rischia di ripercuotersi pure sul bambino. In un ampio studio condotto su primipare, i bambini nati da madri con la febbre, che nel 97 per cento dei casi avevano ricevuto l’epidurale, avevano una probabilità maggiore – rispetto ai nati da madri non febbricitanti – di versare in condizioni critiche (basso indice di APGAR) alla nascita; di essere ipotonici; di dover essere rianimati (l’11,5 per cento contro il 3 per cento) e di avere crisi nel periodo neonatale110.


Gli autori dello studio esprimono preoccupazione riguardo a tali effetti, sottolineando che, da ricerche sui primati111, l’ipertermia (temperatura elevata) nella madre, persino in assenza di infezioni, può provocare scarsa ossigenazione e ipotensione sia nella madre sia nel feto, oltre ad acidosi neonatale, come risultato del mancato apporto di sangue e ossigeno durante il travaglio. Aggiungono: “Ulteriori studi su animali hanno dimostrato che un aumento della temperatura cerebrale anche solo di 1° o 2°C determina l’aumento del grado di lesione cerebrale derivante da ischemia (lesione dovuta al mancato apporto di sangue)”112.


Un altro revisore fa notare: “Alla febbre materna sono stati ricondotti esiti neonatali sfavorevoli, quali nascita depressa, encefalopatia neonatale, crisi neonatali e mortalità neonatale nei nati pretermine e a termine. Essa è stata associata a paralisi cerebrale”113. Altri studi hanno rilevato un rischio quadruplicato di encefalopatia neonatale (sintomo di probabile lesione cerebrale)114 e un tasso di mortalità 1,3 volte maggiore nei bambini nati da madri febbricitanti115.


La febbre durante il travaglio può altresì generare direttamente problemi al neonato. Poiché può essere un sintomo di infezioni a carico dell’utero, ai piccoli nati da madri febbricitanti viene spesso diagnosticata una sepsi (infezione). Una diagnosi del genere comporta la separazione prolungata dalla madre, cure speciali e test invasivi e, con ogni probabilità, la somministrazione di antibiotici fino al ritiro dei risultati dei test. Da uno studio condotto su primipare il 34 per cento dei nati con epidurale riceveva diagnosi di sepsi, rispetto al 9,8 per cento dei nati senza epidurale116.

Farmaci e tossicità

Gli effetti sul neonato finora descritti rischiano di aumentare con l’introduzione di altri farmaci o di interventi paralleli, per quanto, stranamente, non siano stati condotti studi a riguardo. In ricerche più datate i bambini nati da madri sottoposte a induzione (con ossitocina o attraverso la rottura artificiale delle membrane, o RAM), oltre che a epidurale, avevano maggiori probabilità di essere lievemente ipossici (in carenza di ossigeno) alla nascita117, mentre le donne sottoposte a induzione tramite prostaglandine per endovena accompagnate da epidurale mostravano un’incidenza molto elevata di iperstimolazione, e i loro figli alcune gravi, per quanto temporanee, anomalie del battito cardiaco. Ecco il commento degli autori: “L’applicazione combinata di prostaglandine per endovena e di analgesia epidurale continua non dovrebbe essere introdotta nella pratica ostetrica”118. A quanto mi risulti non esistono studi simili sull’utilizzo delle moderne prostaglandine per via vaginale, generalmente accompagnate all’epidurale.


Pochi sono gli studi sulle condizioni alla nascita dei bambini partoriti con epidurale, e quasi tutti mettono a confronto i nati con epidurale con i bambini esposti a farmaci oppioidi durante il travaglio, noti per il fatto di indurre sonnolenza e difficoltà respiratorie. Tali studi mostrano una differenza minima tra bambini nati con epidurale e con analgesia non epidurale (in genere oppioidi) in termini di indice di APGAR e pH del cordone ombelicale (indice dello stato del bambino durante il travaglio)119. Tuttavia da un’ampia indagine demoscopica condotta in Svezia risultò che il ricorso all’epidurale si accompagnava in maniera netta a un basso indice di APGAR alla nascita120.


Esistono altresì rapporti sulla tossicità neonatale dovuta ai farmaci epidurali, specie gli oppioidi121, somministrati per via peridurale in dosi simili a quelle assunte tramite iniezione intramuscolare o venosa. Si tratta di farmaci che entrano nel circolo sanguigno materno e fetale nel giro di pochi minuti. Un’overdose di oppioidi può far sì che, alla nascita, il bambino non sia reattivo e non respiri. La tossicità neonatale da oppioidi appare più probabile con l’utilizzo di regimi ad alto dosaggio, tra cui quelli che consentono alla madre l’auto somministrazione di dosi extra, per quanto sembrino esistere differenze sostanziali di sensibilità da neonato a neonato122.


È altresì importante notare che nel neonato la capacità di metabolizzare ed eliminare i farmaci è assai inferiore a quella di un adulto. La vita media (il tempo impiegato affinché i livelli ematici di un farmaco si riducano della metà) dell’anestetico locale bupivacaina (Marcaina) è, per esempio, di 8,1 ore nel neonato, contro le 2,7 ore della madre123. Uno studio trovò tracce rilevabili di metaboliti di bupivacaina nell’urina dei neonati nelle trentasei ore successive all’anestesia spinale precedente un cesareo124.


Allo stesso modo i livelli di farmaco potrebbero non indicare con precisione il carico tossico del bambino, in quanto prelevabili dal sangue oppure immagazzinati nei tessuti del bimbo, quali il cervello e il fegato, oppure legati alle proteine ematiche,125 dalle quali il farmaco viene rilasciato più lentamente. Ciò risulta probabile in particolare per medicinali, come il fentanile, molto liposolubili e quindi in grado di passare nel cervello con facilità126. Le possibili ripercussioni del fentanil per via peridurale sulla capacità del neonato di nutrirsi al seno saranno discusse più avanti.


Una recente revisione ha rilevato, inoltre, un maggiore percentuale di ittero nei bimbi esposti a epidurale, riconducibile all’incremento dei parti strumentali (che provocano ittero per via delle contusioni) o all’utilizzo di ossitocina127. L’ittero può provocare sonnolenza e difficoltà a nutrirsi al seno, e nel caso in cui venga prescritta la terapia a ultravioletti, implicherebbe la separazione tra madre e bambino.


Esistono infine alcune evidenze secondo cui gli anestetici locali utilizzati per l’epidurale avrebbero effetti negativi sul sistema immunologico del neonato. Uno studio mostrò come la lidocaina possa provocare direttamente una riduzione dell’attività delle cellule killer naturali (NK), forse attivando la risposta allo stress. Questi autori suggeriscono che l’aumento dei livelli degli ormoni dello stress presente nei bambini sottoposti a epidurale, riscontrata in diversi studi, sarebbe un effetto diretto degli anestetici epidurali locali, responsabili dell’aumento dei livelli dell’ormone di liberazione della corticotropina (CRH), principale ormone dello stress128.

Effetti neurocomportamentali

Sebbene sia sempre più riconosciuta l’importanza delle capacità del neonato nelle prime ore dopo il parto, le conseguenze sul bambino dei farmaci usati durante il travaglio, tra cui l’epidurale, restano poco indagate.


Studi più datati in cui i bambini esposti a epidurale venivano messi a confronto con quelli non esposti a farmaci rilevarono effetti neurocomportamentali significativi, mentre ricerche più recenti non hanno individuato differenze. Nei primi però si fece uso della più completa (e più difficile da applicare) Scala di Valutazione del Comportamento Neonatale di Brazelton (NBAS, stilata da pediatri), mentre in quelle più recenti erano stati utilizzati test meno complessi, in particolare il Punteggio delle Capacità Neurologiche e Adattive (NACS, stilato da anestesisti). Il NACS è di più semplice applicazione, raggruppando tutti i dati in un’unica cifra, ed è stato da molti giudicato impreciso e inaffidabile129,130,131,132,133. Ognuno dei tre studi osservazionali in cui venivano messi a confronto bambini esposti a epidurale e bambini non sottoposti a farmaci secondo la NBAS rilevarono differenze sostanziali tra i gruppi134.


Murray e colleghi confrontarono quindici neonati non esposti a farmaci con quaranta neonati esposti a epidurale, scoprendo che questi ultimi presentavano più anomalie, secondo il punteggio NBAS, a ventiquattr’ore dalla nascita. Nonostante alcuni miglioramenti in quinta giornata, il punteggio restava elevato (indice di condizioni neurocomportamentali preoccupanti), con particolari difficoltà nel “controllo dello stato”, come risultava dai diari tenuti dalle madri, i quali mostravano come i neonati esposti a epidurale piangessero con maggior frequenza. I venti bambini alle cui madri era stata somministrata ossitocina, oltre all’epidurale, in quinta giornata presentavano punteggi NBAS ancora più anomali, e mostravano sonnolenza e assenza di reattività, spiegabili con i loro maggiori livelli di ittero.


A un mese dalla nascita il punteggio NBAS non mostrava differenze tra i due gruppi, ma le madri sottoposte a epidurale riportavano che i figli avevano un atteggiamento “meno adattabile, più difficile e noioso”135. Le differenze permanevano dopo aver verificato l’uso del forcipe e la durata del travaglio. Oltretutto i test a cui venivano sottoposte le madri dopo ventiquattro ore dal parto, sulla base della scala Cohler di Valutazione del Comportamento Materno, non avevano suggerito differenze precoci tra i due gruppi nello stile di interazione materna; indice che, probabilmente, i dati non avrebbero mostrato discrepanze nel comportamento materno, né negli stili di accudimento, delle donne che avevano scelto l’epidurale136.


Sepkoski e colleghi misero a confronto trentotto neonati esposti a epidurale con ventidue non esposti a medicinali, riscontrando, nel primo mese di vita, minor vivacità e capacità di orientamento, oltre ad abilità motorie meno sviluppate. In ospedale le madri sottoposte a epidurale trascorrevano meno tempo con il figlio. Dati che risultavano proporzionali alla dose di bupivacaina somministrata, indice di una risposta ai farmaci epidurali commisurata alla dose137.


Rosenblatt confrontò cinquantanove nati con epidurale con trentacinque neonati non esposti a farmaci utilizzando la scala NBAS, dalla nascita fino a sei settimane, riscontrando gli effetti massimi dell’epidurale in prima giornata. Nonostante alcuni miglioramenti in terza giornata, i bimbi esposti a peridurale continuavano a piangere con maggior facilità e più spesso rispetto a quelli non esposti a farmaci, e diversi aspetti di tale disturbo (“controllo dello stato”) persistettero nelle successive sei settimane. Gli effetti erano commisurati alla dose, con maggior depressione delle competenze visive e della vivacità, dalla prima giornata fino alla sesta settimana, nei bambini con livelli più elevati di bupivacaina nel sangue cordonale. Questi ultimi presentavano, fino alla sesta settimana, una maggiore reattività allo stress, più tremito e sussulti, e piangevano di più quando venivano maneggiati138.


Sebbene si trattasse di studi più datati che prendevano in considerazione l’epidurale convenzionale, la dose totale di bupivacaina somministrata alle madri (dosi medie rispettivamente di 61,6 milligrammi139, 112,7 milligrammi140, e 119,8 milligrammi141) era ragionevolmente paragonabile a quella di studi più recenti su dosi contenute (ad esempio 67,5 milligrammi142, 91,1 milligrammi143, 101,1 milligrammi144).


Questi studi neurocomportamentali mettono in evidenza le possibili ripercussioni dell’epidurale sul neonato e sull’evoluzione della relazione madre-figlio. Come commentano i ricercatori: “Sebbene gli effetti biochimici diretti del farmaco svaniscano nel corso dei primi giorni… potrebbero persistere le prime impressioni materne, influendo sul senso di gratificazione derivante dal bambino e sulla modalità di risposta alle iniziative del figlio a un mese di vita”145.


Un’altra ricerca ha ventilato l’ipotesi che il neurocomportamento neonatale possa essere meno influenzato da dosi inferiori di farmaco. In questo caso venne utilizzata un’epidurale a dosi bassissime di bupivacaina/fentanile, con livelli di bupivacaina nel neonato corrispondenti a metà o a un terzo di quelle degli altri studi. La valutazione secondo la scala NACS non mostrò differenze sostanziali tra i ventotto bambini esposti a epidurale e i ventotto non esposti ad analgesia durante il travaglio. Tuttavia i neonati con livelli più elevati di bupivacaina (indice di un’esposizione più prolungata all’epidurale nel corso del travaglio) presentavano un NACS inferiore a due ore dalla nascita146.


Un ulteriore studio valutò i NACS dei nati da madri sottoposte in maniera randomizzata a diversi regimi di farmaci epidurali. I ricercatori rilevarono che i neonati esposti a fentanile peridurale presentavano il NACS più basso a ventiquattr’ore dal parto, il che suggerisce che il fentanile, penetrando facilmente nel cervello, produrrebbe effetti particolarmente negativi e persistenti147. Per saperne di più su fentanile e allattamento si veda la prossima discussione.

Effetti ormonali e autonomici

Uno studio recente ha suggerito che l’esposizione all’epidurale durante il travaglio si ripercuoterebbe sui processi fisiologici del neonato. Jonas e colleghi misurarono la temperatura cutanea dei neonati allattati al seno, e pelle a pelle, a due giorni dalla nascita. Essi scoprirono che i nati con epidurale avevano un’alta temperatura basale che diminuiva in risposta all’allattamento, al contrario dei piccoli non esposti a epidurale, la cui temperatura aumentava, stabilizzandosi, nutrendosi al seno148.


Gli autori ritengono che l’epidurale possa destabilizzare il sistema di regolazione termica del neonato, cosa che può accadere, come visto in precedenza, anche nelle donne sottoposte ad analgesia peridurale durante il travaglio. Il mancato aumento della temperatura durante l’allattamento potrebbe essere dovuto a una riduzione dei livelli di ossitocina nel cervello del neonato, i quali, di norma, aumentano con il contatto pelle a pelle, riducendo gli ormoni dello stress e producendo calore fisico, oltre a infondere calma e coinvolgimento149. Secondo gli autori interferenze fisiologiche come queste, in un momento criticissimo, interferirebbero con la sintonizzazione del sistema nervoso autonomico del bambino, con possibili effetti persino in età adulta. Concludono i ricercatori: “Considerato il gran numero di donne sottoposte a tali trattamenti, anche effetti ridotti sul neonato potrebbero sortire gravi conseguenze future, a livello fisiologico e comportamentale, per la popolazione”150.


Uno studio ridotto ha indagato gli effetti dell’epidurale sui piccoli d’uomo dopo sei settimane dalla nascita. Brackbill valutò la risposta di orientamento – la reazione iniziale alle novità misurata attraverso il battito cardiaco – in diciotto neonati esposti e non esposti a epidurale a uno, quattro e otto mesi. Quelli esposti, al momento del parto, ad anestesia locale o generale mostravano una reazione anomala di “difesa” a otto mesi, non prima151.


Nell’insieme questi due studi suggeriscono che l’esposizione ai farmaci peridurali al momento della nascita possa produrre variazioni, a breve ma forse più a lungo termine, nel funzionamento del sistema nervoso autonomico, che regola le funzioni fisiche a seconda dei mutamenti interni ed esterni. Se gli effetti più a lungo termine verranno dimostrati, ciò fa pensare a conseguenze sullo sviluppo e sull’imprinting che avrebbero ripercussioni su tutto il corso dell’esistenza (vedi capitolo VI). È assolutamente necessario che vengano condotte maggiori ricerche sugli effetti a lungo termine dei farmaci epidurali sulla maturazione del sistema nervoso infantile.

Studi su animali

Gli studi condotti su animali suggeriscono che le difficoltà vissute dalle madri e dai bambini sottoposti a epidurale sarebbero riconducibili all’interferenza con gli ormoni materni al momento del parto e nell’immediato dopo parto. Come abbiamo visto al capitolo VI gli ormoni del travaglio raggiungono l’apice attorno al momento della nascita e/o durante la prima ora dopo il parto. Il picco è stato concepito per garantire un comportamento materno e un attaccamento madre-figlio ottimali, il che è di vitale importanza per la sopravvivenza di un neonato di mammifero.


Così come descritto al capitolo VI, alcuni ricercatori francesi somministrarono l’epidurale a pecore in travaglio, scoprendo che quelle sottoposte a tale pratica incontravano difficoltà di attaccamento nei confronti degli agnelli appena nati, specie se primipare e con la peridurale somministrata all’inizio del travaglio152. Da studi successivi risultò che l’assenza di comportamento materno e di attaccamento era riconducibile ai livelli ridotti di ossitocina nel cervello153. Effetto sostanzialmente (ma non del tutto) annullato se agli ovini veniva somministrata ossitocina direttamente nel cervello154. I ricercatori concludono che l’interferenza con il sistema ossitocinico contribuirebbe a produrre questi effetti sul rapporto madre-figlio (si noti come l’epidurale riduca anche i livelli di altri ormoni materni deputati all’attaccamento – beta-endorfine, norepinefrina e prolattina – che non risulterebbero controbilanciati con la somministrazione di ossitocina).


Non esistono studi significativi delle ripercussioni dell’analgesia epidurale sullo sviluppo dei neonati umani. Tuttavia le ricerche condotte sulle scimmie antropomorfe danno adito a preoccupazione. Golub iniettò bupivacaina per via peridurale a scimmie Rhesus al termine della gravidanza, seguendo poi lo sviluppo della prole esposta fino all’età di dodici mesi (l’equivalente dei nostri quattro anni). Essa scoprì che le tappe di sviluppo raggiunte da questi esemplari presentavano anomalie: a sei-otto settimane le scimmiette tardavano a iniziare la manipolazione e a dieci mesi l’aumento dei normali “disturbi del comportamento motorio” durava più a lungo155.


Sulla base di queste scoperte sugli animali la stessa autrice conclude: “Tali effetti potrebbero presentarsi come conseguenza di effetti sui vulnerabili processi cerebrali di un periodo delicato, dell’interferenza di agenti endogeni [interni] con la programmazione dello sviluppo cerebrale o dell’alterazione delle prime esperienze”156.

Allattamento

Così come per il neurocomportamento, sono poco indagati anche gli effetti sull’allattamento. Inoltre gli studi che mettono a confronto l’esposizione all’epidurale con quella agli oppioidi sono particolarmente fuorvianti, poiché questi ultimi hanno conseguenze negative ben note sul comportamento legato all’allattamento e sulla sua riuscita.157,158,159,160,161


L’epidurale può ripercuotersi sull’esperienza e sul successo dell’allattamento attraverso diversi meccanismi. Innanzitutto il lattante può presentare deficit neurocomportamentali generati, come abbiamo visto, dall’esposizione ai farmaci. Tali deficit risultano forse massimi nelle ore subito successive al parto quando, di norma, il neonato è vigile e pronto a dare l’avvio all’allattamento. Gli studi che abbiamo visto suggeriscono che i farmaci epidurali possono deprimere il neurocomportamento del nuovo nato, con possibili ricadute sull’allattamento.


Uno studio ha valutato la capacità di nutrirsi al seno di 129 lattanti sulla base dello Strumento di Valutazione dell’Allattamento Infantile (IBFAT, Infant Breastfeeding Assessment Tool) scoprendo i valori più alti tra i piccoli non esposti a farmaci, valori inferiori nei bambini esposti a epidurale o a oppioidi per via endovenosa e i valori più bassi in quelli esposti a entrambi. I lattanti che riportavano il punteggio più basso venivano svezzati prima, sebbene in tutti i gruppi il totale dei bambini allattati al seno a sei settimane era simile162.


Da altre ricerche risultava che i piccoli esposti a epidurale e spinale perdevano più facilmente peso durante la degenza ospedaliera, il che potrebbe essere indice di scarsa efficacia della suzione163. Un ulteriore studio suggeriva che il comportamento dei neonati nell’alimentazione al seno, stimato secondo la Scala di Valutazione del Comportamento al Seno del Neonato Pretermine (PIBBS, Preterm Infant Breastfeeding Behavior Scale) potrebbe, in media, non presentare alterazioni a due e ventiquatt’ore di vita se viene utilizzata un’epidurale a dosi ridottissime, sebbene in questo studio i nati da madri non sottoposte a farmaci erano tendenzialmente tenuti in braccio e vicini più a lungo, succhiavano di più, e inghiottivano164. Si noti che tutte le madri e i bambini coinvolti nello studio erano rimasti a contatto di pelle per un’ora dopo la nascita, il che probabilmente favorisce l’adattamento del neonato, il comportamento di suzione e la riuscita dell’allattamento165.


Un ampio studio prospettico di coorte sull’alimentazione dei lattanti di sei mesi rilevò che le donne sottoposte a epidurale (bupivacaina e dosi ridotte di fentanile) avevano una probabilità più che raddoppiata di interrompere l’allattamento a ventiquattro settimane rispetto a coloro che erano ricorse a metodi non farmacologici di riduzione del dolore166.


Due recenti ricerche si sono concentrate sul fentanile, in quanto particolarmente dannoso per l’avvio dell’allattamento al seno. Un gruppo di ricercatori britannici osservò che i neonati esposti al fentanile per via peridurale o spinale avevano la maggior probabilità di essere nutriti con latte formulato dopo le dimissioni: il 54 per cento contro il 52 per cento di quelli esposti a morfina epidurale/spinale; il 44 per cento di quelli esposti ad anestetico peridurale/spinale locale; il 41 per cento di esposti a oppioidi intramuscolo e il 32 per cento di esposti semplicemente a protossido di azoto167.


Forse lo studio più convincente è uno studio clinico randomizzato su diverse dosi di fentanile epidurale condotto su 177 madri con esperienza di allattamento al seno che avevano intenzione di tornare ad allattare. La riuscita a sei settimane era meno probabile tra le madri sottoposte a dosi elevate di fentanile. A sei settimane il 19 per cento di esse aveva smesso di allattare, contro il 6 per cento di quelle esposte a fentanile a dosi ridotte e il 2 per cento di non sottoposte a fentanile. I lattanti con la maggior esposizione a fentanile ottenevano i punteggi neurocomportamentali (NACS) più bassi e, a sei settimane dalla nascita, le madri che avevano interrotto l’allattamento dichiaravano che erano i bambini, e non loro stesse, ad aver manifestato difficoltà168.


L’epidurale avrebbe ripercussioni pure sulla neomamma, provocando difficoltà di allattamento. È possibile che ciò avvenga se la madre ha avuto un travaglio lungo, un parto strumentale o un cesareo, o subìto la separazione dal suo bambino, tutte eventualità più probabili dopo un’epidurale. Anche le interferenze ormonali avrebbero un ruolo, poiché l’ossitocina è il principale ormone dell’allattamento.


In uno studio osservazionale su 131 coppie madre-bambino che avevano avuto un parto vaginale, Baumgarder scoprì che i nati dopo un’epidurale avevano una probabilità più che raddoppiata di ricevere un’integrazione con latte formulato alle dimissioni. Un rischio soprattutto per i neonati con epidurale che non si erano nutriti nelle prime ore dopo il parto169. Un’indagine finlandese mostra che il 67 per cento delle donne sottoposte a epidurale durante il travaglio rivelava il ricorso all’allattamento parziale o totale con latte formulato nelle prime dodici settimane rispetto al 29 per cento delle madri non esposte a epidurale. Il primo gruppo era anche quello che riferiva, con maggior probabilità, di non avere “abbastanza latte”170.


Uno studio australiano condotto su 992 primipare sottoposte random a epidurale o sostegno ostetrico continuativo rivelò che le madri sottoposte a epidurale svezzavano i figli prima di quelle che erano ricorse ad analgesia alternativa durante il travaglio171. Anche da uno studio osservazionale statunitense risultò che le madri sottoposte a epidurale svezzassero prima172.


Due gruppi di ricercatori svedesi hanno studiato la delicata, ma complessa, condotta di allattamento e di preallattamento dei neonati non esposti a farmaci. Righard ha documentato che, posto a contatto di pelle sul petto della madre, un neonato riesce ad arrampicarsi fino a trovare il capezzolo, al quale si attacca da sé173. I bambini esposti a farmaci oppioidi nel corso del travaglio, oppure separati dalla madre poco dopo il parto, perdono molto di questa capacità. Ransjo-Arvidson scoprì che i neonati esposti ad analgesia durante il travaglio (soprattutto oppioidi, ma, in alcuni casi, pure epidurale), presentavano una condotta di preallattamento – massaggio e sfioramento del capezzolo con la lingua, suzione del pugno – disorganizzata rispetto a quella dei piccoli non esposti a farmaci174.


Diversi altri studi non hanno riscontrato, nell’epidurale, effetti a generale danno dell’allattamento175,176,177. In uno di essi i bambini furono tenuti a contatto di pelle con la madre durante l’ora successiva al parto178, mentre in un altro il contatto pelle a pelle e la suzione venivano considerati istituzionalmente normali179. Tuttavia persino in queste ricerche i piccoli con un NACS più basso180,181, che in un altro studio veniva associato a maggiori livelli di farmaco182, avevano maggiori probabilità di incontrare difficoltà nell’allattamento al seno.


Si noti come, in uno di questi studi positivi183, le politiche ospedaliere fossero fortemente a favore dell’allattamento materno – compresa la mancata separazione tra madre e figlio dopo il parto – e come questa struttura vantasse, in entrambi i gruppi, una percentuale eccezionale di madri che allattavano: oltre il 70 per cento a sei settimane, il che renderebbe ancor più difficile riscontrare differenze statistiche. Può anche darsi che il contatto immediato, e ininterrotto, pelle a pelle, così come il sostegno istituzionale all’allattamento (elementi presenti, tra l’altro, negli “Ospedali Amici dei Bambini”184) possano modificare l’impatto dell’epidurale sull’allattamento. È ovvio che c’è bisogno di ulteriori studi.


Le donne che scelgono di sottoporsi a epidurale potrebbero aumentare le probabilità di allattare con successo rivolgendosi a un Ospedale Amico dei Bambini, oppure richiedendo il contatto ininterrotto dopo il parto, accompagnato, nel caso, da un sostegno all’allattamento.

Soddisfatte del proprio parto

Coloro che prestano assistenza ostetrica hanno accolto l’idea secondo cui il controllo del dolore costituisce la preoccupazione principale della donna in travaglio, e che un’analgesia efficace è garanzia di un’esperienza di parto positiva. Tale convinzione si è tradotta nello sviluppo e nel sostegno di tecniche ostetriche che riducono il dolore in maniera efficace, ma che non hanno contribuito ad aumentare la soddisfazione della donna nei confronti della propria esperienza.


In realtà esistono prove che dimostrerebbero il contrario. Diversi studi hanno dimostrato come le donne che non ricorrono a farmaci durante il travaglio risultano le più soddisfatte del proprio parto nel momento stesso della nascita185, dopo sei settimane186, e a un anno dall’evento187. In un’ampia indagine condotta nel Regno Unito gli autori conclusero che “l’analgesia epidurale non conferisce alla madre un’esperienza migliore, neppure se tecnicamente soddisfacente e ottima dal punto di vista analgesico”188.


La recente revisione di uno studio sulla soddisfazione dopo il parto ha rivelato che le aspettative personali, il sostegno da parte del personale che presta assistenza, il rapporto assistente-assistito e il coinvolgimento nelle decisioni adottate sono gli elementi principali a determinare il senso di gratificazione rispetto all’esperienza di parto189. Si noti poi come, contrariamente a quanto ritenuto dai medici, le donne che hanno grandi aspettative sono quelle con più probabilità di trarre maggiore soddisfazione. Il revisore sottolinea altresì che il maggior tasso di insoddisfazione è ricontrabile tra le donne che hanno subìto un cesareo d’urgenza o un parto strumentale.


Infine vale la pena considerare che le preferenze degli operatori detterebbero, in larga misura, il ricorso all’epidurale e ad altre procedure mediche sulle donne in travaglio. Klein scoprì che le pazienti assistite da medici di famiglia con una media contenuta di epidurali avevano minori probabilità di essere sottoposte a monitoraggi e ossitocina, di partorire con un cesareo e di vedere il proprio bambino ricoverato in neonatologia190.

Sintesi e conclusioni

L’analgesia epidurale è la forma più efficace di sollievo dal dolore, e ha ampia diffusione. Tuttavia epidurale, spinale e spinale/epidurale combinata possono altresì provocare gravi alterazioni dei processi del parto, aumentando le probabilità di travaglio prolungato, somministrazione di ossitocina, parto strumentale ed eventuale cesareo, oltre a provocare effetti indesiderati sostanziali quali l’insoddisfazione rispetto alla propria esperienza di parto.


Altri possibili effetti collaterali per la madre: ipotensione, prurito, tremore, febbre, sedazione, ricorso a catetere urinario, emorragia post partum e difficoltà respiratorie. Nel bambino, rischi quali anomalie del battito cardiaco fetale, indice di scarso apporto di sangue e ossigeno, intossicazioni dovute ai farmaci, la necessità di separazione precoce dalla madre per diagnosi di sepsi, e maggiori rischi di ittero che richiederebbero anch’essi separazione e trattamento.


Esistono evidenze per cui l’epidurale rischia di provocare lievi disturbi neurocomportamentali che avrebbero ripercussioni negative durature sul neonato, sulla relazione madre-figlio e sull’allattamento. Tematiche così importanti meritano con urgenza di essere ulteriormente approfondite con ricerche di alto livello.


Per concludere, l’epidurale ha possibili vantaggi, ma comporta anche gravi rischi per la madre in travaglio e per il bambino. Alle donne che desiderino evitare l’epidurale si consiglia di affidarsi a professionisti e a modelli di assistenza che favoriscano, sostengano e comprendano i princìpi e le pratiche della nascita naturale e indisturbata.

Partorire e accudire con dolcezza
Partorire e accudire con dolcezza
Sarah J. Buckley
La gravidanza, il parto e i primi mesi con tuo figlio, secondo natura.Un manuale rivoluzionario per le future mamme e i futuri papà che desiderano vivere gravidanza, parto e primi mesi di vita del bambino in modo naturale. Partorire e accudire con dolcezza è un manuale rivoluzionario, nel quale Sarah J. Buckley, esperta di gravidanza e parto apprezzata in tutto il mondo, fa luce sull’evento della nascita e sui primi mesi da genitori, mettendo a disposizione delle future mamme e papà conoscenze attinte sia dalla saggezza antica che dalla medicina moderna.Il libro presenta approfondimenti sulla fisiologia del parto naturale (o, come lo definisce l’autrice, “nascita indisturbata”) che mostrano quanto vada perso quando tale esperienza viene vissuta meramente come evento medico.Nella prima parte, alla scrupolosa descrizione di gravidanza e parto medicalizzati (che prevedono il ricorso a ultrasuoni, epidurale, induzione e cesareo) e delle scelte più naturali (parto in casa, rifiuto dell’epidurale o di farmaci durante la fase espulsiva) si intreccia il racconto dell’attesa e della nascita dei quattro figli dell’autrice, tutti dati alla luce tra le mura domestiche. La seconda parte prende invece in esame gli studi scientifici su attaccamento, allattamento materno e sonno infantile, ed esorta i neogenitori a operare scelte attente e amorevoli durante i primi mesi con il proprio bambino. Conosci l’autore Sara J. Buckley è medico di famiglia e autorità di fama internazionale in materia di gravidanza, parto e genitorialità. Vive a Brisbane, in Australia, con il marito e i quattro figli. Sarah Buckley è preziosa perché bilingue: sa parlare il linguaggio di una madre che ha dato alla luce i suoi quattro figli in casa, e sa parlare dadottore. Attraverso la fusione del linguaggio del cuore con quello della scienza essa impartisce alla storia del parto una direzione nuova, rivoluzionaria e illuminante.Michel Odent, medico chirurgo, autore e pioniere del parto naturale