capitolo xi

Accettare le avversità

Essere totalmente nel dolore è come essere illuminati, perché essere illuminati equivale a vivere esattamente quello che si sta vivendo in quel preciso momento; entrare profondamente in se stessi.
Significa essere coscienti di tutto ciò che si sente nel momento presente.

Alejandro Jodorowsky

Mindfulness significa sentire, con tutto il proprio essere, il vento sulla pelle, il profumo dei fiori, le onde del mare che ti accarezzano i piedi. Ma mindfulness significa anche sentire, con tutto il proprio essere, la tristezza, la sofferenza, il senso di impotenza. Accettare queste sensazioni non vuol dire essere passivi e rinunciare a trovare una soluzione.


Se fuori piove, prendete l’ombrello. Non servirà a niente brontolare o addirittura imprecare; l’unica cosa sensata da fare è vestirsi in modo adeguato. Per farlo dovrete accettare la realtà: piove.


Se un fiume vi sbarra la strada dovrete fermarvi e costruire un ponte o un’imbarcazione che vi aiuti ad attraversarlo. Volendo a tutti i costi attraversarlo a piedi, rischiereste di annegare.


Se avete perso una persona cara non potete riportarla indietro. Dovrete attraversare (con i vostri mezzi e i vostri tempi) il fiume della vostra tristezza per potervi ritrovare al sicuro sull’altra riva.

Giulio Cesare Giacobbe, psicologo e autore del libro Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita1 (un modo un po’ colorito per dire “vivere nel qui e ora”) ci fa notare come la sofferenza, sia essa fisica o mentale, comporti necessariamente uno stato di contrazione muscolare in qualche parte del corpo. Il respiro è concitato, il cuore batte forte, lo stomaco è contratto. Riportando l’attenzione al corpo possiamo osservare queste tensioni. Non cercare di combatterle ma semplicemente osservarle, finché non si affievoliranno per poi scomparire del tutto.

Probabilmente avrete notato che ci sono persone che, di fronte alle difficoltà, perdono la fede. Altre invece la acquistano proprio in quei momenti. Tralasciamo un attimo il discorso “religione” che può non corrispondere a tutti: parliamo di fede nel senso di fiducia nella vita. Qual è la differenza tra i due atteggiamenti descritti sopra? Perché alcuni si rinforzano nelle difficoltà mentre altri vengono annientati?


La differenza sta, ovviamente, nel modo di reagire alle difficoltà. Mi ci sono voluti (quasi) quarant’anni ma ho capito che se imparo a tuffarmi nella difficoltà invece che cercare di sfuggirle, ne uscirò più forte. Non solo. La vivrò pienamente.


Capirai! Chi ha voglia di vivere pienamente le difficoltà?


Chi desidera acquisire (o almeno non perdere) la fede, o la fiducia. Nella vita e nella sua perfezione. Ok, ho detto che avremmo tralasciato il discorso religioso, ma l’esempio è calzante: quando succede qualcosa di davvero terribile, spesso ci si chiede come Dio (ammesso che esista) abbia potuto permetterlo. Ogni religione ha una sua risposta “ufficiale”, più o meno difficile da digerire.


Nel mio piccolo, ho scoperto che i momenti difficili sono scorciatoie verso la consapevolezza. Fortunatamente, la sofferenza non è l’unica via. Non la auguro a nessuno e credo che ci si possa “risvegliare” tranquillamente anche addentando un frutto appena colto dall’albero o sorseggiando un buon bicchiere di vino. Ma immaginiamo per un attimo il dolore (sia esso fisico o mentale) come un’enorme onda: possiamo esserne travolti e addirittura annegare, oppure imparare a cavalcarla come un bravo surfista. Il segreto è, ovviamente, l’equilibrio.


A ogni onda possiamo inabissarci sempre più o sviluppare le nostre capacità e il nostro equilibrio interiore. Tutto dipende dall’atteggiamento con il quale decidiamo di affrontarla.


Dobbiamo inoltre ricordare che anche il più bravo dei surfisti cade molto più di quanto resti in piedi. Se è diventato bravo è perché ha saputo rialzarsi ogni volta, e perché sa che la sensazione di cavalcare l’onda lo ripagherà di tutte le cadute. Perché sa che in quell’istante la sua vita è perfetta, e che tutto ciò che farà per prepararsi a quell’istante fa parte di quella stessa perfezione.

Anche David Linch, da anni praticate e sostenitore della meditazione trascendentale, nel suo libro In acque profonde utilizza la metafora del mare: “Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde”2. La sofferenza ci spinge a fondo. Questo può essere pericoloso, se non addirittura letale. Ma è lì che si trovano i “pesci grossi”. È proprio quando siamo laggiù che abbiamo l’opportunità di vederli.


Immaginando invece che la sofferenza sia un luogo, provate a leggere questa frase tratta dal libro Un indovino mi disse di Tiziano Terzani (un uomo che ha saputo rendere perfetta la sua vita e che emana equilibrio e perfezione anche dopo aver lasciato questo mondo): “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarsi andare. Darsi tempo, stare seduti in una casa da tè a osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare”3.

Inutile (per quanto comprensibile) desiderare di essere altrove o di non trovarsi in quella determinata situazione. Sciocco pensare che si potrà stare bene solo se e quando le cose cambieranno. Utopico credere che si possa essere felici sempre. C’è solo una cosa da fare: iniziare a scavare. Qui e ora. Solo scavando (nella gioia come nella sofferenza) possiamo trovare qualcosa. E non possiamo scavare in nessun altro luogo che in quello in cui ci troviamo ora.


È questo l’unico luogo possibile; l’unico momento buono. Qui e ora la nostra vita può essere perfetta, se le diamo un senso e iniziamo a scavare.


La mia vita è perfetta perché ho capito (non perché l’ho sentito dire o perché l’ho letto da qualche parte, né perché ci sono arrivata con un ragionamento, ma perché ho capito tramite l’esperienza) che non si può stare sulla cresta dell’onda senza prima essere caduti mille volte e senza essere pronti a cadere ancora. Che non si può trovare un tesoro se non si ha voglia di avere la terra sotto le unghie. Che non ci si può arrampicare in cima alla montagna se non si è disposti a sbucciarsi le ginocchia.


Che a volte si cade e ci si rialza. Che a volte invece non ce la si fa più. Che a volte la vita sembra (o forse è davvero) ingiusta. Ma che solo accettando ciò che stiamo vivendo qui e ora possiamo farvi fronte e magari, addirittura, rendere utile la sofferenza.

Meditare per trovare la pace

Nella Bhagavad Gita, uno dei principali testi sacri della tradizione induista, la nostra mente è paragonata a un cavallo imbizzarrito. Se lo cavalchiamo rischiamo di farci male, se non addirittura di morire. Lo scopo della meditazione è di addestrare questo cavallo per fare in modo che ci obbedisca; perché ci porti non dove vuole lui, ma dove decidiamo noi.


Avete mai pensato, ad esempio, a quanto è difficile convincere la nostra mente a smettere di pensare a qualcuno che non sopportiamo? Scrive Eknath Easwaran in Passage Meditation: “Quando odiamo una persona, siamo legati ad essa, proprio come se la amassimo. Non riusciamo a non pensare a lei e a ciò che vorremmo/avremmo voluto dirle. […] Che paradosso! C’è una persona che non sopportiamo, che vorremmo a tutti i costi evitare, e ce la portiamo dietro tutto il tempo”4.


Quando una cosa (una persona, una situazione) ci disturba, non riusciamo a staccarcene. In questo modo non facciamo che amplificare gli effetti negativi che questa cosa/persona ha sulla nostra vita. Attraverso la meditazione impariamo a staccarci da ciò che ci fa soffrire. Il che significa staccarsi dalla sofferenza, ponendo fine alla stessa.


Il distacco fa svanire la collera, alleggerendo il nostro stato d’animo. Essere arrabbiati è come ingerire del veleno e aspettarsi che sia l’altro a morire. La collera nuoce a una persona sola: quella che la prova.


Quando impariamo a lasciarla andare, siamo liberati. “Perdona. Non perché gli altri meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace”, recita un famoso detto.


La pratica della meditazione non ha come scopo la pace del mondo, ma quella interiore. La prima verrebbe però come naturale conseguenza se tutti raggiungessimo la seconda. Il nostro principale errore è spesso quello di cercare all’esterno ciò che invece ha radici nel nostro cuore.


Tutti vorremmo un mondo migliore. Ma siamo pronti, per ottenerlo, a fermarci un attimo e guardarci dentro?

Mindfulness per genitori
Mindfulness per genitori
Claudia Porta
Suggerimenti ed esercizi per praticare la consapevolezza in famiglia.Una guida per allenare la consapevolezza e vivere con maggiore serenità, lucidità ed equilibrio il rapporto con i propri figli. Essere un genitore consapevole è la chiave per vivere relazioni autentiche e appaganti con i propri figli.In Mindfulness per genitori, l’autrice Claudia Porta vuole fornire un aiuto concreto a tutti i genitori che desiderano rafforzare questa consapevolezza, senza dedicare necessariamente tanto tempo alla meditazione: ogni occasione, infatti, è buona per praticare la mindfulness e sviluppare quell’atteggiamento che consente di vivere il quotidiano con serenità, lucidità ed equilibrio.Uno strumento utile per affrontare quelle situazioni che sembrano sfuggire al controllo, come i capricci dei bambini piccoli, gli attriti con i figli più grandi, le difficili relazioni in famiglia, e ritrovare la pace e lo stato di grazia nel quale si sente di non avere bisogno di un motivo per essere felici.Un libro scorrevole e di facile lettura, che suggerisce esercizi da fare da soli o con i bambini, per godere appieno degli innumerevoli benefici che questa pratica riesce a dare. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Claudia Porta è autrice, blogger e insegnante di yoga e di meditazione. Dal 2007 vive in Provenza e cura il blog lacasanellaprateria.com. Organizza anche corsi di yoga e meditazione guidate.