capitolo ii

Voce di mamma,
culla e carezza prima della nascita

E finalmente la voce. La voce materna che segna per sempre col suo marchio il bambino. Egli la conosce, questa voce, molto prima di vedere la luce. È come tessuto sul suo ordito, sulle sue sfumature, le sue inflessioni, i suoi umori.

Frédérick Leboyer

È un bambino minuscolo, nascosto nel grembo materno da una manciata di settimane, tanto piccolo che potrebbe stare in una mano, ma già sente, percepisce quella voce, unica e speciale, che sarà a lungo la sua preferita al mondo: la voce della mamma. La sua mamma. Che con le parole lo abbraccia, lo culla, lo fa sentire amato, ancor prima di nascere.


Grazie agli studi compiuti negli ultimi decenni a proposito della vita prenatale, oggi disponiamo di numerose informazioni sullo sviluppo del bambino nei nove mesi dell’attesa.


Sappiamo che l’udito è uno dei sensi che matura più rapidamente e che alla nascita tutti i bimbi conoscono già molto bene la voce della loro mamma. La scienza conferma quello che le madri già sanno e sempre hanno saputo: il dialogo d’amore con il loro bambino comincia ben prima della nascita!


Nel grembo materno il bimbo ascolta, distingue suoni e voci, risponde agli stimoli sonori, conosce e ricorda.


La voce della mamma lo raggiunge dall’interno ed è per lui carezza e abbraccio, e dall’esterno ed è per lui parola, canto, melodia.


Ecco perché la consuetudine di parlare con il nostro bambino, raccontare, cantare o leggere per lui, durante l’attesa, è tanto preziosa.


Questo dialogo nascente aiuta la donna a prendere piena coscienza che c’è un bimbo in arrivo, facendogli spazio nella propria vita e nella propria quotidianità e fa sì che entrambi, mamma e bimbo, imparino a conoscersi giorno dopo giorno, sempre di più e sempre meglio.


Abbiamo detto, e dopo lo vedremo meglio riferendoci ai risultati di alcuni studi particolarmente interessanti, che ogni bambino riconosce già prima di nascere la voce della propria mamma. Ed è quella voce che lo accompagna e lo incoraggia nel momento impegnativo della nascita, quando deve lasciare il suo caldo rifugio e tutto ciò che conosce, per lanciarsi verso il nuovo, facendo il suo ingresso in un mondo dove tutto è diverso e sconosciuto. Tutto, tranne lei. La mamma. Il battito del suo cuore, il profumo del suo seno e… la sua voce. Che sollievo per il neonato ritrovare quella voce! Le parole della mamma rassicurano, tranquillizzano, fanno sentire bene. La sua voce diventa porto sicuro, promessa di stabilità e benessere, simbolo della continuità tra il prima e il dopo, tra il grembo materno e il mondo. Un mondo privo di confini, fatto di luce intensa e rumori forti, dove è normale sentirsi un po’ smarriti, se non fosse per quella voce che ci dice: “Va tutto bene. La mamma è qui”.

Lo sviluppo dell’udito nell’attesa

L’udito è uno dei sensi che si sviluppa più rapidamente e che alla nascita del bambino è già perfettamente funzionante.

Per quanto riguarda l’apparato uditivo: la coclea, ovvero la spirale ossea a forma di chiocciola, che troviamo nell’orecchio interno e che trasmette gli stimoli acustici al cervello, è già formata all’ottava settimana di gravidanza. E i recettori acustici cominciano a differenziarsi intorno alla decima settimana27.


A sedici settimane, il bimbo nel grembo materno reagisce agli stimoli sonori (con un’intensità tra i 250 e i 500 Hz). Le alterazioni del battito cardiaco e dell’attività motoria con cui il piccolo risponde a suoni e voci, ci dicono che può sentirci già al quarto mese dell’attesa! Ma secondo il medico francese Alfred Tomatis, la percezione uditiva è una caratteristica addirittura precedente e “l’embrio-feto è concepito per ascoltare”28.


Uno studio italiano sull’esposizione auditiva fetale29, sottolinea che la maturazione uditiva si compie in modo tale che i primi suoni udibili dal bimbo siano proprio quelli che, per le loro frequenze, corrispondono alle voci umane.


Tra le 24 e le 28 settimane di gestazione lo sviluppo di questo senso è completo, il bimbo distingue stimoli con caratteristiche sonore diverse e compare la risposta di ‘habituation30. In pratica il bimbo che è stato esposto ripetutamente allo stesso stimolo sonoro, dopo un certo periodo di tempo si abitua e reagisce con un’intensità minore al ripresentarsi del suono ormai noto. Una caratteristica che testimonia un’altra competenza del bambino prenatale, ovvero la sua capacità di ricordare, la cosiddetta memoria fetale.


Non solo. Secondo gli studiosi, gli elementi base del linguaggio vengono appresi prima della nascita, tramite l’esposizione sonora del piccino nel pancione. Un ruolo fondamentale, in questo, spetta proprio alla voce materna, come ben spiega Tomatis: “per l’evoluzione del feto verso le strutture linguistiche postnatali, la voce della madre ci sembra tanto indispensabile quanto la luce può esserlo per l’avvio delle funzioni visive”31.

Uno studio ha rivelato che il pianto dei piccoli prematuri venuti alla luce alla ventisettesima settimana di gravidanza contiene le caratteristiche vocali specifiche della voce materna. E si è visto che, nelle prime ore successive alla nascita, l’attenzione dei neonati si rivolge a chi parla la lingua dei genitori, mentre non è attirata da frasi ed espressioni pronunciate in un’altra lingua.

Grembo materno ‘universo sonoro’

Abbiamo visto che l’udito del bebè si sviluppa precocemente nel grembo della mamma. E proprio il grembo materno è una fonte continua di stimoli sonori di varia intensità. A cominciare dal battito del cuore della mamma che fa compagnia a ogni bambino sin dai primi istanti di vita prenatale ed è il suono preferito dopo la nascita. Poi naturalmente ci sono le voci, in primis quella della madre che raggiunge il piccolo anche dall’interno e, attraverso la vibrazione diaframmatica, massaggia, avvolge, abbraccia il corpo del bimbo, stimolandone tutti i sensi; a seguire la voce del papà e di eventuali fratellini e sorelline maggiori che il bebè ha modo di ascoltare tutti i giorni. E ancora, ci sono i rumori ‘interni’, come il respiro e i brontolii dello stomaco materno e quelli esterni che giungono al bimbo leggermente attutiti dal liquido amniotico32.


Vista la ricchezza di suoni, voci e rumori che raggiungono il bebè, Tomatis definisce il grembo materno un vero e proprio ‘universo sonoro’33. E in questo universo sonoro, il bimbo “non si limita ad accogliere passivamente i suoni. Acquisisce e codifica informazioni, registra messaggi, analizza situazioni, dialoga con la madre”34.


Un altro studioso, Edwin E. Gordon35, sottolinea la natura sonora della relazione tra madre e bambino, nell’attesa e nei primi tempi successivi alla nascita. Secondo Gordon il bambino nei primi anni di vita è spontaneamente incline a comunicare secondo modalità vicine al linguaggio musicale. “Un’innata vicinanza al linguaggio musicale – scrive lo studioso – senz’altro riconducibile al ruolo che proprio il suono riveste nella relazione fra mamma e bambino durante la vita prenatale. Questa, infatti, è caratterizzata, per tutta la sua durata, dalla presenza di vibrazioni sonore che risuonano nel corpo materno. Nel liquido amniotico, i suoni che la mamma emette volontariamente, parlando o cantando, e quelli prodotti dal corpo (battito cardiaco, respirazione rumori viscerali, ecc.) risuonano e arrivano al bambino che, prima ancora di ascoltare con l’orecchio, percepisce sulla propria pelle, come una sorta di massaggio, le vibrazioni sonore trasmesse proprio dal liquido amniotico. Fin dai primi momenti, quindi, il suono è un mezzo privilegiato di relazione con la madre”.


E anche dopo la nascita, la comunicazione tra la mamma e il suo bambino ha, secondo Gordon, caratteristiche sonoro-musicali: “la madre, nel dialogo intimo vis à vis col neonato, quasi a garantire continuità con il bagno sonoro della vita prenatale, accompagna le proprie espressioni facciali con vocalizzazioni di suoni, piccole melodie, ritmi e saliscendi di intonazione (…)”36.

Una favola indimenticabile…

Subito dopo la nascita, il bebè ha le idee chiare per quanto riguarda le sue preferenze sonore. Si è visto infatti che il suono preferito in assoluto dal neonato è il battito del cuore materno che – tra l’altro – è in grado distinguere da quello di altre mamme37.


Familiare e amata è anche la voce materna che il bebè mostra di riconoscere sin dalle prime ore successive alla nascita e che preferisce a tutte le altre voci femminili.


Ma c’è di più. Uno studio sperimentale di Anthony De Casper ha dimostrato che il neonato riconosce la favola che la mamma gli ha raccontato ogni giorno nelle ultime settimane dell’attesa. Le madri che hanno partecipato all’interessante esperimento hanno raccontato la stessa favola, tutti i giorni (per dieci minuti al giorno) nel terzo trimestre di gravidanza. Dopo la nascita i loro bambini riconoscevano la ‘loro’ favola e la distinguevano da un’altra che non avevano mai sentito38.

Esperimenti simili hanno dimostrato che i neonati riconoscono un brano musicale ascoltato regolarmente nell’ultimo trimestre dell’attesa. Quando il bimbo è ancora nel pancione, si è visto che la risposta allo stimolo conosciuto consiste in un aumento dell’attività motoria (il piccolo scalcia e si agita nel grembo della mamma), mentre dopo la nascita la melodia ha un effetto calmante e, se stava piangendo, il bebè si tranquillizza velocemente.


Ancora una volta la scienza conferma qualcosa che molte madri e molti padri hanno imparato dall’esperienza: una ninnananna, una melodia, una filastrocca che hanno accompagnato il periodo dell’attesa, dopo la nascita richiamano l’attenzione del bambino (che sembra proprio si concentri ad ascoltare) in modo speciale!

Il bimbo sa se la mamma parla con lui

Il bambino nel pancione sa quando la mamma sta parlando con lui. È una conclusione decisamente significativa quella a cui è giunta la ricerca condotta dall’Istituto di Psicologia Clinica dell’Università degli Studi di Brescia39 che ha preso in considerazione gli effetti della stimolazione linguistica ricevuta dal bambino a partire dal sesto mese di gravidanza e ha dimostrato che il bebè non soltanto riconosce la voce materna, ma distingue le situazioni in cui la madre si sta rivolgendo a lui.

Obiettivo della ricerca, pubblicata sulla rivista “Imago”, era di dimostrare che l’esposizione auditiva fetale, e in particolare l’esposizione alla voce materna, incida positivamente sullo sviluppo delle capacità comunicative e linguistiche del bambino. Per verificare questa tesi, i ricercatori hanno coinvolto più di duecento future mamme le quali, compilando dei questionari mirati, hanno descritto l’esposizione sonora del loro bambino, distinguendo tra rumori e suoni generali (rumori nell’ambiente, radio, televisione, ecc.), esposizione musicale (melodie e canto materno) e infine la comunicazione intenzionale, ovvero frasi, racconti ed espressioni rivolti al bimbo.


L’osservazione del campione di bimbi coinvolti, 10 e 18 mesi dopo la nascita, ha mostrato che la variabile comunicazione intenzionale è collegata con uno sviluppo precoce delle capacità linguistiche: in pratica i bambini a cui le mamme hanno parlato di più e più spesso nell’ultimo trimestre della gravidanza, disponevano di un vocabolario più ricco rispetto ai coetanei.


Al di là dei benefici cognitivi per il bebè, credo sia molto interessante scoprire che il bimbo non solo conosce la voce della madre, ma comprende quando lei sta parlando con lui!


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Un dialogo d’amore

La mamma nativa americana, appena scopre di essere incinta, inizia a raccontare storie al bambino dentro al suo grembo e canta per lui. A volte il papà usa un sonaglio o un tamburo per accompagnare la narrazione, nella consapevolezza che il suono e la musica aiutano l’embrione a crescere.

Elena Balsamo

È bello pensare che il bimbo che sta crescendo nel segreto del nostro grembo ci ascolta, si emoziona ed è felice quando sente la nostra voce. Non è mai troppo presto per parlare un po’ con lui. È il nostro bambino e si nutre delle nostre parole, dell’intonazione affettuosa della nostra voce. Non comprende il significato delle singole espressioni, ma percepisce chiaramente l’amore che risuona in esse. “Il bambino assorbe tutta la sostanza affettiva di questa voce che parla, ne è impregnato”, ha scritto il professor Concetto Campo40. Quando la mamma parla con il suo piccino, magari accarezzando la pancia che cresce, il bimbo risponde con il suo tipico linguaggio fatto di calcetti e capriole. Se la mamma lo chiama, la sua attenzione è catturata da quella voce che gli è nota e cara.


La pediatra Elena Balsamo indica, tra i desideri del bambino che cresce nel grembo della mamma, quello di poter ascoltare la voce materna: “Parlami! Non sono troppo piccolo per capire. Raccontami le tue gioie e le tue pene. Spiegami in ogni momento che cosa sta succedendo (…) Mostrami la bellezza del mondo, canta per me le più dolci canzoni, raccontami una storia perché io possa sognare”41.

E la donna, parlando con il suo piccino, lo sente più reale, comincia a conoscerlo e farsi un’idea del suo temperamento (È un bimbo tranquillo e quieto, oppure vivace e sempre in movimento? Dorme a lungo o fa solo brevi sonnellini?) e impara a interpretare le sue reazioni (Cosa gli piace e cosa invece lo disturba? Quali musiche, suoni, situazioni lo tranquillizzano e quali lo fanno agitare?). In una parola, comincia a fare la mamma.


Il dialogo tra madre e bambino, un dialogo unico e caratteristico, fatto di voce, carezze, tocchi e capriole, è una forma di comunicazione, ma ancor prima è uno scambio affettivo: il loro legame è intenso e potente, la loro conoscenza ogni giorno più profonda. Quando il bimbo viene alla luce, madre e figlio possono aggiungere alla conoscenza che hanno l’uno dell’altra le informazioni dettate dalla vista: per la prima volta i loro sguardi si cercano e si incontrano. Ma quello che sapevano già, la relazione coltivata nei nove mesi, fa sì che il loro non sia un primo incontro, bensì un ritrovarsi, e se la modalità di stare insieme d’ora in poi sarà diversa, il legame tra loro non è nuovo. A guidarli è un amore che non nasce in quel momento, è un amore che arriva da lontano, spesso precedente all’inizio della gravidanza stessa.

Leggere al bimbo nel pancione

La lettura coinvolge mente e cuore. Due merci sempre più rare.

Carlos Ruiz Zafòn


La voce rappresenta uno strumento privilegiato di relazione: parlando con il suo bimbo, leggendo o cantando per lui, la mamma nutre e rinforza il loro legame. E dopo la nascita, le parole della mamma rassicurano, calmano, coccolano, in un dialogo d’amore che ha preso il via già durante l’attesa.


Per molte donne parlare con il bimbo che cresce nel pancione è qualcosa di naturale, una costante nel corso della giornata. Una frase affettuosa. Una risposta ai suoi calcetti. Una ninnananna sussurrata prima di dormire. Un ricordo condiviso o un pensiero espresso ad alta voce. Un racconto, magari proprio quella fiaba che ci narravano la nostra mamma o il nostro papà, quando eravamo piccole.


Ricordiamo che quando si parla di comunicazione prenatale, non si intende che la donna debba ‘forzarsi’per parlare al piccolo o che debba farlo con una frequenza prestabilita. Ogni donna è diversa e deve trovare il suo modo di relazionarsi con il proprio piccino, prima e dopo la nascita. Non ci sono ricette preconfezionate che vanno bene per tutti!


In generale, però, possiamo dire che anche per quelle future mamme cui magari non viene spontaneo rivolgersi al bimbo nel pancione, la lettura ad alta voce può rappresentare una preziosa alleata.


Per le donne che amano leggere, sarà un modo per condividere una passione con il proprio bambino. Per chi invece non era solita dedicare del tempo ai libri, potrà essere una piacevole scoperta o riscoperta.


  • Un momento di relax per due

Nella società di oggi, caratterizzata da ritmi spesso frenetici (troppo frenetici!), è diventato difficile anche per le future mamme ritagliarsi dei momenti di pausa da dedicare a se stesse e al proprio benessere psicofisico. La proposta di leggere qualche pagina per il proprio bambino va proprio in questa direzione, offre infatti l’opportunità di trovare nel corso della giornata uno spazio e un tempo in cui ‘rallentare’, liberare la mente da pensieri e preoccupazioni, rilassarsi. Il piacere della lettura, il benessere assicurato da questa attività si trasmette dalla futura mamma al bambino che è partecipe delle sue emozioni positive ed è contento di poter ascoltare la voce materna. Insomma, quella che si crea è una situazione di intenso benessere per entrambi.


Durante la lettura la madre si concentra sul bambino, si concede del tempo per fantasticare e immaginarlo, è pronta a cogliere i movimenti con cui risponde alla sua voce. E se calcetti e capriole pian piano cessano, sa che la storia lo ha cullato fino a farlo addormentare.

  • Un’abitudine da coltivare

Si è visto che le mamme che hanno sperimentato la pratica della lettura ad alta voce durante la gravidanza portano avanti con maggior facilità e costanza questa abitudine anche dopo la nascita. Leggendo al bebè nel pancione, la futura mamma, oltre a sperimentare un’attività piacevole in sé, ha l’occasione per prepararsi al dopo, quando porterà avanti questa bella consuetudine con il suo bambino. Scrivono Rita Valentino Merletti e Bruno Tognolini: “I mesi dell’attesa possono servire a ‘scaldare’ la voce, a mandarla alla ricerca delle parole adatte. Parole di una mammalingua che tutti, da adulti, dovremmo imparare da capo, per fare bella la voce e rasserenare i pensieri. Parole che stanno nella memoria del cuore e sanno di gioco, di tenerezza e di solletico. Parole melodiose che si fondono nell’armonia di dolci ninne-nanne”42.

  • La voce del papà

Se la voce della mamma raggiunge il bimbo dall’interno e dall’esterno e diventa ben presto il suono più amato e desiderato, la voce del papà è ugualmente destinata a conquistarsi le preferenze del piccino che cresce nel pancione.


Se il futuro papà dedica un po’ di tempo alle coccole prenatali, accarezzando il pancione e parlando al suo bambino, getta le basi di un’intesa e di una conoscenza destinate a crescere e rafforzarsi nel tempo. La proposta di leggere al pancione è quindi rivolta anche a loro, ai padri che in questo modo hanno l’opportunità e la gioia di fare qualcosa di piacevole per e con il loro bimbo. E mentre la voce del papà culla il suo piccolino, entrambi si allenano in vista delle future letture, quando trascorreranno ore felici in compagnia di un libro.

Quali libri nell’attesa?

Un libro è un giardino che puoi custodire in tasca.

Proverbio arabo


Quali libri leggere al bambino nel pancione? La futura mamma potrà scegliere qualche brano tratto da un romanzo che ama particolarmente, la sua poesia preferita, una fiaba che l’ha accompagnata negli anni dell’infanzia. Condividere questa lettura con il bimbo sarà un modo per accoglierlo nel suo mondo e raccontargli qualcosa di sé e della sua storia.


Oppure, questa pratica potrà essere l’occasione per iniziare un nuovo romanzo o ancora, per approfondire qualche aspetto della maternità leggendo un bel testo che parli di nascita e accudimento o un manuale dedicato all’allattamento o alla nanna del bambino.


Anche i libri per l’infanzia possono rappresentare una piacevole lettura: ci sono volumi illustrati per i piccolissimi, molto belli e poetici.


Le raccolte di filastrocche, ninnenanne e canzoncine, contengono testi, che – grazie alla ripetizione, il ritmo lento, la cantilena – risultano molto graditi ai bimbi: leggendoli già nell’attesa, la futura mamma può individuare le rime che preferisce e magari ritrovare qualche filastrocca che non sapeva più di ricordare, e che dopo la nascita potrà recitare al suo bambino.

Leggere: come, dove, quando

Perché l’appuntamento con la lettura sia effettivamente un’occasione di relax, è importante creare un’‘atmosfera’ che permetta alla futura mamma di assaporare pienamente questo momento piacevole.


Il suggerimento è quello di scegliere un luogo tranquillo, organizzando una ‘postazione’ comoda, sfruttando il divano, la poltrona, o il letto, per potersi rilassare. Se possibile, l’ideale sarebbe eliminare eventuali fonti di distrazione (radio, televisione, ecc.), creando un ambiente silenzioso che favorisca la comunicazione tra mamma e bebè. Per chi lo gradisce, un sottofondo musicale potrà contribuire al benessere della futura mamma e, di conseguenza, anche del bambino.


Per quanto riguarda la frequenza con cui dedicarsi a questa pratica, naturalmente non ci sono regole (la lettura condivisa con il bimbo deve essere un piacere, non un’imposizione o uno sforzo!).


Per alcune future mamme potrà diventare un appuntamento quotidiano, una preziosa oasi di serenità, dove incontrare il proprio bambino senza altri pensieri, impegni o preoccupazioni. Per altre invece potrà rappresentare un appuntamento speciale a cui dedicarsi quando si sente che è il momento giusto.

VOCI DI MAMME E PAPÀ

Leggevo per la mia bambina già in gravidanza, soprattutto le mie filastrocche preferite e quelle nel mio dialetto. Quando Nausicaa si muoveva nel pancione, se io recitavo le due filastrocche e la canzone che ripetevo più di frequente, si fermava. Ma non era una quiete passiva come quando dormiva, era come tesa ad ascoltare. Quando la filastrocca giungeva al termine cominciava ad agitarsi, ma se io ripetevo le rime, si quietava di nuovo. Tutto lo scambio durava pochissimo, un paio di minuti al massimo, però nell’ultimo mese e mezzo dell’attesa è successo spesso.


Nelle prime due o tre settimane dopo la nascita ho avuto l’impressione che riconoscesse le filastrocche della gravidanza: me ne accorgevo perché quando le sentiva cambiava proprio il tipo di attenzione e di tono muscolare. Cercava subito il contatto visivo e si metteva in ascolto. Avete presente il tipo di tensione che si vede anche negli adulti quando sono intenti ad ascoltare? Proprio quello. Se era nella fascia mi ricordava tantissimo le reazioni che aveva nella pancia. Con le filastrocche nuove non lo faceva: iniziava a seguirle allo stesso modo solo dopo che le avevo ripetute molte volte e, a quel punto, il collegamento con la gravidanza si è perso.

Elisa, mamma di Nausicaa, un anno


Quando ero incinta leggevo ad alta voce la storia di una bambina che nasce da un fiore, Lian di Chen Jiang Hong.

Ilaria, mamma di Filippo, 14 mesi


Io leggo per Stefanino da quando era nella pancia. La sera con Papi Luca gli parlavamo, tenendo la mano sulla mia pancia e accarezzandolo. Ho anche seguito il percorso musicale del Grembo Armonico che ci ha offerto degli ottimi spunti.

Giulia, mamma di Stefano, 5 mesi


Io ho sempre letto alla mia pupetta e, ora che è arrivato il fratellino, leggiamo tutti insieme! Ad entrambi leggevo fin da quando erano nel pancione, e loro smettevano di scalciare… Il potere della voce di mamma!

Daniela, mamma di Anna, 4 anni, e Luca, 10 mesi


Leggevo a Xeni già nel pancione, in particolare una storia riadattata da una leggenda cinese che, dopo la nascita, mi è parso che lei riconoscesse.


Il libro era Il segreto di un nome, si tratta di un testo per insegnare gli ideogrammi cinesi ai bimbi, ma è carina anche la storia a prescindere dallo scopo didattico (che arriverà dopo). Anzi, è una storia nella storia: alla piccola cinesina Fior di Zucchina non piace il suo nome e il giorno del suo ottavo compleanno, non vuole nessun regalo, solo un nome nuovo. Arriva nonno Millebocche con il suo regalo che non è un oggetto ma un racconto. Intrattiene la famiglia con una leggenda cinese che narra di un cavaliere inquieto, Drago della Notte, che cerca una sposa degna e non accetta nessuna di quelle proposte dalla sorella, finché un indovino gli predice che sposerà la figlia di un fioraio… In questa storia compaiono una serie di nomi femminili (Profumo di Bosco, Luna d’Autunno e altri), e alla fine Fior di Zucchina può scegliere il suo nome.

Silvia, mamma di Xeni, 3 anni, e in attesa del suo secondo bimbo


Ricordo un evento molto ‘forte’, a un paio di ore dalla nascita di Nausicaa. Nell’attesa il babbo le cantava sempre una ninnananna di Bruce Springsteen mettendosi vicino al pancione.


Dopo il parto, rientrati in camera dopo la poppata, mi metto a preparare il letto per la notte e la appoggio un po’ nella culla. Lei si mette a piangere, il babbo la prende in braccio e comincia a cantarle quella ninnananna… Lei si è zittita all’istante!


Mio marito la guardava con gli occhi sbarrati, poi si è voltato verso di me e mi ha detto: “Mi ha riconosciuto!”


“Eh?!”

“Ma sì! Quando ho cominciato a cantare mi ha guardato con una faccia che aveva scritto in fronte: ma allora eri tu!”


Io ho avuto un groppo allo stomaco e lui i lucciconi. Lo so che quello che sto raccontando può sembrare una follia o un vaneggiamento. Però a noi sembrava proprio che dicesse: “Ehi, forte questo! Me lo ricordo da quando ero piccola!”

Elisa e Alessandro, mamma e papà di Nausicaa, un anno


Ero partita con le migliori intenzioni… ma mi sono persa strada facendo. Durante l’attesa avevo letto che leggere ad alta voce una breve storiella o ripetere qualche filastrocca avrebbe creato un miglior contatto col nascituro. Ho cercato e ricercato qualcosa di adatto, qualcosa che mi attirasse, ma non ho trovato niente. Ogni tanto cantavo qualche canzoncina, senza troppa convinzione. Pare che certe canzoni siano più adatte di altre e che un certo tipo di musica agiti il bambino invece di rassicurarlo, così non riuscivo ad assecondare me e le mie sensazioni, i miei gusti. E forse anche quelli di mio figlio.


Nel momento in cui l’ho avuto fra le braccia, questo ‘blocco emotivo’ è proseguito per qualche giorno. Finché una sera, durante il bagnetto, mia sorella non comincia a intonare una canzoncina nella speranza che Nicolò si calmi. Improvvisamente mi tornano in mente i momenti in cui, da piccole, ci divertivamo a canticchiare La Tartaruga di Bruno Lauzi con la r moscia per imitare un nostro amico. Incredibile ma vero: Nicolò smette di piangere e ci osserva a metà tra l’incuriosito e il divertito. Da quel giorno questa è la nostra canzone jolly! Naturalmente mi sono fiondata a recuperare la versione cartonata e corredata di CD… ma mio figlio continua a preferire la mia!

Loretta, mamma di Nicolò, 6 mesi


La ninnananna del chicco di caffè è stata la canzone prescelta da cantare a Letizia mentre era nel pancione. La sera, prima di dormire, Gabriele si accoccolava a letto con me, metteva la guancia vicino alla pancia e le cantavamo la ninnananna. Sentivo che effettivamente gradiva e (so che è difficile da crederci) sentivo la testolina della bimba muoversi verso il ‘fuori’ della pancia! Ancora adesso, qualsiasi cosa succeda, quella canzone è molto particolare per lei, la calma all’istante!

Stefania, mamma di Gabriele, 5 anni, Letizia, un anno

CONSIGLI DI LETTURA

  • Imbasciati A., Manfredi P., Il feto ci ascolta… e impara. Genitorialità, transgenerazionalità e ricerca sperimentale, Boria, 2004

  • Righetti P.L., Elementi di psicologia prenatale, Ma.Gi., 2003

  • Tomatis A.A., La notte uterina. La vita prima della nascita e il suo universo sonoro, Red Edizioni, 2009

  • Tomatis A.A., Nove mesi in paradiso. Storie della vita prenatale, Ibis, 2007

Me lo leggi?
Me lo leggi?
Giorgia Cozza
Racconti, fiabe e filastrocche per un dialogo d’amore con il nostro bambino.Idee e suggerimenti per favorire la pratica della lettura condivisa, strumento prezioso per rafforzare il legame con il bambino nei primi anni di vita. La voce della mamma è capace di produrre effetti significativi già durante la gravidanza: il bambino nella pancia si sviluppa immerso nel liquido, ma anche nei suoni, che dopo la nascita sono fortemente ricercati. La parola che diventa voce è la base della comunicazione e della relazione umana, e per il bambino rappresenta un’esperienza che dà ordine e senso alla realtà. Leggere è anche il migliore antidoto alla televisione, principale fonte di “comunicazione” passiva e unidirezionale della nostra epoca. Me lo leggi? parla di fiabe, filastrocche, storie e leggende, lette e rilette migliaia di volte o inventate sul momento, raccontate, intonate, sognate, cantate, con la voce e con il cuore per narrare a nostro figlio la storia più importante, quella del nostro amore per lui. Gli articoli scientifici, i pareri degli esperti (psicologi, pediatri, pedagogisti) e i tantissimi suggerimenti pratici proposti da Giorgia Cozza rispondono a tutti quegli interrogativi che spesso i futuri e i neo-genitori si pongono: cosa sente il bimbo nel pancione? perché è importante leggere e raccontare storie sin dai primi mesi di vita? possiamo favorire l’amore per la lettura in età scolare? Le coppie di genitori intervistati raccontano l’importanza che le storie e i racconti hanno avuto nella crescita serena e felice dei propri figli, perché quando un papà o una mamma legge o racconta, quella che si crea è una situazione di intenso benessere: il bambino, infatti, non assapora solo la storia narrata, ma anche l’attenzione esclusiva che in quei frangenti gli riserva il genitore.Inoltre, le fiabe e i racconti lo aiutano a comprendere meglio la realtà che lo circonda e i suoi stessi sentimenti, le sue emozioni e le sue paure. Questi momenti di lettura e di racconto non dovrebbero avere alcuno scopo didattico, ma semplicemente quello di vivere momenti felici insieme con i nostri figli e di tessere legami forti con loro.La lettura condivisa è parte integrante di uno stile di accudimento basato sul contatto e sulla prossimità, in grado di favorire serenità e sicurezza nei complessi e delicati primi anni di vita. Una ricca raccolta di filastrocche e ninne-nanne rende questo libro uno strumento ancor più completo e prezioso per tutti i genitori per mettere a fuoco importanti concetti che riguardano la relazione con il bambino, il suo sviluppo emotivo e cognitivo, la costruzione della sua personalità e di conseguenza del suo futuro. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.