capitolo xi

Voci di esperti

Gravidanza, leggere oltre le parole

Parlagli. È il consiglio che m’ha dato il mio “strano” ginecologo dopo che l’ecografia aveva rilevato che il mio bimbo alla 37sima settimana si era girato di nuovo…

E oggi al tracciato lui era a testa in giù, non si sa come diamine si sia mosso perché ha anche cambiato dorso. Se solo le mamme conoscessero il potere di comunicazione che hanno con le loro pance…

Veronica

Aspettare un bambino: un meraviglioso viaggio verso l’ignoto, un cammino verso l’amore incondizionato per la propria creatura, un percorso lungo una vita e pieno di sorprese.


Durante la gravidanza il bambino e la madre hanno un’occasione privilegiata di scambio, di nutrimento, ma anche di condivisione emotiva.

Molte mamme sentono l’esigenza di comunicare coi propri bambini già in gravidanza e hanno chiare intuizioni di uno scambio di sensazioni con loro, intuizioni non spiegabili razionalmente ma ben percepibili. In effetti, a livello fisiologico le ricerche scientifiche ci confermano che fra mamma e bimbo esistono scambi ormonali importantissimi e che il feto, a partire dalla venticinquesima settimana di gestazione, percepisce varie sensazioni uditive che gli giungono sia dall’interno dell’organismo materno sia dell’esterno. I piccoli feti hanno capacità percettive incredibili e il rapporto madre-figlio in utero fin dall’inizio della gravidanza non è solo espressione di un legame biologico ma anche affettivo172. Considerare questi due aspetti legati in maniera indissolubile significa dare alla madre e al bambino un’identità completa fin dai primi mesi di gestazione e coltivare una relazione che si instaura fra loro già durante il periodo dell’attesa.

Ecco che in questo contesto leggere libri, filastrocche, cantare ad alta voce ai bimbi in pancia rappresenta un’occasione privilegiata per trovare tempo e spazio condiviso. In una società come la nostra in cui si va sempre di fretta, dove le donne lavorano spesso fino all’ultimo mese di gravidanza, non è così facile ritagliarsi momenti di tranquillità in cui dare spazio alle ali della fantasia cercando di comunicare con la creatura che si porta in grembo. Un semplice libro diventa quindi un mezzo prezioso per fermarsi qualche momento, rilassarsi un po’ e unire mamma e bimbo attraverso la voce materna. Voce che è resa ritmica e più facilmente percepibile in utero dalla cadenza della lettura o del canto. Al bimbo arriveranno anche le sensazioni più profonde che la mamma prova durante la lettura: gioia, divertimento, serenità, emozioni. Certo non potrà comprendere le parole o il senso del discorso ma queste sono cose ‘da grandi’!


Tutto questo spiega la familiarità che hanno i bambini con la voce della madre fin dalla nascita e la loro capacità di rispondere e relazionarsi con lei attraverso i primi suoni che riescono ad emettere. Altri studi provano che anche la voce del padre viene riconosciuta fin da subito, anche se ovviamente questa arriverà al bimbo in utero solo dall’esterno. Ecco quindi che madre e padre possono leggere insieme al bambino già in utero, ‘allenandosi’ per i tempi che verranno quando magari un bel libro accompagnerà il sonno dell’intera famiglia.


Non ho voluto parlare della lettura ad alta voce come tecnica di relazione con i bimbi in utero, in quanto non esistono metodi e miracoli tecnici capaci di sostituire l’amore. Ogni mamma e ogni papà sanno fin da subito che tutto ciò che faranno con amore incondizionato e libero da pregiudizi – ma pieno di ‘linguaggio dei cuori’ – li aiuterà nel diventare un genitore sensibile e attento. I bambini adorano ascoltare le storie dei grandi, prendiamo esempio da loro e proviamo ad ascoltarli quando cercheranno di comunicare con noi a loro modo.


Infine, ricordiamo che in un atto comunicativo la comunicazione non verbale riveste sempre un’importanza nettamente superiore rispetto alle parole in sé e al loro significato linguistico. I bambini, già in utero, questo lo sanno e colgono ciò che di più profondo c’è nella mamma o nel papà che legge o racconta loro una storia: colgono l’amore e l’abbraccio che verranno.


Alessandra Bortolotti,

psicologa perinatale e autrice di E se poi prende il vizio?

“Signora, Luigi non è troppo piccolo per un libro”

Non tutti i pediatri parlano ai genitori della utilità di suggerire la lettura per lo sviluppo del loro bambino, ma dovrebbero farlo. I genitori, i nonni, tutti parlano al bambino fin dai primi giorni. Già allora il pediatra suggerirà ai genitori che parlare va benissimo, ma si possono raccontare filastrocche, cantare canzoncine. Se i giovani genitori non conoscono filastrocche il pediatra suggerirà di leggerle dai libri. Meglio leggerle dai libri che farle ascoltare dai Cd: la voce dei genitori è sempre la preferita. In questo modo il libro è già entrato in casa. Per fare entrare il libro per il bambino bisogna introdurre l’argomento. È facile perché i genitori sono affamati di informazioni: sull’alimentazione, sulla cacca, sull’abbigliamento, sul sonno, eccetera. Il pediatra nei primissimi mesi introdurrà l’argomento nel corso di una domanda che i genitori gli hanno fatto anche se non riguardo ai libri.


- Lo sapete, vero, che ci sono dei libri proprio per bambini piccoli come Luigi?

- Ma Luigi è molto piccolo; troppo per un libro.

- Certo ora è presto, ma quando starà seduto lo potete prendere in braccio e sarà bello guardare con lui un libro. Non con delle scritte, ma con delle figure.

- Ma Luigi riconosce le figure?

- Le riconosce e gli piacciono molto le facce; infatti appena può vi guarda in faccia. È la prima cosa che ha visto di voi quando lo avete guardato appena nato.


E spiegherà che ci sono dei libri fatti di facce che ridono, piangono, mangiano, dormono e così via. E glieli potrà mostrare. In Italia c’è un libro (Guarda che faccia) che è entrato nelle case di decine di migliaia di famiglie e che è piaciuto moltissimo a genitori e bambini. Il pediatra chiederà ai genitori di procurarselo, o lo avrà lui stesso, e quando i genitori torneranno chiederanno:

- Ma come faccio a leggere? Non ci sono parole.


In verità nel libro qualche parola c’è; ci sono i versi dei bambini: EH, IU-UU, UEH-UEH e così via, che certo ai genitori non bastano e allora:

- Direte quello che vedete: guarda un bambino che piange UEH-UEH o fa UFF, o che ride. E lo mostrerete con il dito.


E in ogni incontro successivo (proprio tutti, anche in quelli per telefono o per strada) il pediatra chiederà:

- E con il libro come va?


Lo farà regolarmente per sottolinearne l’importanza anche se qualche volta la mamma dirà:

- Non gli piace, si gira da una altra parte. Non riesco ad attrarre la sua attenzione; non vuole leggere.


In questi casi non è certo il caso di ‘forzarlo’. Ma il pediatra dovrà occuparsi di questo rifiuto per cercare di capire perché accade. Spesso sono i genitori che non hanno confidenza con i libri. Forse una lettura in biblioteca può aiutare questi genitori a vedere ‘come si fa’.


Superato l’anno di vita la lettura con il bambino più grande corre via leggera. Qualche volta c’è bisogno di qualche istruzione per i genitori che riguarda soprattutto lo stimolo al colloquio che nasce dal libro. Non potrà certo avviarsi un colloquio da immagini che il piccolo non conosce, come il famoso caterpillar o l’auto dei pompieri che il bambino non ha mai visto: meglio la tazza, o il gatto se c’è. E quindi indicandoglielo

- Cosa è questa?


E chiedendo di indicarla

- Dove è la tazza?


O, quando si tratta di animali o persone

- Ecco il gatto che cammina. Dove va? Tu dove andresti se fossi il gatto?

- E questo cos’è? Un leone?

- Tu hai visto un leone su un altro libro? I leoni veri sono lontani; forse un giorno li vedrai.


Quando sarà abbastanza grande aprite le pagine sulle figure, o lasciatele aprire a lui, e chiedete:

- Cosa sta succedendo? Racconta.


E prendete per buona la sua opinione se ha colto il senso oppure, partendo da questa, suggerite cautamente una opinione diversa su ciò che è rappresentato.

Alcune avvertenze per i genitori…

I giovani genitori hanno bisogno di alcune avvertenze. Spegnere la Tv quando si legge. Fare attenzione ai segnali del bambino e leggergli sulla faccia se significa ‘ancora’ o ‘basta’. I tempi di attenzione sono molto brevi. Le prime volte anche solo un minuto. Ci sono libri che non piacciono. Inutile insistere. Ci sono, invece, racconti che il bambino chiede di leggere, rileggere e rileggere. Occorre accontentarlo. In questo modo mette alla prova l’affidabilità del genitore e conferma la sua sicurezza che il libro amato non è stato cambiato durante la notte.

…e per i pediatri

Il pediatra deve fornirsi quindi di un modesto bagaglio di competenze in questo campo. Ma sono competenze che rendono il suo lavoro più piacevole, il rapporto con la famiglia e con il bambino più sicuro. Una madre ha descritto così il suo rapporto con un pediatra parlando di un pediatra che non c’è più.


Sono la mamma di Matteo. Il dottor Pasquale Causa era il pediatra di mio figlio. Lui mi incitava a leggere libri a Matteo, fin da quando era piccolissimo, da quando aveva tre mesi. Mi sembrava una cosa buffa, mi sentivo ridicola a farlo, ma per fiducia nei suoi confronti (e per timore perché lui chiedeva sempre se leggevo i libri al piccolo) ascoltavo il suo consiglio. Mio figlio ha cominciato a parlare presto e, sin da piccolo, ha avuto una proprietà di linguaggio invidiabile. Ogni giorno io resto senza parole ascoltandolo e spesso torno con il pensiero alle mille raccomandazioni che il dottor Causa mi faceva in merito alla importanza dei libri per i bambini sin dalla più tenera età. E spesso ringrazio il Signore di avere fatto sì che mio figlio fosse affidato a una persona così speciale.


Penso che ogni pediatra vorrebbe essere ricordato così.

PS. Esistono Guide che aiutano i pediatri nel compito di suggerire la lettura alle famiglie. Si possono trovare in queste due riviste:

“Quaderni ACP”. Numero 3 (maggio-giugno 2011), pp. 117-124. Reperibile gratuitamente online www.quaderniacp.it

“Medico e bambino”. Numero 3 (Marzo 2011), pp. 167-174.


Giancarlo Biasini,

Direttore di “Quaderni ACP”

Lettura condivisa, opportunità di crescita emotiva e affettiva

Quando un genitore apre un libro e inizia a leggere insieme al proprio figlio compie un’azione che veicola e racchiude significati psicologici profondi: costruisce uno spazio comune in cui sperimentare nuove conoscenze e nuove sensazioni, in cui consolidare la relazione, in cui scambiare contenuti affettivi significativi per entrambi.


Il bambino, alla nascita, è un essere completamente dipendente dall’esterno e durante la crescita acquisisce una serie di competenze (motorie, psicologiche e relazionali) che gli permettono di separarsi gradualmente dal genitore e costruire la propria indipendenza. All’interno di questo percorso il rapporto con la madre e con il padre funge da riferimento costante, oltre che da insegnamento. Il bambino apprende ogni azione grazie al supporto e alla presenza continua del genitore. Donald Winnicot, psicoanalista infantile degli anni ’50, sosteneva che “non esiste il bambino” perché dobbiamo sempre considerarlo in un contesto relazionale insieme con il genitore. Tutto ciò ci fa capire l’importanza del rapporto con i genitori, all’interno del quale, fin dai primi istanti di vita, si forma l’essere umano, e l’importanza delle esperienze infantili per la formazione della personalità dell’adulto.


C’è un esperimento classico in psicologia che fa capire il ruolo del genitore: il “finto precipizio” ideato da uno studioso di nome Emde. Un bimbo cammina carponi su una superficie che, in un punto, mostra una discontinuità visiva, un finto precipizio, appunto. Il bambino avanza fino a quando non si trova in prossimità del ‘precipizio’, interrompe la sua marcia e mostra segni di timore. A questo punto guarda la madre e, se legge sul suo viso un’espressione tranquilla, rassicurante o incoraggiante, prosegue superando l’ostacolo. Se la madre, su richiesta dello sperimentatore, mostra un atteggiamento apprensivo o contrariato, il bimbo reagirà esitando, assumendo un’espressione angosciata e mettendosi a piangere. Il bambino si serve dell’emozionalità della madre per regolare la propria ed è in grado di rilevare una discrepanza tra il proprio stato affettivo e l’emozione presente sul viso dell’altra persona.


I momenti trascorsi con il genitore diventano, dunque, spazi di costruzione della relazione e fortificano la personalità infantile, ecco perché la lettura condivisa rappresenta un momento di crescita per il piccolo. La comunicazione tra genitore e figlio viene favorita: mentre la mamma o il papà leggono possono nascere scambi di idee, domande, curiosità.


Inoltre la lettura condivisa costruisce e solidifica vari processi psicologici infantili, tra cui la capacità di ascoltare, di sapere restare in silenzio per accogliere il racconto dell’altro, e sappiamo bene che la società attuale lascia così poco spazio all’ascolto…


Naturalmente è fondamentale la qualità della lettura condivisa: non è consigliabile che il genitore legga in modo svogliato e sbrigativo, ma è opportuno che lo faccia con entusiasmo e in modo partecipato. Il bambino, infatti, fin dalla nascita, è in grado di recepire lo stato d’animo del genitore e le sfumature emotive del comportamento. La partecipazione affettiva è un presupposto indispensabile per creare uno spazio emotivo, un luogo psicologico in cui bambino e genitore provano emozioni insieme.


Nel racconto di una storia il bambino può sperimentare sensazioni già note e sensazioni fino a quel momento sconosciute: la gioia per un lieto fine, l’ansia per l’incertezza della sorte di un personaggio, la rabbia per un’ingiustizia, lo stupore per un evento inatteso… Quante volte i piccoli tempestano i genitori di domande sulla sorte di una principessa o sul motivo di un’azione di un personaggio! Ciò accade perché si identificano con i personaggi ed è come se vivessero in prima persona le loro esperienze. La lettura condivisa permette di vivere queste esperienze e queste identificazioni in un luogo sicuro. Sicuro perché protetto psicologicamente, grazie alla presenza del genitore che è pronto a spiegare contenuti angoscianti o difficili da elaborare. Questa è, infatti, una delle principali funzioni materne: il contenimento psicologico del proprio piccolo e la rassicurazione emotiva di fronte al pericolo e alle difficoltà. Facciamo un esempio. La mamma legge una storia in cui c’è un personaggio malvagio: il lupo. Il bambino, se prova timore e se è inserito in un clima di serenità e apertura relazionale, può esternare le sue ansie durante il racconto o alla fine della storia. Alla mamma verrà spontaneo rassicurarlo e spiegare, ad esempio, che i lupi vivono lontani e che, in caso di pericolo, ci sono i genitori pronti a proteggerlo. Con questa spiegazione veicola un concetto molto importante: esistono difficoltà e pericoli, ma i genitori ti proteggono.


In pratica le favole sono una metafora della vita e sono usate per far conoscere il mondo al piccolo in maniera delicata e adeguata alla sua età, infatti, praticamente tutte le storie per bambini hanno il lieto fine!


Inoltre, favole e racconti, soprattutto derivanti dalla saggezza popolare, veicolano spesso contenuti significativi e permettono di incontrare e conoscere temi da grandi, diventando un mezzo di apprendimento socio-culturale. Basta pensare a fiabe classiche come quella della sfortunata Biancaneve, oggetto di soprusi e ingiustizie, quasi a testimoniare le difficoltà che si possono incontrare nella vita, e la fiaba di Cenerentola in cui viene presentato il tema della rivalità tra sorelle. Molte altre storie anche più recenti permettono di entrare in contatto, spesso per la prima volta, con i grandi temi sociali.


Ecco quindi che il racconto e la lettura condivisa diventano mezzi per trasmettere contenuti altresì difficili da spiegare. Prendiamo ad esempio la storia del pesciolino Nemo che diventa un modo per spiegare il coraggio di chi ha una menomazione fisica (ricordate la sua pinna malata?).


Un altro esempio è quello del lutto. Ormai tutti gli psicologi infantili concordano sulla necessità di informare il bambino in merito agli eventi importanti che colpiscono la sua vita: attraverso la lettura condivisa di una storia adatta, vengono veicolati contenuti in forma comprensibile per il bambino e si creano spazi di confronto in cui si sentirà libero di porre domande all’adulto. Esistono anche libri creati per spiegare concetti difficili, come la separazione dei genitori, o per affrontare paure specifiche. Pensate che differenza fa il poter leggere questi libri insieme al genitore anziché leggerli da soli!


La lettura condivisa è quindi dal punto di vista psicologico uno spazio di crescita della relazione genitore-bambino, un luogo di crescita affettiva per il piccolo e uno strumento insostituibile per scambiare contenuti emotivi e così arricchire il ‘bagaglio psicologico’ necessario per la crescita.


Simona Caprilli,

psicologa e psicoterapeuta (AOU Meyer Firenze)

Il valore pedagogico della lettura condivisa

Sono convinta che la mia passione per la narrazione di storie abbia qualcosa a che fare con i vaghi ricordi che ho della mia infanzia. I miei genitori raccontano che a due anni raccontavo la storia di Remì. Nella mia mente affiora l’immagine di mio nonno che mi narrava la storia della “Sibrina d’ora” (alias ciabatta d’orata dal dialetto bergamasco).


Oggi la mia libreria di casa ha un reparto esclusivo di albi illustrati di cui sono molto gelosa.


Nel mio lavoro di educatrice e di pedagogista la lettura ha sempre avuto un ruolo privilegiato.


Tra i vantaggi della pratica di leggere ai bambini piccoli, due, a mio parere, sono i motivi fondamentali per i quali gli esperti di pedagogia sono a favore della lettura fin dalla tenera età:

  • la lettura facilita lo sviluppo delle condizioni e delle competenze necessarie per imparare a leggere,

  • la lettura sostiene la costruzione della relazione genitore-figlio.


Nel primo punto qualcuno potrebbe trovare un riferimento alla convinzione che se si legge ai bambini piccoli, essi avranno “dei punti in più” nell’apprendimento della lettura in età precoce. Ci sono anche autorevoli esperti degli anni ottanta che spiegano le tecniche per insegnare la lettura precoce. Personalmente credo che l’insegnamento della lettura, da un punto di vista strettamente didattico, debba essere compito di chi si occupa dei nostri bambini nella scuola primaria, e ha maturato competenze in tal senso. Non condivido l’idea che la lettura condivisa nei primi anni di vita sia trasformata in una tecnica di insegnamento della lettura.


Quando si parla di facilitazione si dovrebbero invece citare gli “effetti collaterali” che questa pratica può avere sul futuro dei bambini. Si può discutere allora dell’importanza fondamentale del far crescere nei bambini la curiosità verso quei segni neri che ci sono sulle pagine, facendo percepire la magia che hanno le parole.


E ora un accenno alla qualità dei libri: anche le parole hanno valore in un albo illustrato, anche se i bambini non le leggono ancora, ma le osservano: tante o poche, grandi o piccole. La punteggiatura e il tipo di carattere fanno anch’essi parte del linguaggio non verbale che dà senso alla storia che stiamo leggendo. Riconosciamo i libri di qualità anche dalla scrittura. Il suono delle parole ha un peso rilevante. Spesso mi sento dire che i bambini non capiscono le parole difficili, ma provate davanti all’immagine dei mostri di Nel paese dei mostri selvaggi a leggere «… ruggirono terribilmente, rotearono tremendamente gli occhi e mostrarono gli artigli orrendi», i bambini capiscono perfettamente il senso di quello che sta accadendo. I suoni onomatopeici sono il segreto del successo di un altro classico, L’uccellino fa, in cui l’autrice Soledad Bravi trasforma uno dei giochi più antichi, quello dei suoni del mondo, in uno straordinario albo illustrato che può essere letto già a pochi mesi. A questo proposito vorrei menzionare quei testi che fanno delle rime il loro punto forte. Ninna nanna ninna mamma di Antonella Abbatiello è per molti dei bambini e delle bambine che ho incontrato nel mio lavoro un gioco di anticipi durante la lettura.


Effetto collaterale della lettura condivisa dovrebbe, inoltre, essere il far percepire il piacere e il fascino della lettura. Leggete ai vostri bambini e alle vostre bambine libri che vi piacciono e non abbiate paura di sbagliare e di iniziare troppo presto. Le mamme, i papà e le nonne si stupiscono di come i bambini mantengano l’attenzione quando qualcuno legge loro per il piacere di farlo.


E ora vorrei arrivare al secondo punto, quello che riguarda la relazione. Esso costituisce, secondo la mia esperienza, il cuore della pratica della lettura condivisa. Il libro come strumento per costruire e rafforzare la relazione. Esso rappresenta un mezzo e in quanto tale non vale di per sé. Nella mia esperienza di lavoro con le famiglie mi è capitato di suggerire testi che si sono rivelati un flop nella pratica con i bambini. Certo la qualità del testo è importante, ma conta di più l’intenzione. Quello che voglio dire è che se non ci piace quel libro, non leggiamolo a nostro figlio, e cosa ancora più vera se non siamo convinti della potenza di questo strumento non usiamolo solo perché l’esperto ci ha detto che è importante. In questi casi lasciamo che sia qualcun altro a leggere al nostro bambino e noi potremo scegliere un’altra attività da fare insieme.

Ma se pensate che questa esperienza possa fare al caso vostro ecco le motivazioni che vi aiuteranno a sostenerla: “La lettura condivisa è una forma diversa di comunicazione, un momento eccezionale della vita famigliare; con i suoi rituali è un’occasione per ricostruire un rapporto intenso affettuoso, di complicità e di intesa, momento di curvatura sulle esigenze del bambino”173.

Si può condividere molto attraverso la lettura di un libro: emozioni, vissuti, idee, pensieri. Leggere a un bambino piccolo è un’esperienza di magia, è tra le espressioni più alte della relazione tra due persone, il guardare nella stessa direzione, lo scambiarsi sguardi complici, osservare il bambino mentre ascolta e osserva le figure, scambiare con lui sguardi e sorrisi di sorpresa o di conferma, osservare le sue manine che prima picchiettano la pagina e poi la girano con la brama di sentire come va a finire la storia…


Lorenza Comi,

pedagogista, esperta in relazioni educative famigliari,

referente del Centro Comunale per l’infanzia e la famiglia

“La casetta sul Serio di Seriate”174

L’effetto terapeutico del raccontare

Portare un racconto ai nostri bambini ha quasi sempre un effetto terapeutico. Naturalmente il tipo di contenuto che si presenta è della massima importanza, ma dando per scontato che si tratti di racconti ‘giusti’, misurati, scelti o preparati con buon senso, io vorrei dire qualcosa sull’effetto terapeutico del raccontare. Questa attività è ‘medicinale’ da tre punti di vista.


I primi a beneficiarne siamo noi, i narratori.

Decidere di fermare il tempo e dedicare qualche minuto ai nostri bambini per raccontare loro una storia è una medicina potentissima. Mettiamo in moto la nostra volontà, comincia a muoversi la nostra immaginazione, si ferma il brusio della mente, la frenesia dei pensieri, delle preoccupazioni. La fretta si allontana come un personaggio malefico sconfitto dalla magia buona, tutto diventa quieto, possibile, caldo.


Sono passati ormai diversi anni da quando raccontavo le fiabe ai miei figli, ma ne ho un ricordo vivo, presente, come se il tempo non fosse passato.


Dapprima leggevo brevi racconti ma non sempre riuscivo a spegnere il borbottio di pensieri di cui parlavo prima. Mi accorsi così che potevo leggere ed essere altrove. Provai a raccontare ma anche in questo caso si poteva mettere il ‘pilota automatico’ e pensare ad altro mentre si narrava. Infine scoprii che le immagini del racconto hanno un effetto anche su chi narra e che, se ci si lascia un pochino andare, se si prova a stare dove si è, ovvero nel momento presente, prendono vita, come… se si guardasse un film. Da quel momento in poi scompare la fatica. Raccontare diventa una gioia, qualcosa di leggero, vivo, nuovo, nonostante il contenuto oramai noto.


Se si riesce a fare questa specie di capriola interiore e passare dal racconto passivo a quello che mette in moto l’immaginazione, le cose cambiano. Le parole fluiscono accompagnate da immagini che ‘vediamo’, tutto è più vivo e noi ci possiamo riposare, cullati dal nostro stesso racconto.


La faccenda sembra complicata perché, per noi adulti, la cosa più difficile è proprio lo stare nel presente. Ci scappano continuamente pensieri e intenzioni sia verso il passato che verso il futuro. Avere un bimbo che aspetta il nostro racconto della sera è una grande occasione per esercitarci in questa attività così benefica. L’effetto medicamentoso del raccontare non finisce però qui; il contenuto dei racconti – quando sono sani, quando sono belli – nutre anche le nostre anime adulte che, inconsapevolmente, traggono enorme consolazione dal mettersi in contatto con immagini che, quando si tratta di fiabe vere, provengono da profondità incredibili, da tempi lontanissimi.


Raccontare una fiaba o una storia ai nostri bambini fa bene anche alla nostra relazione con loro, costruisce un solido riferimento, un contatto, ci fa sentire meno insicuri.


La straordinaria medicina del raccontare porta con sé grandiosi benefici anche per i bambini. Naturalmente gli stessi che ha per noi adulti: il contatto, la presenza, la sospensione del tempo, una pausa nel ‘fragore’ delle giornate. I bambini per un momento vengono sottratti a quella specie di follia che attualmente è il mondo, un paesaggio non certo commisurato alla loro natura, una sorta di scenografia sbagliata, con colori troppo forti, rumori esagerati, spazi troppo stretti… Trovate che esageri? Vorrei che fosse così.


Comunque sia, quando voi cominciate il vostro ‘c’era una volta’ portate vostro figlio in un mondo giusto e vero, speciale e adatto a loro. E questo è il primo beneficio. Un’oasi, un riposo vero, un bagno caldo.


Arriviamo al dunque, al contenuto del racconto.

Se si tratta di fiabe quello che ho detto per gli adulti vale a maggior ragione per i bambini. Con un vantaggio e una differenza sostanziali. Il linguaggio delle fiabe per loro è più chiaro, hanno ancora le radici affondate nel mondo dal quale esse provengono, le comprendono ancora, ma con il cuore, senza bisogno di interpretazioni. Perciò, cominciamo a parlare della vita ai nostri bambini raccontando una fiaba. Portiamo loro incontro il tema del cammino evolutivo, delle prove da superare, del coraggio necessario per farlo, degli aiuti celesti e terrestri che per fortuna ogni tanto ci avvolgono e ci sostengono. Parliamo loro del male, della necessità di incontrarlo e farci i conti per poi eventualmente toglierlo di mezzo, senza tante cerimonie… anche mettendolo in una botte foderata di chiodi da far rotolare giù da una montagna, cacciandolo dentro un forno acceso, tagliandogli la pancia…


Queste immagini così universali si depositano nell’anima dei nostri bambini, creano il sostrato perché quando sarà il momento da lì possano spuntare risposte, idee, propositi. Noi in fondo prepariamo solo il terreno, mettiamo i semi, e poi la vita condurrà i nostri bambini a raccogliere i frutti di una tale semina.


Per caldeggiare in modo ancor più incisivo l’invito a raccontare voglio rivelare quello che io considero il terzo effetto medicinale di questa attività.


Raccontare le fiabe, le storie ai nostri bambini è una medicina per il mondo. Quello che sto facendo non è un triplo salto mortale: quel momento speciale che noi ci permettiamo di vivere con i nostri figli o alunni, è molto vicino, è dentro il mondo intero. E il mondo, come tutti sappiamo, ha bisogno, tanto bisogno di medicine in questo momento.


Quando noi raccontiamo una storia ai nostri bambini, soprattutto se l’abbiamo trovata proprio pensando a loro o se si tratta di una vera fiaba, attingiamo al mondo di immagini che vive anche nella nostra interiorità.


Chissà chi farà vivere le immagini che sono dentro di noi? Chissà da dove vengono! Alcune di loro provengono senz’altro da qualcosa che in noi è più saggio di noi. La parte migliore di noi, quella più elevata, spirituale, elabora immagini che hanno significati e scopi decisivi anche per il futuro dell’umanità. Le colloca nel nostro animo perché noi ne facciamo qualcosa di costruttivo. Queste immagini sono grandiose, parlano di quel che nell’uomo è divino, parlano di quel che un uomo dovrebbe essere e sentire, anche rispetto ai suoi fratelli…


Possiamo così provare a fare un’equazione forse un po’ azzardata ma lecita. Ciò che fa questo essere superiore in noi, con noi, possiamo farlo noi con i nostri bambini, possiamo tentare di essere come un tramite, un canale per veicolare le immagini ideali di un’evoluzione auspicabile, attraverso i nostri racconti, nell’anima dei nostri bambini. Saranno loro gli uomini di domani. Questi uomini di domani sono stati affidati a noi per un tratto del loro percorso, siamo i loro educatori. Custodiamo come angeli la loro entità ancora delicata e in via di sviluppo, per diversi anni. Che responsabilità, che compito audace, interessante, meraviglioso!


Siamo per così dire, costretti a crescere con loro, a diventare migliori, perché è questo che la nostra parte superiore vuole da noi, è questo che noi vogliamo da loro, è questo che l’evoluzione del mondo vuole dagli Uomini.

Pensate, se quello che ho scritto fosse tutto vero: non sarebbe una follia perdere un’occasione del genere e non raccontare le fiabe, le storie ai nostri bambini!


Carmen Valentinotti,

insegnante presso la Scuola Rudolf Steiner di Trento e scrittrice175

In biblioteca con mamma e papà

Le biblioteche svolgono un ruolo importante nel promuovere l’amore per i libri e la lettura nei bambini. È infatti sempre più diffusa la presenza di spazi e raccolte adeguati ai più piccoli nelle biblioteche pubbliche del nostro paese.


Le biblioteche, che si sono fatte più attente nei confronti di un pubblico sempre più ampio e generale, sono consapevoli di quanto sia importante offrire un luogo e uno spazio ricco di stimoli e opportunità ai bambini. Come dimostrano i programmi di promozione della lettura in età prescolare come “Nati per Leggere”, solo cominciando prestissimo è possibile invertire la tendenza di un Paese come il nostro in cui si legge poco, con tutte le conseguenze che questo comporta. Le capacità di lettura che sostengono i processi di apprendimento sono infatti determinanti per promuovere una più piena partecipazione alla vita sociale e allo sviluppo economico nella società contemporanea. Per questo motivo l’investimento nella lettura in epoca precoce è in tutti i sensi un investimento nel futuro: nel futuro dei bambini, ma anche in una società più democratica e più ricca di opportunità per tutti.


L’attenzione per i bambini dai loro primi anni di vita che un numero sempre maggiore di biblioteche mostra di avere, consente loro di consolidare il rapporto con le comunità di riferimento: i bambini infatti ‘trascinano’ in biblioteca genitori, nonni, babysitter, animatori, educatori di nido e scuola dell’infanzia, offrendo l’opportunità a molti di loro di avvicinarsi per la prima volta a un servizio che non avevano mai avuto modo di conoscere e frequentare.


La biblioteca, spazio pubblico per eccellenza, è il luogo in cui la lettura viene socializzata, è un bene comune di cui usufruire e di cui prendersi cura. In questo senso la biblioteca contribuisce alla formazione del senso civico tra le giovani generazioni e tra i cittadini tutti.


Cosa offre la biblioteca ai bambini?

Una grande varietà di libri, dai cartonati agli albi illustrati; diverse versioni delle fiabe tradizionali per mettere a confronto testi più o meno rispettosi delle trascrizioni originali e diversi modi di illustrarle; libri sui più diversi argomenti, come gli animali, gli amatissimi mezzi di trasporto, i dinosauri e moltissimi altri. In generale una biblioteca cerca di rappresentare il meglio della produzione editoriale in tutti gli ambiti nel tentativo di soddisfare le più diverse richieste del suo pubblico di riferimento.


La lettura inoltre viene promossa attivamente, organizzando letture ad alta voce per bambini dai due/tre anni e laboratori per sperimentare e condividere con altri genitori i primi approcci con i libri e la lettura da parte di bambini molto piccoli. In entrambi i casi vengono coinvolti i genitori che vengono resi partecipi delle attività proposte.


Cosa offre la biblioteca ai genitori?

Spesso i genitori possono trovare in biblioteca libri e riviste su temi riguardanti la crescita e l’accudimento dei bambini, oltre ovviamente ai libri per i più diversi interessi e scopi. In qualche caso le biblioteche ospitano momenti di incontro e confronto tra genitori, momenti che possono diventare degli appuntamenti fissi per condividere l’esperienza di essere genitori o essere semplicemente delle occasioni informative e di sensibilizzazione su particolari aspetti educativi.


Come si diventa frequentatori della biblioteca?

Pressoché tutte le biblioteche accolgono tra i propri iscritti i bambini dai primissimi anni di vita: basta recarsi in biblioteca e richiedere la tessera di iscrizione per il proprio piccolo: questo gli consente l’accesso a tutti i libri e agli altri documenti disponibili per il prestito (compresi per esempio dischi, film, cartoni animati, giochi). Per un bambino verso i tre anni possedere la tessera della biblioteca con tutti i ‘privilegi’ che questo comporta, sarà un motivo di grande orgoglio, lo farà sentire importante quanto i grandi.


In qualche caso la frequenza della biblioteca viene promossa con piccoli concorsi che incentivano la lettura tra i bambini. O ancora, in biblioteca si allestisce un grande albero, disegnato su un foglio, sul quale si appiccicano le foglie (di cartoncino verde) con il titolo del libro e il nome del bambino che lo ha letto. Le foglie verranno appiccicate dal basso verso l’alto, creando in questo modo un effetto di crescita dell’albero e dell’attività di lettura dei bambini.


Giovanna Malgaroli,

bibliotecaria (Segreteria nazionale “Nati per Leggere”)

Me lo leggi?
Me lo leggi?
Giorgia Cozza
Racconti, fiabe e filastrocche per un dialogo d’amore con il nostro bambino.Idee e suggerimenti per favorire la pratica della lettura condivisa, strumento prezioso per rafforzare il legame con il bambino nei primi anni di vita. La voce della mamma è capace di produrre effetti significativi già durante la gravidanza: il bambino nella pancia si sviluppa immerso nel liquido, ma anche nei suoni, che dopo la nascita sono fortemente ricercati. La parola che diventa voce è la base della comunicazione e della relazione umana, e per il bambino rappresenta un’esperienza che dà ordine e senso alla realtà. Leggere è anche il migliore antidoto alla televisione, principale fonte di “comunicazione” passiva e unidirezionale della nostra epoca. Me lo leggi? parla di fiabe, filastrocche, storie e leggende, lette e rilette migliaia di volte o inventate sul momento, raccontate, intonate, sognate, cantate, con la voce e con il cuore per narrare a nostro figlio la storia più importante, quella del nostro amore per lui. Gli articoli scientifici, i pareri degli esperti (psicologi, pediatri, pedagogisti) e i tantissimi suggerimenti pratici proposti da Giorgia Cozza rispondono a tutti quegli interrogativi che spesso i futuri e i neo-genitori si pongono: cosa sente il bimbo nel pancione? perché è importante leggere e raccontare storie sin dai primi mesi di vita? possiamo favorire l’amore per la lettura in età scolare? Le coppie di genitori intervistati raccontano l’importanza che le storie e i racconti hanno avuto nella crescita serena e felice dei propri figli, perché quando un papà o una mamma legge o racconta, quella che si crea è una situazione di intenso benessere: il bambino, infatti, non assapora solo la storia narrata, ma anche l’attenzione esclusiva che in quei frangenti gli riserva il genitore.Inoltre, le fiabe e i racconti lo aiutano a comprendere meglio la realtà che lo circonda e i suoi stessi sentimenti, le sue emozioni e le sue paure. Questi momenti di lettura e di racconto non dovrebbero avere alcuno scopo didattico, ma semplicemente quello di vivere momenti felici insieme con i nostri figli e di tessere legami forti con loro.La lettura condivisa è parte integrante di uno stile di accudimento basato sul contatto e sulla prossimità, in grado di favorire serenità e sicurezza nei complessi e delicati primi anni di vita. Una ricca raccolta di filastrocche e ninne-nanne rende questo libro uno strumento ancor più completo e prezioso per tutti i genitori per mettere a fuoco importanti concetti che riguardano la relazione con il bambino, il suo sviluppo emotivo e cognitivo, la costruzione della sua personalità e di conseguenza del suo futuro. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.