capitolo vii

Voce che racconta favole e fiabe

Il ricordo di un adulto che ci ha regalato una storia quando eravamo bambini è diverso da tutti gli altri: è più forte e persistente perché porta con sé la certezza di essere stati amati.

Rita Valentino Merletti

Se volete dei figli intelligenti raccontate loro le fiabe e se volete dei figli molto intelligenti raccontate loro molte fiabe.

Albert Einstein

Voce che racconta. Fiabe, favole, storie e leggende… Che dono grande un adulto che racconta una storia a un bambino. Io ho pochissimi ricordi della mia prima infanzia, ma ricordo bene quando il mio babbo raccontava una storia per me. Non saprei dire che storia fosse, le parole si sono perse nel tempo, ma l’atmosfera no, è ancora lì custodita nella mente e nel cuore, sempre disposta a lasciarsi rievocare con le sue emozioni.


Mi piace pensare che un giorno i miei bambini, ormai adulti, ricorderanno i momenti trascorsi oggi, raccontando una storia.


Quando un genitore narra una storia, quella che si crea è una vicinanza intensa: occhi negli occhi, seduti vicini o abbracciati, la voce dell’adulto che narra, la voce del bambino che domanda, commenta o magari tace con il fiato sospeso. Il genitore impegnato a cercare le parole per dar vita a luoghi, personaggi e azioni, il bambino impegnato a creare immagini nella propria mente, per dare un volto alla realtà evocata dal genitore.


C’è uno scambio intenso e profondo quando raccontiamo una storia ai nostri figli. E, di storia in storia, si creano tradizioni, rituali e ricordi. In una parola, si fa la storia della propria famiglia.

Lo esprime assai bene Gianni Rodari, quando scrive: “La voce della madre, del padre (e del maestro) ha una funzione insostituibile. Tutti obbediamo a questa legge, senza saperlo, quando raccontiamo una favola al bambino che ancora non sa leggere, creando, per mezzo della favola, quel ‘lessico familiare’ nel quale l’intimità, la confidenza, la comunione tra padri e figli s’imprimono in modo unico e irripetibile”150.

La voce che ha cullato il bambino sin dalle origini della vita, quando era ancora nascosto e custodito nel grembo materno, ora lo accompagna, giorno dopo giorno, negli anni della crescita. Da sussurro si è fatta ninnananna, poi filastrocca e ora storia.


L’oggetto del raccontare in fondo conta poco, fiabe, favole, leggende, storie inventate… Ma è il gesto del raccontare che lascia un segno profondo nelle nostre vite. Con una storia possiamo crescere bambini più felici. Una felicità destinata a illuminare il cammino di nostro figlio anche per molti, molti passi a venire. La nostra voce che racconta lo accompagnerà nell’età adulta, con la sua eco profonda, che gli parla ancora una volta e sempre, del nostro amore per lui.

Fiabe, un patrimonio dell’umanità

Il linguaggio della fiaba sembra essere il linguaggio internazionale di tutta l’umanità, di tutte le età e di tutte le razze e le civiltà.

Marie-Louise von Franz


Quante generazioni di bambini sono cresciute ascoltando la voce di un adulto, un genitore, più facilmente un nonno, che raccontava loro delle fiabe?


Bambini di ogni tempo e paese, hanno sognato, temuto e sperato, con gli intramontabili personaggi delle fiabe.

Le origini delle storie che sono state tramandate fino a noi sono così lontane che gli esperti faticano a ricostruirle. Pensiamo a Cenerentola, le cui vicende sono state affidate alla parola scritta per la prima volta nel nono secolo avanti Cristo. Questo accadeva in Cina, ma una versione della fiaba compare anche in una raccolta di racconti dell’Egitto faraonico, nel settimo secolo avanti Cristo151.


Fiabe, favole, ninnananne, leggende, contribuiscono a definire l’identità dei popoli e allo stesso tempo hanno un carattere di universalità che permette loro di abbattere le distanze e le diversità. Forse perché sono profondamente umane, forse perché da tanti secoli accompagnano la crescita degli esseri umani…


“Le fiabe – spiega Italo Calvino nella sua introduzione a Fiabe italiane – sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi. Sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo o a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: la giovinezza dalla nascita, che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano”152.

Quando raccontiamo una fiaba, la nostra voce va a unirsi e ad arricchire un coro di voci che viaggia nei secoli. Peculiarità del patrimonio di fiabe e favole è infatti, tra le altre, quella di aver vissuto una lunga e continua evoluzione, perché ogni adulto che ha raccontato quella specifica fiaba vi ha messo qualcosa di suo e qualcosa del bambino a cui l’ha raccontata. Come scrive Bruno Bettelheim, la fiaba tradizionale “è il risultato di una rielaborazione di una storia raccontata da adulti diversi a ogni tipo di adulti e bambini”. E non potrebbe essere altrimenti, poiché il racconto di una fiaba, nonostante i suoi contenuti universali, è qualcosa di molto personale: il racconto si inserisce in una relazione unica ed esclusiva, quella tra il genitore (che è diverso da tutti gli altri genitori) e il bambino (che è unico e originale). La fiaba narrata diventa la “loro” fiaba perché il modo e le parole con cui quell’adulto l’ha raccontata sono diversi dal modo di tutti gli altri, ma anche le emozioni che la fiaba (e il rapporto con il narratore) ha suscitato nel bambino che ascolta sono diverse e uniche… “La narrazione della storia a un bambino, per ottenere la massima efficacia – scrive Bettelheim –, deve essere un fatto interpersonale, plasmato da coloro che vi partecipano”.
  • Fiabe e favole, lette o raccontate?

Meglio leggere o raccontare, quando si vuol narrare una fiaba? Entrambe le modalità sono valide e permettono di entrare in relazione con il bambino e vivere insieme a lui momenti felici.


Il racconto orale ha, però, il pregio di una maggior flessibilità, il genitore narra le vicende con parole sue, seguendo il filo dei propri ricordi. Spesso il bambino interagisce con domande o commenti e la narrazione si sviluppa in modo molto personale. Secondo Bettelheim, questa sarebbe la modalità preferibile: “Perché possa comunicare appieno i suoi messaggi consolatori, i suoi significati simbolici, e, soprattutto, i suoi significati interpersonali, una fiaba dovrebbe essere raccontata piuttosto che letta”. Ovviamente ciò non significa che non si possa ricorrere all’aiuto del libro, soprattutto se il genitore non ricorda il testo di una certa fiaba o se desidera far conoscere al proprio bambino fiabe di autori e Paesi diversi. In questo caso, scrive Bettelheim: “chi legge dovrebbe essere coinvolto emotivamente sia dalla storia sia dal bambino, provare un senso di empatia per quanto la storia può significare per lui”153. Ben vengano quindi le raccolte di fiabe, da leggere insieme per ‘ripassare’ le storie della nostra infanzia e conoscerne di nuove. Leggere e raccontare non sono formule antagoniste, ma complementari. Una fiaba che è stata letta poi può essere ri-raccontata a voce in occasioni diverse. Ci sono momenti giusti per la lettura condivisa e momenti giusti per raccontare. Le situazioni che si creano sono differenti, ma ugualmente piacevoli e arricchenti per il bambino e per il genitore.

L’importanza della fiaba

Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.

Gianni Rodari


Abbiamo detto che le origini delle fiabe si perdono nella notte dei tempi e che le fiabe sono un patrimonio dell’umanità. Eppure nella nostra cultura, si nota una certa disaffezione verso queste narrazioni. Tutti conosciamo la versione disneyana delle vicende di Biancaneve, Cenerentola, la Bella Addormentata, ma quanti conservano memoria della versione originale di queste fiabe? Quanti genitori ancora leggono e raccontano le fiabe classiche ai loro bambini?


Alle volte si trascurano questi testi perché ritenuti troppo forti, per i contenuti spesso duri e violenti, altre volte si tralasciano perché si preferiscono storie più moderne, pensate ad hoc per i nostri bambini.


A volte, infine, e spiace dirlo, sembra non ci sia più tempo per raccontare…

Lo scrittore Dario Spada, riferendosi alle leggende del Piccolo Popolo (elfi, gnomi, folletti, fate e tante altre creature della tradizione irlandese), osserva: “Tutto il patrimonio tradizionale che va comunemente sotto il nome di folklore si sgretola giorno dopo giorno sotto il micidiale rullo compressore della cultura di massa e scompare per sempre con il frenetico ritmo di vita imposto dalla società moderna, che obbedisce soltanto alla dura legge della moda e del consumismo. A ben pochi importa se le leggende muoiono, se qua e là ne restano frammenti sparsi che si ricordano con nostalgia”154.


Ma perdere la memoria di leggende, fiabe e favole sarebbe una privazione troppo grande per chi verrà dopo di noi. Non possiamo essere proprio noi a spezzare una tradizione che si conserva da secoli!


A perderci più di tutti, tra l’altro, sarebbero proprio i bambini. Perché è soprattutto a loro che la fiaba offre tanto a livello consapevole, ma anche a livello inconscio. La fiaba, con i suoi personaggi racconta la vita e le emozioni di ogni essere umano, e le racconta con il linguaggio giusto, usando simboli, immagini e metafore, ovvero usando il linguaggio dei bambini.


E così la fiaba aiuta il bambino a interpretare e mettere ordine nella realtà che lo circonda, ma ancor prima, lo aiuta a capire se stesso e ad accettarsi con le sue paure, i suoi sentimenti ambivalenti, la sua umanità.


“L’abitudine di raccontare fiabe ai bambini si va un po’ perdendo a favore di un’informazione più tecnica, razionale e realistica – scrive a questo proposito la psicologa Paola Santagostino –. Si trascura così il fatto fondamentale che il bambino non è un adulto in miniatura: è un bambino! La realtà che lui vive è una realtà prevalentemente simbolica e le spiegazioni che hanno più senso per lui sono le spiegazioni per immagini. Abbandonare i racconti di fiabe significa abbandonare la migliore via di accesso a quel mondo fantastico in cui il bambino è immerso, significa privarlo di un supporto utile, anzi indispensabile, per affrontare e risolvere le sue angosce”155.

  • Una fiaba per vincere la paura
Ogni lettore, quando legge, legge per se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.

Marcel Proust


Mentre la favola è un racconto, in genere breve e con animali come personaggi, che nasce per insegnare una precisa morale espressa in modo esplicito nel testo, la fiaba racchiude in sé molti messaggi ‘nascosti’. Secondo Bettelheim la fiaba parla al bambino a vari livelli: si rivolge al suo io consapevole e a quello inconscio.

E quello che la fiaba racconta è tutta la realtà: quella fuori, ma soprattutto quella dentro di noi; ci sono le paure e le speranze, i sentimenti negativi e positivi, la forza d’animo e la debolezza. “Le fiabe – scrive Carmen Valentinotti, insegnante steineriana – sono come i sogni. Quando voi sognate di incontrare qualcuno, sognate l’incontro con una parte di voi stessi, e nelle fiabe è la stessa cosa. L’uomo è rappresentato in tutte le sue parti”156.


Insomma, le fiabe parlano di noi. Ed ecco perché una fiaba può aiutare un bambino a tirare fuori e alleviare le proprie paure (in primo luogo la paura di essere abbandonato, il terrore di perdere l’amore dei genitori) e a superare un momento o una situazione emotivamente difficili.


“La fiaba prende molto sul serio le ansie e i dilemmi esistenziali – scrive Bruno Bettelheim – e s’ispira direttamente ad essi: il bisogno di essere amati e la paura di non essere considerati, l’amore della vita e la paura della morte”157.


Le angosce e le paure del bambino sono rappresentate nella fiaba sotto forma di orchi, streghe divoratrici e matrigne cattive. E nella fiaba, orchi, streghe e matrigne vengono sconfitte! La fiaba esercita una funzione liberatoria, consola, offre speranza al bambino.


Ed ecco perché ci sono periodi in cui il bambino vuole ascoltare sempre la stessa fiaba, sempre quella, senza mai cambiare: ne ha bisogno. “In quel momento quella è la ‘loro fiaba’ – scrive la Santagostino –, quella che parla del problema che al momento li riguarda. Cambieranno fiaba preferita quando cambieranno momento evolutivo”158.


Ma non solo. La fiaba rende accettabili ed ‘esorcizza’ anche i sentimenti negativi (la gelosia per il fratellino, la rabbia verso l’adulto, ecc.) che il bambino prova, ma che gli causano profondi sensi di colpa.

  • Una fiaba per diventare grandi
Le fiabe insegnano ad affrontare creativamente i problemi e a risolverli.

Paola Santagostino

Il succo delle fiabe non è la morale, ma piuttosto la fiducia di poter riuscire.

Bruno Bettelheim


La fiaba presenta una struttura ricorrente. Abbiamo una situazione iniziale (in cui, spesso, l’equilibrio mostra già segni di precarietà), la crisi (quando si presenta la prova da superare/il problema da risolvere/il nemico da sconfiggere) e la soluzione. Il protagonista conquista il suo lieto fine grazie all’intelligenza, la perseveranza, il coraggio e, nella maggior parte dei casi, l’aiuto di alleati che gli forniscono consigli o talismani.


Nella sua semplicità, la fiaba è un’importante lezione di vita: insegna che le difficoltà ci sono, ma che si possono superare. Assicura che non è indispensabile essere grandi eroi o ricchi principi per farcela (spesso il protagonista delle fiabe è il fratello più piccolo, quello meno considerato o addirittura oggetto di scherno) e ricorda che prima o poi, chi si comporta bene trova sempre qualcuno che gli dà una mano. Possono essere la fata, l’animaletto parlante, il vecchio saggio che dispensa consigli, la codina di una lucertola che indica la via… In ogni caso non siamo soli ad affrontare le difficoltà del percorso.


Ai bambini che sono all’inizio della vita, la fiaba affida dunque un messaggio di grande speranza. Li incoraggia a perseverare e promette a chi non si arrende il premio del lieto fine. Direi che non è poco!

Tra l’altro, nelle fiabe i bambini sono spesso protagonisti: bambini orfani, bambini poveri, bambini abbandonati. La loro riuscita è la riuscita di tutti i bambini che ascoltano la storia. Non solo. Il racconto contiene spesso spunti e suggerimenti per risolvere problemi e paure. Bettelheim osserva: “La fiaba offre soluzioni in modi che il bambino può afferrare in base al proprio livello intellettivo”159.

E in ogni fiaba c’è un percorso di crescita, il protagonista affronta pericoli e sfide, supera prove e sconfigge nemici, e alla fine della storia ha migliorato (e di molto!) la sua situazione: conquista l’amore e si sposa, diventa il padrone di un castello o trova un tesoro e risolve tutti i suoi problemi economici, vive felice e contento…


Ed ecco l’altra promessa: crescere e diventare grandi è una bella avventura, può costare fatica, ma alla fine ci troveremo contenti…

Fiabe troppo ‘paurose’?

Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi: i bambini già sanno che esistono. Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.

Gilbert K.Chesterton


Se leggiamo le fiabe tradizionali con gli occhi della razionalità vi troveremo passaggi molto violenti, paurosi, addirittura crudeli. Ma la fiaba non è realtà, sfugge ai parametri e al giudizio della ragione: il suo regno è quello dell’immaginario, il regno dove un lupo può divorare in un solo boccone sei capretti, e dove i sei capretti vengono estratti dalla pancia del lupo e sono tutti sani e salvi. E ancora, certo, fa impressione pensare alla nonna e a Cappuccetto Rosso mangiate dal lupo, ma tutto si sistema quando nonna e nipotina saltano fuori dalla pancia, anche loro, incolumi e contente.


È ovvio che non possiamo commentare le fiabe sulla base della ragione. Ma come abbiamo già detto, queste storie parlano la lingua dei bambini, che infatti non si stupiscono e non mettono in dubbio le mirabolanti imprese narrate (un bimbo di cinque anni è soddisfatto di sentire che Cappuccetto Rosso è sana e salva, non analizza e non si chiede come questo sia possibile!).


E i cattivi? Gli orchi, le streghe, le matrigne? Non sono forse un po’ troppo… cattivi? Gli esperti garantiscono di no, perché i cattivi delle fiabe hanno una funzione fondamentale: quella di incarnare le paure, le angosce, i sentimenti negativi che tutti i bambini prima o poi si trovano a sperimentare.


Le fiabe danno corpo alle ansie e alle paure, indicano come combatterle e mostrano la loro sconfitta. La strega finisce nel calderone, al lupo viene aperta la pancia. I cattivi sono sconfitti e non potranno più fare del male.


Se si priva la fiaba dei suoi cattivi, la si priva anche della sua funzione liberatoria, il racconto non riesce più ad esorcizzare le paure e i fantasmi del bambino.


Ovviamente, dato che certi passaggi un po’ impressionanti in effetti lo sono, si potranno proporre determinate fiabe quando il bimbo sarà un po’ più grandicello e cominciare con fiabe più ‘tranquille’ (come Cenerentola, la Bella addormentata, le fiabe di Guido Gozzano, la scelta è comunque molto vasta!).

Un’osservazione a proposito del lieto fine che per essere tale deve comprendere la vittoria dell’eroe e la punizione del cattivo. Secondo alcuni il castigo che subiscono i cattivi delle fiabe è troppo crudele (pance aperte, streghe cotte, matrigne mutate in pietra) e quindi può impressionare i piccoli ascoltatori. Secondo Bettelheim, però, è vero esattamente il contrario: “questo castigo rassicura il bambino sull’adeguatezza della punizione al crimine. (…) più è severa la punizione comminata ai cattivi, più egli si sente protetto”160.


E sempre a proposito delle fiabe e del timore che possano inquietare i bambini o creare loro delle ansie, citiamo un’ultima interessante osservazione di Bettelheim: “Se la fiaba contrasta con i loro bisogni emotivi i bambini modificano la storia e la ricordano in modo diverso dalla sua versione originaria, o aggiungendovi dei particolari”161.

Insomma, non resta che iniziare… Possiamo partire con una fiaba e vedere la reazione del nostro bambino. Se non la gradisce ne racconteremo una diversa e poi un’altra ancora e forse un giorno troverà la fiaba che fa per lui, che gli piace e lo emoziona (e lo aiuta). Va da sé che ogni genitore racconterà (e ri-racconterà) le fiabe che risultano gradite al suo bambino: come sempre sono le sue preferenze, reazioni e richieste a guidare la mamma e il papà.
Un tempo per raccontare

In una società che va di corsa come la nostra, l’immagine del nonno, seduto davanti al camino, che racconta storie nelle sere d’inverno non è che il ricordo ormai sbiadito di un tempo che fu e che, noi, probabilmente neppure abbiamo conosciuto. Ma il gesto di raccontare non ha perso nulla della sua utilità e della sua potenza e oggi – nell’era della televisione, del computer, della tecnologia che accelera la vita a dismisura – è forse ancor più urgente recuperare questa consuetudine.


Perché raccontare una storia significa fermarsi. Significa sedersi vicini, guardare il bambino negli occhi, regalargli un po’ di tempo. Un po’ di quel tempo prezioso che a noi adulti sembra sempre mancare.


Be’, un racconto può fermare il tempo. Con un racconto possiamo finalmente tirare il fiato, quel tempo donato al nostro bambino – all’improvviso ci accorgiamo – è donato anche a noi. Ed è un dono grande, perché il tempo è vita.


Raccontiamo una storia al nostro bambino. Sarà una piccola, grande, dichiarazione d’amore.

E se non sono capace?

E se non sono capace? Se non ho mai raccontato una storia a qualcuno? Niente paura. Non è necessario essere narratori professionisti per intrattenere un bambino raccontando una storia.


Basta sedersi vicini e… cominciare. “C’era una volta…” e poi le parole arrivano. E chi se ne importa se magari non sono le più ricercate o le più precise. Il nostro bambino amerà il nostro modo di raccontare perché ci vuole bene e perché sente e vive il nostro raccontare come un dono. Ci sono tante cose che non avevamo mai fatto prima di diventare genitori. Poi è arrivato il nostro bambino e abbiamo imparato, facendo. E con il suo aiuto.


E se non ricordiamo nessuna fiaba? Le leggiamo. Le leggiamo per noi stessi o insieme al nostro bambino e una volta lette, qualche storia ci resterà in mente. E poi non siamo tenuti a recitare la fiaba passo passo con il timore di dimenticare qualche particolare! Il bello del racconto orale è proprio la flessibilità, la possibilità di mettere qualcosa di nostro nella storia, di cambiarla per inserire qualche particolare che – sappiamo – piacerà al nostro bambino, di inventare laddove non ricordiamo, e così renderla originale e irripetibile.


Ricordiamo che qualunque storia noi raccontiamo, regaleremo una felicità grande al nostro bambino!

Non solo fiabe e favole

Ma quando si parla di raccontare non ci si riferisce solo a fiabe e favole! Le storie da raccontare sono infinite, e tantissime ne conosciamo senza magari rendercene conto. Tutti i libri che abbiamo letto nell’infanzia e in età adulta sono potenziali storie da raccontare.


I miei bambini sono rimasti incantati dalle vicende (ovviamente un po’ sintetizzate) di Renzo e Lucia: i Promessi Sposi hanno tutti gli ingredienti per piacere, gli innamorati che subiscono ingiustizie, il cattivo di turno, gli amici dei ‘buoni’ (come il mitico Fra’ Cristoforo) e gli alleati del cattivi (gli indimenticabili bravi). E che dire delle splendide avventure e degli intramontabili valori narrati ne Il Signore degli Anelli? E del lungo viaggio di Ulisse e della costante fedeltà dell’astuta Penelope?


I classici che abbiamo letto e amato (o magari amato no, ma potremmo riscoprirli proprio ora!) si prestano bene ad essere raccontati. Naturalmente rievocheremo solo i passaggi principali, quelli che ricordiamo meglio e sono più comprensibili in base all’età dei nostri bambini.


Mattia quando affrontiamo un viaggio un po’ lungo in auto, chiede sempre: “Ci racconti l’ultimo libro che hai letto?” E così ho scoperto che anche i romanzi per adulti possono essere resi a misura di bambino. E ho scoperto che raccontando il tempo passa molto più velocemente!

VOCI DI MAMMA

Amo tantissimo leggere storie e fiabe classiche e moderne sia ai miei alunni sia ovviamente a mio figlio! Tra le fiabe classiche mi piacciono quelle in cui il più piccolo dei fratelli, bistrattato da tutti, alla fine ha successo (come accade ne La regina delle api), o grazie alla sua intelligenza salva tutti (I sette capretti). E quelle dove la figlia maltrattata diventa regina (Cenerentola), oppure ancor meglio, le fiabe liberatorie dove la strega finisce nel sacco (come Il bambino nel sacco, che ha anche delle tiritere divertenti) e i poveri orfani si salvano (I tre cani). In genere a tutti i miei alunni piacciono tanto le fiabe che fanno un po’ paura, come Barbablù.

Ilaria, mamma di Filippo, 14 mesi


Abbiamo letto insieme tante, tantissime fiabe, nella loro versione originale: fratelli Grimm, Calvino, un po’ meno Andersen scegliendo le storie meno didattiche, Afanas’ev, Basile e fiabe di altri Paesi.

Anna, mamma di Alice, 11 anni, e Francesca, 7 anni


Ho recuperato i vecchi libri di fiabe della mia infanzia da leggere a Paolo. Naturalmente ho aggiunto anche le fiabe e i racconti moderni.

Marcella, mamma di Paolo, 10 anni


I tre cani di Calvino, bellissima, anche a Flavia è piaciuta molto. Ma la favola classica che preferisce è Il Soldatino di Piombo, sarà sicuramente per il finale romantico! Ora Flavia ha sei anni ma il soldatino di piombo lo leggiamo da quando ne aveva tre!

Simona, mamma di Flavia, 6 anni


Io sarò tradizionalista, ma mi piacciono le fiabe classiche. Finalmente ho trovato la mia vecchia versione di Biancaneve, quella vera, che racconta anche la storia del corsetto e del pettine avvelenato che tutti hanno dimenticato (io compresa), perché ormai si conosce solo la versione della Disney (ma i fratelli Grimm non erano americani!). La leggiamo o la raccontiamo a seconda se abbiamo il libro disponibile oppure no. E soprattutto la mettiamo in scena! Scambiandoci i ruoli, diventando la regina cattiva, lo specchio, il principe, Biancaneve, un nano… Cédric di solito è Cucciolo! I libri moderni ormai raccontano solo l’episodio della mela e di solito è il principe che dà il bacio a Biacaneve che si sveglia. Invece nella versione dei fratelli Grimm il principe chiede di portarla al suo castello, i nani acconsentono ma la cassa cade e a Biancaneve esce il pezzetto di mela avvelenato dalla bocca così si sveglia.

Joelle, mamma di Estelle, 3 anni, e Cédric, 2 mesi

CONSIGLI DI LETTURA

  • Bettelheim B., Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, 2000

  • Valentinotti C., Fiabe per star bene, Red Edizioni, 2010

  • Rodari G., Favole al telefono, Einaudi, 2007

Me lo leggi?
Me lo leggi?
Giorgia Cozza
Racconti, fiabe e filastrocche per un dialogo d’amore con il nostro bambino.Idee e suggerimenti per favorire la pratica della lettura condivisa, strumento prezioso per rafforzare il legame con il bambino nei primi anni di vita. La voce della mamma è capace di produrre effetti significativi già durante la gravidanza: il bambino nella pancia si sviluppa immerso nel liquido, ma anche nei suoni, che dopo la nascita sono fortemente ricercati. La parola che diventa voce è la base della comunicazione e della relazione umana, e per il bambino rappresenta un’esperienza che dà ordine e senso alla realtà. Leggere è anche il migliore antidoto alla televisione, principale fonte di “comunicazione” passiva e unidirezionale della nostra epoca. Me lo leggi? parla di fiabe, filastrocche, storie e leggende, lette e rilette migliaia di volte o inventate sul momento, raccontate, intonate, sognate, cantate, con la voce e con il cuore per narrare a nostro figlio la storia più importante, quella del nostro amore per lui. Gli articoli scientifici, i pareri degli esperti (psicologi, pediatri, pedagogisti) e i tantissimi suggerimenti pratici proposti da Giorgia Cozza rispondono a tutti quegli interrogativi che spesso i futuri e i neo-genitori si pongono: cosa sente il bimbo nel pancione? perché è importante leggere e raccontare storie sin dai primi mesi di vita? possiamo favorire l’amore per la lettura in età scolare? Le coppie di genitori intervistati raccontano l’importanza che le storie e i racconti hanno avuto nella crescita serena e felice dei propri figli, perché quando un papà o una mamma legge o racconta, quella che si crea è una situazione di intenso benessere: il bambino, infatti, non assapora solo la storia narrata, ma anche l’attenzione esclusiva che in quei frangenti gli riserva il genitore.Inoltre, le fiabe e i racconti lo aiutano a comprendere meglio la realtà che lo circonda e i suoi stessi sentimenti, le sue emozioni e le sue paure. Questi momenti di lettura e di racconto non dovrebbero avere alcuno scopo didattico, ma semplicemente quello di vivere momenti felici insieme con i nostri figli e di tessere legami forti con loro.La lettura condivisa è parte integrante di uno stile di accudimento basato sul contatto e sulla prossimità, in grado di favorire serenità e sicurezza nei complessi e delicati primi anni di vita. Una ricca raccolta di filastrocche e ninne-nanne rende questo libro uno strumento ancor più completo e prezioso per tutti i genitori per mettere a fuoco importanti concetti che riguardano la relazione con il bambino, il suo sviluppo emotivo e cognitivo, la costruzione della sua personalità e di conseguenza del suo futuro. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.