capitolo iii

D. Ambiente e ordine,
ovvero ogni cosa al suo posto,
un posto per ogni cosa

Il nostro metodo di educazione del bambino è caratterizzato appunto dall’importanza centrale che in esso si dà all’ambiente
Maria Montessori
Il primo bisogno dell’anima, cioè il più vicino al suo destino eterno, è l’ordine
Simone Weil
Fiocco dopo fiocco
la neve cade
ogni fiocco ha il suo posto

Poesia zen

Vi è mai capitato di trovarvi in un luogo, magari in mezzo a un prato pieno di fiori, o sulla spiaggia in riva al mare al tramonto, o anche solo in casa vostra, dietro ai vetri, a osservare nel silenzio ovattato della notte la neve che cade fiocco dopo fiocco e, danzando lieve, ricopre la terra di una magica coltre bianca, e pensare proprio in quell’attimo che siete al posto giusto, che non vorreste essere in nessun altro luogo se non lì? Oppure anche in una cena tra amici, quando le risate scorrono e si mescolano ai profumi e ai sapori del buon cibo appena uscito dal forno: non avete mai sentito, magari in un periodo di scoraggiamento e di malinconia, l’energia misteriosamente crescervi dentro fino a farvi sentire una sensazione di prorompente vitalità? O quando a un concerto o in un museo o in una biblioteca scoprite proprio quella musica, quel quadro, quel libro che vi parla, che fa vibrare le corde del vostro cuore e della vostra anima, non vi sentite nell’unico posto dove avreste voluto essere e all’improvviso una finestra vi si spalanca e vi permette di scoprire nuovi mondi e nuovi orizzonti?


Ebbene, questa magia succede anche al bambino: per poterlo attrarre e suscitare in lui un interesse occorre offrirgli un ambiente adatto, non solo a sua misura ma anche ricco, bello e interessante.


Ma qual è il “giusto ambiente” per un bambino? Dipende dalla sua età…


Il primo ambiente per l’essere umano che viene al mondo è il corpo materno: un vero e proprio eco-ambiente! Il bambino vi trova uno spazio protetto, accogliente, sicuro, caldo e avvolgente, dove poter crescere in spirito e corpo. Una volta nato, sarà sempre il corpo della mamma a fargli da culla nei primi tempi della sua vita: le sue braccia che lo sostengono, le sue mani che lo accarezzano, il suo seno che lo nutre e su cui placidamente si addormenta… Graduale dovrà essere il passaggio all’ambiente esterno, affinché lui abbia il tempo di ritrovarsi in questo nuovo mondo in cui è stato, più o meno bene, catapultato. Verrà il momento in cui avrà bisogno anche di uno spazio tutto suo, piccolo, delimitato, con dei confini morbidi e sicuri: prima una culla che dondola, poi un lettino basso basso, dove poter entrare e uscire da solo, e infine la sua cameretta. Man mano che il bambino cresce, lo spazio intorno a lui si amplia, si ingrandisce. Arriverà un giorno in cui neanche la casa sarà più sufficiente e lui avrà bisogno del mondo intero da esplorare.


La scuola rappresenta il primo ambiente esterno importante (non foss’altro per la quantità di tempo che vi trascorre) che il bambino incontra quando lascia la casa, ed è essenziale pertanto che sia il più possibile a sua misura. È lì che il bambino deve trovare “le migliori condizioni di sviluppo” possibili per lui. È dall’ambiente infatti che egli trae “nutrimento psichico” dice Maria Montessori.


Primo compito dell’educatore quindi è preparare un ambiente per il bambino, dove egli possa trovare non stimoli ma risposte ai suoi bisogni. È solo – infatti – quando questo ambiente è favorevole e gli ostacoli sono ridotti al minimo che il bambino può funzionare pienamente e rivelare i suoi caratteri nascosti – afferma Maria Montessori – in quanto in campo psichico i caratteri propri del bambino tendono a nascondersi e a mascherarsi davanti a ogni ostacolo esterno. Ecco perché l’ambiente, nelle scuole montessoriane, è “un ambiente rivelatore”.


La scuola deve diventare per il bambino un luogo di libertà, che è sia spirituale sia fisica, legata sia alla sua crescita interiore sia a quella esteriore.

L’attenzione pertanto andrà posta su tutti gli aspetti che riguardano la sua vita: dal vestiario, semplice e funzionale, all’alimentazione equilibrata e adatta all’età, agli spazi necessari per il movimento. “L’aula ‘psichica’ dovrebbe essere grande il doppio dell’aula ‘fisica’, e cioè avere metà del suo pavimento sgombro, per consentire ai bambini la possibilità di aggirarsi tra il mobilio”[256] dice Maria Montessori nell’Autoeducazione. Questo dovrà essere semplice ed economico, possibilmente lavabile, ma soprattutto “bello, artistico”. La bellezza non è data infatti – dice ancora la Dottoressa – dal superfluo e dal lusso, ma dalla grazia e l’armonia delle linee e dei colori, uniti a una massima semplicità. “La scuola spirituale non pone limiti alla bellezza del suo ambiente, altro che i limiti economici”[257]. “Il meglio per i più piccoli”, come riferisce Standing, era il motto della Dottoressa.


Ricco, bello, interessante e ordinato, in grado di favorire l’indipendenza e l’autonomia, la possibilità di fare da sé: ecco le caratteristiche che deve possedere un ambiente “montessoriano”. Ma sentiamo come lo descrive la Montessori stessa:


“Gli oggetti circostanti devono essere proporzionati alle dimensioni e alle forze del bambino: mobili leggeri che egli possa trasportare; credenze basse alle quali il suo braccio possa giungere; serrature di facile maneggio; cassetti che scorrono; sportelli leggeri da aprirsi e chiudersi; attaccapanni fissati nel muro a portata di mano del bambino; spazzole che la sua piccola mano possa abbracciare; saponette che siano contenute nel cavo della sua mano; catinelle così piccole che egli possa avere la forza di vuotarle; scope col manico breve, liscio e leggero; vestiti che egli possa facilmente togliersi e indossare; ecco un ambiente che invita all’attività e nel quale, a poco a poco, il bambino instancabilmente perfeziona i suoi movimenti e acquista grazia ed abilità umane, così come il piccolo gattino acquistava le sue graziose mosse e le sue abilità feline, muovendosi sulla sola guida dell’istinto”[258]. È sempre per questo motivo che si danno ai bambini piatti di ceramica, bicchieri di vetro e non di plastica o infrangibili: tali oggetti infatti sono “i denunciatori dei movimenti rudi, errati, ineducati. Allora il fanciullo è portato a correggersi e perciò si esercita a non urtare, a non rovesciare, a non rompere, raddolcendo sempre più i suoi movimenti e rendendosene a poco a poco padrone e dirigente perfetto. Per la stessa via il bambino si abituerà a fare tutto il possibile per non macchiare gli oggetti, così belli e così gai, che rallegrano il suo ambiente”[259]. Invece quando il bambino urta cento volte contro mobili così pesanti, che un adulto muoverebbe a stento; quando lascia cadere cento volte un piatto di plastica in terra senza che mai si rompa, non si accorge dell’effetto delle sue azioni, poiché “l’ambiente esterno è costruito in modo da ‘nascondere’ e perciò incoraggiare gli errori, con mefistofelica ipocrisia”[260].


Invece “nel giusto ambiente la normalità viene naturalmente, da sola”[261], dice Maria Montessori. È quindi “sull’ambiente che bisogna agire per liberare le manifestazioni infantili: il bambino si trova in un periodo di creazione e di espansione e basta solo aprirgli la porta”[262]. Ecco dunque il segreto, che è “un fatto semplicissimo: offrirgli un ambiente ove tutte le cose siano costruite secondo le sue proporzioni: e lì lasciarlo vivere”[263].


“L’ambiente dell’adulto – infatti – non è ambiente di vita per il bambino, ma è piuttosto un cumulo di ostacoli tra i quali egli sviluppa difese, adattamenti deformanti, dove resta vittima di suggestioni”[264] . Pensiamo, per esempio, quanto una comune casa sia poco adatta a soddisfare i bisogni di un bambino piccolo: oggetti attraenti posti in alto dove lui non arriva o che comunque non può toccare perché si rompono, sedie e tavoli così grandi a cui non può avere accesso, perfino il suo letto è irraggiungibile: una gabbietta con le sbarre dove viene infilato e tolto dall’adulto a suo piacimento. Non gli restano che i giocattoli, misero surrogato dei ben più interessanti attrezzi dei “grandi”, soluzione di ripiego in mancanza di meglio. La Montessori fu ella stessa sorpresa nel constatare, nella sua prima Casa dei Bambini, come i piccoli si interessassero ai giocattoli solo per un momento ma non ne facessero mai oggetto della loro scelta spontanea, in quanto attratti e occupati da attività molto più importanti per loro. Giocare con una casa di bambole non è la stessa cosa che vivere in una casa propria: Maria Montessori racconta nell’Autoeducazione la sua visita a un asilo modello dove le maestre sostenevano di far fare anche loro ai bambini gli esercizi di vita pratica montessoriani ma i bambini giocavano con oggetti per bambole… I loro volti erano privi di espressione e la Montessori rimase stupita notando la totale incomprensione della situazione da parte degli adulti: “pensavano che tra apparecchiare una tavola per gioco e apparecchiarla realmente non ci fosse differenza: la vita immaginata e la vita vissuta eran la stessa cosa per loro”[265] .

Non basta quindi che l’ambiente sia proporzionato alle dimensioni e ai bisogni fisici del bambino, ma occorre che contenga anche cibo per la sua anima, per i suoi bisogni psichici e questo avviene attraverso materiali studiati appositamente per lui: materiali sensoriali, materiali che consentono attività di vita pratica e materiali per l’acquisizione della cultura. Il tutto alla sua portata e liberamente utilizzabile, in un clima di serena condivisione, alla presenza di un adulto affettuoso, paziente e disponibile a rispondere alle sue mutevoli esigenze.


L’ambiente montessoriano non è solo un ambiente a misura di bambino, una vera e propria casa lillipuziana costruita in base alle sue esigenze, ma è anche un ambiente d’amore. E questo è ciò che fa la differenza.

“La cosa che manca nella nostra società è un posto dove i bambini non siano repressi”[266], diceva Maria Montessori in un corso a Londra nel 1946. “Contro la freddezza dei nostri tempi è necessario creare uno spazio di protezione, un ambiente protetto in cui si avverte calore nei rapporti sociali, in cui vige il pensiero gentile ed amichevole e l’interesse reciproco”[267], scrive Kohler. Un ambiente caldo, accogliente, bello e confortevole, in cui ci si sente “a casa”, in cui ci si può permettere di essere pienamente se stessi.


In una società piena di “non luoghi” – come li definisce l’etnologo francese Marc Augè – cioè luoghi freddi e anonimi, tutti uguali, privi di storia e personalità – quali centri commerciali, ospedali, autogrill, aeroporti – dove ci si sente soli e spaesati, è importante ritrovare spazi accoglienti, che irradiano calore umano e gentilezza, dove ci si sente accolti e parte di un tutto più grande di noi che ci avvolge e ci protegge.


“L’ambiente è il luogo che il bambino deve amare tanto da essere spinto al lavoro”[268] come se una voce nascosta lo chiamasse e lo invitasse ad agire.

Maria Montessori paragona l’ambiente preparato con tutte le sue innumerevoli proposte di attività a delle scale che conducono in alto verso una personalità e una vita più ricca. Il bambino per lei è quell’essere infaticabile che sale continuamente da un gradino all’altro come se il suo Spirito trovasse sostegno nelle scale. Nell’ambiente infatti egli trova oggetti che gli permettono di esercitarsi con quelle misteriose energie che sono in lui e che lo obbligano a salire continuamente senza pausa per diventare un adulto, per costruire se stesso.


Ma perché ciò avvenga occorre un’ulteriore caratteristica su cui dovremo soffermarci in modo più dettagliato: l’ordine.

Ordine fuori, ordine dentro

“Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto” è la prima regola in una scuola Montessori: è una legge naturale, il principio che regge l’intero universo.


Se osserviamo la natura con attenzione infatti, ci accorgiamo che ogni cosa vi ha la sua esatta collocazione. Il “cosmo” è, per definizione, ordine: questo infatti è il suo significato etimologico. Basti pensare alla posizione dei pianeti nello spazio ma anche a quella delle cellette di un alveare o alla perfezione di qualsiasi organismo vivente, del nostro corpo per esempio: ogni cellula vi ha la sua funzione precisa e il suo giusto posto all’interno dei vari organi e apparati. La perdita dell’ordine e dell’armonia si traduce in malattia: le cellule che crescono in modo esagerato e fuori luogo danno origine a fenomeni cancerosi, che non sono altro che manifestazioni di anarchia.

L’ordine esterno aiuta a costruire l’ordine interno. Non solo per l’educatore e il terapeuta, ma per ogni essere umano “è’ uno dei compiti di centrale importanza quello di rimettere pazientemente e continuamente le cose al loro posto”[269] .


Questo vale non solo per gli oggetti di casa o dell’ambiente scolastico, ma per ogni cosa nella vita: le emozioni, gli eventi passati che ci hanno segnato, ogni tassello della nostra esistenza deve trovare la sua giusta collocazione nello spazio e nel tempo.


Questo è il vero significato della parola “ricordare”: rimettere nel cuore al posto giusto. Altrimenti è il caos, la confusione, la frammentazione che ci impedisce di ritrovare la nostra unità originaria. Non si può tralasciare nulla, escludere nessun aspetto, che sia piacevole o fastidioso, ogni pezzetto del puzzle va inserito nel posto che gli spetta, pena il rimanere monchi di qualche parte, perdere l’integrità che è l’obiettivo di ogni vita che sia degna di essere chiamata tale.


Sebbene sembri difficile a credersi, i bambini piccoli posseggono un naturale istinto all’ordine: esso rappresenta uno dei primi periodi sensitivi, “uno dei più importanti e dei più misteriosi”[270], che raggiunge il suo picco massimo intorno ai due anni ma continua ancora in quelli successivi. Per loro ordine significa sicurezza, la certezza di ritrovare ogni cosa al suo posto, là dove è stata messa. Molti dei cosiddetti “capricci” dei bambini piccoli sono legati proprio alla perturbazione dell’ordine esterno, come un oggetto spostato, a cui è stata cambiata collocazione, una persona che si siede a tavola al posto di un’altra o indossa il vestito di un’altra; o di quello interno, riferito allo schema corporeo, come, per esempio, una baby-sitter che fa il bagno al bambino tenendolo in modo diverso dalla mamma. Tutti questi cambiamenti sono, per un piccolino di pochi mesi ma anche di un anno o due, perturbazioni del suo senso di orientamento, un venir meno di punti di riferimento per lui importanti.


La Montessori cita, a questo proposito, diversi episodi: quello di una bimba di appena sei mesi che iniziò a piangere non appena una signora in visita appoggiò il suo ombrello sopra a un tavolo e smise solo quando la madre lo portò nella stanza attigua, al suo posto; quello di un bimbo di un anno e mezzo di età che, troppo piccolo per camminare su un lungo percorso, venne preso in braccio dalla mamma, la quale, accaldata, si tolse in quel mentre il soprabito e se lo mise sul braccio: il bambino cominciò a piangere e non si calmò neanche nelle braccia di altre persone, smettendo solo quando la Montessori stessa, che aveva assistito alla scena, chiese alla madre, stupita, di rinfilarsi il soprabito… “Immediatamente il bambino si calmò, finirono le lacrime e l’agitazione ed egli disse più volte ‘To, palda’ che voleva significare ‘il paletot sulle spalle’: ‘finalmente mi avete capito’[271] sembrava che pensasse”. Il bambino non può vivere nel disordine, perché questo lo fa soffrire, e la sofferenza si manifesta nel pianto disperato e persino in una agitazione persistente”[272].


Al contrario, rimettere le cose a posto, ripristinare l’ordine perduto è fonte di grande soddisfazione per un bambino piccolo. In fondo, come ci ricorda Kohler, “La domanda dei bambini è: andrà tutto a posto? Ogni volta che si rompe qualcosa, due persone litigano, qualcuno si ammala, i bambini si chiedono: andrà tutto a posto? Questa domanda esprime più di ogni altra un aspetto fondamentale dell’essenza dell’infanzia, ovvero del miracolo di essere bambini. Andrà tutto a posto? Questa domanda si riferisce alla guarigione. Dobbiamo trovare la giusta risposta a questa domanda. Non possiamo trovarla però negli insegnamenti. … Impegniamoci piuttosto a creare un ambiente in cui il bambino possa anche sperimentare che esistono i conflitti, così come le incomprensioni, le crisi, i sogni. Tutto ciò fa parte della vita. Ma tutto andrà a posto! Perlomeno tutti faranno del loro meglio perché tutto vada a posto”[273] . Questo almeno dovrebbe essere il compito degli adulti.


“Si direbbe che l’ordine rappresenti uno stimolo eccitante, un richiamo attivo: ma è certo qualcosa di più che questo, è uno di quei bisogni che rappresentano reale godimento nella vita”[274], dice Maria Montessori. Lo dimostrano alcuni tipici giochi dei bambini molto piccoli, come il cucù (dove l’adulto si copre il volto con le mani dicendo “Non c’è più” per poi farlo ricomparire poco dopo: “Eccolo!”) o il classico nascondino. Sappiamo bene che i bambini tendono a nascondersi sempre nello stesso posto e vogliono che anche l’adulto che gioca con loro faccia lo stesso: questo perché per loro il piacere sta tutto nel ritrovare le cose e le persone nello stesso luogo in cui le hanno lasciate. È come se essi “dicessero interiormente: ‘Di fuori non si vede, ma io so dov’è e posso trovare una cosa a occhi chiusi, sicuro del posto dov’è collocata.’ Tutto questo dimostra che la natura pone nel bambino la sensibilità all’ordine, come costruzione di un senso interno che non è la distinzione tra le cose, ma la distinzione dei rapporti tra le cose. …Senza tale acquisto mancherebbe il fondamento della vita di relazione. Sarebbe come avere dei mobili senza una casa ove collocarli. E così, a che servirebbe l’accumulo delle immagini senza l’ordine che le organizza? Se l’uomo conoscesse soltanto gli oggetti e non i loro rapporti, si troverebbe in un caos senza uscita”[275].


L’ordine è dunque “una bussola per orientarsi nel mondo”[276]. “L’ordine delle cose vuol dire conoscere il collocamento degli oggetti nell’ambiente, ricordare il luogo dove ognuno di essi si trova: ciò vuol dire orientarsi nell’ambiente e possederlo in tutti i suoi particolari. L’ambiente che appartiene all’anima è quello noto, quello dove ci si può muovere ad occhi chiusi e trovare a portata di mano tutto ciò che si cerca: è un luogo necessario per la tranquillità e la felicità della vita”[277]. “L’ordine, per i piccoli, è simile al piano di sostegno su cui devono appoggiarsi gli esseri terrestri per poter camminare: esso equivale all’elemento liquido entro cui nuotano i pesci. Nella prima età si raccolgono gli elementi d’orientamento dall’ambiente nel quale lo spirito dovrà agire per le sue future conquiste”[278].

L’ordine, dice Standing, dovrebbe pervadere una scuola Montessori come lo spirito è presente in ogni parte del corpo. Ogni materiale deve avere la sua giusta collocazione all’interno dell’aula e ogni pezzetto di materiale deve essere disposto nell’ordine che gli è proprio. Non è consentito lasciare sparpagliati a terra i cubi della torre rosa o le lettere smerigliate, né tantomeno infilare a casaccio le spolette dei colori o i triangoli costruttori nelle scatole che li contengono. Ma non c’è nemmeno bisogno che la maestra richiami i bambini perché l’amore dell’ordine li spinge spontaneamente a prendersi cura dell’ambiente e di tutto ciò che esso contiene.


Nelle Case dei Bambini uno dei fenomeni più interessanti che giungono all’osservazione dei visitatori è proprio questo relativo all’ordine: se un oggetto rimane fuori posto, una sedia messa di sbieco o una piccola saponetta poggiata sul tavolo anziché sul portasapone, ecco che subito un piccolino se ne accorge e va a rimetterla a posto. Se un bimbo lascia cadere un po’ d’acqua per terra mentre trasporta una brocca, ecco che un compagno subito accorre per asciugare e riparare il danno. Non è l’adulto che ordina e impone: il bambino agisce spontaneamente, mosso dalla sua guida interiore.

“L’ordine è poi la vera chiave della rapidità nelle reazioni”[279] dice la Montessori ed è per questo che “i nostri bambini (sono) attivi e svegli, sensibili alla più impercettibile chiamata, pronti ad accorrere verso di noi senza distrarre l’attenzione da ogni loro movimento e da ogni oggetto esterno che possono incontrare”[280]. L’ordine infatti “fa risparmiare forze e tempo; come un museo ben ordinato risparmia le forze e il tempo dei ricercatori. Il bambino quindi può eseguire una maggiore quantità di lavoro senza stancarsi e può reagire in un tempo più breve”[281].

Classificare per fare ordine

La classificazione degli oggetti in base alle loro caratteristiche – così utilizzata nelle Case dei Bambini – è uno strumento eccellente per portare ordine: così “il mondo non è più un caos per il bambino: la sua mente somiglia un po’ agli scaffali ben ordinati di una biblioteca; ogni oggetto è al suo posto, nella sua categoria. E ogni suo acquisto non sarà più ‘immagazzinato’, ma ‘collocato’. Quell’ordine primitivo non verrà mai turbato ma solo arricchito di materia”[282]. “Non è il cumulo di conoscenze dirette delle cose che forma il letterato, lo scienziato, l’intelligente; ma è l’ordine preparato nella mente che deve riceverlo. … Distinguere, classificare e catalogare le cose esterne in base ad un ordine sicuro già esistente nella mente, ecco l’intelligenza e insieme la cultura”[283].


Ogni creazione richiede una preparazione: occorre portare ordine nel caos, occorre separare e distinguere, proprio come si racconta nella Genesi che fece Dio quando divise la luce dalle tenebre e radunò le acque. “Saper distinguere, ecco il carattere dell’intelligenza: distinguere è ordinare ed, anche nella vita, preparare la creazione”, giacché “in una mente caotica è altrettanto difficile il riconoscimento come la possibilità di elaborare un ragionamento”[284].


Non serve – come invece comunemente si fa nelle scuole – depositare nella mente del bambino una considerevole quantità di nozioni, di immagini fotografate e tenute una sull’altra come immagini di un album: la mente del bambino infatti non è un magazzino “dove si suppone ci sia posto per deporvi sempre nuovi oggetti” e un tale lavoro di semplice “deposito” è una violenza alla natura intellettuale”[285] dice Maria Montessori.


Spiegare al bambino tutte le caratteristiche di un oggetto - per esempio un chicco di caffè -, la sua storia, le sue proprietà, il suo uso significa fornire alla mente del bambino nozioni così vaghe da affaticarla e ingombrarla inutilmente. “Se infatti si domandasse al bambino: ‘Che cos’è dunque il caffè?’ egli forse risponderebbe: ‘una cosa così lunga che io non me la posso ricordare’. Diverso sarebbe invece fornirgli i cassetti dove inserire nella sua giusta collocazione la pianta che si chiama ‘caffè’”.


“La conoscenza dello scienziato è infinita, perché egli, possedendo la classificazione degli attributi delle cose, tutte può riconoscerle e determinarne ora la classe, ora le parentele, ora le origini: fatti più profondi che le cose stesse non potrebbero da sé rivelare. Ora i nostri bambini, analogamente agli scienziati, riconoscono nel mondo esterno gli oggetti dai loro attributi e li classificano; sono perciò sensibili a tutti gli oggetti: ogni cosa acquista per essi un valore”[286]. Sanno gustare una sinfonia o un’opera d’arte perché sanno vederla, sanno riconoscerla, sanno collocarla al posto giusto.

Ordine fuori, ordine dentro: quando ogni cosa è al suo posto nell’ambiente esterno anche la nostra interiorità ne gode. Quando la nostra casa è in ordine, quando c’è armonia intorno a noi, ci sentiamo subito più rilassati e tranquilli. Il disordine infastidisce e innervosisce, l’ordine dona calma e serenità. Quando ogni cosa ha il suo posto nella nostra mente e nel nostro cuore, allora e solo allora possiamo essere pienamente noi stessi.

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.