La visione è il punto di partenza per la creazione.
Qualcosa di simile a quanto accade all’artista avviene anche per l’educatore. Come ci ricorda Hillman, il mentore è colui che vede, che percepisce l’altro nella sua essenza, che ne riconosce l’anima e quindi è in grado di aiutarla a sbocciare. Perché “essere è essere percepiti”[241], come diceva il filosofo irlandese George Berkeley, e l’essere percepiti e riconosciuti apre una possibilità di redenzione. Quando qualcuno ci riconosce ci sentiamo accolti, benevenuti nel mondo e ciò che era solo possibile diventa auspicabile, godibile. L’anima può discendere e mettere radici.
Colui che ci guarda e coglie la nostra essenza ci fa da specchio: ci aiuta a scoprire il nostro vero volto, ci assicura che andiamo bene così, che non c’è nulla di sbagliato, che possiamo proseguire sulla nostra strada, possiamo volerci bene e fidarci di noi stessi.
Ma c’è di più. Chi ci ama in questo modo, così puro e incondizionato, compie una vera e propria alchimia: fa affiorare la nostra divinità. “Ogni volta che ami una persona la sua divinità riaffiora” dice Osho, ogni volta che qualcuno ti ama “il tuo volto più bello emerge e, a poco a poco, il tuo volto sgradevole scompare.”[242]
Lo si vede spesso nei bambini, soprattutto quelli considerati difficili o problematici. Quando trovano la persona giusta, capace di mettersi al loro fianco senza giudicarli, senza condannarli, senza disprezzarli ma riconoscendone invece i talenti nascosti dietro alla facciata, dietro alla maschera che essi hanno dovuto indossare per proteggersi, allora questi bambini rifioriscono come boccioli. Qualcuno li ha visti, si è accorto di loro, ha riconosciuto la loro unicità, le loro potenzialità: è come un tacito invito a schiudersi, ad aprirsi al mondo.
Non tutti, però, sanno vedere: “Non basta che un oggetto sia innanzi ai nostri occhi perché noi lo vediamo: bisogna che ci portiamo la nostra attenzione”[243]. Bisogna che siamo interessati a vederlo, che vi ci soffermiamo con calma, con mente aperta, senza pregiudizi e soprattutto con fiducia: “Bisogna credere per vedere. È la fede che conduce la vista; non la vista che produce la fede” diceva Maria Montessori[244].