capitolo iii

Il metodo che non è un metodo,
ovvero l’approccio Montessori al bambino

Il metodo è pericoloso, poiché potresti dimenticare totalmente la sorgente e potresti rimanere assolutamente ossessionato dal metodo stesso. I metodi sono ottimi, se resti attento e presente, se resti consapevole, se sei cosciente che non sono il fine, sono soltanto il mezzo. Ricordalo sempre, poiché esiste sempre la possibilità di diventare una vittima di tecniche e di metodi: l’Assoluto giunge a te solo quando hai lasciato cadere tutte le tecniche.

Osho

Il compito principale non è imparare il metodo, ma aprire le porte ad una nuova e migliore condizione di vita per il bambino.

Maria Montessori

Mi è capitato di assistere una volta ad una lezione di aikido in un centro altamente qualificato e molto serio: i movimenti dei partecipanti, impeccabilmente vestiti con il tradizionale abbigliamento in stile giapponese, erano tecnicamente perfetti. Non c’era nulla fuori posto, eppure sono uscita da quel luogo con una strana sensazione di freddezza e, tra me e me, mi sono detta: “Ma il cuore dov’è?” La tecnica, il metodo, sono importanti ma non bastano. Perché qualsiasi disciplina diventi un’arte occorre andare oltre: bisogna metterci l’anima. Cioè il cuore. Alla conoscenza occorre affiancare l’amore.


Quello che è conosciuto ubiquitariamente come “il metodo Montessori” in realtà è ben altro, è molto di più.

Del resto lo diceva la Montessori stessa: “Questo non è in primo luogo un metodo educativo, né una nuova filosofia, ma qualcosa molto più grande di tutto ciò”[115]. E ancora: “Quest’opera si è voluta chiamare metodo, cosa che io non ho fatto. …trattandosi di una missione”[116]. In una conferenza tenuta al corso internazionale di Roma nel 1931 così precisava: “La nostra è un’opera d’amore, ma intendiamoci bene. Non parliamo di un amore di affetto e di sentimento, ma di un’opera di amore”. Tale opera “rivolta all’intelligenza cercante, affinché trovi ciò che le è necessario e si sviluppi nella luce rispettando il suo lavoro interiore” però non è stata capita. “Vedete – continua Maria Montessori – ci sono amori bassi, poi più alti e ancora più elevati, e al culmine c’è l’intelletto d’amore che rappresenta il dono più alto che abbia l’uomo per sostenere la sua missione. E questo orientamento è qualcosa di diverso da ciò che si attende da un qualunque metodo di educazione.”[117]


È infatti un atteggiamento spirituale: come afferma il rabbino Jehuda Berg, “Il più alto grado di aiuto che si può dare ad un essere umano è il sostenerlo nell’avvicinarsi alla Luce”[118], cioè nel ritrovare la sua autenticità e nel far sbocciare le sue potenzialità nascoste.


Anna Maria Maccheroni era solita dire della Dottoressa che non aveva voluto inventare un metodo ma scoprire il bambino. “L’intenzione di costruire un sistema, psicologico, pedagogico o filosofico che fosse, non entrò mai nella sua mente – scrisse di lei, a questo proposito, il figlio Mario – ciò che fece fu di elaborare un orientamento; ciò che diede furono direttive scientificamente solide, la cui validità è stata provata da esperienze condotte in scala assai vasta, in tutti gli strati della società, in ogni parte del mondo: direttive cioè per un’azione pratica in campo educativo e sociale, per aiutare lo sviluppo della personalità umana. … Cercava sempre di cogliere l’essenza dei fenomeni osservati e, se possibile, di elaborare da essi una “visione” essenziale ed esistenziale”[119].


Dare direttive significa indicare delle direzioni, mostrare la luce del faro a chi non l’ha ancora vista, a chi naviga ancora in acque buie, lontano dal porto. È esattamente ciò che fa un maestro o un leader spirituale, non un pedagogista.


Ecco perché se qualcuno mi chiedesse “Maria Montessori medico e/o educatrice?” risponderei: tutte e due e molto di più della somma dei due.


Della sua figura si è ormai appropriata la pedagogia, che la annovera tra i suoi personaggi illustri (“una stella fissa nel firmamento della storia dell’educazione”[120]), mentre il suo ruolo di medico è stato probabilmente trascurato, laddove andrebbe invece rivalutato e rivisto, alla luce del suo significato etimologico. Il termine “medico” infatti in origine voleva dire anche “maestro” ed è questo che fu, a mio avviso, Maria Montessori: un Maestro con la M maiuscola. Del resto si dice che quando fu chiesto al Buddha chi fosse davvero egli rispose: “sono un guaritore, sono un medico”. Ci sono molti modi infatti per essere medico, al di là di quelli universalmente conosciuti. Maria Montessori lo fu a pieno titolo – e non solo per formazione – in quanto operò per lenire e curare le ferite del bambino, invisibili agli occhi altrui.


Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, pare le abbia detto incontrandola a Londra: “Se i bambini fossero allevati in tutto il mondo secondo i suoi princìpi, la maggior parte degli psicoanalisti non avrebbe più niente da fare”[121].


C’è chi l’ha definita “an educational phisician[122], un medico dell’educazione (come si faceva chiamare Françoise Dolto) ma potremmo chiamarla anche una “levatrice di anime” oppure una “Donna-Medicina” che ha usato l’educazione come strumento terapeutico per i bambini.


Più che un metodo pedagogico, quella di Maria Montessori infatti è una terapia spirituale. Del resto lo ha scritto anche lei: “Il mio lavoro è stato un contributo pratico alla ricerca delle cure di cui ha bisogno l’anima del bambino”[123].


“Dobbiamo guarire le ferite inconsce, le malattie spirituali che già si trovano in questi piccoli graziosi figli dei prigionieri dell’ambiente artefatto”[124]. E ancora: “Il mio metodo risveglia nel bambino l’anima dell’uomo dormiente! …Il reale segreto del suo successo è esattamente questo richiamo all’uomo che dorme”[125].


Afferma Elisabeth Caspari, allieva e collaboratrice della Dottoressa negli anni trascorsi in India: “Maria Montessori ha portato un messaggio, non un metodo”, un messaggio dalle mille sfaccettature, che può essere letto a molti livelli. Un messaggio che è comunque a mio parere, e come afferma C. Miller, “essenzialmente spirituale”. Lo dice, del resto, anche lei: “Il nostro compito è veramente spirituale; dobbiamo preparare nell’ambiente l’alimento dello spirito, che è occulto come forza e che cerca le cose intime e nascoste all’esterno”[126].


Grazia Honegger Fresco riporta che l’esploratore americano Robert Peary, il primo ad aver raggiunto nel 1909 il Polo Nord, affermava che non bisogna parlare di “nuovo metodo di educazione” ma di “scoperta dell’anima umana”[127] .

Educazione come aiuto alla vita

L’approccio Montessori è un “aiuto alla vita” perché essa possa sbocciare in tutta la sua ricchezza e prorompente bellezza. È dunque applicabile in qualsiasi campo, non solo in quello educativo, e realizzabile in tutti gli ambienti, siano essi le scuole, le famiglie o gli ambulatori pediatrici: si può essere genitori, pediatri o psicoterapeuti “montessoriani” se si svolge il proprio compito secondo questa particolare ottica. Ma non si tratta di una questione di etichetta: esistono terapeuti molto più montessoriani di insegnanti che invece si definiscono tali. È una questione di atteggiamento interiore, non di definizione.


“Se noi consideriamo l’educazione come lo sviluppo di possibilità latenti, più che adoperare questa parola, educazione, dobbiamo adottarne un’altra: coltivazione. Cioè l’educatore deve coltivare le potenzialità esistenti nel bambino, in modo che si sviluppino e si espandano”[128].


L’approccio montessoriano è individuale e olistico: “Si rivolge al bambino nella sua globalità – corpo, mente e anima. È di aiuto a tutti i bambini, al di là delle loro capacità o circostanze. … Montessori è per tutti i bambini”[129]. Ed è nel contempo per ogni singolo bambino perché, come sosteneva Korsczak, i bambini al plurale non esistono: esiste solo quel bambino, con quelle particolari caratteristiche, in quel determinato momento della sua vita. Scriveva Anna Maria Maccheroni, a questo proposito, “Pensavo alla ‘porta stretta’ di cui si parla nei libri di vita spirituale. È stretta. Non ci passano quaranta bambini in linea. Soltanto uno alla volta”[130].


Ma dirò di più: sebbene sia rivolto ai bambini, l’approccio montessoriano può essere valido anche per gli adulti ed è infatti all’Uomo che la Dottoressa voleva dedicare gli studi negli ultimi anni della sua vita.


Guardate il bambino se volete scoprire chi siete: sembra, come abbiamo visto, volerci suggerire Maria. Attraverso di lui, lei ci riporta a noi stessi, parlandoci del bambino ci parla indirettamente di noi. Non per nulla scrive Canfield Fisher riferendosi al metodo Montessori: “Soprattutto noi possiamo applicarlo a noi stessi, alle nostre vite tese e problematiche. Nulla infatti potrebbe essere più benefico per i nostri bambini di una conversione entusiastica da parte nostra alla sua grande e calma fiducia nella vita stessa”[131].


Quello Montessori, infine, è un approccio secondo natura in quanto, come abbiamo visto, è basato sulle leggi universali che regolano la vita stessa del cosmo e dell’uomo: questo è il suo segreto, il segreto della sua validità, della sua così ampia diffusione a livello internazionale, in tutti gli strati sociali, in tutte le culture, in tutte le religioni.


Le idee di Maria Montessori dovrebbero agire su di noi “come un potente stimolo all’intero corpo dei nostri pensieri sulla vita. Dovrebbero farci riflettere, riflettere profondamente, non solo su come insegnare più facilmente ai nostri bambini l’alfabeto, ma su quei problemi fondamentali che oggi definiamo vita morale; se noi realmente e onestamente desideriamo il meglio da un punto di vista spirituale per i nostri bambini, o solo il meglio da un punto di vista materiale e il motivo per cui noi siamo realmente al mondo”[132].

Il metodo Montessori è “educazione alla vita”, in tutti i suoi aspetti, nella sua globalità e interezza: ho sempre colto l’importanza di questo concetto ma ne ho capito il vero significato solo vivendo. La scuola in genere non prepara alla vita, difficilmente educa, di solito istruisce: fin da piccolissimi i bambini vengono rimpinzati di schede preformate da compilare e addestrati a imparare delle risposte fisse, a studiare per l’interrogazione. Se poi viene chiesto loro qualcosa che va al di fuori dell’argomento preparato ecco che entrano in crisi, non sanno rispondere. Il fatto è che non si possono studiare tutte le risposte perché la vita è imprevedibile, non sappiamo cosa ci chiederà e quando ce lo chiederà. “Non puoi sapere cosa accadrà il prossimo momento. Non puoi immaginare cosa ti porterà il domani. Perciò qualunque struttura ti crei, qualunque preparazione tu faccia, sarà irrilevante di fronte alla situazione”[133]. La vita reale è in continuo mutamento, in continua trasformazione, è un’avventura: bisogna sapersi adattare, saper essere elastici per poterla vivere al meglio, proprio come il bambù che si flette e si inchina al vento. “Le prove alle quali ci attende la vita sono improvvise, inattese: nessuno ci può preparare direttamente ad esse, è solo l’anima robusta che ci prepara a tutto… Chi è forte è pronto”[134]. Non è forte però chi è stato costretto a ingoiare a forza la minestra fredda – ci ricorda Maria – ma colui che è cresciuto secondo natura, i cui bisogni sono stati corrisposti al momento giusto, colui che, in ogni epoca della sua vita, ha ricevuto il nutrimento – fisico e spirituale – più adatto per lui. “Per essere pronti alla lotta non bisogna aver lottato fin dalla nascita”[135]. Una forte volontà e uno spirito equilibrato sono il risultato non di un addestramento di tipo militare ma di una vita interiore sviluppatasi normalmente seguendo le leggi che regolano l’intero universo.
Uno dei dubbi più frequenti in chi si interroga sul metodo Montessori è proprio questo: “Sarà giusto far crescere i nostri figli in un ambiente ideale sì, ma così diverso dalla comune realtà? Non faranno poi fatica a inserirsi nella società? Non è meglio che imparino fin da subito che la vita è dura e che bisogna lottare per farsi avanti?” La risposta ce la dà Maria Montessori stessa: “Quando un essere vivente è in via di evoluzione, per garantirne lo sviluppo normale, bisogna corrispondere ai singoli bisogni del presente. Il feto ha bisogno di nutrirsi col sangue: il neonato col latte. … Il lattante si prepara a camminare stando sdraiato e dormendo lunghi sonni tranquilli. …Così come l’uccello del nido non si prepara al volo volando, ma rimanendo immobile nel piccolo guscio caldo dove si provvede alla sua nutrizione. Le preparazioni della vita sono indirette.

L’attesa del fenomeno di natura, che è il volo maestoso degli uccelli, la ferocia della belva, il canto dell’usignolo, la variopinta bellezza delle ali di una farfalla, si preparano nei segreti di un nido o di una tana o nella immobile intimità di un bozzolo. La natura onnipotente chiede per le creature in formazione solo pace. Il resto essa lo dona. Ora, anche lo spirito infantile deve trovare il suo caldo nido ove fu assicurata la sua nutrizione e poi dobbiamo “attendere” le rivelazioni dello sviluppo. Offrire perciò gli oggetti che corrispondono alle sue tendenze formative, è una necessità per ottenere il risultato che l’educazione si prefigge: cioè che le forze latenti nell’uomo si svolgano col minimo sforzo e il più pienamente possibile”[136].


L’unica preparazione alla vita è diventare forti ma nel contempo flessibili, sicuri di sé ma anche capaci di adattarsi alle circostanze che mutano: è proprio questo che offre il “metodo” Montessori.

Le basi del “metodo”

L’approccio Montessori al bambino poggia, a mio avviso, su quattro pilastri che sono:

  1. L’ambiente adatto
  2. La libera scelta e l’interesse
  3. L’adulto come mentore
  4. La normalizzazione


Ambiente, bambino e adulto sono per Maria Montessori una sorta di trinità: è su questi tre elementi che si basa fondamentalmente il suo “metodo”. Si tratta di un triangolo equilatero, in cui tutti i lati sono uguali: l’adulto agisce sul bambino in modo indiretto, attraverso l’ambiente predisposto per lui, il bambino impara dall’ambiente con la guida dell’adulto che lo accompagna.

Un ambiente a misura di bambino, adatto alle sue esigenze psichiche e spirituali, un fanciullo libero di scegliere e di seguire la via dei propri interessi e un adulto che veglia su di lui come farebbe un angelo custode: grazie a questi tre elementi il bambino può venire riportato a una situazione di non patologia o, meglio, di salute, intesa come stato globale di benessere psicofisico. È il processo della cosiddetta “normalizzazione”: un termine utilizzato dalla Montessori per indicare “un fenomeno psicologico il quale ricorda le guarigioni che si ottengono nell’adulto con la psicanalisi”[137] ma ritenuto da lei stessa imperfetto “inquantoché è un adattamento di una parola molto usata, per un’idea che, essendo nuova, avrebbe bisogno anche di un termine nuovo. Come parlare di cose del tutto nuove con il vecchio vocabolario?”[138]. Anche perché, come lei stessa afferma, il concetto di “normalità” si riferisce a un assoluto che non esiste nella realtà. Qual è il bambino “normale”? Quello che aumenta di peso e di altezza secondo quanto previsto dalle tabelle pediatriche, che segue gli schemi imposti dagli esperti della salute? O piuttosto quello che cresce secondo le direttive della natura?


Io credo che per normalizzazione – in attesa di trovare un termine più adatto – vada inteso il processo del riportare il bambino alla sua natura originaria. È un po’ quello che succede quando, togliendo strati di colore sovrappostisi nel tempo, si fa riemergere da un vecchio quadro il dipinto originale sottostante, il vero capolavoro.


Didatticamente parlando, ciò avviene quando l’insegnante riesce ad affascinare il bambino, a suscitare in lui un interesse che lo porta un po’ alla volta a concentrare la sua attenzione. “Può dire per esempio con tono allegro: ‘Perché non si cambierebbe oggi di posto ai mobili?’ e lavorare con i bimbi incoraggiando tutti ed apprezzando tutti. Oppure: ‘E se si lustrasse quel bel vaso di ottone?’ O, ancora: ‘Vogliamo andare in giardino a raccogliere un po’ di fiori?’”[139]. Oppure può far divertire i bambini con canzoni, rime e racconti. “Può fare più o meno quello che vuole” – dice Maria – per accendere la scintilla dell’interesse, ma appena la concentrazione ha inizio deve “fare come se il bambino non esistesse” cioè “non interferire sotto nessuna forma”[140]. Perché anche un semplice sguardo – e a maggior ragione una lode, una correzione o un aiuto – può essere sufficiente a interrompere l’attività del bambino e a spezzare i delicati processi psichici che stanno avvenendo in lui.

“Perfezione e sicurezza devono svilupparsi nel bambino da sorgenti interne con le quali il maestro non ha nulla a che fare”[141]. Egli deve solo preparare l’ambiente adatto, vigilare che tutto proceda secondo natura e attendere fiducioso che il bambino riveli a se stesso e agli altri il suo vero volto.

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.