Del resto lo diceva la Montessori stessa: “Questo non è in primo luogo un metodo educativo, né una nuova filosofia, ma qualcosa molto più grande di tutto ciò”[115]. E ancora: “Quest’opera si è voluta chiamare metodo, cosa che io non ho fatto. …trattandosi di una missione”[116]. In una conferenza tenuta al corso internazionale di Roma nel 1931 così precisava: “La nostra è un’opera d’amore, ma intendiamoci bene. Non parliamo di un amore di affetto e di sentimento, ma di un’opera di amore”. Tale opera “rivolta all’intelligenza cercante, affinché trovi ciò che le è necessario e si sviluppi nella luce rispettando il suo lavoro interiore” però non è stata capita. “Vedete – continua Maria Montessori – ci sono amori bassi, poi più alti e ancora più elevati, e al culmine c’è l’intelletto d’amore che rappresenta il dono più alto che abbia l’uomo per sostenere la sua missione. E questo orientamento è qualcosa di diverso da ciò che si attende da un qualunque metodo di educazione.”[117]
È infatti un atteggiamento spirituale: come afferma il rabbino Jehuda Berg, “Il più alto grado di aiuto che si può dare ad un essere umano è il sostenerlo nell’avvicinarsi alla Luce”[118], cioè nel ritrovare la sua autenticità e nel far sbocciare le sue potenzialità nascoste.
Anna Maria Maccheroni era solita dire della Dottoressa che non aveva voluto inventare un metodo ma scoprire il bambino. “L’intenzione di costruire un sistema, psicologico, pedagogico o filosofico che fosse, non entrò mai nella sua mente – scrisse di lei, a questo proposito, il figlio Mario – ciò che fece fu di elaborare un orientamento; ciò che diede furono direttive scientificamente solide, la cui validità è stata provata da esperienze condotte in scala assai vasta, in tutti gli strati della società, in ogni parte del mondo: direttive cioè per un’azione pratica in campo educativo e sociale, per aiutare lo sviluppo della personalità umana. … Cercava sempre di cogliere l’essenza dei fenomeni osservati e, se possibile, di elaborare da essi una “visione” essenziale ed esistenziale”[119].
Dare direttive significa indicare delle direzioni, mostrare la luce del faro a chi non l’ha ancora vista, a chi naviga ancora in acque buie, lontano dal porto. È esattamente ciò che fa un maestro o un leader spirituale, non un pedagogista.
Ecco perché se qualcuno mi chiedesse “Maria Montessori medico e/o educatrice?” risponderei: tutte e due e molto di più della somma dei due.
Della sua figura si è ormai appropriata la pedagogia, che la annovera tra i suoi personaggi illustri (“una stella fissa nel firmamento della storia dell’educazione”[120]), mentre il suo ruolo di medico è stato probabilmente trascurato, laddove andrebbe invece rivalutato e rivisto, alla luce del suo significato etimologico. Il termine “medico” infatti in origine voleva dire anche “maestro” ed è questo che fu, a mio avviso, Maria Montessori: un Maestro con la M maiuscola. Del resto si dice che quando fu chiesto al Buddha chi fosse davvero egli rispose: “sono un guaritore, sono un medico”. Ci sono molti modi infatti per essere medico, al di là di quelli universalmente conosciuti. Maria Montessori lo fu a pieno titolo – e non solo per formazione – in quanto operò per lenire e curare le ferite del bambino, invisibili agli occhi altrui.
Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, pare le abbia detto incontrandola a Londra: “Se i bambini fossero allevati in tutto il mondo secondo i suoi princìpi, la maggior parte degli psicoanalisti non avrebbe più niente da fare”[121].
C’è chi l’ha definita “an educational phisician”[122], un medico dell’educazione (come si faceva chiamare Françoise Dolto) ma potremmo chiamarla anche una “levatrice di anime” oppure una “Donna-Medicina” che ha usato l’educazione come strumento terapeutico per i bambini.
Più che un metodo pedagogico, quella di Maria Montessori infatti è una terapia spirituale. Del resto lo ha scritto anche lei: “Il mio lavoro è stato un contributo pratico alla ricerca delle cure di cui ha bisogno l’anima del bambino”[123].
“Dobbiamo guarire le ferite inconsce, le malattie spirituali che già si trovano in questi piccoli graziosi figli dei prigionieri dell’ambiente artefatto”[124]. E ancora: “Il mio metodo risveglia nel bambino l’anima dell’uomo dormiente! …Il reale segreto del suo successo è esattamente questo richiamo all’uomo che dorme”[125].
Afferma Elisabeth Caspari, allieva e collaboratrice della Dottoressa negli anni trascorsi in India: “Maria Montessori ha portato un messaggio, non un metodo”, un messaggio dalle mille sfaccettature, che può essere letto a molti livelli. Un messaggio che è comunque a mio parere, e come afferma C. Miller, “essenzialmente spirituale”. Lo dice, del resto, anche lei: “Il nostro compito è veramente spirituale; dobbiamo preparare nell’ambiente l’alimento dello spirito, che è occulto come forza e che cerca le cose intime e nascoste all’esterno”[126].
Grazia Honegger Fresco riporta che l’esploratore americano Robert Peary, il primo ad aver raggiunto nel 1909 il Polo Nord, affermava che non bisogna parlare di “nuovo metodo di educazione” ma di “scoperta dell’anima umana”[127] .