Libertà
Già, l’amore… e la libertà? Libertà e amore sono i due elementi che danno un senso di benessere e di pienezza alla nostra vita. È su questi due capisaldi che si gioca l’intera relazione con il bambino (e qualsiasi relazione in generale). Ma la verità – difficile e scomoda da accettare – è che non ci può essere amore senza libertà: il fiore dell’amore cresce solo sul terreno della libertà. Ecco perché alcuni, come il mistico Osho, dicono che il valore primario, quello più importante di tutti, è la libertà, ecco perché nel titolo di questo volume “libertà” viene prima di “amore”.
Un amore che non è libero di manifestarsi in tutte le sue espressioni non è amore; un amore che tiene prigionieri, che soffoca, che limita, che impedisce di far fiorire le potenzialità di un individuo, in realtà non è amore. È un bisogno camuffato, una maschera che copre un vuoto da riempire, è un misero surrogato. Ma che fatica arrivare a comprenderlo! Eppure è proprio così: solo se sono autentico, libero da tutti i condizionamenti, solo se sono centrato e radicato profondamente in me stesso, solo se ci sono per me, posso esserci anche per gli altri.
“Sono qui con te” dice l’adulto al bambino ma perché ci sia il “con te” dev’esserci prima l’“io sono”. “Io sono qui”: qui, ora, in questo istante, nel momento presente. Se hai bisogno, io ci sono.
Per arrivare al dono dell’amore bisogna prima passare attraverso la conquista della libertà. “La libertà è un fattore di salute straordinario” ci ricorda Grazia Honegger Fresco e le scuole Montessori ne sono un esempio eclatante.
“Aiutami a fare da solo!” ecco che ci chiede a un certo punto il bambino, e noi, come sagge chiocce, dopo averlo a lungo “covato”, ora dobbiamo lasciarlo andare, offrendogli gli strumenti necessari per camminare con le sue gambe e volare con le sue ali. Continueremo a stargli accanto, a essere lì con lui, ma tenendoci un po’ in disparte e permettendogli di esplorare il mondo con crescente autonomia, di fare esperienze, quante più possibili, nell’ambiente che lo circonda. Perché è solo così che si impara sul serio. Il sapere si acquista sui libri, ma la conoscenza, quella vera, la saggezza, proviene solo dalla vita, vissuta nella sua totalità, in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi. E non dobbiamo avere paura di commettere errori perché in realtà è proprio attraverso gli errori che si impara a procedere sul proprio cammino, vivendo le esperienze che siamo chiamati a vivere in quel preciso momento, in quel punto particolare del nostro percorso, perché ci aiutano a crescere. L’importante è esserne consapevoli e cercare di comprenderne il significato nascosto, la lezione che ci vogliono trasmettere. È così che la vita diventa una meravigliosa avventura e ci guida, proprio come un silenzioso maestro, indicandoci, passo dopo passo, la strada.
Noi, come genitori, non possiamo aiutare i nostri figli preservandoli dalle esperienze anche dolorose che l’esistenza ha in serbo per loro, ma possiamo dotarli dell’equipaggiamento necessario per superarle. Possiamo donare loro una coperta e un paio di mocassini, come fanno gli indiani con i loro bambini quando nascono: una coperta per avvolgersi e riscaldarsi quando fa freddo e un paio di mocassini per camminare sulle strade della vita. E lungo il sentiero possiamo tenerli per mano e accompagnarli, possiamo stare al loro fianco e raccontare loro delle storie. “Diventa ciò che sei” dovremmo dire ai nostri figli: il resto sono solo quisquilie.
Ognuno di noi nasce come seme, come potenzialità, e la nostra vita non è altro che un pellegrinaggio per diventare un fiore: ciascuno è chiamato semplicemente a diventare ciò che già è. Se sei una rosa non cercare di diventare un giglio, se sei una margherita non camuffarti da tulipano, se sei un bucaneve non invidiare il fiore di loto… Sii te stesso e sarai tutto. Diventa la tua storia, la storia che sei e sarai salvo.
Ecco, con questo libro io volevo in fondo raccontarvi una storia: ho iniziato nel modo classico, come incominciano tutte le fiabe, “C’era una volta Maria Montessori…” e ho continuato parlandovi del bambino.
Vi ho narrato una storia diversa da quelle che si propongono a scuola o sui testi di pedagogia, l’ho fatto appositamente per dirvi che non siamo obbligati a ripetere a memoria, come pappagalli ammaestrati, ciò che ci è stato tramandato, a perpetuare senza fine i vecchi schemi perché “si è sempre fatto così”: è possibile, anzi auspicabile, creare il nuovo o, perlomeno, trasformare il vecchio in qualcosa di nuovo. La creatività è proprio questo: saper trasformare l’urlo in canto, il buio in luce, la sofferenza in bellezza, il sacrificio in qualcosa di sacro. È per questo che siamo qui, che siamo uomini: trasformare la terra in un giardino, in paradiso, è il nostro compito. È nostra prerogativa esclusiva ed essenziale.
Quella che vi ho narrato è in fondo una storia nata da un seme di dolore – il dolore di Maria, il mio dolore e quello di ogni bambino che ha sofferto i condizionamenti di un’educazione limitata e limitante – che si è però trasformata in una storia d’amore.
Ora è giunto il momento di concludere questo mio scritto e, proprio come un figlio, di lasciarlo andare per la sua strada. Vorrei farlo invitandovi a proseguire la storia che vi ho raccontato, o meglio, a inventare la vostra storia, perché ognuno di noi ne ha una da scrivere, anzi, ognuno di noi è una storia. E le nostre storie, unite, creano il mondo.
Quanto a me, io ho già scritto la mia, anzi, giorno dopo giorno la sto scrivendo…