capitolo xii

I bambini dai 3 ai 6 anni

“La mente dei tre anni dura per cento anni”

Proverbio giapponese

“Peccato per chi non è vicino alla foglia e al bambino
Per chi non capisce come si annoda l’acqua”

Fabrizia Ramondino

“Cane e uccello sono i suoi vicini; farfalla e fiore i suoi uguali.
In una pietra o in una conchiglia scopre un fratello.
…Non servono cose superflue, basta così poco al bambino per essere felice…”

Janus Korczack

Con indosso un bel grembiule colorato e in testa un bianco cappello da cuoco, Sarah, la mia primogenita, quando aveva tre anni, mi aiutava in cucina: insieme preparavamo la pasta per la pizza. Lei affondava le sue manine nella farina e mescolava gli ingredienti a uno a uno: l’acqua, l’olio, il lievito, il sale. A poco a poco l’impasto prendeva forma e Sarah lo sbatteva, lo piegava, lo rigirava, lo schiacciava fino a che diventava morbido ed elastico. Poi le spiegavo che bisognava coprirlo con uno strofinaccio e lasciarlo lievitare al calduccio. Quando dopo un’oretta la massa era visibilmente cresciuta, e lei la osservava incantata, con grande stupore, ecco che arrivava il momento di stenderla con il matterello e di nuovo le piccole mani si mettevano al lavoro spingendo con forza sul tagliere di legno. Poi era la volta della farcitura: pomodoro, olio, mozzarella e un po’ di origano. Toccava a me mettere a cuocere la pizza nel forno che dopo non molto usciva bella profumata e croccante: la cena era pronta, con grande gioia di Sarah che, fiera e orgogliosa della sua creazione, diceva al papà appena tornato a casa “L’ho fatta io!” e mangiava con gusto, a quattro palmenti.


Ecco un evento che può sembrare banale e che invece non lo è affatto. In una attività domestica di routine, come la cucina, si cela un significato profondo ed è proprio il bambino che ce lo rivela: nel preparare il cibo con amore c’è arte, creatività, movimento, trasformazione alchemica. Si parte da pochi ingredienti che, uniti sapientemente tra loro, come per magia, danno vita a qualcos’altro: la farina con il lievito e il calore del forno si fa pane, focaccia, torta, biscotti. C’è un’origine, un punto di partenza, e un processo, un mutamento. Ma c’è anche la precisione dei gesti e delle misurazioni, c’è anche la matematica dei grammi, dei millilitri, c’è la geometria delle forme (la ciambella rotonda come un cerchio, la quiche rettangolare, i frollini quadrati o triangolari). C’è la sensorialità tattile del morbido, liscio, elastico, quella olfattiva del profumo di vaniglia e di cannella e, infine, quella gustativa del dolce sapore di cioccolato che si scioglie in bocca… E poi di nuovo la matematica con le frazioni: una fetta a me, una a te, una al fratellino, ecco che rimane un quarto di torta… Per non parlare della condivisione dei frutti di un lavoro di gruppo: ognuno ha contribuito a creare qualcosa di nuovo e di utile per il bene della comunità. E infine, gli esercizi di vita pratica per riordinare la cucina in subbuglio, spazzare la farina caduta per terra, lavare il tavolo su cui si è impastato, ripiegare il grembiule che si è usato.


Il valore didattico della cucina è, a mio avviso, insostituibile. Essa rappresenta infatti una sorta di vero e proprio laboratorio pedagogico. Peccato si stia perdendo sempre più, sia a scuola, dove le norme igieniche imperano in misura crescente impedendo la maggior parte delle attività educativamente più significative, sia a casa, perché le mamme hanno sempre meno tempo per cucinare e ricorrono in misura sempre maggiore a pasti pronti o prodotti surgelati da scaldare velocemente nel forno a microonde, con effetti dannosi sia sulla salute fisica dei bambini che su quella psicoemozionale.


Consentitemi, a questo proposito, di aprire una parentesi che mi porta poi ad introdurre ulteriori considerazioni.

II messaggio dei cristalli di ghiaccio

Vorrei parlarvi brevemente degli interessantissimi esperimenti effettuati da Masaru Emoto, conosciuto a livello internazionale per i suoi studi sull’acqua e i cristalli di ghiaccio. Il ricercatore giapponese ha fotografato i cristalli di ghiaccio che si formano da campioni d’acqua posti a 0° C a cui vengono fatti ascoltare suoni, mostrate immagini o parole scritte. I risultati sono sorprendenti. Per esempio, sono state mostrate a un campione d’acqua due fotografie: una di cibi pronti e una di cibi cucinati dalla mamma. Le immagini che ne risultano parlano da sole: nel primo caso appare un cubetto di ghiaccio, nel secondo un bellissimo cristallo a forma di fiocco di neve. So che i razionalisti, scettici, scuoteranno la testa ma li invito ad approfondire questo tipo di studi perché ci stanno rivelando dati veramente interessanti, che ci inducono a riflettere sul potere della parola e dell’immagine. L’acqua in questo caso è solo un veicolo di informazioni (ecco perché funziona l’omeopatia!). Le applicazioni dei risultati di queste ricerche avrebbero effetti straordinari in campo educativo. Un altro esempio, sempre tratto da un testo di Emoto, riguarda l’effetto provocato, da due diversi tipi di frasi: una impositiva “Fallo!” e una esortativa “Facciamolo”. Anche qui le immagini sono emblematiche: nel primo caso un ammasso informe, nel secondo un bellissimo cristallo… Visto che noi siamo fatti del 70% di acqua e i bambini anche di più, pensiamo a quale può essere l’impatto su di loro del nostro comune modo di parlare: “Zitto! Fermo!” “Non ti muovere! Non toccare!”… Eppure basterebbe così poco, una semplice attenzione al linguaggio usato, per modificare così tanto!

Gli esperimenti di Emoto non sono riconosciuti in ambito scientifico ma possono a mio parere rappresentare uno spunto interessante di riflessione e aprire nuove piste di ricerca. C’è ancora molto da scoprire infatti su cosa significhi realmente “unità psicosomatica”: corpo e mente lavorano insieme, i pensieri e le emozioni si ripercuotono immediatamente a livello fisico. Questa visione unitaria era molto chiara a Maria Montessori. Non per nulla ella scriveva: “Questo è quello che caratterizza l’uomo – l’influenza che ha lo spirito sull’intera vita fisica. … Tutte le funzioni fisiologiche dipendono dal benessere e questa è l’unica chiave dell’intera vita”537. L’esperimento di San Lorenzo ne fu la prova eclatante: quei bambini di cui si era detto che necessitavano di ricostituenti non presero medicine e non modificarono la loro alimentazione (dal momento che andavano per mezz’ora a casa a mangiare) eppure cambiarono aspetto. “La floridezza dei fanciulli – scrive la Montessori – si doveva alla loro vita psichica, soddisfatta e piena”538. E aggiunge: “La natura protegge la specie sotto due forme, che sono poi la completa nutrizione dell’uomo: alimento e amore. Allorquando il bambino è divezzato, prende l’alimento dall’ambiente nei modi più varii; e assume anche dall’ambiente i più variati stimoli psichici che sono atti a formare non solo la personalità psichica, ma anche a condurre nel suo pieno sviluppo quella fisiologica.”539

Secondo Maria Montessori noi ci inganniamo pensando che con l’aria ed il cibo offriamo al bambino tutto ciò di cui ha bisogno. In verità non gli diamo neanche questo perché cibo e aria non sono sufficienti al corpo dell’uomo…


Il bambino piccolo ha bisogno di nutrirsi di parole, di sguardi e del tocco amorevole dei suoi genitori. Ciò che egli in silenzio ci chiede è “Parlami! Guardami! Toccami!”, ma, man mano che cresce, sempre più ha bisogno di nutrirsi anche degli stimoli che gli giungono dall’ambiente in cui vive, che sono per lui un vero e proprio alimento, che solo può placare la sua fame.


Siamo partiti dal cibo e ritorniamo al cibo per dire che in realtà spesso noi offriamo ai nostri figli solo una parte del nutrimento di cui hanno bisogno. Diamo loro per lo più corrette quantità di proteine, carboidrati, grassi e vitamine, ma ci dimentichiamo che è la loro mente che dobbiamo nutrire, la sete della loro anima che dobbiamo appagare, prima ancora che il loro piccolo stomaco…

Nutrire la mente dei tre anni

“Sembra che la natura abbia tracciato una linea di demarcazione fra i primi tre anni di vita e il periodo successivo”540 dice Maria Montessori: se nella prima infanzia il bambino ha sviluppato, in modo separato e indipendente, il linguaggio, il movimento degli arti e la loro coordinazione e ha compiuto alcuni sviluppi sensoriali, “il bambino di tre anni si deve sviluppare esercitandosi nel suo ambiente, e usando in questo gli strumenti che si è creato nel precedente periodo”541 . “Prima dei tre anni c’è la creazione delle funzioni: e dopo i tre anni sviluppo delle funzioni create” per cui si può affermare che “il periodo fra tre e sei anni è un periodo di perfezionamento costruttivo”542 . È un po’ come se, dopo aver posto le fondamenta della casa e la struttura di base, ora si procedesse alle rifiniture. Il linguaggio si arricchisce di un gran numero di parole, i movimenti sono guidati dalla volontà.


A tre anni – dice la Montessori – “è come se la vita ricominciasse” perché “la coscienza si palesa piena e chiara”543. “È come se il bambino che assorbiva il mondo attraverso una intelligenza inconscia, lo prendesse ora in mano.”544


“Mentre prima il bambino assorbiva guardando il mondo intorno, essendo trasportato di qua e di là e osservava ogni cosa con vivo interesse, ora mostra una irresistibile tendenza a toccare tutto e a soffermarsi sugli oggetti.”545


“A questa età – dice la Montessori – egli è continuamente al lavoro: felice e di buon umore se è sempre impegnato in un’attività manuale”546. È come un piccolo operaio indaffarato che non può restare con le mani in mano, altrimenti si annoia e sfoga le sue energie represse in direzioni sbagliate: pianti, capricci, richiesta di continue attenzioni…


Ha bisogno di usare il corpo intero per imparare, ma in modo particolare si serve delle mani per andare alla scoperta del mondo e per nutrire la sua mente affamata.

La mano, organo dell’intelligenza

Una volta ad un convegno, mi è rimasta impressa una frase di Grazia Honegger Fresco che trovo illuminante nella sua semplicità: “I bambini piccoli pensano con le mani, i bambini grandi pensano con le gambe”. È proprio così!


Maria Montessori ha definito la mano del bambino piccolo “organo dell’intelligenza” perché è attraverso e grazie alla mano che il bambino fa esperienza del mondo e crea l’uomo. Pensiamo alle piccole manine che si tuffano nell’acqua insaponata, che affondano nella pasta del pane o nella creta, le dita che si immergono nel colore per dipingere, che toccano, accarezzano, sfiorano…

Le mani “sono il nostro primo contatto con il concreto, il nostro modo per difenderci e per esprimerci; sono quel che ci diamo l’un l’altro. In loro è riposta la nostra sensibilità.”547


Esse, insieme alla bocca, sono senza dubbio le parti privilegiate del corpo umano: sono quelle dotate di maggiore innervazione (in proporzione al volume e alla grandezza del corpo), a loro è infatti destinata la maggior parte dell’area corticale cerebrale che controlla il movimento volontario.


La mano è un vero e proprio “organo psichico”: Kant la definì come “la parte visibile del cervello”548. “La mano dipende dallo sviluppo della psiche ma la psiche dipende anche dall’uso della mano” scrive a questo proposito Raniero Regni. “La mia esperienza mi ha dimostrato che se, per condizioni particolari di ambiente, il bambino non può far uso della mano, il suo carattere rimane a un livello molto basso, resta incapace di ubbidienza, di iniziativa, pigro e triste; mentre il bambino che ha potuto lavorare con le proprie mani rivela uno sviluppo spiccato e forza di carattere.”549, ha scritto Maria Montessori.

È la mano dell’uomo ad avere prodotto la civiltà: dai più semplici attrezzi e manufatti alle grandi creazioni artistiche. Pensiamo ai capolavori della pittura, della musica, della poesia: che ne sarebbe stato senza la mano che suona, che dipinge, che scrive? Le dita che danzano sui tasti del pianoforte, che tengono il pennello o la matita come fossero una bacchetta magica che trasforma la realtà in bellezza…


“La mia mano è, totalmente, lo strumento di una sfera più distante” diceva Paul Klee. Ma la mano non è solamente mezzo di creazione artistica. È attraverso una stretta di mano che comunichiamo all’altro la nostra disponibilità all’incontro, è attraverso un semplice contatto di mano che riusciamo a toccare l’anima dell’amato. Ci sono terapeuti che “sentono” attraverso le mani l’energia dei loro pazienti, che ne percepiscono i blocchi, le deviazioni, che sanno cogliere, semplicemente attraverso il tocco, le emozioni che li abitano. La psicochirologia studia, attraverso l’esame della mano, la natura e i talenti dell’individuo.


La mano accarezza, massaggia, cura, benedice, sostiene. Quando i palmi di due mani si uniscono ecco che nasce il gesto della preghiera.


“Dare una mano” significa offrire aiuto e collaborazione. La mano afferra, prende, fa suo. È grazie alla mano che ci appropriamo delle cose, che le facciamo nostre. Che le com-prendiamo…


Ma la mano è anche il pugno che difende dall’aggressione e che stringe il bastone del comando, simbolo di assertività e determinazione: nella mano non c’è solo la creatività delle dita, l’azione curativa del palmo, c’è anche il potere del pugno: tenere una situazione in pugno significa dominarla, esserne padroni. Come ci ricorda Hillman sono queste le tre le funzioni spirituali della mano e sono tutte ugualmente importanti e necessarie per raggiungere la completezza.

Nelle mani sta la nostra libertà di esseri umani: “sono loro le nostre ali”550 . Ecco perché è fondamentale non impedire ai bambini l’uso delle mani per sperimentare, scoprire, esprimersi. E invece quante volte capita di sentire adulti che ammoniscono piccolini di uno-due anni con la classica frase “Non toccare!”. Nessuno direbbe mai “Non guardare, non ascoltare!” ma il tatto – che è peraltro il primo senso a svilupparsi nel bambino e quello da lui più usato – sembra essere negato, proibito. Ma come può un bambino comprendere concetti come “ruvido, soffice, freddo, liscio, leggero” senza averli sperimentati fisicamente come sensazioni, senza aver toccato le piastrelle di ceramica, il pavimento di legno, il tappeto di lana, il vestito di seta della mamma?


“Vietato non toccare” c’è scritto nei laboratori di Bruno Munari… I suoi laboratori tattili per bambini sono un inno alla creatività, un invito all’esplorazione sensoriale, alla scoperta del mondo, al lasciarsi andare alle sensazioni. Vengono messe a disposizione dei piccoli vasche e scatole piene di materiali diversi (riso, fagioli, segatura, ovatta, acqua, argilla, palline di polistirolo, ecc.) dove questi possano affondare le mani, percepire le differenti sensazioni e derivarne informazioni sulle qualità dei materiali, facendo confronti. “Che differenza c’è tra la lana e l’ovatta? Tra la segatura e la sabbia? Qual è il nome esatto del materiale? Della sua qualità? Come si definisce una sensazione? I bambini hanno bisogno di capire e di classificare, di mettere in ordine quello che imparano. Per loro è importante che ogni cosa e ogni fatto abbia un nome, che queste informazioni siano messe in un ordine che ne faciliti il recupero quando se ne ha bisogno”551. Il linguaggio di Munari è in questo straordinariamente simile a quello montessoriano. Catalogare i materiali a seconda delle loro qualità, delle loro dimensioni, della loro forma, del loro peso è un lavoro di fondamentale importanza per un bambino. È entusiasmante scoprire per esempio che la pelle umana è diversa da quella delle lucertole, degli elefanti, dei pesci o che le lime, le raspe e la carta vetrata hanno varie gradazioni di ruvidità, che la sensazione tattile delle stoffe cambia a seconda del materiale e della lavorazione, che la buccia dell’arancia è fatta di tante piccole asperità morbide, mentre la buccia del melone è fatta di strisce e quella della zucca di semisfere… Un gioco bellissimo è quello di comporre percorsi tattili e poi camminarci sopra a piedi nudi o riconoscere, a occhi bendati, attraverso i piedi o le mani i diversi materiali poggiati a terra. Si tratta di attività semplici, non costose (basta recuperare campionari di produzione industriale fuori uso, di tessuti, moquette, legno ecc.) ma di grande valore educativo. Ricordo che uno dei miei giochi preferiti dell’infanzia consisteva nel far passare tra le mani scampoli di tessuti che mi regalava la sarta di mia nonna: era affascinante non solo osservarne i colori e i disegni ma soprattutto sentirne la sensazione al tatto, la leggerezza dello chiffon – il mio preferito – la morbidezza del velluto, il calore della lana, la delicatezza della seta… Ma oggi quanti bambini hanno il privilegio di toccare? Fin da lattanti gli si mettono tra le mani costosi giocattoli di plastica, dai colori sgargianti, con tanti pulsanti da schiacciare: tutti uguali, freddi, artificiali, prodotti della fabbrica per piccoli automi… Poi quando vanno alla scuola materna ritrovano ancora gli stessi giochi ammassati in grandi ceste e la loro fame di tattilità rimane insoddisfatta da questa condizione di vera e propria povertà sensoriale. Magari poi si mette loro in mano un pennello per “favorire l’espressività” senza tener conto che forse è troppo presto perché il bambino non ha ancora esaurito il suo bisogno e i suoi interessi tattili. Ogni cosa a suo tempo: ma i periodi sensitivi chi li conosce?…

Montessori è libertà

“La caratteristica dei bambini sotto i sei anni di età – scrive Maria Montessori – è che è quasi impossibile insegnare loro; i bambini di questa età non possono imparare da un insegnante”552. “Essi prendono il nutrimento psichico dall’ambiente”. E ancora, ne La mente del bambino ella dice “Io sostengo che noi non possiamo insegnare ai bambini dai tre ai sei anni: possiamo osservarli.”553


Ecco perché è così importante offrire loro un ambiente adeguato, ricco di materiali e di proposte, in cui lasciarli liberi di agire, all’interno di confini stabiliti e fin da subito spiegati, così che essi possano dispiegare le loro enormi, infinite potenzialità. A proprio agio nel suo habitat naturale il bambino dà il meglio di sé e rivela il suo vero volto.


“La libera scelta del bambino che lavora ha un’importanza grande, perché gli consente di avere sempre la sicurezza di ciò che farà poi. Altrimenti sarebbe come se noi con angoscia non potessimo sapere quello che faremo in futuro perché qualcuno ci ha reso schiavi e fa di noi ciò che vuole.”554


“Dobbiamo capire che per un bambino non è importante solo l’attività in sé, ma il fatto stesso di poterla scegliere da solo. … Essere attivi è appagante, ma lo è molto di più agire su qualcosa che noi stessi abbiamo voluto, rispetto a ciò che ci viene proposto o, peggio, imposto, da altri. Nel primo caso si obbedisce a se stessi, al proprio comando interiore; nel secondo si obbedisce al comando di un’altra persona.”555


“Il nostro nutrimento non dipende semplicemente ed essenzialmente dalla minestra ingerita, il nostro benessere non dipende semplicemente ed essenzialmente dalla passeggiata, ma anche dalla libertà che accompagna tutte queste cose”556 scriveva Maria Montessori. Ed ecco come spiega l’importanza della libertà in uno dei suoi ultimi scritti: “Fin dagli inizi della mia esperienza, raccomandai e delineai le condizioni di libertà per i bambini. La libera scelta è stata la prima delle condizioni essenziali nel mio concetto di educazione.

I piccoli, già intorno ai tre anni, rispondono a tale possibilità in maniera sorprendente per la loro età. Quando sono liberi dall’intervento e dalle restrizioni che impongono loro adulti pieni di buone intenzioni, anziché manifestare l’anarchia che tutti si aspetterebbero, danno prova di un comportamento che sembra uniformarsi a una legge che si potrebbe definire divina. Ogni avidità, ogni insistenza di possesso scompaiono, allorché si favorisce la libera scelta. Quando si eliminano le condizioni che obbligano alla sottomissione, la natura umana reagisce manifestando gentilezza, ordine e amore verso il prossimo, chiunque egli sia.


Un comportamento del genere non potrebbe essere insegnato a bambini così piccoli. D’altra parte, se non si manifesta, significa che queste qualità, comunque inerenti alla natura umana, non hanno potuto svilupparsi, proprio a causa della mancanza di libertà.


Durante i quarant’anni del mio lavoro, ho visto questo fenomeno ripetersi in tutte le parti del mondo. Bambini di ogni razza hanno reagito allo stesso modo. L’opportunità di scegliere conduce alla dignità dell’essere umano. La libertà non può essere ‘concessa’: fa parte della natura umana e deve essere coltivata come uno degli aspetti essenziali del carattere.


…Ritengo che la vera libertà, quella interiore, non possa essere donata. Non può nemmeno essere conquistata. Può solamente essere costruita, dentro di sé, come parte della personalità e, se questo avviene, non potrà più essere perduta.

…Finché l’educazione continuerà a seguire le linee di una sottomissione forzata, le condizioni attuali si perpetueranno e l’umanità continuerà ad essere costituita da molta gente che parla di libertà, ma assai poco di uomini liberi”557. Parole profetiche che racchiudono lo spirito del metodo Montessori, la vera peculiarità che lo rende unico tra tutti i sistemi educativi esistenti: la libertà. Si tratta veramente di un’educazione alla libertà, quella che nasce da dentro, quella che rende la vita degna di essere vissuta. Nessun altro metodo pedagogico (neanche quello steineriano) consente al bambino la libera scelta dell’attività a cui dedicarsi seguendo le direttive del proprio “maestro interiore” e non quelle di un insegnante esterno.

Educazione come terapia

È proprio da questa libertà che ha origine la “guarigione”: “Infatti il cambiamento non può che venire dall’interno della persona – come ci ricorda Grazia Honegger Fresco – La medicina adatta è nell’attività significativa per l’individuo, nell’aiuto alla concentrazione individuale, nel rispetto dei ritmi personali”558. Non certo nei farmaci chimici a cui si ricorre sempre più spesso per risolvere i problemi dei bambini giudicati “incontenibili”… Anzi, dice sempre la Honegger, a volte è proprio il clima coercitivo, non sempre palese, adottato nelle famiglie o nelle istituzioni scolastiche a produrre bambini “difficili”. E cita a questo proposito diverse modalità con cui si esprime tale subdola coercizione: in primis la competizione e il giudizio continuo, usati come pungoli per addomesticare il bambino; l’aggressività nelle parole e nei gesti degli adulti, le minacce, l’ironia, le promesse mancate; quindi la socializzazione forzata, ovvero le proposte uguali per tutti per raggiungere in tempi uguali, prestabiliti, determinate competenze; le attività imposte in base alle scelte dell’adulto e non agli interessi del bambino e infine la frequente rotazione degli educatori all’interno delle istituzioni scolastiche ma anche il turnover eccessivo delle baby-sitter che espongono il bambino alla continua rottura di legami affettivi.

“Nelle Case dei Bambini il quadro è opposto: gli adulti danno alla classe il tono appunto di una casa dove ciascuno può agire a proprio piacere, nel rispetto degli altri. Tutto è a disposizione: libri, strumenti molto diversi per tracciare segni (matite, pastelli, pennelli e colori, gessi, carte di vario formato); utensili – veri, non per far finta – destinati alla cura degli ambienti (spolverare, spazzare, stirare, lucidare e soprattutto molti modi di lavare, attività che appassionano soprattutto a tre-quattro anni); materiali per le esplorazioni sensoriali, un primo approccio alle lettere, ai numeri, al mondo della natura e tante altre offerte a carattere manuale ed espressivo. Certo, l’adulto fa alcune proposte e, soprattutto in principio, presenta con gesti calmi l’uso di utensili e di strumenti, ma poi lascia il bambino libero di eseguire o di rimettere a posto; di usare per ore o per pochi minuti uno stesso oggetto; a terra o su un tavolino, come preferisce; da solo o con il compagno del cuore. L’adulto è vigile, presente, ma non chiama, non alza la voce, non ordina, non sollecita: è il punto di riferimento e segue i bambini uno a uno, il che è possibile perché, date le tante opportunità a livelli di difficoltà molto diversi, la maggior parte di essi sceglie e fa da sé, senza chiedere aiuto.


…Il motore del tutto è il piacere di agire del singolo bambino, la risposta individuale alla ‘voce delle cose’, esposte tutte alla sua altezza e sempre disponibili, acqua compresa.


Così nella quiete della Casa il timido prende coraggio, l’aggressivo smette di avere paura, senza omologazione indotta. Lungo i sentieri della libera scelta non si separa artificiosamente ciò che è mirabilmente unito nella persona umana: corpo e mente, curiosità sensoriali e capacità logiche, affettività e desiderio di comunicare. Ogni bambino ha l’aria di rilassarsi, di diminuire le proprie inquietudini, di prendere gusto a modi pacifici di scambio, alla capacità spontanea di consolare e di aiutare. Nessuno lo rincorre, né lo spinge: a poco a poco rivela le sue potenzialità originarie, la propria diversità. … È di qui che si forma la società per coesione, come l’ha chiamata Montessori, il sentimento sia delle proprie responsabilità verso gli altri (comincia per gradi a tre anni, se non prima!), sia del senso di appartenenza a una comunità.

Un percorso, in definitiva, di elevata educazione etica e democratica che, se ben compreso ed esteso, potrebbe risolvere non pochi problemi educativi e non, del nostro tempo.”559


Credo che nessuno meglio di Grazia Honegger avrebbe saputo sintetizzare in poche parole il significato e il valore della proposta Montessori per i bambini da tre a sei anni ed è per questo che ho voluto riportare un lungo brano di un suo scritto: per dare un’idea, la più chiara ed esaustiva possibile, di cosa voglia dire per un bambino crescere in un ambiente montessoriano.


Naturalmente anche a casa, in famiglia, come abbiamo già visto per i piccolissimi, si possono offrire spunti e proposte in spirito Montessori, predisponendo un ambiente adeguato, a misura di bambino. È bene innanzitutto ridurre al minimo l’acquisto dei comuni giocattoli, artificiali e costosi, più o meno tutti uguali che non offrono che limitatissime possibilità di utilizzo: tastiere di plastica, robot, macchinine, o bambole e pelouche per le bambine. Diceva a questo proposito Maria Montessori: quando nasce il bambino trova che “il mondo gli ha preparato un’accoglienza ironica. … Il mondo gli è stato dato sotto forma di gioco, perché fino ad ora nessuno ha riconosciuto che lui è un essere umano”560. “È una beffa! Al bambino che si sente solo si dà in braccio una caricatura della figura umana, una bambola: e la bambola può diventare per lui più reale della madre e del padre. Ma la bambola non può rispondergli né ricambiare il suo amore e rappresenta un surrogato ben insufficiente della società. Il balocco è divenuto così importante che la gente lo crede un aiuto per l’intelligenza: è certamente meglio di niente, ma è significativo il fatto che il bambino ben presto si stanca di un giocattolo e ne vuole degli altri. Li rompe così senza scopo, per capriccio, e gli adulti ne deducono che egli prova piacere a fare a pezzi le cose: ma questa è una caratteristica sviluppata artificialmente, dovuta al fatto ch’egli non ha le cose giuste da manovrare. I bambini hanno scarso interesse nei giocattoli perché non v’è realtà in essi.”561

Alla loro mente e alla loro anima offriamo cibo di qualità e non cibo-spazzatura!


Se l’interesse predominante è la lettura, proponiamo libri di vario genere e argomento, con immagini belle, realistiche, libri da toccare, da guardare, da sfogliare o da farsi leggere da un adulto, con storie interessanti, semplici, adatte all’età.


Se vogliono dedicarsi all’arte offriamo materiali diversi come gessetti, pastelli a cera e a olio, tempere, acquerelli, mostrandone l’uso su tipi diversi di supporto, carte, cartoncini (e non, come si vede in tante scuole materne, contenitori pieni di pennarelli per colorare fotocopie tutte uguali con immagini di animaletti o oggetti domestici stile fumetto o cartone animato!).

Anziché dire loro cosa fare, diamo piuttosto gli strumenti, tanti e variati, per fare da sé. Spieghiamo le tecniche, lasciamo libera la scelta delle attività. Come diceva il grande scrittore per l’infanzia Gianni Rodari: “Non dobbiamo dare al bambino delle quantità di sapere ma degli strumenti per ricercare, degli strumenti culturali perché lui crei, spinga la sua ricerca fin dove può. … Al bambino noi non possiamo consegnare l’oceano un secchiello alla volta, però gli possiamo insegnare a nuotare nell’oceano e allora andrà fin dove le sue forze lo porteranno, poi inventerà una barca e navigherà con la barca, poi con la nave…”562


Parole simili a quelle di Maria Montessori che scriveva: al bambino “non bisogna dare le cose, ma l’essenza delle cose e le chiavi delle funzioni” e pertanto compito dell’educatore è “prendere le cose che sembrano difficili e farle facili: però non semplificarle, ma rendere chiaro il modo di penetrarle.”563

Facciamo vedere immagini artistiche, riproduzioni di quadri di pittori famosi, così come facciamo ascoltare brani di musica di grandi compositori (a scuola i bambini potranno anche provare a suonare piccoli strumenti o cimentarsi con il canto corale). L’educazione musicale ha un ruolo di prim’ordine nella crescita di un bambino. Comincia fin dalla nascita con il canto della ninnananna e poi le filastrocche ritmate sul corpo. Continua quindi con il movimento libero su una base musicale: semplici melodie o canzoni popolari, al cui ritmo i piccoli possono muoversi seguendo ciò che il corpo e le emozioni suggeriscono loro.


La musica è vita, “il canto vuole essere luce” diceva il poeta spagnolo Federico Garcia Lorca, traducendo in versi una realtà fisica: suono e luce sono in effetti manifestazioni di uno stesso fenomeno che si esprime in forma diversa. L’universo è nato da un suono primordiale, come ci ricorda Tomatis, e l’uomo è un essere d’ascolto: il suo compito è saper ascoltare il canto dell’universo, la grande sinfonia cosmica. E chi sa ascoltare fuori sa ascoltare anche dentro di sé, quella voce interiore che misteriosamente lo guida nella direzione della sua vocazione e gli parla magari su un sottofondo di musica…


Purtroppo, oggi come oggi, manca sempre più una vera “pedagogia dell’ascolto” e anche l’educazione musicale è relegata, in misura via via maggiore, a un ruolo di secondo piano mentre sarebbe opportuno ridarle il posto che le spetta nella vita del bambino, sia a casa che a scuola.


In famiglia, altre attività che possiamo proporre ai bambini di tre anni sono i ritagli, le incollature e i travasi. Occorre preparare piccoli vassoi con i materiali necessari per svolgere ogni particolare attività. Così, per esempio, metteremo nel vassoio per i ritagli un paio di forbicine con le punte arrotondate, un vasetto di colla, i fogli da ritagliare e una piccola spugnetta per ripulire le eventuali sbavature. Nel vassoio per i travasi invece ci saranno delle piccole ciotoline, un cucchiaino e dei semi di misure diverse. Dopo aver ultimato il lavoro ogni cosa deve essere rimessa al suo posto e lo sporco ripulito.


Un ruolo di prim’ordine è poi da riservare alle cosiddette “attività di vita pratica”: lavare (piatti, indumenti, pavimento), spazzare, togliere la polvere, lucidare scarpe o ottoni. I bambini a questa età amano moltissimo imitare l’adulto nello svolgimento dei lavori domestici. Coinvolgere il bambino nelle attività domestiche (fargli spolverare un mobile, sgranare i fagioli o impastare la pizza) significa riconoscerlo come persona, renderlo protagonista, rafforzare la sua fiducia in se stesso. È fondamentale per il bambino sapere di avere un posto preciso nell’ambiente in cui vive, di poter collaborare con l’adulto, di poter fare qualcosa di utile.


In famiglia dunque si può fare molto per far crescere un bambino in “spirito” montessoriano, è certo però che a tre anni nulla può equivalere all’esperienza vissuta giorno dopo giorno all’interno di una Casa dei Bambini. Esaminiamola un po’ più da vicino.

La Casa dei Bambini

Ecco come la descrive Maria Montessori stessa: “La nostra è una ‘Casa dei Bambini’ piuttosto che una vera e propria scuola; cioè un ambiente specialmente preparato per il bambino dove esso assimila qualsiasi cultura diffusa dall’ambiente senza bisogno di insegnamento”564. “Non è il luogo dove si insegna. È il luogo dove si impara.”565 diceva Anna Maria Maccheroni. E ancora Maria: “È una scuola concepita e organizzata non secondo i programmi e i tempi dell’adulto, qualunque essi siano, ma secondo quelli propri del bambino. Quindi l’ambiente sarà costruito su misura per lui. Potrei quasi dire ‘da lui’, nel senso che, se i bambini non possono crearsi materialmente un’aula per le attività e lo studio, noi, come fedeli ‘servitori dello sviluppo infantile’, possiamo costruire intorno a loro quell’ambiente che loro stessi – nel corso di numerose esperienze – ci hanno rivelato essere l’unico davvero adeguato. Non soltanto un ambiente ‘adatto’, ma preparato in modo da favorire la vita psichica, l’indipendenza”566.


Un ambiente bello, anche esteticamente, perché “la bellezza ispira insieme il raccoglimento e porge riposo allo spirito affaticato”567; un ambiente ordinato e tranquillo in cui si respira un’atmosfera di grande pace e tranquillità. “Un luogo di salute” lo chiamava Maria, ideato per proteggere i bambini nel periodo delicato e difficile della loro crescita.


Ma vediamo qualche esempio concreto, anche se su questo argomento torneremo più approfonditamente alla fine di questo volume, presentando alcune delle scuole Montessori più interessanti in Italia, in Europa e nel mondo. “Una stanza gioiosa, luminosa: la porta aperta sul giardino con aiuole fiorite e una pergola di vite; un acquario con piccolissimi pesci; un terrario con diversi animali. Nella sala, stuoie giapponesi di paglia; piccole tavole con due o tre seggiole per bambini dai tre ai cinque anni. Alle pareti mensole con materiali Montessori, leggere e gradevolmente costruite. All’ingresso un lavabo ad altezza dei piccoli bambini. Nella sala c’è anche una poltrona bassa, coperta di stoffa a fiori e molti cuscinetti. In un altro angolo un pianoforte di dimensioni modeste.”568 Ecco come Ilie Sulea Firu descrive la famosa Maisons des Petits di Ginevra (fondata da Claparède e Bovet nel 1913, a cui si aggiunse poi Piaget nel 1921), che fu nei primi anni scuola Montessori. Ma le Case dei Bambini differiscono tra loro a seconda del contesto in cui sono inserite, oltreché a seconda della personalità chi le gestisce, per cui si possono trovare ambienti con caratteristiche molto diverse.


Ciò che colpisce il visitatore è comunque l’attenzione estrema ai dettagli, l’accuratezza dell’arredo e la personalizzazione dello stesso: per esempio la stanza per il riposino pomeridiano con i lettini bassi tutti diversi tra loro nella posizione, nei colori delle lenzuola, delle coperte e dei cuscini, e nella presenza di oggetti che aiutano il bambino ad attraversare la soglia del sonno. Ben diversi dai classici “dormitori”, stile caserma, delle comuni scuole materne…


Ma, laddove non c’è la possibilità, si fa a meno anche dell’arredo: “La più bella scuola Montessori – dice Muriel Dwyer – l’ho vista sotto un grande albero, con poca acqua, un solo adulto e 85 bambini, ricchi solo di grande dignità, indipendenza, concentrazione”569 Si riferisce a una Casa dei Bambini in Tanzania. Lo spirito che vi si respira è ciò che conta.

I materiali montessoriani, che rappresentano grande parte dell’arredo di una Casa dei Bambini, sono molto costosi ma in queste realtà possono essere adattati utilizzando materiali di recupero o oggetti di uso comune. La scuola deve calarsi nella realtà del Paese in cui si trova e valorizzarne la cultura, sfruttando le risorse del luogo. Così ad esempio, in una Casa dei Bambini in Messico le perle per gli esercizi di matematica vengono fatte dalle maestre in cartapesta, il casellario dei numeri con i fuselli è sostituito da bicchierini da gelato con grossi semi o tappi di bottiglia… Ciò che più importa è l’atmosfera calda e accogliente che permea l’ambiente e lo spirito di rispetto e non-violenza nei confronti del bambino che pervade ogni gesto e ogni azione. Ho visitato di persona diverse Case dei Bambini Montessori, sia in Italia che all’estero, e l’impressione che ne ho tratto è stata quella di laboriosi alveari o addirittura di piccoli monasteri di frati benedettini: “ora et labora”…


In particolare ricordo una Casa dei Bambini di Chiaravalle (paese natale di Maria Montessori) che mi diede invece l’impressione di un vero e proprio laboratorio scientifico.


Le insegnanti avevano dato molta attenzione agli aspetti dell’educazione ambientale e avevano svolto bellissimi lavori di osservazione con i bambini, per esempio sui bruchi da seta, per seguire la metamorfosi dal bozzolo alla crisalide, alla farfalla. Avevano poi costruito insieme ai loro piccoli alunni un vero e proprio stagno per osservare da vicino la vita di un ecosistema: le piante acquatiche, i pesci, i girini… Ma non solo: avevano predisposto in giardino un orticello biologico, partendo dalla preparazione del terreno, dalla scelta dei semi, fino ad arrivare alla produzione di verdura da cogliere, pulire e tagliare per poterla poi consumare durante il pranzo scolastico. I bambini erano affaccendati, sempre occupati ma si mostravano calmi e sereni e nelle aule regnava un grande silenzio, interrotto solo da un sommesso “pigolio” di pulcini al lavoro…


Ho voluto sottolineare questi aspetti di esperienze in esterno a contatto con la natura per ricordare che nelle scuole Montessori esse rivestono un ruolo di primo piano, contrariamente a quanto si creda comunemente: è da lì che si parte molto spesso per lavorare poi con i materiali scientifici sensoriali, su cui non possiamo peraltro non spendere alcune parole.

I materiali Montessori

Una parte importante del lavoro Montessori viene svolto attraverso i materiali di sviluppo, di cui daremo in questa sede solo alcuni sintetici cenni perché, come diceva Maria, “è difficile parlare di questo argomento senza rischiare di semplificarlo eccessivamente, giacché esso è complesso come la vita stessa.”570


Si tratta di materiale scientifico messo a punto dalla Montessori, a partire dagli esperimenti di Itard e Seguin, sulla base dell’osservazione dei bambini e delle loro attività spontanee. “Il materiale si è formato da solo, non in modo arbitrario, ma in accordo con le reazioni naturali dei bambini. La reazione del bambino, a ogni stadio, ha indicato quale nuovo materiale fosse necessario. Ho scartato – dice Maria – quantità incalcolabili di materiale che si eliminava da solo in quanto non corrispondente ai bisogni del bambino. Come facevo a sapere che cosa mantenere? La psicologia del bambino me lo ha indicato. La psicologia è il padrone” perché “se questo delicato strumento, che è il materiale didattico, non è come deve essere, le reazioni che dovrebbero avvenire non avvengono. … In breve, se noi non diamo ai bambini i mezzi per consentire loro uno sviluppo ordinato, questo sviluppo ordinato non si verifica e la crescita avviene a casaccio per scatti”571.


Innanzitutto “il materiale di lavoro in uso nelle nostre scuole non rappresenta un ausilio didattico all’insegnante, allo scopo di rendere più chiare le spiegazioni. Il materiale che noi diamo ai bambini è invece il mezzo che essi stessi usano per realizzare il proprio sviluppo interiore”572 scriveva Maria Montessori. È una sorta di strumento che aiuta il bambino a penetrare il segreto delle cose così che poi egli sia libero di procedere per conto suo. La Dottoressa citava come esempio l’aeroplano: la breve corsa che fa sulle ruote prima di staccarsi da terra corrisponde all’uso del materiale, il lungo volo è il nuovo potere acquistato dal bambino che gli permette di viaggiare nel cielo.


Esistono moltissimi tipi di materiali diversi per l’educazione sensoriale, per lo sviluppo della mente matematica, per la scrittura e la lettura, l’analisi delle parti del discorso, per l’educazione musicale e la classificazione degli elementi naturali (piante, animali, contrasti di forme terrestri).


Come scrive Grazia Honegger Fresco, “I materiali Montessori hanno il pregio di essere un sistema coerente di strumenti che parte dalla classificazione sistematica delle qualità sensoriali delle cose (grande-piccolo; alto-basso; pesante-leggero; suono grave-suono acuto; rosso-giallo; cerchio-quadrato) per esplorare poi le basi del sapere. … I materiali sono in sostanza mezzi semplici, razionali, coerenti per ‘dare il mondo al bambino’573 secondo una modalità per lui comprensibile.


Il compito dell’educatore è fondamentalmente “aiutare il bambino a mettersi in comunicazione con l’ambiente. Per questo deve saper scegliere il materiale appropriato, disponendolo in modo che il bambino vi trovi risposte dirette ai suoi interessi. Di conseguenza deve conoscere a perfezione l’uso del materiale, le tecniche di presentazione ed essere in grado di capire quando questo o quel bambino siano pronti per adoperarlo”574. Ed è qui che si rivela la bravura del maestro.


“La funzione del materiale sensoriale non è quella di presentare al bambino sensazioni nuove, ma di portare ordine e sistematicità nelle miriadi di impressioni che ha già ricevuto e continua a ricevere, dato che, per usare le parole stesse di Maria Montessori, non abbiamo altri mezzi possibili per distinguere gli oggetti se non i loro stessi attributi.”575

Quali sono le caratteristiche e le proprietà dei materiali Montessori? Proviamo a esaminare le principali:

  • Innanzitutto si tratta di “astrazioni materializzate”, cioè di concetti resi comprensibili al bambino grazie alle qualità fisiche degli oggetti che li rappresentano (per esempio il concetto di grande-piccolo nei cubi della torre rosa o nei cilindri degli incastri solidi). “Mai un concetto viene insegnato direttamente dalla maestra al bambino, ma poiché il concetto è implicito o latente nel materiale, quando il bambino lo usa, diventa palese. È il materiale stesso che insegna.”576
  • In ogni materiale viene isolata una qualità: facciamo qualche esempio, con l’aiuto di Standing, prendendo in considerazione le aste azzurre e le spolette dei colori. Nel primo caso: “Sono tutte dello stesso tipo di legno, stesso colore, spessore, forma: variano solo nella lunghezza. È come se aiutassero la mente del bambino a diventare psicologicamente ‘cieca’ a ogni qualità, eccetto che alla lunghezza. Inoltre la qualità posta in evidenza lo diviene ancor più per il fatto che il bambino può compiere con le aste un’attività interessante, disponendole secondo un ordine che emerge senza equivoci dalle aste stesse che differiscono tra loro in modo scalare.

Un altro esempio, le spolette dei colori. Sono uguali per dimensione, forma, peso: differiscono solo per colore. Subito questa qualità si pone al centro dell’attenzione infantile e si evidenzia ulteriormente a mano a mano che il bambino usa con sempre maggiore esattezza il materiale.”577

  • Consentono un’attività che consiste in genere nell’appaiare e graduare (mettere vicine le cose uguali e in scala quelle simili).
  • Consentono il controllo dell’errore: il bambino non ha bisogno di correzioni esterne ma può verificare da solo ciò che ha fatto.
  • Sono belli a vedersi, attraenti, curati nell’aspetto.
  • Sono materiali “scientifici”, preparati con criteri rigorosi e grande esattezza, con precisi rapporti matematici tra i vari elementi di ogni singolo gruppo (per esempio le aste blu vanno da 1 metro a 1 decimetro e differiscono l’un l’altra di un decimetro; i suoni dei campanelli producono il numero esatto di vibrazioni che formano ogni nota della scala, un’ottava Do-Do, che corrisponde a quella centrale del pianoforte578)

Per quanto riguarda l’uso, va ricordato che il materiale è sempre a disposizione dei bambini, in posizione accessibile ed è presente in copia unica, cosicché ogni bambino deve aspettare il suo turno per poterlo utilizzare dopo che il compagno l’ha rimesso in ordine al suo posto.


L’unica lezione che la maestra dà a suo riguardo è la cosiddetta “lezione dei tre tempi”, che viene offerta al singolo bambino, in una intima relazione a due:

1° tempo: “Questo è grande, questo è piccolo”

2° tempo: “Qual è grande? Qual è piccolo?”

3° tempo: “Questo come si chiama? E questo?”


Non è facile parlare dei materiali Montessori a chi non li ha mai visti, ma posso affermare con cognizione di causa che sono di una ricchezza e varietà straordinaria.

Molto interessante è il materiale per l’acquisizione della scrittura e della lettura, che nelle scuole Montessori viene proposto a quattro anni: “il linguaggio scritto può essere acquistato dai bambini di quattro anni, molto più facilmente che da quelli di sei anni, per i quali comincia in genere l’educazione obbligatoria. Mentre i bambini di sei anni, con grande pena e grande sforzo contro natura, devono impiegare almeno due anni per imparare a scrivere, i bambini di quattro anni imparano il secondo linguaggio in pochi mesi. Essi lo acquistano non solo senza pena e sforzo, ma con entusiasmo. Il fenomeno che, più di quarant’anni orsono, – scrive Maria Montessori – fece sorgere in me il desiderio di dedicare la mia vita all’educazione fu proprio il fenomeno spontaneo della “esplosione della scrittura” in bambini di quattro anni.”579 Una volta ebbi modo di osservarlo con alcuni bambini in Guinea-Bissau e ancora ricordo l’entusiasmo di uno di loro quando riuscì con sua somma soddisfazione a comporre la parola “taxi”!

Il materiale sensoriale che aiuta i bambini nell’acquisizione della lettura e della scrittura è rappresentato dalle lettere smerigliate e dall’alfabetiere mobile. Le prime sono tavolette di legno su cui sono incollate lettere a caratteri corsivi in carta vetrata: il bambino impara a riconoscerle ascoltandone il suono da chi gliele presenta e percorrendone con il dito i contorni in modo da acquisire una sorta di memoria muscolare che lo guiderà poi, più avanti, nel tracciare lo stesso carattere su carta. Le lettere mobili invece sono piccole lettere in materiale plastico sottile – sempre in corsivo – che il bambino ha a disposizione in una scatola e che può utilizzare per comporre parole. Quando l’interesse del bambino si accende e comincia a chiedere “Che lettera è? Cosa c’è scritto?” magari guardando i cartelloni pubblicitari per strada, è il momento di proporgli questo materiale che lo aiuterà, giocando, ad appropriarsi di uno strumento essenziale – quale la lettura e la scrittura – per accedere alle “immense riserve della conoscenza umana”.


Chi ha avuto la possibilità di osservare l’utilizzo del materiale Montessori non può non esserne rimasto affascinato. In modo particolare a me è rimasto impresso il materiale per l’aritmetica e la geometria. Quante volte ci è capitato da ragazzini di pensare “Che fatica le divisioni! Che difficile la matematica! Ma a cosa serve?” e ci sono rimasti delle specie di buchi neri nella mente… Ma quando vi trovate per le mani catene di perline colorate, quando potete maneggiare triangoli gialli, rossi e blu, quando toccando e osservando all’improvviso gli occhi vi si illuminano perché finalmente avete “com-preso” il teorema di Pitagora, allora vi viene da pensare “Anch’io! Anch’io!” e ricomincereste daccapo la scuola…

Un decalogo di Maria Montessori

  1. Non toccare mai un bambino se non si è invitati da lui a farlo (in una forma o in un’altra).
  2. Non parlare mai male del bambino in sua presenza o assenza.
  3. Concentrarsi sul rafforzare e aiutare lo sviluppo di ciò che è positivo nel bambino (sui suoi pregi e i suoi talenti) così che la sua presenza possa lasciare sempre meno spazio per i difetti.
  4. Essere attivi nel preparare l’ambiente. Prendersene cura in modo meticoloso e costante. Aiutare il bambino a stabilire relazioni positive con esso. Mostrare il posto giusto dove i materiali di sviluppo sono conservati e illustrarne l’uso corretto.
  5. Essere sempre pronti a rispondere alla chiamata del bambino che ha bisogno di voi e ascoltare e rispondere sempre al bambino che vi chiama.
  6. Rispettare il bambino che fa un errore e può prima o poi correggersi da solo, ma interrompere immediatamente e in modo fermo ogni uso scorretto dell’ambiente e ogni azione che mette in pericolo il bambino, il suo sviluppo o altre persone.
  7. Rispettare il bambino che si riposa o guarda gli altri bambini lavorare o pensa a ciò che ha già fatto o farà. Mai chiamarlo o forzarlo ad altro tipo di attività.
  8. Aiutare coloro che sono alla ricerca di un’attività e non riescono a trovarla.
  9. Non stancarsi di ripetere le presentazioni a un bambino che le ha rifiutate in precedenza, nell’aiutare il bambino ad acquisire ciò che non è ancora in suo possesso e a superare le imperfezioni. Fare ciò animando l’ambiente con cura, con riguardo e silenzio, con parole gentili e presenza amorevole. Far sentire la propria pronta presenza al bambino che la cerca e nasconderla al bambino che ha già trovato ciò di cui aveva bisogno.
  10. Trattare sempre il bambino con le migliori maniere e offrirgli il meglio di ciò che si possiede in se stessi e che si ha a disposizione.

La camera del bambino: come organizzarla (di Tim Seldin)

“Noi dobbiamo offrire al bambino un ambiente che lui è in grado di utilizzare da solo: una piccola panchetta-lavatoio, un cassettone con cassetti che lui può aprire, oggetti di uso comune che può manipolare, un piccolo letto in cui può dormire la notte sotto una bella coperta che può piegare e stendere senza aiuto. Dobbiamo fornirgli un ambiente in cui possa vivere e giocare; così lo vedremo lavorare tutto il giorno con le sue mani e aspettare con impazienza di spogliarsi da solo e sdraiarsi sul suo lettino.” (Maria Montessori).


Le camere da letto dei bambini dovrebbero riflettere la loro personalità e i loro attuali interessi. Anche se per conto loro possono avere la tendenza a creare confusione, i bambini piccoli hanno un incredibile bisogno e amore per un ambiente ordinato. Ogni cosa deve avere il suo posto e l’ambiente dovrebbe essere organizzato in modo da consentire al bambino di mantenere un’atmosfera ordinata e ben organizzata. Idealmente, il letto del bambino dovrebbe essere basso, rasente al pavimento, così da consentire facilmente ai piccolini di alzarsi e coricarsi da soli. Piuttosto che acquistare una culla (o un lettino con le sbarre), Maria Montessori esortava i genitori a modificare la camera da letto per facilitare sia la sicurezza dei bambini sia la loro precoce indipendenza. Si può utilizzare per esempio un futon giapponese o un materasso senza la struttura del letto.

  • A partire dai 5 anni, si può permettere al bambino di usare un sacco a pelo sul suo letto al posto delle lenzuola e delle coperte. Così sarà facile per lui rifarsi il letto al mattino.
  • Attaccate un piccolo e grazioso attaccapanni sul muro in basso dove il bambino possa arrivare da solo.
  • Decorate le pareti con stampe artistiche di alta qualità, raffiguranti bambini o animali, poste ad altezza degli occhi del bambino. Sceglietene una con un ampio e leggibile volto.
  • Modificate i vostri interruttori in modo da consentire al bambino di accendere e spegnere le luci da solo.
  • Appendete una lavagna sul muro all’altezza visiva del vostro bambino sulla quale lui possa attaccare i disegni o i lavori fatti a scuola.
  • Non usate un baule per i giochi. Immaginate la confusione nella vostra cucina o nel vostro ufficio se voi gettaste i vostri attrezzi e utensili alla rinfusa in un cesto. Piuttosto utilizzate degli scaffali bassi per riporvi in bella vista libri e giocattoli.
  • Mettete i giochi con molti pezzi in contenitori appropriati, come scatole di plastica con coperchi, cestini o in una robusta borsa di plastica.
  • Usate una solida cassetta di legno per contenere e trasportare le costruzioni del vostro bambino.
  • Conservate i pezzi di Lego in una grande, resistente e colorata borsa di tela dotata di manici. Cucitevi sopra delle strisce di velcro per tenerla ben chiusa. Servirà da deposito delle costruzioni nella camera del vostro bambino e sarà molto comoda da portare dietro durante i viaggi.
  • Potete creare un modello di città o fattoria in legno, con tanto di prato. Mettetelo su un tavolino basso e il vostro bambino potrà inventarsi molti giochi utilizzando modellini di case, alberi e persone.

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.