capitolo vii

La spiritualità in Maria Montessori:
una dimensione dimenticata?

“Il segreto dell’educazione è riconoscere e osservare il divino nell’uomo”

Maria Montessori

“Tra i sedici tipi di meditazione, la pratica con i bambini è la migliore”

Yuan-Wu

“Il bambino è l’essenza della spiritualità”

Mario Montessori

Una volta, mentre osservavo un amico che cucinava la verdura, maneggiandola con la stessa delicatezza con cui si tratterebbe una creatura umana e ammirandone i colori con lo stesso stupore e senso di gratitudine che si potrebbe avere di fronte a un bambino o a un bel tramonto, mi resi conto tutto d’un tratto di cosa volesse dire avere un atteggiamento religioso nei confronti della vita.


Il termine “religione”, che deriva dal latino re-ligo, significa etimologicamente anche ri-unire, ricollegare ciò che era diviso. L’uomo religioso è l’uomo integro, che ha rimesso insieme tutti i pezzi del suo puzzle personale e ha saputo trasformarlo in un mandala, simbolo, in tutte le culture, di unità e completezza, di armonia e di equilibrio, del molteplice che si fa uno. È l’uomo che ha percorso tutte le dimensioni del suo essere, tutte le direzioni della Ruota di Medicina, come direbbero i nativi americani, o, come direbbe Osho, è l’uomo creativo, che si è riunificato, gioisce di ogni lavoro e e lo compie con amore profondo.

Fu proprio grazie al mio amico che io compresi la verità delle parole di Thich Nhat Han, secondo cui anche il semplice atto di lavare i piatti può essere una forma di meditazione. L’acqua calda che scorre tra le dita, le bollicine di sapone, la lucentezza del piatto, tutte queste sensazioni vissute con consapevolezza e amore possono trasformarsi in un’esperienza meditativa. “Sotto il sole della consapevolezza, ogni pensiero, ogni gesto diventano sacri”394. Tutto in questo modo può diventare meditazione: una corsa, una nuotata, una camminata nel bosco, un massaggio, un canto, una musica, una lettura e anche il lavoro più umile e insignificante, come quello domestico: lavare i piatti, spazzare per terra, cucinare o togliere la polvere. Si può vivere la normalità in modo straordinario: allora ogni cosa che si guarda e si tocca acquisisce bellezza e sacralità e tutto diventa luminoso. “La vita è fatta di piccole cose che diventano grandi se le fai con amore. In quel caso rendi prezioso tutto ciò che fai. E solo se ogni cosa per te diventa sacra, la tua vita può essere religiosa.”395 dice Osho e chi l’ha provato può confermare che è proprio così.


Ha scritto il nipote Mario, parlando di sua nonna Maria, che “mentre sbucciava le patate le guardava con profondità, come se potessero rivelare segreti di grande importanza”396. Ecco, questo è un atteggiamento religioso nei confronti della vita, che nasce da due elementi: consapevolezza e amore. Consapevolezza significa essere nel momento, nel “qui e ora” e viverlo totalmente, amore significa essere in connessione con ciò su cui si è posto lo sguardo, sia essa creatura inanimata o vivente. Non è in questo caso importante l’oggetto d’amore ma l’“essere in amore”. Si può amare un fiore o il cielo stellato con la stessa intensità di una donna o di un uomo perché si è colto in essi l’essenza, il divino che in se stessi racchiudono. Ma per far ciò, per accogliere il divino insito nell’esistenza, per riuscire a vederlo, occorre una condizione fondamentale: fare il vuoto dentro di sé. Perché solo il vuoto può essere riempito.


Ecco cosa dice Maria Montessori a questo proposito riferendosi al bambino: “Perché si possa accogliere questa rivelazione, occorre che noi adulti non esistiamo, che siamo vuoti, perché in questo vuoto entri il bambino e ci riempia”397. Questo vuoto non è altro che lo stato di non-mente di cui parlano i mistici, il superamento dell’ego, che solo può darci l’accesso alla dimensione dell’oltre, di quello che sta al di là. È il vuoto che nasce quando si è ripulito il pozzo della spazzatura e dei detriti e l’acqua limpida può di nuovo sgorgare. Allora si crea una sorta di collegamento con lo spirito stesso dell’universo che ci permette di connetterci al cosmo e di coglierne i segreti più profondi. I bambini conoscono bene questa dimensione perché sono naturalmente capaci di presenza mentale: essi vivono nel presente, nell’adesso, nel “qui e ora”. È da loro che dobbiamo imparare.


“Ci sei? Sei connesso?” diceva una bimba al papà, comico televisivo, alcuni anni orsono, ma è la domanda che in realtà ci pongono i bambini tutti i giorni e a cui non sempre siamo in grado di dare una risposta affermativa. “Quando vi viene incontro un bambino sorridente – dice Thich Nath Han – se siete nel futuro o nel passato o pensate ad altro invece di essere lì, è come se il bambino non esistesse. Il metodo per essere vivi è ritornare a se stessi perché il bambino si mostri nella sua splendida realtà. Allora lo vedrete sorridere e potrete stringerlo fra le braccia”398. Voi e lui insieme nel momento presente: l’unico momento che esista. L’unico in cui poter incontrare il divino giacché Dio è l’eterno presente: ecco perché i bambini lo conoscono così bene...

La religiosità del bambino

“Il bambino è religioso: non è teista, hindu, musulmano, cristiano ma nemmeno ateo o comunista. La sua è pura religiosità, la cui qualità è amore e innocenza.”399 ha scritto Osho. Maria Montessori diceva che l’essere più religioso nel mondo è il bambino: “Il bambino è in continuo rapporto con il Creatore. Egli possiede una grande sensibilità alle cose dello spirito ed è animato da una tenerezza speciale, amore fresco e puro, quasi fosse scaturito dal Fonte Supremo”400.


“Dio e i bambini se la intendono” era espressione abituale di Adele Costa Gnocchi401. Affermazioni diverse per esprimere lo stesso concetto: vi è una naturale e connaturata affinità tra il bambino e il mondo dello spirito. È normale: è da lì che il bambino viene.


“Il bambino sembra capace di vedere l’invisibile … come se non ci fossero barriere tra visibile e invisibile”402 scrive Sofia Cavalletti, allieva della Montessori. “Quanto più piccoli sono i bambini, tanto più sono capaci di recepire cose grandi e si appagano solo in cose grandi ed essenziali”403. Perché più sono piccoli e più sono vicini alla fonte da cui provengono: sono freschi, appena arrivati dal “mondo di sopra”.


“Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini” sosteneva Dante Alighieri e secondo me aveva proprio ragione…


Ma quanto poco spesso si pensa invece che la spiritualità sia una dimensione che appartiene anche all’infanzia?

Sofia Cavalletti ha sviluppato un’esperienza pluridecennale di formazione religiosa con i bambini dai 3 ai 6 anni, descritta nel volume Il potenziale religioso del bambino, sviluppando una metodologia definita “La catechesi del Buon Pastore”. Ella si è resa conto, stando a contatto con i suoi piccoli alllievi, che “Il bambino ha bisogno di un amore globale, infinito, tale che nessun essere umano è in grado di dargli. Nessun bambino – ella dice – è stato mai amato nella misura in cui avrebbe voluto e di cui avrebbe avuto bisogno. L’amore è per il bimbo più necessario del cibo; è stato scientificamente provato. Nel contatto con Dio egli sperimenta un indefettibile amore. E nel contatto con Dio egli trova il nutrimento che il suo essere richiede e di cui ha bisogno, per svilupparsi nell’armonia. Dio – che è Amore – e il bimbo, che chiede l’amore più del latte materno, s’incontrano quindi in una particolare corrispondenza di natura; e il bimbo, nell’incontro con Dio, gode per la soddisfazione di un’esigenza profonda della sua persona, di un’autentica esigenza di vita.”404


Compito dell’adulto è quindi, ancora una volta, rispondere alla silenziosa richiesta del bambino ed aiutarlo ad avvicinarsi a Dio da solo, senza imporgli nulla, ma assecondando semplicemente un suo desiderio e una sua necessità interiore.


“Una simile risposta non può e non deve essere data dall’adulto su un piano teorico ma deve scaturire solo da un’attenta osservazione del bambino, in modo che sia egli stesso a dirci se vuole o no essere aiutato a scoprire Dio e la realtà trascendente; dev’essere il bambino a dirci se l’esperienza religiosa è o no costitutiva della sua personalità”405.


Ed ecco che allora i bambini rivelano sorprese inaspettate. I piccoli frequentatori del Centro di catechesi di Roma vorrebbero andarci tutti i giorni, si lamentano con i genitori, anche se sono passate due ore e mezzo, che sono andati a prenderli troppo presto: “Ma io stavo tanto bene”… E stupiscono gli adulti per la calma e la tranquillità che mostrano, come se fossero pervasi da una grande gioia interiore.


È stupefacente inoltre notare che i bambini sembrano sapere, in campo religioso, cose che nessuno ha detto loro, come ci ricorda Sofia Cavalletti, riportando alcuni esempi molto significativi, tra cui quello di una bambina russa che, affascinata dalle icone che mostravano il volto di Cristo, e che lei vedeva per la prima volta, disse: “Lo sapevo che Lui esiste e ho sempre chiacchierato con Lui prima di prendere sonno” e aggiunse, rivolgendosi alla mamma, “Raccontami di Lui; mi è molto necessario”406. Impressionante è anche il caso di una bambina di tre anni, cresciuta in una famiglia atea e non frequentante la scuola materna, che interrogò il padre sull’origine del mondo: questi le rispose con un discorso materialista aggiungendo però “C’è anche qualcuno che dice che tutto questo viene da un essere molto potente e lo chiamano Dio”, al che la bambina esclamò piena di gioia “Lo sapevo che non era vero quello che mi dicevi; è Lui! è Lui!”407


Queste osservazioni fanno riflettere sul significato e le modalità dell’educazione religiosa, così come viene proposta normalmente ai nostri figli.


Ritengo abbia ragione Osho quando dice che “finora, non è esistita alcuna educazione religiosa. Qualsiasi cosa sia stata definita ‘educazione religiosa’, sia questa cristiana, hindu o musulmana, si tratta di indottrinamento, non di educazione religiosa”408. A parte qualche rara eccezione, come quella sopracitata infatti, le lezioni di catechismo consistono per lo più in un elenco di formule da imparare a memoria – senza che se ne colga il reale e profondo significato – e chi è più bravo a ricordare viene premiato con l’assegnazione di punti che permetteranno poi di vincere caramelle o dolciumi…!!!! È questo che vogliamo per i nostri figli? O è arrivato il momento di cambiare le cose?


“L’educazione del futuro – dice ancora Osho – non sarà un’educazione a essere una personalità, ma un’educazione a essere un’essenza. È questo il senso di una educazione religiosa. L’educazione religiosa aiuterà il bambino a ricordare ciò che già esiste dentro di lui, non a dimenticarsene. La vera educazione renderà il bambino più meditativo, in modo tale che non perda mai il contatto con il proprio essere interiore.”409


Esattamente quanto avviene nei centri Montessori dove ogni atto, compiuto in presenza mentale, diventa un rito, una cerimonia. E proprio come “i maestri zen, osservando un discepolo suonare la campana, spazzare il cortile o preparare la tavola, ne intuiscono il grado di maturità” così per il bambino cresciuto secondo i princìpi montessoriani “le maniere e il comportamento sono un indizio del suo ‘livello meditativo’”410. Nelle scuole Montessori, proprio come piccoli monaci, “si direbbe che i bambini fanno esercizi di vita spirituale”411. Sicuramente, in questo senso, l’esempio più significativo è dato dall’esercizio del silenzio.

La lezione del silenzio

L’idea dell’esercizio del silenzio venne a Maria un po’ per caso, a partire da un’esperienza fatta nel corso del suo lavoro quotidiano con i bambini, come racconta lei stessa ne Il segreto dell’infanzia: “Un giorno entrai in classe tenendo in braccio una bambina di quattro mesi che avevo preso dalle mani della mamma nel cortile. La piccina era tutta stretta dalle fasce secondo l’uso del popolo: il suo visetto era paffuto e roseo ed essa non piangeva. Mi fece una grande impressione il silenzio di questa creatura e volli partecipare ai bambini il mio sentimento. ‘Ella non fa nessun rumore – dissi e per scherzare soggiunsi – nessuno di voi saprebbe fare altrettanto.’ Vidi con stupore una tensione intensa dei bambini che mi guardavano. Sembrava che pendessero dalle mie labbra e sentissero profondamente ciò che dicevo. ‘Ma il suo respiro, continuai, com’è delicato! Nessuno potrebbe respirare come lei senza far rumore.’ I bambini, sorpresi e immobili, trattenevano il respiro. In quel momento si sentì un silenzio impressionante: cominciò a diventare sensibile il tic tac dell’orologio che generalmente non si sentiva. Sembrava che la bambina avesse portato dentro un’atmosfera di silenzio che non esiste mai nella vita ordinaria. Nessuno faceva il più impercettibile movimento. Di lì venne il desiderio di risentire quel silenzio e perciò di produrlo. I bambini vi si prestavano tutti: non si potrebbe dire con entusiasmo, perché l’entusiasmo ha in sé qualche cosa di impulsivo, che si manifesta dal di fuori. Quella invece era la manifestazione di una corrispondenza che veniva da un desiderio profondo. Concordemente i bambini si mettevano immobili, controllando persino il respiro, e rimanevano così, con l’aspetto sereno e intento di chi fa una meditazione. A poco a poco in mezzo al silenzio impressionante si sentivano leggerissimi rumori: come quello di una goccia d’acqua che cade a distanza e del pigolio lontano di un uccellino.”412


Già, perché “nel silenzio tutti i sensi si amplificano. … C’è una specie di acutezza che fa seguito ai gradi più fini di silenzio”. C’è un interesse a scoprire quelle cose che generalmente non percepiamo nella vita quotidiana ed è quasi come se mettessimo l’equivalente di un microscopio alle nostre orecchie… È come se mettessimo all’orecchio una sorta di “lente del silenzio che ci rende facile scoprire cose alle quali altrimenti non avremmo prestato alcuna attenzione.”413


Ecco, dice Maria Montessori, “Nacque in questo modo il nostro esercizio del silenzio.”414

Non certo quindi una lezione per tenere i bambini tranquilli (come a volte è stata interpretata) ma una vera e propria iniziazione alla spiritualità, da proporre ai bambini solo a un certo punto del percorso, quando sono stati soddisfatti i bisogni del corpo e della mente, quando si è conquistata la completa padronanza e il controllo del movimento attraverso la concentrazione. Giacché esiste una scala nei bisogni che deve essere rispettata: il corpo, la mente, l’anima e Dio.


Come prima cosa occorre insegnare al bambino – come ci ricorda Osho – l’estasi del corpo. Aiutarlo ad arrampicarsi su un albero, a correre, a nuotare, a danzare… Occorre rinsaldare le radici, far sì che affondino profondamente nella terra. Poi si potrà aiutarlo ad andare oltre. Si potrà fargli conoscere le gioie della mente, l’arte, la poesia, la pittura, la musica, le grandi gioie del mondo. Quando questi bisogni sono appagati sorge un terzo bisogno: il bisogno dell’anima. Ed ecco allora l’importanza della concentrazione e del silenzio.


In tutte le tradizioni religiose viene sottolineata l’importanza del silenzio come sorgente di energia spirituale. Un proverbio cinese dice “Il silenzio è il linguaggio dello spirito”. È solo attraverso il silenzio che possiamo entrare in noi stessi ed avere accesso alla fonte.

“Il silenzio dispone l’anima dell’essere immobile a qualcosa di speciale, in altre parole il silenzio non ci lascia come eravamo prima. Questo qualcosa di speciale non è certo un’acquisizione culturale perché l’inibizione completa è uno stato esterno, ma agisce su uno stato interno. Tutti i pensatori e i mistici ricercano il silenzio perché esso predispone all’atteggiamento interiore della meditazione. Come un bell’ambiente, con luce, colore, profumo può avere un’influenza sull’ispirazione poetica, così il silenzio ci dà sopra ogni altra cosa la sorpresa di possedere dentro di noi qualcosa che non sapevamo di avere, la spiritualità, e il bambino piccolo tende a sentire questa vita interiore, perché lui è per eccellenza l’essere interiore. Nessun dubbio quindi che il bambino che ha sperimentato ciò non è più lo stesso bambino, ma un’anima in attesa di qualcosa.”415


Ma oggi chi ci educa al silenzio? I nostri figli crescono bombardati dal rumore, fin da piccolissimi. Passano ore davanti alla televisione416 o a giochi elettronici, studiano con l’auricolare nelle orecchie o la radio accesa.


Il silenzio fa paura, perché porta inevitabilmente a contattare se stessi e le proprie emozioni: non si può barare di fronte al silenzio, occorre mettersi a nudo e questo fatalmente spaventa. Eppure è proprio e solo dal silenzio che nasce ogni parola. È il silenzio che costruisce il mondo.

La religiosità di Maria Montessori

“Chi molto comprende molto ama e chi molto ama molto comprende” diceva Leonardo da Vinci. Ebbene, Maria Montessori ha amato così tanto il bambino da riuscire a vederlo nella sua essenza, da farsi rivelare da lui i segreti della sua anima. Maria Montessori all’epoca dell’esperimento di San Lorenzo era una scienziata positivista, furono i bambini che la “convertirono” e le aprirono le porte alla religiosità.

Standing, nella sua bellissima biografia, definisce Maria Montessori una “felice combinazione di scienziata e di mistica”417. “Nonostante la formazione rigorosamente scientifica e la natura immensamente pratica del suo lavoro – egli scrive – c’era un lato più profondo e mistico della sua personalità.”418


E ancora: “Il suo appello era sempre allo spirito”419. “Anche quando Maria Montessori era alle prese con un argomento come l’aritmetica e la grammatica l’elemento spirituale non era mai assente. Lei vedeva in ogni argomento scolastico un’attività dello spirito umano”420. Come ricorda Maria Antonietta Paolini, “Lei, che era una scienziata, aveva al tempo stesso profondi interessi spirituali. Anche questo era fuori dalle regole e la gente criticava ma lei non se ne curava.”421


“La sua terminologia ha delle risonanze metafisico-religiose”422 fa notare Dimitrios Yaglis. Sarebbe interessante, a questo proposito, anche se estenuante, contare quante volte si ripetono nei testi di Maria Montessori i termini “spirito”, “spirituale”, “anima”, “fede” e finanche “incarnazione”. Il risultato lascerebbe tutti attoniti o perlomeno stupiti. Riportiamo solo qualche esempio: “La Casa dei Bambini sembra avere una influenza spirituale su tutti”423. “Il maestro deve avere una fede religiosa nella sua missione”424. “L’indirizzo di preparazione dei maestri deve essere verso lo spirito, anziché verso il meccanicismo”425. “Il nostro compito è veramente spirituale; dobbiamo preparare nell’ambiente l’alimento dello spirito, che è occulto come forza e che cerca le cose intime e nascoste all’esterno”426. “Lo scopo dell’educazione dovrebbe essere quello di dare una direzione spirituale alla più grande delle ricchezze: l’uomo stesso”427.


Non si tratta per la Montessori di “strani afflati mistici” come qualcuno ha sostenuto, ma di una profonda e radicata visione spirituale.


A questo punto si rende però obbligatoria una precisazione e un chiarimento. La fede di Maria Montessori, nutrita alle fonti non solo della tradizione cristiana ma anche delle tradizioni religiose di altre culture, come quella indiana, a contatto della quale ella rimase per parecchi anni della sua vita, è aconfessionale. “Indubbiamente c’era in lei una religiosità profonda, il senso del sacro dell’essere umano, eppure era chiaro dai suoi discorsi che non ammetteva la predestinazione, il peccato originale, la divisione del mondo in buoni e cattivi, ma piuttosto il riconoscimento della responsabilità e della dignità di ciascuno.”428 scrive di lei Sulea Firu, professore universitario romeno, grande sostenitore del “metodo”.


Di certo l’incontro con l’India per la Montessori fu, in questo senso, determinante. Lì conobbe personaggi come il Mahatma Gandhi, Rabindranath Tagore, Khrisnamurti e – è stato detto – il suo pensiero risentì dell’influenza dei teosofi indiani. Personalmente concordo con Gunther Shulz-Benesch nel ritenere che la spiritualità della Montessori fosse già universalista e abbia solo “risuonato” con gli insegnamenti teosofici quasi a trovare in essi una conferma del suo pensiero.


Rita Kramer, nella sua biografia della Dottoressa, coglie i seguenti legami tra Teosofia e Montessori: “Il cuore della Teosofia erano le dottrine indiane dell’unione dell’anima umana con la coscienza divina, della reincarnazione come una graduale rivelazione di poteri innati in vite successive, e del karma, il principio di autorealizzazione che porta alla liberazione del vero sé e alla saggezza ultima. C’erano alcune affinità tra questi pensieri e la visione montessoriana dell’educazione, vista come un processo di liberazione dello spirito del bambino, il crescendo del suo linguaggio mistico con cui parlava dei suoi metodi di insegnamento molto pratici man mano che invecchiava. Molte persone legate alla Teosofia furono attratte dal metodo Montessori.”429


Particolarmente significative, a proposito dell’ecumenicità del messaggio montessoriano, le parole di una insegnante singalese che partecipò nell’agosto del 1949 all’VIII Congresso Internazionale Montessori a Sanremo: “Il metodo Montessori, che aiuta a formare liberamente la personalità in un ambiente adeguato, è, secondo me, di un grande aiuto a comprendere il Buddismo”430.


J. Goonesekera ritiene che i bambini educati secondo la propria natura, in spirito montessoriano, abbiano la possibilità di costruire la propria personalità secondo la via indicata dagli Otto Sentieri della filosofia buddista, via che conduce alla Pace e al benessere dell’Umanità.


L’affinità della visione educativa montessoriana con i princìpi del Buddismo appare poi notevole leggendo gli scritti di Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita, poeta e pacifista.


La spiritualità montessoriana non è quindi adesione a un credo particolare ma è una visione ecumenica, di ampio respiro, che può per questo rivelarsi di importanza e utilità incommensurabile ai fini di un’educazione realmente globale e interculturale.


“Come Einstein, lei considera l’aspetto migliore della religione, non quella del terrore, non quella delle chiese e dei dogmi, dei fanatici che si combattono nei fumi dei roghi della reciproca intolleranza. Lei sa che senza fare riferimento alla sfera del sacro e del religioso, non ci sarà unità. Ecco perché scrive ‘non c’è speranza che gli uomini possano cominciare ad unirsi per motivi che colpiscano il loro raziocinio, soltanto il loro cuore potrà realizzare questa unità.’”431

Quella professata dalla Montessori non è una religione settaria, dualistica ma una filosofia superiore che insegna a tornare a se stessi per scoprire che non c’è separazione alcuna tra Dio e gli esseri umani ma che Tutto è Uno. È la visione cristica, la terza dimensione verso cui è diretto l’uomo nuovo.


Alla luce di questa visione le parole di Maria Montessori acquisiscono ben altro significato. “Chi ha orecchi da intendere intenda” diceva Gesù. Se finora si è colta quasi esclusivamente la dimensione psicopedagogica del suo pensiero è perché essa è talmente rilevante da occultare tutto il resto. Eppure la dimensione spirituale di Maria Montessori, così poco conosciuta e studiata, oseremmo dire quasi dimenticata, è, a nostro avviso, la dimensione portante, su cui si basa tutta la costruzione del pensiero di questa grande scienziata. Probabilmente quando la Montessori, verso la fine della sua vita, pronunciò la sconsolata frase “Non hanno capito niente!” si riferiva proprio a questa dimensione nascosta e fondamentalmente incompresa del suo pensiero. Solo in India ella si sentì pienamente accolta e riconosciuta come portatrice di un messaggio spirituale. Ne sono testimonianza le sue parole in un discorso tenuto nel 1939 ad Adyar, sotto il grande Banyan Tree del Quartier Generale della Società Teosofica, per l’inaugurazione del primo corso Montessori: “Sento, mentre sono qui di fronte a voi, che questo è uno di momenti più importanti della mia vita. Per molte decadi il bambino mi ha rivelato qualcosa che è nascosto nelle profondità della sua anima. Ma quale mancanza di comprensione, quanti malintesi ho trovato in tanti paesi, perché la gente pensava che io parlassi di un metodo pedagogico, mentre io parlavo di una rivelazione che mi è stata data dall’anima. Qui tra voi però sento di essere compresa fino in fondo, perché per entrare nell’anima, nello spirito, occorre avere uno spirito e un’anima desti.”432 Parole, queste ultime, profondamente veritiere: solo chi è già sul cammino può comprendere infatti ciò che per altri rimane ancora oscuro o addirittura invisibile.


Questa paladina del bambino ha speso tutta la sua vita, come lei stessa ha affermato, “alla ricerca della Verità” per il bene dell’umanità intera.


Quando le veniva chiesto di che nazionalità fosse, Maria Montessori rispondeva “Vivo in cielo, il mio Paese è una stella che gira intorno al sole e che si chiama terra”.433

Cittadina del mondo, libera pensatrice, fondatrice di un nuovo modello di scuola e di educazione, una scuola “spirituale” per le nuove generazioni, basata su un’educazione “cosmica”, interculturale ed ecumenica: questa fu Maria Montessori, una figura carismatica.


Ecco perché riteniamo che l’immagine che più le rende giustizia sia, non quella così diffusa dell’età giovanile, in abiti e pettinatura di foggia ottocentesca, ma quella che la vede ritratta in India, con i capelli ormai bianchi, avvolta in un candido sari. Questo è il vero ritratto di Maria Montessori, che racchiude il senso profondo del suo lavoro e della sua opera, lo spirito del suo messaggio, l’obiettivo realizzato del suo percorso di vita.

Postilla: Maria Montessori, spiritualità e io…

I testi della Montessori, come quelli di tutti i grandi del resto, possono essere letti a vari livelli, su diversi piani e proprio come in uno specchio ci si può ritrovare riflesso qualcosa di sé, qualcosa con cui si è “alle prese” in un determinato momento della propria vita e con il quale pertanto si entra in uno stato che potremmo chiamare di “risonanza”.


Questo è proprio quanto è successo a me con l’ultima rilettura degli scritti montessoriani: sono “entrata in risonanza” con gli aspetti spirituali dell’opera di Maria Montessori e sono rimasta veramente impressionata dalla preponderanza che essi rivestono. È come se una nuova porta mi si fosse spalancata e io avessi scoperto tesori prima celati alla mia vista.


Mi sono resa conto allora di come la sua visione appaia apparentemente solo pedagogica ma sia in realtà profondamente spirituale. Prendendo a prestito un termine caro agli antroposofi, potremmo parlare anche per lei di una vera e propria “scienza dell’interiorità”, in cui l’educazione del bambino in fondo è solo un mezzo per parlarci del nostro percorso di uomini alla scoperta di noi stessi. Le tappe che il bambino percorre nella sua crescita infatti sono le stesse che deve attraversare anche un adulto che decida di compiere un profondo lavoro su di sé di ricerca e trasformazione interiore, e i princìpi su cui poggia l’educazione Montessori sono gli stessi che stanno alla base dell’evoluzione spirituale di ogni individuo, in quanto rappresentano i capisaldi delle leggi universali che regolano la vita del cosmo e dell’uomo.


Proviamo, per capire meglio, a esaminarne i principali.

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.