capitolo v

I periodi sensitivi:
un tempo per ogni cosa, ogni cosa a suo tempo

“C’è un tempo per ogni cosa sotto il sole”

Siracide

“Nulla di grande si crea all’improvviso, non diversamente da un grappolo d’uva o da un fico. Se tu mi dici che vuoi un fico, ti rispondo che ci vuole tempo. Prima la pianta deve fiorire, poi produrre frutti e quindi il frutto maturare.”

Epitteto

“È necessario “assecondare” la natura, rispondendo ai bisogni particolari di ogni età”

Maria Montessori

Il ciliegio fiorisce a marzo era solito dire il mio maestro di tai-chi, come a ricordare che c’è un tempo per ogni cosa. Ed è proprio vero, basta osservare la natura per rendersene conto. Impossibile forzarne i ritmi: ogni fiore sboccia quando per lui il momento è giunto.


Il pruno è il primo a schiudere i suoi boccioli non appena sente aria di primavera, per l’albicocco bisogna aspettare un po’ di più… Quando ci sono le condizioni necessarie e sufficienti il frutto matura. Come non si può tirare un fiore per accelerarne la crescita, così un frutto colto prima del tempo si rivela acerbo. Ci vuole solo la pazienza di aspettare che arrivi il tempo giusto per ogni cosa. Si può solo seminare, annaffiare e aspettare che la pianta cresca. Possono volerci giorni, mesi o anni, dipende da cosa abbiamo messo nel nostro campo: i ravanelli spuntano in fretta ma per veder crescere una sequoia o anche solo una quercia occorre molto, molto tempo. Gli alberi si piantano per le generazioni a venire.


Ancora una volta quanto vale per il mondo naturale vale anche per l’essere umano e, in questo caso, per il bambino. Non si possono bruciare o saltare le tappe. Non si possono forzare gli eventi. Ogni bambino è unico e ha i suoi tempi e i suoi ritmi speciali che vanno colti e rispettati. Se nostro figlio si rifiuta di restare a dormire al nido o di andare in bicicletta è inutile costringerlo: vuol dire che non è ancora pronto ad affrontare queste esperienze. Se gli lasceremo il tempo necessario sarà lui stesso a farcene richiesta, se invece insistiamo farà uno sforzo che rischierà di compromettere la sua futura voglia di lanciarsi in nuove avventure. Chi ha dovuto affrontare difficoltà superiori alle proprie forze in epoche troppo precoci può prima o poi manifestare un rifiuto a cogliere le sfide che la vita gli offre: è come se la fatica fosse stata così tanta che solo l’idea di ripetere l’esperienza lo spaventa. In questo modo però si priva di preziose opportunità.


È normale temere una tempesta se non si ha una casa dove rifugiarsi e non si è ancora in grado di proteggersi da soli, mentre diversa è la situazione quando la tempesta la si osserva dalla propria confortevole dimora o quando ci si è talmente rafforzati da poter vagare anche soli, al buio, in mezzo alla foresta.


Perché, per l’appunto, c’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa va fatta a suo tempo e con la dovuta gradualità. Ma questa legge cosmica fondamentale è purtroppo oggi sempre più dimenticata e si assiste a una crescente frenesia in tutti i settori, compreso quello terapeutico, dove a volte, anziché mettersi all’ascolto del paziente e delle sue esigenze, si procede secondo tabelle di marcia prestabilite.


Pensiamo soltanto ai neonati: chi ha la pazienza di aspettare che il cordone ombelicale abbia smesso di pulsare prima di tagliarlo? Eppure oggi si sa che questa attesa apporta al bambino appena nato numerosi benefici, così come si sta scoprendo che lasciare la placenta attaccata al neonato fino a quando il cordone non si secca e si stacca da solo (pratica chiamata “Lotus Birth”), è addirittura una sorta di polizza multirischio per il bambino: non solo lo protegge da una possibile futura anemia, evita infezioni alla cicatrice ombelicale e favorisce l’avvio della respirazione nel migliore dei modi, ma aiuta il processo di radicamento, l’integrazione dell’esperienza della nascita, offrendo al bambino un senso di completezza e di serenità ineguagliabile che lo aiuterà ad affrontare i traumi della vita in modo del tutto naturale. È come se si permettesse al neonato di vivere la separazione solo quando è pronto ad affrontarla: quando il momento giusto per lui è giunto ecco che il bambino può salutare la sua placenta, il suo compagno di viaggio nei nove mesi della vita intrauterina, e può lasciarla andare senza sofferenza.


Anche nell’ambito dell’alimentazione dei lattanti manca il rispetto dei tempi e dei ritmi individuali: c’è ancora chi li sveglia ogni tre ore per mangiare o chi li svezza quando scatta l’ora X, secondo schemi che sembrano più prescrizioni farmaceutiche che menù per piccoli commensali. E quanti sono poi, specie in ambito alternativo, i professionisti della salute che spingono i loro pazienti verso traguardi per i quali non sono ancora pronti, che li forzano ad accelerare le tappe sostituendosi a loro nel lavoro?


Anche nel settore educativo e scolastico, accelerare i tempi di apprendimento e di sviluppo sembra essere una meta ambita e ricercata. “Sempre di più e sempre prima” sembra essere il motto di tanti educatori dei nostri giorni. A volte sono i genitori stessi che spingono i figli verso traguardi sempre più numerosi e anticipati nel tempo: quando sono ancora piccolissimi si premurano di mostrare agli amici le loro conquiste linguistiche spronandoli a ripetere a comando parole, filastrocche o canzoncine, quando sono più grandi li incitano a ottenere il massimo in competizioni sportive o prove scolastiche e si sentono delusi se questi non corrispondono alle loro aspettative. A volte sono gli insegnanti che propongono per esempio a bambini della scuola elementare modalità e linguaggi da scuola media.

Tutto questo presuppone una non conoscenza del meccanismo di funzionamento della mente infantile e delle leggi che la regolano. Prima fra tutte quella dei “periodi sensitivi”. Maria Montessori li definì così riprendendo un termine caro al biologo De Vries; i neuroscienziati oggi parlano di “finestre aperte sul cervello”: si tratta di fasi o di momenti particolari deputati dalla natura all’acquisizione di determinate funzioni. “I periodi sensitivi si riferiscono a fatti psichici e sono luci e vibrazioni spirituali, che preparano la coscienza: esse sono le energie che partono dal non esistente, per dare l’esistenza agli elementi fondamentali, con cui si devono attuare le costruzioni future del mondo psichico.”324


Se l’apprendimento avviene in questi periodi di spiccata sensibilità non costa nessuno sforzo al bambino che impara facilmente, senza fatica alcuna. “Durante il suo sviluppo psichico il bambino fa delle conquiste che sono veramente miracolose e le fa proprio nei periodi sensitivi, che si potrebbero paragonare ad un faro acceso che illumina interiormente, ovvero ad uno stato elettrico che dà luogo a dei fenomeni attivi. È questa sensibilità che permette al bambino di mettersi in rapporto col mondo esterno in modo eccezionalmente intenso. E allora tutto diventa facile, tutto è entusiasmo e vita. Se invece il bambino non ha potuto agire secondo le direttive del suo periodo sensitivo, se durante l’epoca sensitiva un ostacolo si oppone al suo lavoro, nel bambino avviene uno sconvolgimento, una deformazione: è perduta l’occasione di una conquista naturale ed è perduta per sempre. Sparito il periodo sensitivo infatti le conquiste intellettuali sono dovute ad una attività riflessa, allo sforzo del volere, alla fatica della ricerca e nel torpore dell’indifferenza nasce la stanchezza del lavoro. In questo consiste la differenza fondamentale, essenziale, tra la psicologia del bambino e quella dell’adulto.”325


Anche Bruno Bettelheim afferma: “Per molte delle esperienze umane esiste un momento ottimale, in cui la loro efficacia nel favorire lo sviluppo è massima; se non vengono vissute al momento giusto, i loro effetti sulla formazione della personalità non potranno essere più altrettanto positivi.”326 Queste sensibilità speciali infatti sono “passeggere, si limitano cioè all’acquisto di un determinato carattere: una volta sviluppato questo carattere, la sensibilità finisce.”327


Così c’è un tempo per l’attaccamento e uno per la separazione, c’è un tempo per stare da soli e uno per socializzare. Un neonato ha bisogno della sua mamma, non ha senso lasciarlo piangere nel suo lettino perché “deve imparare a diventare indipendente”. Solo se riuscirà a stabilire un buon attaccamento con la persona che si prende cura di lui riuscirà poi, più avanti, a separarsene senza traumi. Un bambino di un anno ha bisogno di uno spazio protetto e raccolto come quello della sua casa, con poche persone – sempre le stesse – a lui familiari, non ha nessuna esigenza di socializzare e di stare con altri bambini all’interno di un ambiente istituzionale come quello di un nido. Cerchiamo di non confondere le esigenze di noi adulti con quelle dei nostri figli!


A volte mi viene da pensare che abbiamo capovolto la scala dei bisogni: pretendiamo che un neonato si gestisca da solo (addormentandosi o consolandosi per conto proprio) mentre teniamo un bimbo di due-tre anni (ma a volte anche un adolescente) attaccato alle nostre gonne con mille divieti “non toccare, non ti arrampicare, non ti sporcare” o lo soffochiamo sostituendoci a lui quando sarebbe invece il momento di aiutarlo a fare da solo. Troppo spesso dimentichiamo che se i bisogni di una particolare età non vengono soddisfatti al momento giusto rimarranno dei buchi, proprio come succede quando si lavora ai ferri, cade una maglia e non la si recupera subito.


Il bambino dunque è diretto dalla natura durante il periodo della sua crescita dalla forza misteriosa dei periodi sensitivi che “si potrebbero paragonare a un pertugio aperto sui fatti intimi dell’anima in via di costruzione, tale da permetterci di intravedere quasi degli organi interni che funzionano, elaborando la crescenza psichica del bambino. Essi dimostrano che lo sviluppo psichico non avviene a caso, non ha origine dagli stimoli del mondo esteriore, ma è guidato dalle sensibilità passeggere che sono istinti temporanei ai quali è collegato l’acquisto dei vari caratteri. … Sono le sensibilità interiori che guidano a scegliere nell’ambiente multiforme le cose necessarie e le situazioni favorevoli allo sviluppo. E come guidano? Guidano rendendo il bambino sensibile verso talune cose e lasciandolo indifferente verso altre. Quando questa sensibilità si accende in lui, allora è come se da lui partisse una luce che illumina solo date cose e non altre.”328 Le sensibilità psichiche che guidano il bambino – scrive ancora Maria Montessori – hanno la forza delle leggi naturali; sottrarvisi è andare contro natura, alterare la funzione, cioè entrare nella patologia. La veridicità di queste affermazioni è stata confermata dagli studi e dalle ricerche sul funzionamento del cervello e la costruzione del sistema nervoso che sappiamo svolgersi secondo una cronologia ben precisa.

Lo sviluppo neurologico avviene per tappe: dapprima, durante la vita fetale, si ha la moltiplicazione cellulare, poi avviene la migrazione dei neuroni e il loro raggruppamento in unità di percezione (i sensi) e di comando della muscolatura, quindi si ha la maturazione dei neuroni stessi che li rende adatti a una attività selettiva, e che comprende la mielinizzazione (vale a dire il rivestimento delle fibre nervose con un involucro lipoproteico, detto appunto “mielina”, che ha una funzione di guaina isolante, come quella dei cavi elettrici); infine avviene la formazione delle sinapsi, cioè delle connessioni che collegano i neuroni tra di loro e con gli organi effettori. Si costruisce così un vero e proprio circuito nervoso, anzi una rete di miliardi di circuiti. A questo punto si assiste a una selezione, vale a dire all’eliminazione di un certo numero di connessioni iniziali e alla stabilizzazione e al rinforzo dei circuiti definitivamente selezionati. La selezione sembrerebbe essere legata alle stimolazioni fornite dall’ambiente. Il che significa che, se la formazione delle sinapsi dipende da un programma genetico, la messa a punto finale è condizionata dalle interazioni ambientali. Il cervello cioè si costruisce anche a seconda delle informazioni che riceve dal mondo esterno.


Tutto questo schema di costruzione si svolge secondo ritmi ben precisi. Così per esempio un bambino non è in grado di camminare fintantoché il processo di mielinizzazione non è sufficientemente avanzato da consentire la deambulazione. Viceversa, una funzione che non sia stata stimolata al momento giusto, può venire eliminata nella fase di selezione.

Questa è una delle spiegazioni che si possono dare dei periodi sensitivi. “Si può dire che essi costituiscono la chiave per comprendere la crescita psichica (del bambino) e, nello stesso tempo, tracciare un piano sicuro di educazione”329. Basterà infatti osservare il bambino e “andargli dietro” per sapere come comportarsi e che strumenti offrirgli.


“La crescita è un lavoro guidato minuziosamente da istinti periodici o passeggeri che danno una guida perché spingono ad una attività determinata”330. Quando il nostro piccolino mostrerà uno spiccato interesse nell’aprire e chiudere i cassetti dei mobiletti della cucina o del soggiorno basterà lasciarlo fare controllando solo che non si schiacci le dita o, ancora meglio, trovando soluzioni per impedire che ciò avvenga331; quando verso i quattro-cinque anni mostrerà una forte attrazione per le lettere e per i numeri sarà arrivato il momento di proporgli il materiale sensoriale deputato all’apprendimento della scrittura ovverossia le lettere smerigliate.

Non mi stanco mai di dire ai genitori che i bambini non hanno bisogno di stimoli ma di risposte ai loro bisogni. La loro anima sa benissimo di quale cibo devono nutrirsi in ogni preciso momento della loro esistenza. L’importante è non interferire con le direttive della Natura. L’adulto deve solo saper osservare il bambino, interpretare i segnali che questi gli invia e rispondere in modo adeguato.


Maria Montessori era solita invitare le sue allieve ad “aspettare, osservando”. Ma quanti educatori sanno farlo? Quasi nessuno. Per saper aspettare infatti occorre pazienza e una salda fermezza interiore, un profondo senso di sicurezza, una grande fede, ovverossia una incrollabile fiducia nelle capacità del bambino, nelle sue potenzialità nascoste che prima o poi, nelle giuste condizioni, si manifesteranno da sole. Anna Maria Maccheroni, nel suo libro Come conobbi Maria Montessori racconta diversi episodi in cui bambini che sembravano assenti, sperduti in un mondo tutto loro, disinteressati a qualsiasi attività, oppure turbolenti e maldestri, incapaci o limitati, se rispettati nelle loro scelte e non forzati (il che significava per esempio dare loro il permesso di starsene in un angolo a guardare gli altri se non avevano voglia di lavorare) inevitabilmente prima o poi (e magari ci volevano mesi di attesa) sbocciavano da soli. Una mattina, come per incanto, sollevavano la testa dal banco e sorridevano, oppure andavano a scegliere un materiale e si mettevano alacremente al lavoro: l’incantesimo era stato spezzato per sempre. Non era occorso nessun intervento diretto dell’educatore ma solo una paziente attesa del tempo giusto e una fede grande come una montagna…

A ogni età i suoi periodi sensitivi

Se lo sviluppo infantile è segnato dall’alternarsi di diversi periodi sensitivi, è bene conoscerli per poter rispondere appieno ai bisogni del bambino in ogni epoca della sua vita. In effetti “per costruire il futuro è necessario vigilare sul presente. Quanto più verranno curati i bisogni di un periodo, tanto maggior successo avrà il periodo successivo”332 scriveva Maria Montessori.


“Fin dalla nascita, il bambino porta in sé uno schema di sviluppo interiore. Questo schema definisce la sucessione dei periodi sensitivi per ogni bambino. Tutti bambini presentano gli stessi periodi sensitivi ma non obbligatoriamente alla stessa età né con la stessa intensità”333. Ecco perché il principio guida per l’adulto dev’essere quello dell’ossevazione e dell’ascolto del bambino: inutile cercare di recuperare un periodo sensitivo già passato o stimolarne uno che deve ancora arrivare. Se un bambino a quattro anni mostra interesse per imparare a scrivere è bene assecondarlo e non rimandare l’apprendimento a sei anni perché “è ancora troppo piccolo”. L’interesse nasce sempre dall’attraversamento di un periodo sensitivo.

Vediamo ora di passare in rassegna almeno i principali.

Subito dopo la nascita, per esempio, vi è il periodo sensitivo dell’attaccamento, quello cioè in cui si sviluppa il “bonding” tra mamma e bambino: se essi non vengono separati ma viene preservata la loro intimità, ecco che le ore dopo il parto si rivelano un momento privilegiato per instaurare un buon legame tra madre e figlio. La stessa cosa vale per l’allattamento: il processo può avvenire anche se inizia più tardi ma non in modo così facile e ottimale come quando si stabilisce nei primi istanti dopo la nascita, cioè nel periodo sensitivo della suzione.


Dalla nascita – ma a dire il vero già da prima, quando è ancora nel ventre materno – fino ai cinque-sei anni vi è il periodo sensitivo per il movimento e quello per il linguaggio: è il momento delle grandi conquiste, in cui il bambino scopre il proprio corpo, la propria voce e tutte le loro possibilità. Nel giro di un anno acquisisce la posizione eretta e inizia la deambulazione, nel giro di due-tre è padrone dei propri movimenti, corre, salta, si arrampica e pronuncia frasi complete. Il movimento è il motore che spinge il bambino alla scoperta del mondo e che consente la sua crescita psichica. È il movimento infatti che permette la conoscenza della realtà su cui potrà basarsi poi il processo dell’astrazione.


Senza aiuto alcuno il bambino impara a camminare e a parlare. Apprende alla perfezione una o più lingue – quelle parlate nell’ambiente in cui vive – senza sforzo alcuno. All’età di sei anni conosce migliaia di parole e possiede già una notevole proprietà di linguaggio.


Intorno all’anno di età, e fino ai primi due-tre, vi è poi il periodo sensitivo dell’ordine: il bambino ha bisogno di punti di riferimento che gli consentano di orientarsi nello spazio. Molti “capricci” in bambini di questa età, come abbiamo già avuto modo di vedere, sono legati proprio all’esigenza non sempre soddisfatta di ritrovare “ogni cosa al suo posto”, là dove la si era lasciata. Il bambino ha bisogno di ordine nell’ambiente esterno per poter costruire il suo ordine interiore.


Intorno ai quattro-cinque anni si verifica nel bambino un forte interesse nei confronti delle lettere e dei numeri. Le lettere e le cifre smerigliate, l’alfabetario mobile e le aste numeriche (ma non solo) saranno un valido ausilio per rispondere a queste nuove curiosità. Se aiutati con misura e senza pressioni i bambini potranno arrivare spontaneamente a leggere, a scrivere e a scoprire i primi calcoli, non ancora memorizzabili, già intorno ai cinque anni. Farà seguito quindi il periodo sensitivo della cultura, intorno ai sei-dodici anni, e quello della sensibilità per la vita sociale e i rapporti con gli altri, tipico dell’adolescenza.


Ogni età ha insomma le sue caratteristiche e le sue particolari esigenze, che vanno comprese e rispettate. Questa è la legge della Natura. I semi vanno gettati nella stagione giusta e poi bisogna attendere pazientemente che crescano. Occorre annaffiarli e prendersi cura del terreno in cui sono stati piantati, eliminando le erbacce che potrebbero soffocarli. Ma poi non si può fare altro che aspettare. Sembrerà lungo l’inverno, ci parrà che nulla succeda perché niente appare alla vista per molti mesi. Eppure, magicamente, un giorno di primavera, ecco che un piccolo germoglio spunterà dalla terra e due tenere foglioline faranno la loro comparsa. L’occulto lavoro del seme è diventato visibile e si manifesta ai nostri occhi da un istante all’altro in una sorta di “esplosione”. La stessa identica cosa succede anche per gli esseri umani.


E proprio come un fiore sboccia all’improvviso, da un giorno all’altro, quando il tempo è giunto, così anche un bambino fa le sue conquiste: improvvisamente ecco che sta in piedi da solo, che cammina, che parla o va in bicicletta. Una sorta di miracolo e noi lo guardiamo estasiati: solo ieri ci sembrava così lontano da tutto ciò! Ma questo perché noi non vedevamo il lavoro che intanto egli stava compiendo di nascosto. Mentre a noi sembrava fermo, immobile nei suoi progressi, lui invece stava lavorando intensamente per costruire se stesso e, anche se nulla appariva all’esterno, lui era profondamente impegnato con tutte le sue energie nell’occulto lavoro.


E all’improvviso ecco il balzo quantico: l’esplosione del linguaggio, del movimento, della scrittura.


Il tempo è maturo, vi sono le condizioni necessarie e sufficienti perché ciò che deve accadere accada. La nostra vita è segnata da appuntamenti: inutile cercare di cambiare le date o accelerare il corso della storia…

La mente assorbente

Ma qual è il meccanismo che permette al bambino di compiere le sue acquisizioni in questo modo così particolare? Per comprenderlo, occorre accennare al funzionamento della mente infantile, ovverossia a come impara un bambino. Il bambino possiede un tipo di intelligenza diversa da quella dell’adulto, la sua mente inconscia funziona come una spugna che assorbe tutto ciò che lo circonda. Non per niente Maria Montessori ha coniato per essa il termine di “mente assorbente”.

“La mente del bambino è come una macchina fotografica – ella dice –, che può riprendere in qualsiasi istante qualunque cosa le giunga attraverso la luce. Qualunque sia la complicazione delle immagini, essa le prende allo stesso modo e in un medesimo attimo di tempo. E riproducendone tutti i dettagli. Inoltre, la macchina fotografica, dopo che l’immagine fu presa, rimane come prima e nulla appare in essa dell’immagine posseduta. Bisogna estrarre il film in luogo oscuro, esponendolo a dei reattivi che agiscono chimicamente, fissando l’immagine al di fuori della luce che l’ha prodotta. Dopo che l’immagine è fissata il film si può lavare ed esporre alla luce perché l’immagine rimane indelebile ed essa riproduce tutte le particolarità dell’oggetto fotografato. Analogamente agisce la mente assorbente: le immagini anche qui devono rimanere occulte nell’oscurità dell’inconscio ed essere fissate da misteriose sensibilità, senza che niente appaia all’esterno. Ed è solo dopo che il miracoloso fenomeno si è compiuto, che l’acquisto creativo è tratto fuori nella luce della coscienza e vi si ferma indelebile con tutte le sue particolarità.”334


Così, ad esempio, la costruzione del linguaggio non è il risultato di un lavoro cosciente ma si compie nel più profondo dell’inconscio e inizia fin dalla nascita. Il bambino che ancora non parla sta già lavorando per costruire il linguaggio, che assorbe dall’ambiente. Poi si verificherà la conquista delle sillabe, seguirà un periodo di pausa, quindi il bambino pronuncerà una o due parole e lo farà per parecchio tempo. Dall’esterno sembra che il bambino si sia fermato, che non avvenga nessun progresso, mentre in realtà lo sviluppo interiore è notevole. Il bambino sta assorbendo il linguaggio che eromperà poi d’improvviso da un momento all’altro, come in un’esplosione.


La stessa cosa succede per il movimento: da un giorno all’altro il bambino si alza in piedi e cammina da solo. In un ambiente adatto si verifica altrettanto, a 4-5 anni, per la scrittura e per la lettura. Questo è infatti il modo di apprendere del bambino, il funzionamento tutto speciale della sua mente. “Il bambino incarna in se stesso le cose che vede e ode”335 e lo fa senza sforzo e fatica alcuna.


Prendiamo di nuovo l’esempio del linguaggio. Il bambino nei primi due anni di vita impara a parlare la lingua materna e la impara da solo, nessuno gliela insegna. La impara senza sforzo di memoria e la impara, alla perfezione e per sempre, semplicemente vivendo.


Per l’adulto invece non è così: egli può imparare altre lingue diverse dalla sua ma ciò gli richiede un lungo studio e un ingente sforzo di memoria. Inoltre si sa che una lingua straniera appresa da grandi non si impara mai del tutto e facilmente si dimentica. Cos’è dunque che determina queste differenze di apprendimento? È la mente assorbente che è proprietà esclusiva del bambino e gli consente di assorbire la cultura diffusa nell’ambiente senza fatica e senza bisogno di insegnamento alcuno.


Un altro esempio che illustra con efficacia il funzionamento della mente assorbente è quello relativo alle immagini. Noi siamo soliti pensare che i bambini molto piccoli siano attratti da oggetti e figure vistose, dai colori brillanti. I nidi e le scuole materne sono piene di immagini illustrate tratte per lo più da cartoni animati e i bambini vengono invitati a colorare fotocopie che riportano figure di animali molto semplici, a volte con tratti umanizzati. Invece “già fin dal principio del secondo anno di vita, il bambino non è più attratto con quel trasporto, che è proprio ai periodi sensitivi, dalle cose vistose, dai colori vivaci; ma piuttosto da cose minime che a noi sfuggono. Si direbbe che lo interessa l’invisibile, o ciò che si trova ai margini della coscienza”336. Maria Montessori cita a questo proposito una serie di esperienze effettuate da lei stessa con bambini di quindici-venti mesi di età a cui erano stati mostrate cartoline illustrate o addirittura tavole di Gustave Dorè e che avevano notato particolari che a lei stessa erano sfuggiti. Oggetti o personaggi minuscoli, espressioni del viso o figure all’interno della copertina di cui gli adulti non si erano accorti. Da qui l’importanza di offrire ai bambini immagini artistiche di alto livello, riproduzioni di quadri famosi, immagini anche complesse da cui essi possano trarre ciò che più li colpisce e li attrae.


“I bambini si immergono nella contemplazione minuziosa di piccole cose, apparentemente prive d’interesse”337. Come è il caso di una bambina di quindici mesi che rideva sonoramente mentre era seduta in giardino sui mattoni della terrazza fissando gli occhi a terra. Vi era nelle vicinanze una magnifica spalliera di gerani fioriti ma lei sembrava non notarla nemmeno, continuava a guardare per terra dove non vi era niente. Allora la Montessori si avvicinò piano piano per scoprire a cosa fosse rivolta l’attenzione della bambina e questa le disse “Lì si muove una cosa piccola”. Si trattava di un “insetto impercettibile, quasi microscopico, presso a poco del colore del mattone, che correva con grande sveltezza. Ciò che aveva colpito la bambina era che un essere tanto piccolo esisteva, si muoveva, correva! La sua meraviglia le dava una gioia clamorosa: più grande di quella che generalmente s’incontra nei bambini; e non era la gioia del sole, dei fiori, dei colori”338. Questo esempio dovrebbe farci riflettere: “La meraviglia è il seme da cui si genera la conoscenza” diceva Bacone. Ma noi sappiamo osservare e rispettare lo stupore dei bambini o interferiamo con le loro esperienze sminuendole, distraendoli con le nostre parole o i nostri atteggiamenti, volendo istruirli ed educarli in ogni occasione? Sappiamo porci di fronte a un atteggiamento insolito del bambino con lo sguardo dello scienziato che cerca di interpretare il nuovo fenomeno o lo liquidiamo come uno dei tanti capricci infantili? Come ci ricorda Maria Montessori, “Non vi è fenomeno che non abbia i propri motivi, le sue ragioni di essere. È facile giudicare ogni reazione oscura, ogni momento difficile del bambino, dicendo: è un capriccio. Quel capriccio deve assurgere dinanzi a noi all’importanza di un problema da risolvere, di un enigma da decifrare. … Praticamente lo spirito infantile è ignoto agli adulti e appare loro come un enigma perché è giudicato solo dalle reazioni della impotenza pratica e non dalla energia psichica in se stessa possente”339. Quanta strada ancora da fare per recuperare l’umiltà necessaria per accostarsi ai bambini con lo spirito di un “bird watcher”! In questo ecco che può esserci d’aiuto ricordare la diversità del funzionamento della mente del bambino e dell’adulto: “Senza dubbio la personalità psichica del bambino è molto diversa dalla nostra e non passa gradatamente dal minimo al massimo. … Egli è estraneo alla nostra maniera di pensare. Per questo l’adulto e il bambino non si comprendono”340. Sono come due personaggi di un film che parlano lingue diverse: a poco a poco ognuno impara a decifrare il linguaggio dell’altro, ma a volte si rivela indispensabile l’aiuto di un interprete…

Il tempo dell’attesa

Nella Bibbia c’è scritto: “C’è un tempo per ogni cosa, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per seminare e un tempo per raccogliere, un tempo per nascere e un tempo per morire”. I popoli che hanno conservato un profondo rapporto con la Natura lo sanno bene. Il contadino sa che ogni pianta deve essere messa a dimora in un certo periodo dell’anno: gli alberi da frutta vanno piantati in inverno, gli ortaggi in primavera e bisogna tener conto anche del ciclo lunare. Noi cittadini invece abbiamo dimenticato questa profonda verità e tendiamo sempre di più a uniformare il tempo e a imporre i nostri tempi concitati e contratti anche ai bambini. Ma i tempi del bambino sono diversi dai tempi dell’adulto e seguono leggi proprie. Sono tempi dilatati, tempi senza tempo…


Vorrei concludere questo capitolo parlando dell’attesa: è una caratteristica prettamente femminile. Le donne sanno cosa vuol dire attendere, lo fanno da sempre. Sanno che per mettere al mondo un bambino ci vogliono nove mesi o dieci lune e aspettano. Si preparano, si raccolgono, custodiscono e nutrono il seme proprio come fa la terra e poi lo lasciano erompere e uscire alla luce quando il momento opportuno è giunto.


“C’è un tempo per ogni cosa” significa infatti anche saper aspettare. Quando un bambino vorrebbe lavorare con un materiale che sta usando un compagno, deve imparare ad aspettare il suo turno. Il materiale Montessori infatti è presente nell’ambiente-scuola in copia unica e non a caso.


Apprendere l’attesa non è facile per un bambino che vorrebbe tutto e subito, ma è anche una grande sfida. La pazienza è una delle più grandi virtù spirituali e impararla fin da piccoli è un’enorme opportunità. Esercitarsi un po’ alla volta a tollerare la frustrazione del dover aspettare rende più forti e più maturi. Comprendere che a volte bisogna attendere il momento giusto per intraprendere qualcosa o che è importante rispettare il lavoro e i desideri degli altri è “educazione alla vita”.


Un bambino che ha la possibilità di crescere in un ambiente dove il rispetto e la pazienza fanno parte dell’atmosfera che si respira in quel luogo, assorbe questi valori senza troppa fatica o molto sforzo, in modo del tutto naturale e spontaneo. E quando sarà adulto saprà vivere i tempi dell’attesa in maniera rilassata e senza ansia: saprà godersi le conquiste dei propri figli senza mettere loro fretta e i doni della vita con gratitudine, nella consapevolezza che “ogni cosa ha il suo tempo”…

Libertà e amore
Libertà e amore
Elena Balsamo
L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura.ll pensiero Montessori spiegato da una grande scrittrice che è anche medico pediatra: Elena Balsamo, nota esperta in tematiche perinatali e pedagogiche. Per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi.In Libertà e amore, Elena Balsamo ci conduce in un viaggio attraverso lo spazio e il tempo per riscoprire un nuovo approccio al bambino, dalla vita prenatale all’età evolutiva, prendendo spunto dalla visione di Maria Montessori, donna straordinaria che ha dato vita a un sistema educativo a dir poco rivoluzionario, diffuso in ogni parte del mondo.Scriveva Maria Montessori che i capricci e le disobbedienze del bambino non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e l’amore verso l’adulto, che però non lo comprende.C’è quindi un grosso fraintendimento sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia dalla nascita e si manifesta con il confondere il bambino reale con il bambino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti.Il prezzo da pagare è la perdita dell’autenticità, della libertà, della vera natura del bambino stesso.La scuola montessoriana consiste in un vero e proprio laboratorio creativo nel quale, in un ambiente ricco di amore, rispetto e autentica libertà di scelta, le capacità intellettuali e manuali sono libere di svilupparsi in tutta la loro forza e bellezza.Quello di Maria Montessori non è però solo un metodo educativo, ma molto di più: è un modo di guardare il mondo e gli esseri che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte dello stesso ecosistema.Una nuova chiave di lettura per reinventare la relazione con i nostri figli e i nostri alunni, secondo natura. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.