Mamme di serie B?
Mamme di serie B. Quante volte ho sentito questa espressione. Terribile. L’ho sentita usare da donne che non hanno allattato o hanno allattato per un periodo molto breve e hanno sentito il bisogno di difendersi dai giudizi/ pregiudizi altrui e forse, inconsapevolmente, anche dal senso di colpa e di inadeguatezza. Sensazioni che non avrebbero ragione di essere, è vero, ma sono comunque presenti.
“Non siamo mamme di serie B”. “Sono anche io una brava mamma”. “Non mi sento meno mamma”.
E ci mancherebbe. Credo che nessuna persona sana di mente potrebbe mettere in dubbio l’amore e la dedizione di una madre perché ha nutrito suo figlio con il biberon. Ma se queste frasi vengono dette, vuol dire che nella nostra società qualcosa che non funziona c’è. Vuol dire che l’allattamento ha inspiegabilmente assunto dei connotati che non gli competono. Da norma biologica, da normalità, è diventato altro, è diventato un parametro per valutare la “bravura materna”. Come questo sia accaduto non lo so, ma è davvero triste che sia così. Triste perché ci sono tante, troppe donne che stanno soffrendo a causa di questa anomalia e triste perché si è creata una contrapposizione tra madri che allattano e madri che non allattano, quasi fossero su fronti opposti, quasi fossero in lotta. Come se davvero ci fosse una competizione in corso: in palio il titolo di mamma di serie A?
La mamma che ha “stretto i denti” è stata tenace, si è sacrificata e ha allattato, è meritevole di lode. La mamma che si è arresa no.
Ma per favore! È tutto sbagliato. Primo, perché allattare non dovrebbe essere questione di tenacia, non dovrebbe mai e poi mai essere un sacrificio o addirittura una fonte di sofferenza. Allattare dovrebbe essere normale, semplice, scontato. E lo sarebbe in una società davvero pro-allattamento, dove i professionisti della salute sono formati per sostenere le donne e aiutarle ad avviare le poppate senza problemi.
Secondo, perché non c’è un collegamento tra modalità di nutrizione del bambino e virtù materne.
Allattare dovrebbe tornare a essere quello che è, ovvero il modo normale di alimentare il cucciolo d’uomo. Non un vanto, non un primato, non una sorta di competizione.
Soprattutto in una situazione come la nostra, dove allattare o non allattare nella maggior parte dei casi non dipende dalla volontà della donna, ma da una serie di situazioni che in buona parte sfuggono al suo controllo. Quando in ospedale alla mamma viene prescritta un’integrazione, quando dopo le dimissioni incappa in un pediatra che non sostiene l’allattamento, quando, avendo ricevuto informazioni scorrette, non può superare gli ostacoli incontrati è molto difficile, se non impossibile, allattare.
Resta il fatto che quando una madre si trova in condizione di dover optare per il biberon, non diventa improvvisamente meno mamma del giorno prima, quando ancora offriva il seno al suo bambino.
L’allattamento è un aspetto della relazione tra madre e bambino. Un aspetto, uno solo. Non sono le poppate al seno che fanno la mamma. Semmai le poppate – quando l’allattamento funziona bene – possono facilitare la vita della mamma, possono regalarle sensazioni piacevoli, questo sì. E possono favorire la sua relazione con il bebè.
Ma essere madri è altro, molto altro. Essere madri sono mille sguardi, mille sospiri, mille sorrisi. Sono ore trascorse a cullare, abbracciare, consolare, incoraggiare. È innamorarsi del proprio bambino follemente, essere pronte a tutto per lui, desiderare per lui ogni bene, sperimentare un amore così grande che quasi non sembra possibile.
E allora ecco che non ci sono madri di serie A e madri di serie B. Ci sono le madri. Madri tutte diverse, uniche e speciali. Ma con una cosa – la più importante – in comune: un amore immenso per il proprio bambino!