seconda parte - capitolo xi

Perché io no?

Abbiamo visto che sì, era vero, praticamente tutte le donne possono allattare. Sono molto rari gli impedimenti di tipo fisico che privano la donna di questa possibilità. Ma non sono ugualmente rare le madri, che pur volendolo, non hanno allattato.


A questo punto sorge spontanea una domanda. Perché?

Allattamenti mancati: le cause più frequenti

Tutte le mamme hanno il latte, ma tantissime non riescono ad allattare. Cerchiamo di capire perché e ne parliamo con Carla Scarsi, consulente de La Leche League Italia, associazione che da oltre sessant’anni si occupa in tutto il mondo di sostegno all’allattamento.

Qual è la prima causa di abbandono dell’allattamento, la situazione che più di tutte mette in difficoltà le neomadri?

Basandoci sulla nostra esperienza di LLL, sulle domande più frequenti dei nostri moduli help form del sito e su quanto ci raccontano le mamme, direi che la prima causa sia squisitamente sociale. Anche se tutte le mamme sentono dire che l’allattamento deve essere a richiesta, quando poi si trovano davvero alle prese con un allattamento, con il primo allattamento, quello che invece si sentono ripetere è che il bambino “mica può stare sempre attaccato”. E quindi, anche inconsciamente, rispondere ai bisogni di un bambino che richiede di essere nutrito (o cullato e portato al seno, che è lo stesso) in continuazione sembra sbagliato, sembra che ci sia qualcosa che non va. E non c’è donna che al primo figlio non cerchi di “tirare un po’ i tempi fra le poppate” o cantando qualche ninna nanna, o introducendo il ciuccio, o uscendo a fare una passeggiata col passeggino sperando che dorma un po’. In realtà, non c’è nulla che non vada e quando le mamme vengono messe in condizioni di comprendere che il cucciolo umano è un cucciolo nato per essere portato addosso alla madre, e che solo la nostra cultura ha cambiato le regole del gioco, è facilissimo capire come ricambiarle queste regole (sempre se questo è possibile, se non si deve rientrare al lavoro immediatamente, se qualcuno ci aiuta… un sacco di se non sempre facilmente ottenibili). Per questo è importante che nel corso preparto venga affrontata non solo la sezione riguardante le componenti del latte materno, ma anche la fisiologia del seno e della produzione di latte, con qualche accenno di antropologia che presenti il cucciolo umano come un semplice “cucciolo di mammifero”. Questo non cambia i fatti (siamo umani moderni e viviamo nel 2000, abbiamo appartamenti monofamiliari, gli aiuti in casa da parte di persone esperte ed affettuose sono rarissimi e dobbiamo quasi sempre lavorare per campare), ma ci aiuta indubbiamente a comprenderli meglio. Le donne sono meravigliose per come sanno inventarsi soluzioni a problemi in apparenza insolubili. Comprendere il problema e non sentirsene vittime significa per gran parte averlo già risolto.

E dopo le motivazioni di carattere sociale? Quali sono le difficoltà che più spesso portano all’interruzione precoce delle poppate?

Subito dopo seguono l’attacco scorretto, l’insorgenza di ragadi, infezioni batteriche o micotiche e altre situazioni dolorose (mastiti, ingorghi, ascessi); insomma problemi clinici, il cui risultato primario è lo scoraggiamento della mamma, che potrebbe per causa loro lasciar perdere. Problemi ben precisi che – se non riconosciuti e risolti – portano a un calo della produzione di latte, al bambino che non cresce, all’aggiunta, eccetera eccetera. Quindi potrei dire che la seconda causa è di riflesso “il bambino che non cresce abbastanza”, il che fa sentire alla mamma di non essere una brava mamma perché se il bambino non cresce abbastanza, di chi è la colpa?


La scarsa crescita può dipendere quindi da: gestione errata (frequenza e durata delle poppate) che può derivare sia da modelli culturali, sia da indicazioni errate o situazioni dolorose che portano al distanziamento e alla riduzione della durata delle poppate; scarso trasferimento di latte che può dipendere da cattivo attacco/posizione; difficoltà di suzione (accompagnati o meno da dolore); patologie di mamma o bambino.

Alle madri dispiace non allattare?

Sì. Senza alcun dubbio. Non allattare e fallire lascia cicatrici indelebili. Non è raro il caso – durante i nostri incontri de LLL – di nonne che accompagnano le figlie e che, comprendendo come forse anche loro avrebbero potuto allattare, piangono ancora dopo 25/30 anni sul loro fallimento. A parte i casi delle donne che veramente non ne hanno alcun desiderio, per problemi personali o semplicemente perché la cosa non interessa loro – e che hanno tutto il mio rispetto – le donne solitamente al 99% nei corsi pre parto rispondono “Sì”, alla domanda “Vuoi allattare?”.


Quindi il fallimento dell’allattamento è vissuto come un fallimento personale, dal quale ci si tira su con difficoltà, a volte mai. Ci si prova, si cerca di farsene una ragione, “Guarda come cresce bene lo stesso”, “Mezzo mondo è cresciuto con la formula, crescerà bene anche lui”, si dicono le mamme. Ma dentro al cuore un tarlo le rode, suppongono che non sia esattamente così, che non solo il latte materno abbia gli innumerevoli benefici di cui tanto si parla, ma sospettano anche che la relazione fra mamma e bambino allattato (meglio se allattato a lungo) sarebbe stata diversa, temendo in fondo di avergli sottratto – di aver sottratto a loro stesse – un’esperienza più appagante. Se poi la “fortuna” (cioè le informazioni giuste!) concede loro di allattare altri figli, allora sì che scoprono come avrebbe potuto essere diverso.


In questo caso, le madri potrebbero allora smettere di sentire la colpa del precedente fallimento e diventare furiose come solo una mamma sa essere, verso chi non le ha aiutate, verso le informazioni che non sono state loro date, verso una società che ha nascosto dei dati così importanti. In genere è una rabbia costruttiva, che aiuta a riformulare il problema e a fare la pace con se stesse. Troppo spesso purtroppo le donne non incontrano mai le informazioni giuste e rimangono con quell’amarezza dentro al cuore.

In base alla sua esperienza, le madri vengono sostenute nel loro desiderio di allattare dal neopapà, dai parenti, dagli amici? Possono contare su un contesto incoraggiante?

In parte ho risposto prima. L’incoraggiamento è semplice quando tutto va bene. Compagno e nonni a parole sono certamente a favore dell’allattamento. Quando però poi le cose cominciano a non marciare dritte, la tentazione di preparare un biberon, o di suggerirlo caldamente può essere fortissima, soprattutto per le altre persone che hanno un forte legame con il neonato, e che hanno paura di vederlo “morire di fame”. L’incaponimento della mamma nei confronti dell’allattamento viene spesso vissuto dagli altri come una paranoia, un bisogno personale del quale la mamma sta facendo fare le spese al bambino, un egoismo; e il sospetto che la temutissima depressione post partum sia in agguato va per la maggiore.


Quando il papà è davvero a favore dell’allattamento, si vedono subito i risultati: le sue frasi sono tranquillizzanti, il suo agire è di stimolo per un rinforzo positivo per le competenze fisiologiche della madre e per la sua capacità di nutrire adeguatamente un cucciolo. Diciamo che lo dà per scontato, come dovrebbe essere. Altrettanto vale per le nonne che hanno allattato, in verità piuttosto rare di questi tempi, che non danno consigli “giusti” ma semplicemente non hanno il minimo dubbio che anche la figlia o la nuora allatteranno.

L’allattamento è oggetto di molti falsi miti: il latte che non è nutriente, il latte che finisce in modo improvviso, il latte che non è buono in caso di mastite… Tanti luoghi comuni di cui gli studi scientifici hanno dimostrato l’infondatezza, ma che sono davvero duri a morire. Come mai si fa così fatica a sradicarli dalla mentalità comune?

Diciamo che in cinquanta e passa anni di promozione della formula artificiale questi falsi miti sono stati parecchio assecondati. Ancora oggi tardano ad essere divelti, e molti operatori che hanno a che fare con i neonati li ritengono in parte validi. Presso la LLL abbiamo quotidianamente richieste di informazioni da parte di donne a cui hanno detto di smettere di dare il latte al bambino in caso di ingorgo o mastite, per esempio, oppure di fare gli esami del latte perché forse non è nutriente, o ancora di allattare a richiesta MA non prima di due ore per far riposare il seno o il pancino del bambino o tutti e due. Non è questo il contesto poi per parlare degli interessi economici che ruotano intorno alla formula artificiale, ma è un dato che occorre tener presente per comprendere l’ampiezza del fenomeno1. Un bambino allattato non solo non consuma formula artificiale ma sarà un pessimo “giovane consumatore”, avrà bisogno di meno medicine, di meno interventi da parte dei medici, e probabilmente sarà un minor consumatore di alimenti confezionati. Tutti fattori importanti. Mentre il latte materno, non lo si ripeterà mai abbastanza, è completamente gratis!

Quanto conta una buona partenza: ovvero i primi giorni successivi alla nascita quando mamma e bebè sono in ospedale?

Gli studi e le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo hanno dimostrato da anni, addirittura che la prima ora dalla nascita sia fondamentale per una buona riuscita dell’allattamento è stato il focus di una settimana mondiale dell’allattamento (SAM). È chiaro quindi che i primi giorni e le prime settimane sono importantissime. La conoscenza reciproca delle due persone nuove che con il parto si sono separate è un passaggio troppo importante perché ce lo perdiamo. In più, quando si desidera allattare, quei piccoli movimenti del neonato sulla pancia della mamma sono il miglior stimolo alla produzione degli ormoni necessari per mettere in moto tutta la macchina. Purtroppo i nostri reparti ospedalieri non sempre sono adeguati al sostegno della donna, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per sovraffollamento, vuoi per mancanza di informazioni. Molto si sta facendo in questa direzione e per fortuna le cose stanno cambiando rapidamente.

Mamme che non sono riuscite ad allattare il primo figlio, ma allattano felicemente il secondo. È possibile? Succede?

Continuamente. È questa la nostra forza, il valore della conoscenza da mamma a mamma. Una donna come me, Carla, come te, Giorgia, che racconta a un’altra donna mettendole una mano sulla spalla “Col primo non ce l’ho fatta come volevo, col secondo sì” è più importante dei risultati di mille ricerche.

Allattare è un gesto naturale. Ma anche no

Allattare è un gesto naturale? Spontaneo? Istintivo? Forse. Ma forse no. Per alcune mamme lo è, ovvio. Ma per tante altre proprio per niente. E allora diciamolo: allattare può essere un gran caos, come guidare un’auto se non hai mai preso lezioni di scuola guida. Voglio dire, se quello che è nato è il nostro primo figlio, cosa sappiamo noi di allattamento in pratica? Perché la teoria, ok, la leggi, la studi, ci rifletti. Ma come dice il proverbio, tra il dire e il fare… E quando si ha un bimbo tra le braccia per la prima volta nella vita, è tutto nuovo, bellissimo e… sconvolgente. Come si accudisce un neonato? Perché piange? Avrà fame? Sete? Mal di pancia? Ci vuole un po’ di pratica persino per mettere bene il pannolino, non ditemi che allattare è la cosa più semplice del mondo.


Ad allattare bisogna imparare, come per tutte le altre cose. Soprattutto se non abbiamo amiche o parenti che hanno allattato, se non abbiamo potuto vedere con i nostri occhi che cos’è questo famoso allattamento.


Perché persino le scimmie, dicono i ricercatori, se crescono isolate e diventano madri in cattività, private dell’esempio di altre mamme-scimmie, hanno difficoltà con l’allattamento. E voglio dire, più istintivi degli animali…


Se poi il bimbo è sonnolento e poppa troppo poco, o se non si attacca bene e ti vengono le ragadi, se la bilancia dice che non cresce, se ti svegli al mattino con un seno di marmo e la febbre alta perché ti è venuta la mastite… Cosa c’è di naturale in tutto questo? Come te la cavi? In questi casi servono, assolutamente, indicazioni mirate. Serve qualcuno di competente che ci dica cosa possiamo fare per sistemare la situazione.


Non è un caso se, come raccontano le consulenti, la maggior parte degli allattamenti si conclude precocemente a causa di problemi molto concreti: ragadi, mastiti, bimbi che non crescono come dovrebbero.


Qualcuno potrebbe chiedersi perché in passato non c’erano tutti questi problemi. E perché le donne di tanti altri Paesi, magari tormentati da guerre, povertà e malattie, allattano. Così, semplicemente. Allattano. Anche le mamme che non hanno da mangiare, che ogni giorno devono camminare per chilometri per attingere l’acqua a un pozzo, che rischiano la vita per la violenza di soldati e guerriglieri.


Ma allora a noi cosa è successo?

È successo che con l’avvento della formula artificiale e il boom del biberon, intere generazioni di donne non hanno allattato o hanno allattato per un periodo molto breve. C’è stato un black-out, l’allattamento ha toccato i minimi storici, abbiamo creduto di aver vinto una grande scommessa: quella di creare in laboratorio un latte “altrettanto buono” che potesse uguagliare il latte materno. Anzi, che potesse superarlo! Quante donne diventate madri negli anni ’60,’70,’80 si sono sentite dire che con la formula artificiale i loro bambini sarebbero cresciuti meglio?2

Nei decenni successivi, studi e ricerche ci hanno smentito, ci hanno riportato con i piedi per terra perché non era possibile eguagliare la natura. E ogni nuovo studio sulla composizione del latte materno torna a evidenziare quanto ci eravamo sbagliati.

Certo, per riconoscerlo è servito un po’ di tempo. Un bel po’. Ma non era facile presentarsi da generazioni di madri e dire: “Scusate tanto, in effetti il vostro latte sarebbe stato meglio, molto meglio di quello artificiale. Avrebbe protetto i vostri figli da parecchie malattie. Addirittura dal cancro. Non c’è modo di replicarne le caratteristiche. C’è stato un errore”.

La serenità delle madri

E così arriviamo ad oggi. Oggi nessun professionista della salute può ancora dire che la formula artificiale è l’equivalente del latte materno, a meno che sia gravemente disinformato o in mala fede, e molto viene fatto in termini di promozione dell’allattamento materno. Associazioni scientifiche ed esperti internazionali esaltano le virtù del latte materno e i tanti benefici di salute a breve e lungo termine che le poppate garantiscono al bambino e anche alla mamma.


Bene, è cosa buona e giusta. Lo è davvero, ma non basta.

Non basta perché noi oggi non sappiamo più allattare. Non ci viene spontaneo, non ci viene istintivo, non lo abbiamo mai visto fare, non possiamo contare sui suggerimenti e sul sostegno delle donne della nostra famiglia, perché le nonne e le zie non hanno allattato.


La trasmissione di sapere, che avrebbe reso l’allattamento un gesto semplice e naturale anche per noi, si è interrotta bruscamente. E ora a pagarne le conseguenze siamo noi.


Ebbene sì.

Noi siamo la prima generazione di madri per cui l’allattamento è diventato un problema.


Pensiamoci. Fino alla metà del secolo scorso, le madri italiane allattavano. Non leggevano manuali sull’argomento, non lo facevano per gli anticorpi contenuti nel loro latte, non lo facevano per essere brave mamme; lo facevano perché era normale. I bambini piccoli bevevano il latte della mamma. E se una donna aveva problemi di salute, non aveva latte a sufficienza o, disgraziatamente, veniva a mancare, il neonato veniva allattato da un’altra mamma: una zia, una cugina, una vicina di casa. Quello era. E quello si faceva. Senza tanti ragionamenti, senza sentirsi mamme in gamba o mamme inadeguate. Per quanto riguardava l’allattamento, le mamme erano serene.


Poi è arrivato il biberon. Alle donne hanno insegnato a nutrire i bimbi con la formula artificiale, secondo schemi e tabelle che regolamentavano questo tipo di alimentazione. Il latte in polvere è stato presentato ai genitori come un toccasana per il bambino e come un rimedio eccezionale per tutte quelle donne che – secondo le errate convinzioni di quel periodo – non potevano allattare (perché erano miopi, perché avevano partorito con il cesareo, perché avevano i capezzoli piatti e così via). E anche queste mamme erano serene. Perché non avrebbero dovuto? Stavano facendo il meglio per i loro bambini. Non avevano niente da rimproverarsi. Anzi!


Ed eccoci a noi. Noi siamo diventate madri in un momento storico in cui tutti sanno che il latte materno è il meglio (e ricordiamo che le madri sono naturalmente predisposte per voler dare tutto il meglio ai propri figli), in cui tutti si aspettano che noi allattiamo al seno, ma in cui praticamente nessuno sa dirci come fare, nessuno sa restituirci il patrimonio di sapere che non ci è stato trasmesso. E così noi vorremmo allattare. Ma non sappiamo bene come fare. Tanti allattamenti non funzionano. E qui viene il brutto. La mamma del duemila che non ha allattato, non è serena! Perché a differenza della generazione che l’ha preceduta, conosce le incredibili caratteristiche del latte materno. E ci sta male. Tanto male. E per la prima volta nella storia allattare è diventato un problema. Un motivo di orgoglio per chi ce la fa, una sconfitta per chi non ce la fa.

Sensi di colpa, delusione, frustrazione che rischiano di offuscare la gioia dei primi tempi con il nostro bambino.


Siamo noi a pagare – e a pagare un conto salato – per l’esperimento del latte artificiale. Per gli interessi economici che hanno trasformato un grande successo, l’invenzione di un latte ad hoc per i bambini che non avrebbero potuto essere nutriti al seno (quindi una esigua minoranza), in un colossale business. Un alimento prezioso, che serviva a pochi, è stato messo sul mercato e offerto a tutti, anche a chi non ne aveva alcun bisogno.

Forse, se pensiamo un attimo a tutto quello che c’è dietro al nostro nonallattamento, possiamo finalmente cambiare prospettiva. Forse non siamo state “poco tenaci” o “non abbastanza motivate”. Forse non è dipeso tutto da noi. C’è molto altro dietro agli allattamenti non riusciti delle mamme di oggi.


Nate durante il boom del latte in polvere e cresciute offrendo il biberon alle nostre bambole, siamo una generazione di passaggio, alle prese con la gestione di una consuetudine, quella dell’allattamento, antica quanto l’uomo (anzi la donna), ma per noi praticamente sconosciuta.

Oltre al danno la beffa!

Tutte le mamme hanno il latte. Quindi, chi non allatta ha mancato di buona volontà.


Ed ecco il grande paradosso della nostra società che non sostiene le madri nell’allattamento, non è in grado di aiutarle in alcun modo, ma non esita a criticarle o a farle sentire inadeguate quando non riescono ad allattare.


Oltre al danno, anche la beffa!

Sì perché, se l’allattamento non decolla, la neomadre – nella maggior parte dei casi – è sola. Il problema è solo suo. Lei non sa come far funzionare le poppate, ma non lo sanno neanche le nonne (come potrebbero? è un’esperienza che non hanno vissuto), spesso non lo sanno i pediatri, non lo sanno parenti, amici, conoscenti. Manca una rete di sostegno. Mancano le informazioni giuste. E abbondano quelle sbagliate: allattalo ogni tre ore, fai la doppia pesata, se vuole poppare spesso è perché non hai latte, fallo poppare solo dieci minuti per seno, se piange il tuo latte non è nutriente.


E qui notiamo un’altra contraddizione dei giorni nostri: tutti si aspettano che noi allattiamo, ma nessuno esita a mettere in dubbio già dalla gravidanza che potremo farlo.


Chissà se avrai latte.

Quante future madri si sono sentite dire queste parole. E quando il bimbo nasce: ma sei sicura di avere latte/che sia buono/che sia abbastanza? Vuoi farlo morire di fame per questa “fissa” dell’allattamento? Che egoista!


Con questi presupposti come può fare una mamma ad allattare? Se è nei guai nessuno sa darle una buona dritta e nessuno crede che possa farcela.


E adesso arriva il bello. No, purtroppo arriva il brutto.

La mamma – grazie a tutto il sostegno che non ha avuto – abbandona le poppate e ricorre al biberon.


Ed ecco il secondo giro di critiche! Gli dài il biberon? Ma il tuo latte è molto meglio, ci sono gli anticorpi! L’allattamento è importantissimo per la salute del bambino e per la relazione! Perché non hai tenuto duro? Quando si diventa mamme bisogna sapersi sacrificare almeno un po’! Che egoista!

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Latte di mamma... tutte tranne me!
Latte di mamma... tutte tranne me!
Giorgia Cozza
Quando l’allattamento non funziona: riflessioni, testimonianze e consigli pratici.Un libro per tutte le donne che non sono riuscite ad allattare, ma avrebbero voluto. Un aiuto prezioso per superare la frustrazione e il senso di colpa. Latte di mamma… tutte tranne me! racconta la storia di “non allattamento” dell’autrice Giorgia Cozza, ma anche quella di molte madri che potranno ritrovarsi nelle situazioni e nelle emozioni descritte; una storia di ragadi e poppate dolorose, latte che non arriva, bimbi che crescono troppo poco, mamme stanchissime, tentativi frustranti e commenti poco gentili, scritta per rielaborare un’esperienza, nutrire di coccole e tenerezza il proprio bambino e, perché no, allattare felicemente eventuali fratellini che verranno. In questo libro si trovano informazioni scientifiche utili a comprendere la fisiologia dell’allattamento, grazie al contributo di esperti, neonatologi, pediatri e psicologi, chiarendo quali siano le più frequenti cause di abbandono della poppata. È consigliato anche alle mamme che hanno avuto un’esperienza positiva di allattamento e che vogliono coltivare la propria solidarietà femminile, preziosa alleata di tutte le madri, che allattino o meno. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.