prima parte - capitolo viii

Al corso post parto, che umiliazione

Sono trascorse due settimane da quando ho preso le pastiglie. Sono serena, molto serena. È stata la scelta giusta. Anzi, mi chiedo se sia stata una scelta e non piuttosto una tappa obbligata. L’unico epilogo possibile per una situazione che senza dubbio alcuno non funzionava. Non funzionava proprio.


Bimbo sta crescendo che è una meraviglia. Non era mai cresciuto così bene da quando è nato. È bellissimo quando la bilancia proclama che va tutto bene!


L’altro giorno una persona, guardandolo, gli ha detto: “Finalmente sono finiti i tempi della fame!”. Ecco, in quel momento, lo dico, ho sentito male. Una bella fitta al cuore.


Ma a parte questo sono contenta. Mi piace vederlo più tranquillo. Forse è perché ora ha la pancia piena. Forse è perché sono più tranquilla io.


Ho buttato via il tiralatte semiautomatico con la batteria fusa. Ho riposto in una scatola il tiralatte a pompa e il tiralatte a siringa, i tre modelli diversi di paracapezzoli, le coppette raccoglilatte in plastica dura, i prodotti antiragadi, le pomate cicatrizzanti. L’agendina con gli appunti delle doppie pesate no, l’ho tenuta. È qui nel cassetto del comodino, sento che è un ricordo importante. Un pezzetto di noi. Di quello che è stato, delle lacrime, delle speranze, dei tentativi, del “nostro” latte.


Ora che non devo più tirare il latte ho un po’ più di tempo ed è più facile uscire per una passeggiata. Mi sento molto orgogliosa quando qualcuno per strada fa i complimenti a Bimbo. È così bello il mio bambino. Quanto lo amo!


“Come cresce bene signora”, dice qualcuno. E stavolta tocca a me sentirmi fiera. I tempi della crescita stentata, delle teste scrollate, dei sospiri a mezza voce sono finiti. Ora va bene. Punto. Non devo tornare tre giorni dopo e passare tre giorni a tormentarmi. Va bene.


È stata la scelta giusta.

Poi incontri la nonnina che non ti chiede come si chiama il tuo bimbo o quanti mesi ha, no… ti chiede senza esitazione: “Lo allatta lei?”.


E tu ti senti sprofondare. Ma che domanda è? Cosa ti importa? Non puoi chiedermi qualcos’altro? Cosa conta? Cosa vuoi? E già senti la tua voce che arrabatta delle scuse un po’ sconclusionate: “No perché io… io avevo le ragadi… e poi mi è venuta la mastite sa, no… due mastiti e poi lui non cresceva, non cresceva affatto bene e… me lo ha detto il pediatra… perché…”.

Niente, la nonnina se ne è già andata. E tu sei ancora lì che balbetti le tue giustificazioni che all’improvviso sembrano… sembrano non abbastanza. Non abbastanza per evitarti quegli sguardi di sufficienza. Quelle espressioni poco amichevoli1. Perché – adesso lo sai – tu sei quella che ha rinunciato. Quella che non ha voluto allattare il suo bambino. E il latte materno fa così bene. Lo avrebbe protetto da tutte le malattie. Ma tu, che sei la sua mamma, non lo hai allattato, no. Egoista. E pigra. Ma… le ragadi. E allora? Quante mamme hanno allattato con le ragadi? Ma hanno resistito per il bene del loro bambino. Per amore.

E tu che per il tuo bambino daresti la vita oggi stesso, adesso, in questo istante, ti senti così… male. Così addolorata.


Pensavi di aver fatto bene. Ma hai fatto bene. Non c’era altra scelta, no? Non si poteva continuare così. Però pensavi che avrebbero capito. Gli altri, il mondo. E invece all’improvviso tutti i sostenitori del “crescono bene anche con il latte artificiale” sono spariti. Non ne è rimasto neppure uno e allora sei tu che lo dici, che lo racconti agli altri, per difenderti, per chiedere la loro assoluzione. Tu che non sai più come spiegargli perché, perché le altre ce l’hanno fatta e tu no.


Tu no.

“Lo allatti tu?”. Nessuno me lo aveva mai chiesto prima. Finché lo allattavo io. Ora sembra che sia l’unica domanda. L’unica cosa importante.


Consultorio. Incontro postparto con l’ostetrica e le compagne del corso preparto. Sedute in cerchio con i nostri bellissimi bambini, piene di amore, di orgoglio, di dubbi, di gioia, ci ritroviamo. E cosa succede? Succede che ognuna racconta la sua esperienza di allattamento. Siamo in otto. Comincia la prima a sinistra, allatta al seno la sua bimba. Sì, tutto bene, cresce bene, sono felici.


La seconda. Allatta al seno il suo bimbo. Sì, tutto bene, cresce bene, sono felici. La terza, allatta al seno… E sono l’unica. L’unica che non ce l’ha fatta. E quando tocca a me parlare, con il mio biberon nella borsa, vorrei andare a casa. Vorrei non essere lì. Che umiliazione. No, io no. Io non lo allatto. Io gli dò il biberon. Però guardate come cresce bene… Crescono bene anche con il latte in polvere, eh! Questo è quello che dici. Mentre una vocina dentro di te sussurra: “Scusate! Scusami Bimbo se non sono stata capace! Scusatemi tutti!”.


Ancora non lo so. Ma ci vorranno molti anni per assolvermi del tutto. Per perdonarmi.

Con il senno di poi

Viviamo in una società che alle madri offre poco sostegno e molti giudizi. Sembra che tutti si sentano in diritto di dire la loro sulle madri e soprattutto di additarne i presunti errori (“Allatti troppo”, “Allatti troppo poco”, “Hai rinunciato? Ma il tuo latte gli avrebbe fatto così bene!”, “Lo allatti ancora? Ma guarda che lo vizi!”, ecc.). Non permettiamo ad altri di farci stare male. Non esiste il modo giusto di essere mamma. E non esiste LA brava mamma, esistono LE brave mamme, che sono tutte diverse tra loro, perché all’esperienza della maternità sono arrivate con un bagaglio di esperienze, sogni, paure, delusioni e desideri, assolutamente unico e speciale. Ed è questo che fa di ogni mamma, la miglior mamma possibile per il suo bambino.

Non è vero che…

Chi non ha allatta è una mamma meno brava. L’allattamento al seno può essere molte cose: una forma di relazione, una consuetudine di salute, una pratica ecologica, il fisiologico proseguimento di gravidanza e parto. Ma c’è una cosa che NON è: non è un metro di giudizio per valutare l’amore o la bravura della mamma.

Serve più rispetto!

Di poppate son tutti maestri. Troppe persone pronte a commentare le scelte delle mamme (sia che allattino, sia che non allattino). Alle mamme andrebbero offerti più rispetto e sostegno, e meno giudizi.

Latte di mamma... tutte tranne me!
Latte di mamma... tutte tranne me!
Giorgia Cozza
Quando l’allattamento non funziona: riflessioni, testimonianze e consigli pratici.Un libro per tutte le donne che non sono riuscite ad allattare, ma avrebbero voluto. Un aiuto prezioso per superare la frustrazione e il senso di colpa. Latte di mamma… tutte tranne me! racconta la storia di “non allattamento” dell’autrice Giorgia Cozza, ma anche quella di molte madri che potranno ritrovarsi nelle situazioni e nelle emozioni descritte; una storia di ragadi e poppate dolorose, latte che non arriva, bimbi che crescono troppo poco, mamme stanchissime, tentativi frustranti e commenti poco gentili, scritta per rielaborare un’esperienza, nutrire di coccole e tenerezza il proprio bambino e, perché no, allattare felicemente eventuali fratellini che verranno. In questo libro si trovano informazioni scientifiche utili a comprendere la fisiologia dell’allattamento, grazie al contributo di esperti, neonatologi, pediatri e psicologi, chiarendo quali siano le più frequenti cause di abbandono della poppata. È consigliato anche alle mamme che hanno avuto un’esperienza positiva di allattamento e che vogliono coltivare la propria solidarietà femminile, preziosa alleata di tutte le madri, che allattino o meno. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.