prima parte - capitolo iv

Le ragadi, che dolore!

Lo guardo nella sua cullina e mi si stringe il cuore. Si sta svegliando. Lo capisco da come stiracchia le braccina e quelle belle gambine cicciotte. E da come muove le labbra, già pronto per poppare. Già, per poppare. E io sudo freddo, mentre mi chiedo da che seno cominciare. Da che parte lo attacco? A sinistra c’è una ragade profonda. Mi viene male solo al pensiero. Allora a destra. A destra ci sono un paio di screpolature, che se non trovo una soluzione (quale?) presto diventeranno ragadi, ma che per ora provocano un dolore sopportabile. Ma a destra l’ho allattato già l’ultima volta, anzi sono due poppate che non gli offro il seno sinistro nella vana speranza che lasciando ‘riposare’ la pelle, quella benedetta ferita cominci a cicatrizzare. Almeno un po’. Nel frattempo il mio bimbo si è proprio svegliato. Si guarda intorno con i suoi occhioni e aggrotta la fronte in una smorfia memorabile. Sembra un nonnino con tutte le rughe. È bellissimo guardarlo, con quelle sue espressioni buffe. Ma la gioia di questi attimi non riesce a scacciare quel fondo di inquietudine, quella paura… So che adesso dovrò allattarlo. Dovrò attaccarlo al seno e sentirò un male terribile. Perché deve fare così male, allattare il mio bambino? Ho le ragadi da tre settimane e mi sembra che siano passati mesi. Mesi di poppate, tutte dolorose.


All’ospedale, in Ostetricia, mi hanno detto di tener duro. Un’ostetrica, forse per incoraggiarmi, mi ha raccontato di una mamma che è riuscita ad allattare, nonostante le ragadi, per ben quattro mesi. Quattro mesi? Quattro mesi con le ragadi? Scusate, ma io non ci penso nemmeno. Mi viene da piangere solo al pensiero. Nulla da togliere a quella mamma eroica, davvero in gamba, per carità. Ma io non ce la posso fare. Io ho una soglia del dolore bassissima. Mi fa male anche un pizzicotto. E adesso Bimbo comincia a piangere. Ecco, ha fame. Logico che ha fame. E si è anche innervosito, perché non l’ho ancora attaccato. Sento crescere l’agitazione… La sua e la mia. Lo prendo in braccio, guardo il seno sinistro e poi… Poi lo attacco dall’altra parte. Mi verrà un ingorgo se continuo così. Ma non ce la faccio proprio. Stringo i denti e contraggo tutti i muscoli. La situazione sta peggiorando anche a destra. Sento il sudore che scende lungo la schiena, fa male, fa davvero male. Ma perché allattare deve essere così difficile?


Non me l’aspettavo proprio questa cosa. Sapevo che partorire sarebbe stato impegnativo, che sarebbe stato doloroso (e infatti avevo parecchia paura), ma allattare non avrebbe dovuto essere bellissimo? Dov’è la magia? Gli sguardi che si incontrano, l’intesa che si nutre di questi momenti di gioiosa vicinanza e intenso scambio affettivo?


Quasi non riesco a guardarlo il mio bambino, mentre strizzo le palpebre per il male.


Ieri sono stata in consultorio, insieme a mia zia. Mia zia non ha allattato, non sapeva neanche esistessero le ragadi e dato che mi vuole un mondo di bene le dispiace tanto vedermi soffrire. Così quando è arrivato il nostro turno per pesare Bimbo, mentre io trafficavo con la bilancia, ha detto all’infermiera pediatrica che avevo le ragadi e che sanguinavano… Risposta: “Non si deve preoccupare, al bambino non succede niente se c’è un po’ di sangue nel latte!”. Io e mia zia ci siamo guardate, in silenzio. Nella testa mille pensieri che si rincorrevano. Ma è possibile che della mamma non importi niente a nessuno? Bene, il sangue nel latte non fa male al bimbo. Veramente non avevo mai pensato potesse fargli male, ovviamente non stiamo parlando di flumi di sangue, sarà qualche goccia, a dire tanto. Le ragadi, però, fanno male a me! Conta qualcosa oppure no? Pare di no. Pare che le mamme in gamba sappiano tenere duro. Io voglio essere una mamma in gamba. Ma lo so già che non riuscirò a tenere duro.


E pensare che mi ero anche preparata per tempo. Il flacone di “gel preparatorio seno” sulla mensola in camera, è lì a testimoniarlo. Acquistato dopo la lezione sull’allattamento del corso preparto, ero addirittura riuscita a usarlo con costanza nelle ultime settimane dell’attesa. L’etichetta prometteva che avrebbe tenuto alla larga le ragadi. Anche sfregare il seno con un guanto di crine doveva servire a preparare il seno. Secondo una collega che aspettava il secondo bimbo (e quindi rientrava nella categoria mamme esperte) in quel modo la pelle si sarebbe irrobustita in vista delle poppate. Ok, lo ammetto, l’operazione irrobustimento non mi aveva convinto. Il guanto l’avevo comprato, ma diciamo che non sempre ricordavo di usarlo. Non sempre… Quasi mai. Forse era meglio se mi impegnavo un po’ di più.


Ecco, Bimbo si è staccato dal seno. Lo sollevo un po’ per fargli fare il ruttino. Spero solo che non voglia ciucciare ancora. Altrimenti si ricomincia da capo. E i primi momenti all’inizio della poppata sono i più dolorosi. Appena lo poso nella cullina, spalmo sul seno una specie di unguento marrone che macchia tutti i vestiti. È il quarto rimedio che provo in tre settimane. Per recuperarlo mio marito ha dovuto fare quarantacinque chilometri, poiché si tratta di un preparato che si trova solo in una farmacia specifica. Farmacia che, manco a dirlo, non è nella nostra città. Ma per guarire da queste ragadi, qualsiasi cosa.


Anche se, ormai, non sono molto ottimista. Ai tempi del primo tentativo, avevo tutto un altro spirito. Ero convinta che sarebbero bastate due o tre applicazioni di pomata battericida-disinfettante-cicatrizzante per risolvere la situazione e cominciare ad allattare felicemente. Ma la pomata si è rivelata un vero flop. Non solo le ragadi restavano tali e quali, ma facevano ancora più male a causa dei frequenti lavaggi. Sì, perché il principio attivo non era indicato per i bimbi al di sotto di una certa età. Il mio bambino è al di sotto di ogni età, è appena nato! E così prima di attaccarlo, dovevo sciacquare il seno molto bene. Io strofinavo proprio, nel timore che qualche insidioso residuo di principio attivo finisse nella bocca e nello stomaco di Bimbo. Il problema era che lui poppava spesso, con pause molto brevi tra un pasto e l’altro. Risultato? Bimbo si staccava dal seno e io spalmavo la pomata, trascorreva qualche minuto e lui si accorgeva che avrebbe volentieri fatto un’altra ciucciatina. Al che, corri in bagno, lava, strofina, asciuga e allatta. E poi di nuovo, spalma una generosa quantità di cicatrizzante (si sa mai che abbondare velocizzi la guarigione), generosa quantità che a quel punto restava in loco, se andava bene, per un’ora. Magari due, se eri fortunata.


E non parliamo dei falsi allarmi, quando ti sembrava che la creatura volesse poppare, quindi via di acqua e sapone, e poi ti eri sbagliata, doveva solo digerire.


Il secondo tentativo aveva almeno il pregio di essere “naturale”. Me l’ha dato una vicina di casa, mamma esperta, naturista, salutista, pro allattamento, ecc. Una crema alle erbe che avrebbe dovuto fare miracoli. E che non necessitava di risciacquo prima di allattare. Questo in teoria. In realtà io il seno lo lavavo lo stesso prima di attaccare Bimbo. Così per sicurezza. Però, almeno, evitavo di sfregare. Risultato? Ragadi sanguinanti, come si diceva prima. Con il terzo tentativo siamo tornati sul farmacologico, crema a cicatrizzazione istantanea raccomandatissima dal farmacista. Istantaneo è stato l’effetto irritante che ha arrossato (peggio di prima) la cute. Abbandonato.


Vediamo come andrà il quarto tentativo. Al momento le ragadi sono stabili/in via di peggioramento, e ho collezionato una discreta serie di macchie, assolutamente indelebili, che ora personalizzano reggiseni e canottiere. Biancheria intima che, tra l’altro, neanche uso più, dato che mi hanno suggerito di lasciare il seno scoperto il più possibile, per favorire la cicatrizzazione. Il che ovviamente rappresenta una controindicazione alle passeggiate all’aria aperta e limita fortemente i rapporti sociali. Anche se, in ogni caso, non è che abbia l’umore giusto per invitare gente a casa. In questo momento sono completamente assorbita dalle poppate. E dalle ragadi. Soprattutto, dalle ragadi.


No, non ci credo.


Bimbo si sta agitando. Non dirmi che vuole ancora poppare. Si è accorto che mamma gli ha dato un seno soltanto e vuole il resto del suo pasto? Ecco, ora piange. Certo che vuole poppare. Non si allattano mica così i neonati. Un po’ di latte, quel che arriva arriva e via zitto nella cullina. Ma fa male, accidenti. Ogni volta è come riaprire una ferita. Anzi, non è “come”, è proprio una ferita che si riapre.


Corro a lavare il seno e torno. Intanto cerco di scacciare la consapevolezza che così non ce la posso fare. Qualcuno mi aiuti! Ditemi come mandare via queste ragadi!

Con il senno di poi

Quanta parte hanno avuto le ragadi nella fine del mio allattamento? Non sono in grado di quantificarlo, ma posso dire che di sicuro hanno influito (e tanto) sulla scelta di abbandonare le poppate. Allattare con le ragadi può essere un vero supplizio. Ma a rendere la situazione davvero insopportabile credo fosse il fatto che non vedevo spiragli, non vedevo vie d’uscita.


Creme, topici, disinfettanti non erano di alcuna utilità. E la prospettiva di allattare con le ragadi, magari per dei mesi, era spaventosa.

L’informazione mancante, il suggerimento che avrebbe potuto risolvere il problema qual era? Quella di controllare l’attacco al seno e la posizione del bambino durante la poppata. Poiché nella grandissima maggioranza dei casi, la causa delle ragadi è un attacco scorretto. Risolto quello, le ragadi, molto semplicemente, guariscono. E mentre si aggiusta il tiro, verificando che il piccolo si attacchi bene1, si possono spremere e lasciar asciugare sul capezzolo alcune gocce del proprio latte che ha proprietà cicatrizzanti e antibatteriche (e che non si deve sciacquare prima di allattare!).

L’applicazione di topici o disinfettanti, invece, è sconsigliata, poiché rischiano di seccare la pelle e ritardarne la cicatrizzazione.


Infine, per alleviare il disagio, prima della poppata può essere utile massaggiare il seno per qualche minuto per avviare il flusso di latte e favorirne la discesa, facilitando così l’inizio del pasto del bebè.


Per quanto riguarda invece la preparazione del seno in gravidanza… Il seno non ha bisogno di essere preparato per assolvere quella che è la sua funzione fisiologica. Secondo il pediatra spagnolo Carlos González, preparare il seno per allattare è come preparare il naso per respirare o i piedi per camminare. Tra l’altro, il seno si prepara da sé, dato che i tubercoli di Montgomery (quei brufolini intorno all’areola) secernono una sostanza emolliente e antisettica che costituisce una protezione naturale per il capezzolo.


Quindi il gel non serviva. E non serviva neppure il guanto di crine. Anzi, quest’ultimo trattamento è sconsigliato, poiché lo sfregamento quotidiano del capezzolo può irritare la cute e, se la gravidanza si avvicina al termine, c’è addirittura il rischio di stimolare il riflesso ossitocinico e quindi l’inizio delle contrazioni.

Non è vero che…

Per allattare bisogna soffrire. Non è vero che bisogna stringere i denti e ignorare il dolore. Niente di più falso. Quello della poppata deve essere un momento piacevole e rilassante, tanto per il bimbo quanto per la mamma. È la natura stessa che l’ha pensato così: le endorfine contenute nel latte materno favoriscono il benessere del bebè (che infatti spesso si addormenta al seno), mentre ossitocina e prolattina, gli ormoni che entrano in circolo durante la poppata, aiutano la mamma a rilassarsi (e durante la notte a riprendere sonno rapidamente).


Se la mamma sente male significa che qualcosa non va. Un certo fastidio, nei primissimi giorni successivi alla nascita, soprattutto se si tratta del primo figlio, può essere fisiologico, ma se il disagio si prolunga nel tempo o si accentua, è necessario individuare e risolvere la causa del problema. Il dolore è un campanello d’allarme che non deve essere trascurato, poiché compromette la serenità di mamma e bambino (che percepisce gli stati d’animo materni) e può ostacolare pesantemente il buon avvio dell’allattamento. Infatti, il disagio provato dalla mamma può indurla a ridurre la frequenza e la durata delle poppate, mentre lo stress e la tensione inibiscono la produzione di ossitocina, ovvero l’ormone da cui dipende la fuoriuscita del latte. In queste condizioni c’è il rischio che il bimbo non riceva quantità di latte adeguate e che si crei un ulteriore intoppo, quello di una crescita non soddisfacente…

Se hai le ragadi

Il suggerimento per le mamme che hanno le ragadi è di non badare a chi le esorta a tenere duro e ignorare il dolore. Le ragadi sono tra le prime cause di abbandono precoce dell’allattamento. E soprattutto, rovinano un momento che dovrebbe essere felice. Se allattare è doloroso, verificate che attacco al seno e posizione del bebè durante la poppata siano corretti (ovvero che la bocca del bebè sia ben aperta, la testolina sia all’altezza del seno, con il naso davanti al capezzolo, la mamma sia comoda e non si debba piegare verso il bebè). Se la situazione non si risolve rapidamente, non esitate a contattare una figura esperta in allattamento che vi offra dei suggerimenti mirati.

Latte di mamma... tutte tranne me!
Latte di mamma... tutte tranne me!
Giorgia Cozza
Quando l’allattamento non funziona: riflessioni, testimonianze e consigli pratici.Un libro per tutte le donne che non sono riuscite ad allattare, ma avrebbero voluto. Un aiuto prezioso per superare la frustrazione e il senso di colpa. Latte di mamma… tutte tranne me! racconta la storia di “non allattamento” dell’autrice Giorgia Cozza, ma anche quella di molte madri che potranno ritrovarsi nelle situazioni e nelle emozioni descritte; una storia di ragadi e poppate dolorose, latte che non arriva, bimbi che crescono troppo poco, mamme stanchissime, tentativi frustranti e commenti poco gentili, scritta per rielaborare un’esperienza, nutrire di coccole e tenerezza il proprio bambino e, perché no, allattare felicemente eventuali fratellini che verranno. In questo libro si trovano informazioni scientifiche utili a comprendere la fisiologia dell’allattamento, grazie al contributo di esperti, neonatologi, pediatri e psicologi, chiarendo quali siano le più frequenti cause di abbandono della poppata. È consigliato anche alle mamme che hanno avuto un’esperienza positiva di allattamento e che vogliono coltivare la propria solidarietà femminile, preziosa alleata di tutte le madri, che allattino o meno. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.