Adesso sono sola, in camera. Cioè, sola… ci sono le altre due mamme, ma sono sola senza il mio bambino. È strano essere qui senza più la pancia. Hanno spento le luci, ma io non riesco a dormire. Anche se in effetti sono molto stanca. Il fatto è che sento i bimbi piangere di là al nido e non vorrei che fosse Bimbo…
Ore due. Sono sveglia. E sento piangere. Prendo coraggio, mi alzo e vado bussare alla porta del nido. Ora che mi hanno aperto mi sento un po’ imbarazzata… Cosa dico? Che avevo paura lasciassero piangere il mio bambino? Non mi sembra la frase giusta. Va be’, non dico niente e con nonchalance mi dirigo verso la sua cullina. Ecco. Dorme. Certo che dorme, altrimenti me lo avrebbero portato, no? Quasi quasi me lo rubo. Ma non si può. Già oggi le puericultrici mi hanno detto che quando dormono bisogna lasciarli stare. Sì, perché un paio di “gite” al nido, giusto per guardarlo un attimo, le avevo già fatte nel pomeriggio. Ma dormiva sempre! Così ho dovuto lasciarlo lì.
Ore tre. Sono sveglia. E sento piangere. Stavolta è lui. Me lo sento. Credo. E poi non mangia mai questo bimbo? Mi pare che gli altri bimbi mangino anche di notte. Be’, per sicurezza, io provo. Vado. Busso alla porta del nido. Imbarazzo. Sguardi poco amichevoli. Dorme. Sì, sì, scusate, ora vado. No, non lo sveglio mica. Figurarsi. Grazie, sì. Me lo portate voi se piange. Certo, grazie ancora.
Ore quattro. Dormo profondamente, tanto che non mi accorgo neppure quando entra la puericultrice con il mio bimbo in braccio. Che bello vederlo! Quanto piange! È davvero arrabbiato! Me lo mette in braccio e va. Provo ad attaccarlo ma lui piange e gira la faccina di qua e di là come un matto. Quando finalmente trova la “presa”, scopro che il dolore al seno è aumentato a dismisura. Ciuccia pochissimi minuti e sprofonda nel sonno. Non mi pare abbia mangiato molto. Ma ora dorme, povero. Vorrei tenerlo qui con me, ma il mio letto non è vicino alla parete e ho paura di addormentarmi e lasciarlo cadere. Me lo tengo un pochino, stretto stretto, ma la preoccupazione è tale che mi arrendo e lo riporto al nido.
Ore cinque e trenta. Sono sveglia. E sento piangere. Credo sia lui. Cioè non lo so, ma mi pare di sì. Oh, insomma, io vado a vedere, tanto ormai mi hanno già preso per la mamma rompiscatole. Busso. Entro, eccolo lì che era lui! È in braccio alla puericultrice che cerca di farlo smettere di urlare tenendogli un ciuccio in bocca. Però lui piange lo stesso. Un nanosecondo di stizza (per quale motivo non me lo hanno portato? Perché cercano di farlo smettere di piangere, loro che non sono la sua mamma, anziché portarlo a me? E poi, magari ha fame, no?) e mi avvicino per recuperare la mia creatura. Andiamo in camera, dove provo ad allattarlo. Il dolore al seno mi sembra insopportabile. Pochi minuti e Bimbo dorme.
Secondo giorno di vita del mio bimbo. È mattino e al nido devono fare la doppia pesata. Allatto Bimbo e lo consegno alla puericultrice che lo posa sulla bilancia. Io osservo lui, lei, la bilancia e mi sento un po’ agitata. Sembra un esame. Insomma, sono capace di allattare il mio bambino oppure no? Mi par di capire che sarà la bilancia a rispondere. Bimbo si agita (si era addormentato e non ha gradito di ritrovarsi sul piatto) e le cose vanno un po’ per le lunghe. Ok, ora ci siamo. La puericultrice controlla sul quadernetto l’appunto con il peso pre-poppata. E scuote la testa. No! Perché scuote la testa? Cosa c’è? Non va bene? Io la guardo già preoccupata (no di più, smarrita, impotente, inadeguata) e lei dice solo: “Mmmm. Per un bambino così grosso…”.