prima parte - capitolo ii

Un bambino così grosso...

È nato! È nato il mio bambino! È bellissimo. Meraviglioso. Non sembra vero, non sembra vero che sia proprio mio. È nato la scorsa notte. Un musetto un po’ imbronciato e tanti capelli neri. L’ho abbracciato per qualche secondo, che paura di farlo cadere… Poi lo hanno portato via per le misurazioni (tre chili e seicentotrenta grammi, che grande!), il bagnetto, le goccine negli occhi, mentre io ricevevo la mia dose di punti post-episiotomia.


Quando me lo hanno riportato, ci hanno sistemati in una saletta: il nostro bimbo, mio marito ed io. E mi hanno detto di attaccarlo al seno. Ovviamente ho eseguito, o almeno ci ho provato. Non è che sapessi bene come fare. Anzi, arrivata lì, mi sono resa conto di non sapere per niente cosa dovevo fare. Per fortuna il mio bimbo era più preparato di me, si è attaccato e ha ciucciato un pochino. Poi si è addormentato. E ci hanno separato. Lui al nido, io in una camera con altre due neomamme.

Ed ora, eccomi qui, volge al termine la mia prima giornata da mamma. Mi hanno portato Bimbo1 tre o quattro volte per la poppata. Il seno, però, mi fa molto male. È arrossato e quando lui si attacca il dolore è davvero intenso.


Stasera ho chiesto al personale ma mi hanno detto che è normale.

Adesso sono sola, in camera. Cioè, sola… ci sono le altre due mamme, ma sono sola senza il mio bambino. È strano essere qui senza più la pancia. Hanno spento le luci, ma io non riesco a dormire. Anche se in effetti sono molto stanca. Il fatto è che sento i bimbi piangere di là al nido e non vorrei che fosse Bimbo…


Ore due. Sono sveglia. E sento piangere. Prendo coraggio, mi alzo e vado bussare alla porta del nido. Ora che mi hanno aperto mi sento un po’ imbarazzata… Cosa dico? Che avevo paura lasciassero piangere il mio bambino? Non mi sembra la frase giusta. Va be’, non dico niente e con nonchalance mi dirigo verso la sua cullina. Ecco. Dorme. Certo che dorme, altrimenti me lo avrebbero portato, no? Quasi quasi me lo rubo. Ma non si può. Già oggi le puericultrici mi hanno detto che quando dormono bisogna lasciarli stare. Sì, perché un paio di “gite” al nido, giusto per guardarlo un attimo, le avevo già fatte nel pomeriggio. Ma dormiva sempre! Così ho dovuto lasciarlo lì.


Ore tre. Sono sveglia. E sento piangere. Stavolta è lui. Me lo sento. Credo. E poi non mangia mai questo bimbo? Mi pare che gli altri bimbi mangino anche di notte. Be’, per sicurezza, io provo. Vado. Busso alla porta del nido. Imbarazzo. Sguardi poco amichevoli. Dorme. Sì, sì, scusate, ora vado. No, non lo sveglio mica. Figurarsi. Grazie, sì. Me lo portate voi se piange. Certo, grazie ancora.


Ore quattro. Dormo profondamente, tanto che non mi accorgo neppure quando entra la puericultrice con il mio bimbo in braccio. Che bello vederlo! Quanto piange! È davvero arrabbiato! Me lo mette in braccio e va. Provo ad attaccarlo ma lui piange e gira la faccina di qua e di là come un matto. Quando finalmente trova la “presa”, scopro che il dolore al seno è aumentato a dismisura. Ciuccia pochissimi minuti e sprofonda nel sonno. Non mi pare abbia mangiato molto. Ma ora dorme, povero. Vorrei tenerlo qui con me, ma il mio letto non è vicino alla parete e ho paura di addormentarmi e lasciarlo cadere. Me lo tengo un pochino, stretto stretto, ma la preoccupazione è tale che mi arrendo e lo riporto al nido.


Ore cinque e trenta. Sono sveglia. E sento piangere. Credo sia lui. Cioè non lo so, ma mi pare di sì. Oh, insomma, io vado a vedere, tanto ormai mi hanno già preso per la mamma rompiscatole. Busso. Entro, eccolo lì che era lui! È in braccio alla puericultrice che cerca di farlo smettere di urlare tenendogli un ciuccio in bocca. Però lui piange lo stesso. Un nanosecondo di stizza (per quale motivo non me lo hanno portato? Perché cercano di farlo smettere di piangere, loro che non sono la sua mamma, anziché portarlo a me? E poi, magari ha fame, no?) e mi avvicino per recuperare la mia creatura. Andiamo in camera, dove provo ad allattarlo. Il dolore al seno mi sembra insopportabile. Pochi minuti e Bimbo dorme.


Secondo giorno di vita del mio bimbo. È mattino e al nido devono fare la doppia pesata. Allatto Bimbo e lo consegno alla puericultrice che lo posa sulla bilancia. Io osservo lui, lei, la bilancia e mi sento un po’ agitata. Sembra un esame. Insomma, sono capace di allattare il mio bambino oppure no? Mi par di capire che sarà la bilancia a rispondere. Bimbo si agita (si era addormentato e non ha gradito di ritrovarsi sul piatto) e le cose vanno un po’ per le lunghe. Ok, ora ci siamo. La puericultrice controlla sul quadernetto l’appunto con il peso pre-poppata. E scuote la testa. No! Perché scuote la testa? Cosa c’è? Non va bene? Io la guardo già preoccupata (no di più, smarrita, impotente, inadeguata) e lei dice solo: “Mmmm. Per un bambino così grosso…”.

Con il senno di poi

Il mio bimbo era nato da pochi giorni e già eravamo in difficoltà. La partenza, per quanto riguarda l’allattamento, non è stata delle migliori. La separazione ha ostacolato una gestione “fisiologica” delle poppate. Quando mamma e bimbo sono insieme, la mamma può attaccarlo al seno ai primi segnali di interesse, quando il piccolo volta la testa come per cercare, sospira, apre e chiude le labbra, porta le manine alla bocca. Se mamma e bambino sono separati (oltre a non sentirsi pienamente a loro agio), i segnali del piccolo non vengono colti e si trasformano in pianto. Ma il pianto è un segnale tardivo di fame e può interferire con la buona riuscita della poppata stessa, se il bimbo è troppo stanco o nervoso per attaccarsi bene.


Il dolore al seno era un campanello d’allarme da non trascurare, poiché segnalava che c’era qualcosa da correggere nell’attacco o nella posizione durante la poppata. Inoltre al mio bimbo è stato offerto il ciuccio, che può rappresentare un ulteriore elemento di disturbo nella fase iniziale dell’allattamento. E probabilmente dormiva troppo sicché le pause tra poppate erano parecchio lunghe. La doppia pesata che tanto mi aveva sconfortato in realtà non offriva informazioni significative, e anche il fatto che il bimbo non fosse aumentato di peso era normale. Anzi! Si parla proprio di “calo fisiologico” per sottolineare che si tratta di una lieve perdita di peso che non deve preoccupare.


Infine, l’atteggiamento non incoraggiante dell’infermiera ha minato la fiducia nelle mie possibilità di nutrire al seno. Nei giorni successivi al parto, la neomamma – complice anche il particolare assetto ormonale – è particolarmente sensibile e vulnerabile. Può bastare una frase, a volte anche uno sguardo, per ferirla. Viceversa, un commento incoraggiante, un sorriso, possono darle la carica e aiutarla a partire nel modo corretto. Sono trascorsi parecchi anni, ma ricordo come fosse ieri quella frase: “Per un bambino così grosso…”, pronunciata scuotendo il capo. Certo, una frase non può compromettere un allattamento, ma può contribuire in modo determinante alla sua non riuscita.

Non è vero che…

La mamma riposa meglio se il bimbo è al nido. Con l’invenzione del nido, separare madre e bambino è diventato qualcosa di normale, di socialmente accettato. In realtà questa separazione non è affatto normale perché dopo nove mesi trascorsi in simbiosi, l’istinto del cucciolo è di stare vicino alla madre (che è garanzia di sopravvivenza in questo mondo nuovo e sconosciuto) e l’istinto della madre è quello di stargli vicino per proteggerlo.

Tante, troppe interferenze

Nelle primissime ore successive alla nascita madre e figlio sono naturalmente predisposti per “ritrovarsi”. La situazione ormonale favorisce il loro legame e anche il buon avvio dell’allattamento. Il bimbo appena nato, sul petto della mamma, è in grado di raggiungere il seno, trovare il capezzolo e succhiare le prime gocce di colostro, senza bisogno di aiuti esterni. Affinché tutto questo possa accadere è però indispensabile che mamma e bimbo siano lasciati tranquilli e che i vari interventi previsti dalla routine ospedaliera (bagnetto, misurazioni, visite di controllo), vengano rimandati a un momento successivo.

Latte di mamma... tutte tranne me!
Latte di mamma... tutte tranne me!
Giorgia Cozza
Quando l’allattamento non funziona: riflessioni, testimonianze e consigli pratici.Un libro per tutte le donne che non sono riuscite ad allattare, ma avrebbero voluto. Un aiuto prezioso per superare la frustrazione e il senso di colpa. Latte di mamma… tutte tranne me! racconta la storia di “non allattamento” dell’autrice Giorgia Cozza, ma anche quella di molte madri che potranno ritrovarsi nelle situazioni e nelle emozioni descritte; una storia di ragadi e poppate dolorose, latte che non arriva, bimbi che crescono troppo poco, mamme stanchissime, tentativi frustranti e commenti poco gentili, scritta per rielaborare un’esperienza, nutrire di coccole e tenerezza il proprio bambino e, perché no, allattare felicemente eventuali fratellini che verranno. In questo libro si trovano informazioni scientifiche utili a comprendere la fisiologia dell’allattamento, grazie al contributo di esperti, neonatologi, pediatri e psicologi, chiarendo quali siano le più frequenti cause di abbandono della poppata. È consigliato anche alle mamme che hanno avuto un’esperienza positiva di allattamento e che vogliono coltivare la propria solidarietà femminile, preziosa alleata di tutte le madri, che allattino o meno. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.