terza parte - capitolo xv

L'arte di portare i piccoli

Dopo nove mesi trascorsi nel grembo della mamma, il bimbo appena nato ricerca il suo abbraccio per sentirsi al sicuro, per ritrovare le sensazioni di intenso benessere sperimentate nella vita prenatale. Quando è tra le braccia materne, il piccolo ritrova il battito di quel cuore che gli ha fatto compagnia nei nove mesi, la voce amata della mamma, il suo profumo.


Non è difficile quindi immaginare quanto possa risultare gradito ai più piccini essere “portati” dai genitori con fasce, mei tai, marsupi, fuori di casa, quando si esce per una passeggiata o per sbrigare qualche commissione, ma anche dentro casa, mentre mamma e papà sono impegnati in altre faccende e così, grazie a un supporto di stoffa, mantengono il contatto con il bebè. “Il bambino è portato in pancia per nove mesi” scrive Piera Maghella, presidente del MIPA, Movimento Italiano Parto Attivo1, “nasce ancora molto dipendente dal legame con la madre, per la sua sopravvivenza e maturazione, ha bisogno di ritrovare i movimenti, i suoni e gli stimoli di prima, implora di essere portato addosso ancora per molto tempo. Questa simbiosi serve anche alla madre per elaborare il vuoto dentro, continuando la gestazione fuori dall’utero”.

L’arte di portare i bimbi non è quindi solo una modalità di “trasporto” (la fascia al posto di carrozzine e passeggini), ma è un modo per accudire il proprio piccino garantendogli tanta vicinanza. In effetti, non c’è nulla di nuovo: non solo quest’usanza è stata la norma nei secoli passati, ma lo è tuttora per molte popolazioni. Negli ultimi anni sta vivendo una fase di riscoperta anche tra i genitori italiani e sono sempre più numerose le mamme che hanno trovato nella fascia una valida alleata per prendersi cura del bebè. Gli studi scientifici ne hanno dimostrato i benefici sia per il bimbo, che ne ricava un’importante rassicurazione emotiva, sia per la mamma che, constatando il benessere del piccolo, vede confermate le proprie capacità e competenze di accudimento.

Tanti benefici per il bimbo

Quando si porta un bimbo nella fascia si ricrea un ambiente simile a quello uterino, dove il piccolo è contenuto, cullato, rassicurato dal battito cardiaco, dal calore, dal profumo dei genitori.


Offrire al neonato, subito dopo la nascita, un ambiente quanto più vicino a quello uterino, soddisfare il suo bisogno di contatto, sono fattori essenziali per una crescita sana sia dal punto di vista psicologico ed emotivo, sia dal punto di vista fisiologico.


Il bebè portato gode di una costante rassicurazione: tutto quello che desidera, tutto quello di cui ha bisogno è a portata di mano. Sul corpo di mamma e papà trova le condizioni ottimali per il suo benessere emotivo: vicinanza, calore, affetto. Il supporto (fascia, stoffa, marsupio) rappresenta una sorta di “utero di transizione” in cui il bimbo, così come nel grembo materno, continua a essere cullato grazie al movimento di chi lo porta.


In questo modo, inoltre, il bimbo partecipa alla vita dei genitori, come sottolinea Grazia De Fiore, fondatrice dell’associazione Contatto Continuo: “vive, infatti, ‘all’altezza’ del genitore, ha la possibilità di osservare il mondo e di ricevere quindi stimoli e sollecitazioni, condividendo l’esperienza dell’adulto”2. La consuetudine del portare, si traduce quindi in un’importante stimolazione sensoriale e offre uno spunto in più per lo sviluppo neuro-motorio e del senso dell’equilibrio3.


La fascia si rivela una valida alleata anche in caso di agitazione e mal di pancia serali: il contatto con il corpo del genitore, il calore e il movimento tranquillizzano il bimbo e lo aiutano a rilassarsi e prendere sonno.

Tanti benefici per i genitori

Studi scientifici hanno dimostrato i benefici di questa pratica sia per il bimbo, che ne ricava un’importante rassicurazione emotiva, sia per la mamma che, constatando il benessere del piccolo, vede confermate le proprie capacità di accudimento.

Quel contatto che è tanto piacevole e importante per il bebè, garantisce anche alla mamma molte sensazioni positive. Ritrovare il proprio piccino che per nove mesi è stato un tutt’uno con lei, sentire il suo calore, osservare il suo viso, è una fonte di gioia per la mamma; si tratta di una situazione molto appagante. La vicinanza continua favorisce, inoltre, quella comprensione profonda che permette alla madre di intuire i bisogni del figlio, interpretandone i segnali corporei e le espressioni del volto. Il risultato è che i bimbi abituati a stare a contatto con la mamma, piangono meno e questo fa crescere l’autostima materna, la fa sentire “capace” e quindi più serena e sicura di sé.


Ma questo non vale solo per la mamma. I papà che portano i loro bambini hanno modo di scoprirsi competenti: che soddisfazione per un papà constatare che il suo bimbo si tranquillizza, si addormenta, è sereno anche insieme a lui.


Per quanto riguarda i vantaggi di tipo pratico, portando il proprio bimbo il genitore gode di un’ampia libertà di movimento, può stare insieme al figlio e rispondere con immediatezza ai suoi bisogni e contemporaneamente dedicarsi ad altre faccende.

Ester Weber, fondatrice dell’associazione Portare i Piccoli (PIP), pone, inoltre, l’accento sulla comodità e la libertà di movimento che il marsupio e la fascia garantiscono “nelle giungle delle città, in metrò, sull’autobus, nei negozi stretti, nei centri commerciali, ma anche in montagna o in campagna...”4.


Se pensiamo ai tubi di scarico delle auto, che sono proprio all’altezza dei bimbi seduti sul passeggino, apprezzeremo ancor di più la possibilità di passeggiare con il bebè collocato ad altezza d’uomo e con il viso rivolto verso il genitore. Un ultimo vantaggio della fascia: rappresenta una soluzione eco-compatibile!


Per saperne di più

Per le mamme che vivono nei Paesi in via di sviluppo si tratta di una consuetudine nota, che si apprende sin dall’infanzia trasportando i fratellini più piccoli sulla schiena. In Occidente, invece, la confidenza con la fascia si è persa e può essere molto utile qualche suggerimento pratico da parte di persone esperte, soprattutto se dopo i primi mesi si desidera portare il piccolo sulla schiena. Per chi vuole saperne di più ci sono dei brevi corsi, in genere di un paio di lezioni, dove vengono approfonditi i benefici di questa consuetudine e vengono date delle indicazioni per portare i bimbi in tutta sicurezza.

Ecco gli indirizzi di alcune associazioni che organizzano degli incontri ad hoc.
  • Portare i Piccoli (PIP), www.portareipiccoli.it, e-mail: pip@portareipiccoli.com
  • Mamma Canguro www.mammacanguro.blogspot.com


Voci di mamma

Che tenerezza con quel frugoletto nella fascia. Lo osservavo dormire avvolto nella stoffa colorata e mi innamoravo ogni giorno di più. Non l’ho potuto guardare mentre si addormentava al seno (quando si attaccava, poi si staccava piangendo e infine si è abituato al biberon e ho smesso), ma ho potuto assaporare la dolcezza del contatto, del suo faccino posato sul mio petto.

Monica

Mio marito mi ha aiutata molto a creare quel legame speciale che unisce mamma e bambino, e così lui faceva tutto il resto mentre io mi tenevo attaccata la mia bambina, quasi sempre in braccio e poi in fascia (anche lui ha usato molto la fascia però! Anzi è stato lui che ha iniziato!), sempre insieme.
Quando uscivamo era quasi sempre con la fascia, anche in inverno eravamo un tutt’uno io e lei, e l’avevo sempre a portata di “bacino”, ancora adesso glielo dico e lei è così contenta!
Ha avuto anche un periodo di colichette e poi di reflusso, purtroppo, e abbiamo cercato con la musica, con la fascia e comunque tenendola sempre in braccio di farci sentire vicini, volevamo che percepisse forte la nostra presenza e la nostra voce che la rassicurava. Ancora adesso ama quella musica capoverdiana che ascoltavamo per tranquillizzarla o per farla dormire.

Clara

Il contatto con lui è sempre stato costante e intenso, è stato portato moltissimo e lo è tuttora (anche se cammina e siamo in una fase un po’ ambigua), dorme con noi e le coccole sono il nostro linguaggio preferito!

Alessandra

Per noi “portare” è stato importantissimo: mi ha aiutato a entrare in sintonia con la mia bambina. Non l’ho allattata e lei che era una bimba tranquilla lo sarebbe stata anche nella sua culla, ma io desideravo recuperare la dimensione del contatto fisico e della vicinanza. Era un bisogno mio, dopo il dispiacere dell’allattamento che non aveva funzionato. E anche lei gradiva molto, così abbiamo usato a lungo il mei tai e poi la fascia lunga.

Antonella

Alice ora ha due anni ed è attaccattissima a me (troppo, dice mio marito), il nostro contatto fisico è ancora fortissimo, non so se sia perché l’ho portata tanto nella fascia, perché ho apprezzato la gioia di averla vicina, o forse solo perché, con il latte o meno, sono sempre la sua mamma.

Sara

Nelle prime settimane di vita, Michele ha praticamente vissuto in fascia. Non piangeva mai, era sempre sereno e beato, al caldo, sul petto della sua mamma. Non ero soddisfatta di me perché, nonostante l’avessi desiderato, non allattavo, ma come “mamma portatrice” mi sono piaciuta. Diciamo che la fascia mi ha aiutato ad entrare nel mio nuovo ruolo di mamma.

Federica

Consigli di lettura

  • De Fiore G., Portare i bambini, Coleman Editore, 2006.

  • Weber E., Portare i piccoli, Il leone verde, 2007.

Latte di mamma... tutte tranne me!
Latte di mamma... tutte tranne me!
Giorgia Cozza
Quando l’allattamento non funziona: riflessioni, testimonianze e consigli pratici.Un libro per tutte le donne che non sono riuscite ad allattare, ma avrebbero voluto. Un aiuto prezioso per superare la frustrazione e il senso di colpa. Latte di mamma… tutte tranne me! racconta la storia di “non allattamento” dell’autrice Giorgia Cozza, ma anche quella di molte madri che potranno ritrovarsi nelle situazioni e nelle emozioni descritte; una storia di ragadi e poppate dolorose, latte che non arriva, bimbi che crescono troppo poco, mamme stanchissime, tentativi frustranti e commenti poco gentili, scritta per rielaborare un’esperienza, nutrire di coccole e tenerezza il proprio bambino e, perché no, allattare felicemente eventuali fratellini che verranno. In questo libro si trovano informazioni scientifiche utili a comprendere la fisiologia dell’allattamento, grazie al contributo di esperti, neonatologi, pediatri e psicologi, chiarendo quali siano le più frequenti cause di abbandono della poppata. È consigliato anche alle mamme che hanno avuto un’esperienza positiva di allattamento e che vogliono coltivare la propria solidarietà femminile, preziosa alleata di tutte le madri, che allattino o meno. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.