Introduzione

La sculacciata: chi riguarda?

Risulta da un sondaggio SOFRES del gennaio 1999 che l’84% dei bambini francesi vengono picchiati dai loro genitori. Soltanto il 16% delle persone intervistate con figli non li battevano mai1. In un gran numero di Paesi del mondo la percentuale dei bambini picchiati si innalza al 90 o 95% e i bambini vengono percossi sia in famiglia sia a scuola. Ciò significa che la quasi totalità dell’umanità è stata ed è sottomessa, nell’età in cui essa è più fragile e influenzabile, a percosse più o meno violente. In molti Paesi inoltre la punizione più usuale è la bastonata (colpi di bastone, di canna, di pagaia, di frusta, di cintura, di liana, di tubo di plastica o di cavo elettrico). Nessun animale, per quanto feroce, fa subire un simile trattamento ai suoi piccoli per educarli. Eppure quasi nessuno si preoccupa della violenza educativa raccomandata o tollerata, e dei suoi danni.

Perché in questo libro manca del tutto l’umorismo?

S’intende di solito parlare della sculacciata con un sorriso bonario e indulgente: “Una bella sculacciata non ha mai fatto male a nessuno” o con un sorriso d’intesa: “La sculacciata? Un libro un po’ erotico, eh?”. 


Ma cosa c’è da sorridere? Nel film di Costa Gavras La confessione, un accusato del processo di Praga viene condotto alla sbarra davanti ai giudici, senza bretelle né cintura. Quando gli viene ordinato di mettere le mani sulla sbarra, lascia andare i pantaloni che gli cadono alle caviglie, scatenando l’ilarità dell’assemblea. E anche l’accusato si mette a ridere, complice del riso dei suoi carnefici. Ridere delle botte ricevute significa fare come questo disgraziato, costretto a non prendere sul serio le sue sventure. Ridere significa divenire complice di coloro che, credendo di far bene, ci hanno picchiati, e di tutti coloro che picchiano i bambini. Una delle peggiori conseguenze delle punizioni corporali è che, una volta giunti all’adolescenza o all’età adulta, ciascuno le considera come senza importanza, e le deride. C’è solo una visione vera sulle punizioni corporali: quella dei bambini che ne vengono terrorizzati.

Perché i bambini sono l’unico gruppo sociale che è concesso picchiare?

Durante i secoli, i padroni hanno potuto picchiare i loro schiavi o i loro domestici. I mariti hanno potuto picchiare le mogli, gli ufficiali i marinai e i soldati. Le guardie carcerarie hanno potuto picchiare i detenuti. La maggior parte dei Paesi hanno vietato questi metodi. Gli adulti sono protetti dalla legge. Nessun formatore, in un corso di riqualificazione per adulti, potrà credersi autorizzato a schiaffeggiare un partecipante maldestro o recalcitrante. Nessuno troverà normale che un uomo o una donna picchi sua madre o suo padre affetto da senilità, la cui età e il deterioramento del cervello lo portino a rifiutare di mangiare o di lavarsi. Invece per comportamenti simili, dovuti ugualmente alla loro età e all’immaturità del loro cervello, troviamo normale schiaffeggiare i bambini. Chi può giustificare questa evidente disparità di trattamento?

Perché i bambini vengono trattati più violentemente delle macchine?

Cosa pensereste di un principiante in informatica che, non riuscendo a padroneggiare il funzionamento di un computer, lo colpisse in ogni modo per ottenere dei risultati?


Eppure è proprio quello che l’umanità fa da millenni in ogni continente con i propri figli, dotati di un organo cerebrale molto più sensibile di un computer. E la caratteristica dei bambini è di essere più sensibili, ma più resistenti dei computer.


Se colpito, un computer si rompe. L’utilizzatore dunque trova più saggio consultare il libretto di istruzioni piuttosto che picchiare la propria macchina. Il bambino, invece, se non viene colpito agli organi vitali, non si rompe e continua a funzionare in modo apparentemente normale. Si comporta come tutti gli altri esseri umani. E ci si interroga in seguito con perplessità sull’origine della sua incomprensibile violenza.

Esiste qualcosa di peggio delle punizioni corporali?

Fin dalle prime civilizzazioni e senza dubbio già in alcune società senza scrittura i bambini sono stati sottomessi a quattro grandi tipi di violenza: le mutilazioni e deformazioni corporali, la violenza sessuale, l’infanticidio, la violenza educativa.


Queste violenze non hanno la stessa importanza quantitativa né lo stesso status.


Le prime (circoncisione, escissione, deformazioni diverse) riguardano solamente alcune società. Violenza sessuale e infanticidio sono frequenti ma in genere vengono considerati come delitti o crimini. La sola violenza ammessa ovunque, persino raccomandata, è la violenza educativa (sberle, schiaffi, sculacciate, bastonate e altre punizioni dolorose e umilianti).


Inoltre, un bambino può restare segnato in altri modi oltre che dalle botte ricevute dai genitori e dai maestri. Sguardi, giudizi, punizioni del tipo: “Ricopierai cento volte: Io sono un imbecille” possono avere degli effetti devastanti. Ma nessun’altra forma di traumatismo viene considerata come una misura educativa e viene per questa ragione praticata in modo così massiccio quanto le botte e altre punizioni fisiche. Nessuno, ad esempio, raccomanda di insultare i bambini. Al contrario troviamo ancora sugli scaffali delle librerie testi che raccomandano lo schiaffo pedagogico o la sculacciata. E l’umanità intera, con poche eccezioni, considera che picchiare un bambino sia “per il suo bene”, e che non si possa fare altrimenti.


Inoltre, le botte e le altre punizioni fisiche vengono indirizzate direttamente al corpo. E il corpo umano reagisce come il corpo di un animale di fronte a un’aggressione. Mette in atto un insieme di reazioni innate previste in natura per la sopravvivenza della specie e che spingono allora il primate aggredito, quale noi siamo, a fuggire o a difendersi.


Purtroppo, lo vedremo in seguito, quando la fuga e la difesa sono impossibili, come nel caso di un bambino picchiato dai propri genitori, il flusso di ormoni diffuso nell’organismo, normalmente salvifico, diventa distruttivo. Che le botte vengano inferte con o senza affetto, non cambia nulla: il corpo non tiene conto dell’intenzione, tiene conto dell’aggressione.

Criticando le punizioni corporali, non si corre il rischio di colpevolizzare i genitori?

Con il pretesto di non colpevolizzare i mariti violenti, bisognerebbe evitare di denunciare la violenza coniugale? I cartelli di “Pericolo!” sul bordo della strada non cercano di “colpevolizzare” l’automobilista, ma di segnalargli un pericolo reale e quindi di rendergli un servizio. Purtroppo non esiste un equivalente del codice della strada per genitori. Ma bisogna segnalare i pericoli inerenti alle punizioni corporali e cercare di suggerire come si possa evitarle. Sentirsi colpevoli di aver picchiato un bambino è normale proprio come scusarsi e cercare il modo di evitare di rifarlo in seguito. Questo libro forse potrà essere d’aiuto. In ogni caso è proprio questo il suo scopo.

Piano del libro

La prima parte espone la storia delle punizioni corporali, le descrive anche dal punto di vista delle religioni e di alcune delle grandi istituzioni. Spiega in seguito le ragioni per cui bisogna rinunciare alla violenza educativa, perché e come si possa allevare i bambini senza picchiarli, quindi presenta l’esperienza dei paesi abolizionisti. Segue qualche proposta di informazione e di azione e due serie di domande all’autore e al lettore.


La seconda parte presenta, continente per continente, Paese per Paese, lo “stato del mondo” nel campo della violenza educativa. Per quanto questa parte sia fitta di dati e noiosa, credo sia necessario immergersi in essa per avere una visione concreta dell’addestramento violento attraverso il quale passano quasi tutti i bambini al mondo prima di diventare adulti. Quando se ne sarà presa coscienza, ci si stupirà di meno nel vedere l’umanità capace delle peggiori crudeltà dopo ciò che è stata costretta a subire nel pieno della propria formazione.


Si troveranno infine in allegato alcuni testi per completare l’informazione del lettore, tra cui un appello alle Chiese cristiane.


Il vantaggio di un libro sotto forma di domande e risposte è che il lettore può, sfogliandolo, scegliere le domande che gli interessano senza per forza seguire l’ordine delle pagine. L’inconveniente è che molte domande diverse possono avere in comune degli elementi di risposta parzialmente simili. Il lettore che scegliesse di leggere questo libro dall’inizio alla fine vorrà scusarmi per le ripetizioni, difficilmente evitabili, che vi troverà.

La sculacciata
La sculacciata
Olivier Maurel
Perché farne a meno: domande e riflessioni.Le punizioni corporali sono dannose per il corpo e la psiche del bambino. Ma è possibile educare senza picchiare? Se sì, come? Le punizioni corporali sono pericolose per i bambini, in quanto le conseguenze della violenza rimangono permanenti sul corpo e nella psiche.Nel più lungo periodo, inoltre, molti studi dimostrano come questa pratica sia un fattore importante nello sviluppo di comportamenti violenti e sia associata ad altri problemi durante l’infanzia e nella vita. Come possiamo educare i bambini che mostrano un temperamento più aggressivi?Del resto, è stato forse dimostrato che schiaffi e sculacciate rendono più obbedienti i bambiniMigliorano forse l’apprendimento?La sculacciata di Olivier Maurel è una guida che ci permette di aprire gli occhi senza colpevolizzarci, rispondendo con chiarezza a queste e a molte altre domande. La prefazione è curata dalla celebre psicologa e psicanalista Alice Miller. Conosci l’autore Olivier Maurel è nato a Toulon nel 1937. Professore di Lettere al liceo Dumont d’Urville dal 1965 al 1997, è padre di cinque figli.Cresciuto in una famiglia numerosa, le letture dei libri di Alice Miller hanno accresciuto il suo interesse per il tema della violenza educativa, portandolo ad approfondirne le numerose ripercussioni sulla salute psico-fisica dei bambini e sul loro sviluppo. A partire dagli anni ’60, poi, si è fatto promotore di numerose battaglie sociali contro la violenza nel mondo e il traffico di armi.Ha fondato l’associazione Oveo (Osservatorio sulla violenza educativa ordinaria), con lo scopo di descrivere tutte le forme di violenza comunemente accettate in tutto il mondo, a scuola e in famiglia.