Asia del Sud-Ovest
La maggior parte dei Paesi si caratterizza per un livello elevato di violenza fisica e di punizioni corporali. La società accetta le punizioni corporali e nessuna disposizione ne vieta l’uso. Nei Paesi in cui le punizioni corporali sono state soppresse nelle scuole (Irak, Kuwait, Libano, Siria, Yemen), il divieto è raramente seguito nei fatti.
In Palestina, a Gaza, le animatrici di una organizzazione non-governativa hanno faticato molto per ottenere che le loro educatrici rinunciassero alle punizioni corporali. Per loro, a scuola come a casa, l’autorità passava necessariamente per quella strada.
In Iran un uomo che uccida suo figlio o suo nipote è soggetto solamente a una punizione lasciata alla libera scelta del giudice e al pagamento del “prezzo di sangue”.
Due Stati di questa regione hanno vietato le punizioni corporali non solo a scuola, ma anche a casa.
Cipro per primo, che ha preso tale misura nel 1994. Ma possiamo chiederci se tale divieto venga applicato davvero, poiché nel giugno 1996 il Comitato deplorava il fatto che nessuno studio dettagliato sul maltrattamento fosse ancora stato avviato a Cipro.
L’altra eccezione è Israele, in cui il divieto è stato pronunciato nel gennaio 2000 dalla Corte Suprema in seguito a un processo di appello, poi ratificato dalla Knesset [parlamento, N.d.T.] il 13 giugno seguente. Decisione felice poiché, per molti bambini israeliani, le punizioni corporali sono esperienza quotidiana. Un giornalista del “Jerusalem Post” ha potuto scrivere che le vacanze estive sono una stagione da incubo per loro, visto che i genitori non erano più preoccupati che i segni delle botte fossero visti dagli insegnanti.